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Autore: CaskaLangley    25/01/2007    1 recensioni
Anche se è tornato finalmente a casa con i suoi amici, Sora non trova la pace che aveva dato per scontata. Forse anche la luce può essere troppa...? (Sora/Kairi) /Riku/Sora)
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kairi, Riku, Sora
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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Involucri vuoti

Odiava ammetterlo, ma a volte gli sembrava di sentirsi bene solamente nell’oscurità del rifugio segreto.

Quando passava in mezzo a quei fiori ormai quasi distrutti, e le labbra capricciose di Riku decidevano se quella sera gli avrebbero dato solo dolore, o solo affetto, oppure entrambe le cose insieme, Sora da lui prendeva tutto e chiudeva fuori il resto. Le braccia di Riku rinventavano il suo mondo ogni notte.

Quando tornava nel mondo degli altri, Sora odiava il modo in cui si sentiva.

Come quando andava ad aspettare Kairi fuori da scuola e vedeva i suoi coetanei uscire. Parlava con loro, e inizialmente anche con un certo piacere, e una certa curiosità, ma dopo poche parole capiva che lui e quelle persone avevano davvero molto poco di cui parlare, ormai. C’erano troppe cose che avrebbe voluto raccontare e altrettante che doveva tacere.

Si sentiva così…interrotto.

Odiava lo sguardo di sufficienza o affettuosa noncuranza che gli si dipingeva sul viso ascoltando gli affari degli altri, come i fratelli maggiori che ascoltano le scoperte dei fratellini più piccoli. Odiava pensare di essere migliore di loro.

in fondo, che cosa avevano fatto Tidus o Wakka?

Magari avevano preso un otto a scuola. Avevano ottenuto un buon punteggio in una partita di Blitzball. Potevano anche aver battuto il record di Riku nella corsa fino alla stella.

Beh, Sora aveva salvato il mondo.

Due volte.

Era consapevole di essere stato scelto per caso, o forse per meriti innati, ma non certo per risultati conseguiti con lo sforzo. Sapeva che nella stessa situazione qualsiasi altro Keyblade Master si sarebbe comportato come lui. Non era speciale, non davvero.

Eppure si sentiva speciale.

Non ci aveva mai pensato nemmeno per un secondo mentre era in viaggio. Anche quando aveva affrontato Riku, il suo pensiero ricorrente era stato "ha ragione, il Keyblade spetta a lui. Io sono solo un moccioso, ridatemi Kairi e fatemi tornare a casa, c’è stato un terribile errore".

Adesso era come se, allontanandosi dalle cose, avesse preso davvero coscienza della loro enormità.

A volte guardava l’orizzonte e si chiedeva quanto distassero da lì i luoghi in cui avrebbe potuto dimostrare di nuovo il suo valore. Non voleva desiderare di partire, quando era così felice di essere tornato.

Era felice…ma era cambiato.

Anche se Kairi gli aveva detto di non farlo mai…

Adesso era come dislocato nello spazio. Niente di quello che aveva imparato, lì aveva senso.

Lui sapeva fare un doppio salto e un aerocombo, ma non aveva seguito le lezioni di matematica dalle frazioni in poi. Quando Kairi faceva i compiti sulla spiaggia e risolveva un’espressione lui si sentiva offeso, addirittura ferito, e voleva solo strapparle i quaderni e gridare come un pazzo: "Ho sconfitto Ade! Capisci? Ade! Se vai sul monte Olimpo puoi vedere la mia costellazione!"

Era stato un pirata. Aveva cavalcato il vento su un tappeto volante. Aveva salvato la Cina insieme a Mulan. Aveva nuotato nel regno di Atlantide, e visto il passato a Timeless River. E niente di tutto questo, su Destiny Island, aveva il benché minimo significato.

Più si sentiva così, più capiva perché Riku si fosse sfasciato le mani contro quella porta chiusa.

Più si sentiva isolato da quel piccolo mondo, più isolava se stesso in un mondo ancora più piccolo. Un mondo umido, e buio, dove l’affetto che poteva ricevere dall’unica persona che lo capisse era direttamente proporzionale a quanto portava le sue ossa vicino a rompersi.

Amava Kairi. La amava moltissimo.

…non sopportava di pensare che lei non potesse capirlo.

E forse chissà, anche quello che lo legava a Riku non era altro, ormai, che l’illusione di ritrovare il passato nel suo odore. Magari per Riku lui non era altro che una cicatrice vivente dell’oscurità. Quando lottavano, chi poteva dire contro che cosa Riku lottasse. Chi poteva dire contro che cosa vincesse, e da che cosa si lasciasse invece vincere.

Forse era semplicemente troppo dura essere stati uomini per due anni, e ritrovarsi adesso ad essere di nuovo ragazzini.

Forse Sora non amava né Kairi, né Riku.

Forse Sora amava il ricordo delle gesta gloriose che vivevano in loro. La parte di luce e di ombra che si dividevano nella sua vita e sul quale era stato abilmente in bilico per tanto tempo.

Forse, in fondo, Sora amava solamente se stesso…

…che pensieri orribili. Se ci fosse stato Donald gli avrebbe dato lo scettro in testa. E poi Goofy lo avrebbe consolato con una parola magari banale, ma così vera che sarebbe stato impossibile ignorarla. Forse con loro Sora sarebbe tornato il ragazzo che era stato prima della chiamata, e non quello che aveva supplicato un suo nemico di portarlo da Kairi, perché era troppo stanco di lottare.

Stava per alzarsi dal muretto, quando la campanella suonò e tutti cominciarono ad uscire da scuola.

