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Autore: up over the clouds    11/07/2012    3 recensioni
«No, non ti piace l'arte» si aggiustò lei «giusto?» tornò seria e lo fissò. Lui abbassò lo sguardo incontrando il ripiano. «S-si che mi piace, cosa te lo fa pensare?» Halley mise sotto il naso dei due le loro ordinazioni e il biondo che fissava la scena ingurgitò il cornetto prima che lei sbattesse le ciglia.
«Oh, sai com'è, me lo fa pensare il fatto che hai pronunciato Monet in modo sbagliato» posò i palmi delle mani sul tavolo. «Oh, Halley» la chiamò il riccio prima di andarsene «usciresti con me?»si fermò in mezzo alla stanza. Lei lo squadrò e poi sorride sbuffando.
«Solo se pronunci il nome del mio pittore preferito in modo esatto» Harry sorrise e sparì dietro la porta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come un uragano

ζ

 

Il telefono squillò dal retro e Halley non si preoccupò minimamente di rispondere.
Lustrò gli ultimi due bicchieri con lo straccio per poi sedersi sullo sgabello dietro la cassa e fissare il legno scuro del bancone scrostarsi e sedere a terra. Intanto lo squillo del telefono continuava ad echeggiare nel bar vuoto: insistente e fastidioso. Come quando Sarah la chiamava.
«Halley, stavolta non capiterai in un'altra famiglia, lo sai?» sbuffò dall'altro capo del telefono «Hai 18 anni, sei libera. Devi trovarti un lavoro e un buco dove vivere». Ci fu un silenzio assordante e poi Sarah ricominciò «Sai che odio farti la ramanzina, ma devi cominciare a capire cosa vuoi dalla tua vita. Non puoi continuare a dipingere per sempre. Non avrai mai un futuro con l'arte» pronunciò la parola 'mai' con così tanta forza che forse, in un angolo oscuro di Halley, aveva convinto pure lei. Ma prima che potesse continuare a ragazza riappese la cornetta. Lei non avrebbe permesso a nessuno di insultare l'arte, l'unica ragione per cui si alzava la mattina.
Halley tirò fuori dalla sua borsa il un piccolo libro, lo aprì a metà e lo posò sul legno scadente. Nel locale non era ancora entrato nessuno e soltanto l'odore aspro del caffè e delle pagine si librava in aria. Scostò la lunga treccia color dell'ebano dalla spalla e prima che finisse la terza pagina il rumore della campanella sopra la porta si infilò nelle pagine del libro.
«Puoi farci due caffè, se non ti disturbiamo» disse una voce al di sopra della sua testa.
«E un cornetto caldo, grazie» aggiunse un altra voce.
Halley si accorse di non essere da sola e alzò lo sguardo dalle pagine ingiallite del libro. Sbuffò rumorosamente infilando un segnalibro rovinato nel punto in cui si era fermata e infilò lo sguardo negli occhi altrettanto verdi come i suoi in un ragazzo ricciolino. Lui fece lo stesso e per qualche ragione rimasero folgorati.
Harry fissò quelle biglie di vetro verde e le ordinazioni gli rimasero in gola, soffocandolo.
Quella ragazza era di una bellezza assurda, troppo semplice per sembrare vera, troppo perfetta per non essere la replica vivente di madre natura, pensò.
Aveva grandi occhi verdi bottiglia incorniciati da una cascata castana di capelli raccolti malamente in una treccia lasciata cadere senza peso sulla spalla destra. La pelle chiara non portava segni di trucco se non fosse stato per il rossetto rosa carne sulle labbra: guardandole notò che aveva un neo proprio su quello inferiore. Era magnifica. E magica. E surreale.
Il tempo scorreva ma ad Halley non importava: quelle fossette ai lati della bocca e quel sorriso appena accennato e gli occhi profondi e le labbra di un colore magicamente innaturale. Quando fissò i suoi riccioli realizzò che era perfetto come soggetto per un quadro: naturale e posato. Avrebbe dato qualsiasi cosa per dipingere quel ragazzo.
Le guance della ragazza si colorarono di rosa, in contrasto con la sua pelle, non appena il biondino vicino a quel ragazzo si schiarì la voce tossendo e facendo cadere i due di nuovo sulla terra.
«Oh, si. Due cappuccini e-e un cornetto grazie» disse Harry. Halley si girò di scatto per nascondere l'imbarazzo dipinto sulla sua faccia. Il ricciolino notò che sul banco aveva lasciato il suo libro.
'SEZIONE ARTE' era scritto sull'anima del libro e portava il sigillo della libreria di Holmes Chapel.
«Ti interessa l'arte, uhm?» domandò rivolto ad Halley, senza accorgersene. Halley ebbe un sussulto. Caricò la macchina del caffè e si girò verso il ragazzo.
«Già»
«Oh, anche a me» mentì. L'arte lo faceva vomitare.
«Bello, chi sarebbe il tuo pittore preferito?» lei si girò di nuovo. Harold buttò un'occhiata furtiva al libro. «Uhm, penso Menet» sorrise soddisfatto. La bruna buttò la testa all'indietro e rise di gusto: ad Harry sembrò la risata più sincera e soave di tutto il mondo.
«No, non ti piace l'arte» si aggiustò lei «giusto?» tornò seria e lo fissò. Lui abbassò lo sguardo incontrando il ripiano. «S-si che mi piace, cosa te lo fa pensare?» Halley mise sotto il naso dei due le loro ordinazioni e il biondo che fissava la scena ingurgitò il cornetto prima che lei sbattesse le ciglia.
«Oh, sai com'è, me lo fa pensare il fatto che hai pronunciato Monet in modo sbagliato» posò i palmi delle mani sul tavolo.
«Sono Harry» disse il ricciolo allungando una mano verso la mora. «Halley» rispose lei senza afferrare la mano, odiava il contatto fisico. Il moro rimase interdetto e il biondo accanto a lui fece segno di andare. Infilò la mano dentro la tasca e tirò fuori una banconota. «Ecco, tieni» le disse porgendogli i soldi. Nel momento in cui si sfiorarono le dita Halley si accorse che al contrario di tutte le volte quella volta non gli era dispiaciuto e sinceramente voleva che lui la ritoccasse. «Tieni il resto» bevve un sorso di caffè e il biondo varcò la soglia dell'entrata.
«Oh, Halley» la chiamò il riccio prima di andarsene «usciresti con me?»si fermò in mezzo alla stanza. Lei lo squadrò e poi sorride sbuffando.
«Solo se pronunci il nome del mio pittore preferito in modo esatto» Harry sorrise e sparì dietro la porta.
Per le tre settimane successive Harry passò in rassegna tutti i libri di francese della biblioteca e lesse quanti più possibili libri su Monet. Tutte le mattine dei giorni seguenti Harry passava nel bar dove lui e Halley si erano visti la prima volta: ma ogni santa, benedetta volta sbagliava. Halley si limitava a sorridere mentre rimetteva le tazzine a posto. Una volta era arrivato dopo l'orario di chiusura ma non appena varcò la soglia vide Halley dietro il bancone a leggere.
«Non sarebbe già chiuso?» domandò sorpreso. Lei chiuse il libro e gli sorrise. Scese dallo sgabello e si posizionò con la schiena appoggiata alla cassa.
«Ti aspettavo» confessò. Il cuore di Harold cominciò a correre in un modo troppo veloce perchè lei non lo notasse.
«Allora, esci con me?» chiese Harry.
«Come si pronuncia..?» scherzò posandogli un dito sotto il mento. E ancora una volta non ci riuscì, Harold. E lei rise di nuovo e Harry si innamorava sempre di più ogni volta che i suoi capelli ricadevano all'indietro e come le sue labbra si allargavano in un sorriso.
«Vabè, sì. Esco con te»
Harry la portò sulla spiaggia e le prese la mano, provocando i brividi in tutti e due. Passarono il pomeriggio a contemplare l'orizzonte e quando il tramonto solcò i loro visi Halley non petè fare a meno di piangere.
«Halley, tutto bene?» chiese Harry vedendola. Lei si asciugò le guance arrossate e tirò su col naso.
«Scusa, sono una cretina. Piango per tutto» si limitò a dire «piango perchè il tramonto è così magico e io sono troppo debole per far si che mi lasci indifferente. Sono cretina, già» ammise. Harry non potè far altro che tirarla a se e stringerla forte, circondandola con le sue braccia.
«Non sei cretina. Sei una delle persone più belle che conosca» lei ridacchiò un pochino. Scostò la testa dalla spalla del ragazzo e lo fissò negli occhi, provando quella sensazione di assoluta inferiorità. Voleva dipingerlo su una tela, era come se fosse un bisogno necessario.
Ma proprio mentre lo pensava Harry la baciò con tutta la dolcezza di questo mondo. Lei allaciò le sue mani dietro il suo collo e ricambiò.