Qualcuno lo salutò. Un paio di ragazze si fermarono addirittura a parlargli, per arrivare a chiedergli ovviamente di Riku. Fortunatamente non dovette rispondere, perché in quel momento, insieme a Selphie, arrivò Kairi che lo soccorse: "Sora! Un ragazzaccio che non viene a scola non dovrebbe farsi vedere in giro, potresti scatenare gli istinti violenti di tutti!" poi gli diede un breve bacio. Mossa assolutamente impeccabile, perché interpretandola per una richiesta d’intimità tutti si dileguarono.

Kairi gli prese la mano e cominciarono a camminare. Sora non era troppo in vena di parlare, purtroppo, e così si limitava ad ascoltare lei, annuendo e ammirando i riflessi sui suoi capelli. Poteva restare per ore a guardare i giochi di colori che compieva la luce su quei capelli castani, timorosamente meravigliato come davanti al volo di una farfalla. Pensò poi ai capelli argentei di Riku, al loro colore piatto, e cercò di ricordarsi come fossero al sole.

"Sora? C’è qualcosa che non va?"

"Ma no, stai tranquilla. Sono solo un po’ pensieroso…"

"Deve essere un bel problema, se ti fa addirittura pensare…"

"Già…Ehy!"

Kairi rise e si fermò.

"Seriamente, che cosa ti dà da pensare? Magari ci possiamo pensare insieme."

"…ripensavo a quello che mi hai detto su Naminé. Sul fatto che si sentisse sola e che a volte ti senti sola anche tu."

"Mh."

"Che cosa ne pensi?"

Lei scosse risentita la testa: "…in che senso?"

"Che cosa ne pensi di questa cosa dell’empatia con Naminé…? Insomma, credi che è sia come se i suoi sentimenti si fossero…aggiunti ai tuoi?"

"Non so, non credo che…"

Sora non la lasciò finire: "Secondo te ti sarebbe possibile provare qualcosa che non hai mai provato prima, qualcosa che non proveresti altrimenti, solo perché Naminé l’ha provata, o la prova? E come se fosse un residuo della sua memoria, oppure è come se fosse viva, dentro di te, avesse dei pensieri, e quei pensieri si mischiassero ai tuoi? E ti sentiresti confusa, in quel caso, non è vero? Non hai la sensazione che qualcun altro pensi con la tua testa?"

In pratica: poteva dare la colpa a Roxas per quello che stava diventando?

Alla fine di quell’insensata filippica, Sora respirava velocemente.

Kairi aveva continuato a guardarlo, senza farsi scappare una sola smorfia di confusione, incredulità, fastidio o che cos’altro. Lei lo guardava sempre come se quello che stava dicendo avesse perfettamente senso.

Quando fu sicura che avesse finito, gli posò una mano sul petto, all’altezza del cuore.

"Non può esserci qualcuno che pensa con la tua testa, Sora. Non c’è nessuno."

"I giochi di parole non mi aiutano a capire…."

"…io non credo di provare i sentimenti di qualcun altro, perché Naminé non è qualcun altro. Naminé sono io. Naminé è me. Anche se per un po’ siamo state qualcuno di diverso, siamo nate come la stessa persona, ed è quello che siamo tornate ad essere. E allora…non mi sento come se i suoi sentimenti si fossero aggiunti ai miei. Mi sento come se i miei sentimenti fossero tornati a casa."

Sora chiuse gli occhi. Lei lo richiamò: "Ehy…"

Lui riaprì gli occhi. Lei gli sorrise.

"Puoi provare cose che non hai mai provato prima perché tu le provi. Io non non capisco niente di queste cose, e non ho gli strumenti per fare un ragionamento veritiero…ma per quello che sento, e che mi sembra di aver capito, i nostri sentimenti si appoggiano a quelli dei nostri Nessuno. I sentimenti non possono sparire, non importa se non c’è un cuore dove contenerli. Se provi qualcosa, non se ne può semplicemente andare. Quel qualcosa non si è perso, è sicuramente rimasto con noi…ma non si è sovrapposto ai nostri sentimenti. Li ha completati. Io mi sento come…se Naminé avesse provato solamente cose che ho provato anche io, solo in modo diverso. E quelle cose, adesso, ogni tanto si mettono…in risalto, dentro di me. Ma quello che sentiamo…non importa perché, è solamente nostro."

Sora sospirò: "Mi sta venendo il mal di testa."

"Scusa, ho parlato troppo…"

"No, no!" le prese le spalle, temendo che se ne andasse "Per niente, anzi, ti ringrazio! E’ questa storia che mi fa venire il mal di testa, perché se non ci penso è perfettamente chiara, e quando invece ci penso diventa un…"

"Sora…" gli disse mettendogli un dito sulla bocca, e gli sorrise "…tu sei sempre Sora. Questa è la sola cosa importante. Non preoccuparti troppo di questo, altrimenti finirai per diventare l’involucro vuoto del tuo Nessuno. Sarebbe un controsenso, non credi?"

Sora le prese la mano e annuì.

"…ma allora…"

"Sì?"

"…quello che dicevi sulla solitudine. Sul fatto che a volte ti senti molto sola…"

Kairi si distanziò un po’ da lui, pur mantenendo il contatto: "Beh, non è che posso riuscire a spiegarti proprio tutto! Sei tu quello che era là fuori a sentire le spiegazioni, mica io!"

Sora si grattò la testa, imbarazzato: "Vero, hai ragione…"

Poi Kairi gli lasciò la mano.

Fece qualche passo e guardò verso il mare, che da sopra la collina sembrava ancora più immenso.

Si sistemò i capelli e fece un sorriso malinconico, ma fiducioso.

"Tutti i viaggi che avete fatto…un giorno me li racconterete, non è vero…?"

  
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