«Pensavo ti servisse altro tempo!» lo schernì Halley. Si mise a correre in direzione delle onde ma lui la raggiunse. La ribaciò di nuovo, e poi di nuovo come se non ci fosse altro da fare o da dire.
«Ecco, cos'è un bacio in confronto a tutto questo?» disse indicandogli il mare. Lui appoggiò la fronte su quella di Halley.
«Un bacio» rispose semplicemente sfiorandole il naso.
«Oh, Harry» lo chiamò «mi piacerebbe dipingerti» sussurrò sulle labbra del ragazzo.
Si vedevano ogni giorno e lo stupore si impossessò di lei quando lui le regalò un completo di pennelli e colori. Sapeva quanto amasse l'arte. 
I mesi passavano e Halley fece centinaia e centinaia di ritratti ad Harold: dalla mattina alla sera michiava i colori e li stendeva sulla tela, creando
capolavori a cui nessuno sarebbe rimasto impassibile. Ogni volta che Harold li guardava una sensazione piacevole gli attanagliava lo stomaco ma dall'altra parte si chiedeva se lei non fosse innamorata dell'Harry della tela e non reale. Scacciava via quell'idea ogni sera prima di andare a dormire e ogni volta che lei lo guardava con una luce magica negli occhi e poi sorrideva.

Quella ragazza era energia, poesia, arte. Era un uragano, era tutto quanto, tutto insieme. Harry invece era quello che stava con i piedi per terra ma era capace di stupirti. Era questo che lei amava di lui. Lo amava con tutte le sue forze, il suo cuore. Amava come gli sussurrava che la amava e poi la baciava. Amava il suo tocco sotto la pelle: di solito chiunque la toccava provocava le fiamme dentro di lei. Ma Harry no, lui era speciale. E si innamorava ogni volta che lui le scompigliava i capelli o semplicemente se ne stavano barricati in casa a guardare centinaia di film. Si amavano con tutta l'anima e nulla era più forte della loro passione: facevano l'amore e Harold adorava le punte sporche di colore ciondolare sul suo petto o come la sua pelle odorasse di acquarelli mentre si baciavano. Facevano l'amore mentre c'era il temporale o dopo che avevano litigato, Harry ed halley. Halley e Harry.
«Halley, perchè dipingi?» gli domandava ogni volta che posava.
«Perchè mi rende felice» e lei riprendeva a dipingere sporcandosi la faccia.
La neve cadeva candida e soave su tutta Holmes Chapel. Harry aiutò Halley a fare le valigie. Parigi.
«Sono contenta che tu abbia vinto quel concorso» le disse lui riponendo le magliette nel fondo alla valigia. Halley si tirò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sul suo viso arrivò un'espressione scura. «E' tutto merito tuo» mise il suo spazzolino dentro la trousse e chiuse la valigia. Si lasciò cadere di peso e si coprì la faccia con le mani cadendo rumorosamente al suolo. Il ragazzo le si affiancò abbracciandola.
«Adesso me ne vado e ti lascio qui. Quanto vorrei non saper dipingere. Dio, non so che fare» le lacrime bagnavano i palmi della sua mano, scorrendo lungo il braccio.
«Non devi pensarlo, Hal. Sei una ottima pittrice e sarei egoista se ti dicessi di restare.» ci fu una pausa, anche ad Harry pesava il fatto che se ne andasse ma non poteva fermarla. «Io resterò qui. Sarò qui ad aspettarti col sorriso.» restarono così per un tempo che sembrava infinito e quando si alzarono era già tempo di andare. Harold posò la giacca sulle spalle di Halley. Tremava impercettibilmente e il pensiero che soffrisse uccise Harry. Afferrò le valigie e le caricò sul taxi.
Aprì la portiera e lei lo baciò di nuovo, avidamente. Come se volesse portarlo via con lei.
Ma prima che lei salisse nel retro della macchina la afferrò per un polso e la guardò.
«Monet»
«Cosa?» chiese lei confusa.
«Stavolta l'ho pronunciato bene, altrimenti non avresti sorriso» gli angoli della bocca di Harry si alzarono e anche quelli di Halley. Lo afferrò per la nuca e gli posò un bacio sulle labbra umide.
«Sì, l'hai pronunciato bene. Ti amo» detto questo si allontanò sparendo lungo il viale.
Ad Harry si bloccò il respiro entrando in contatto col mondo reale: perchè con Halley era rinchiuso in un mondo in cui c'erano solo loro. Adesso sapeva che non c'erano mondi, non c'erano giornate passate nudi sotto le lenzuola o a dipingere e a sporcarsi di colore. Harry la aspettava.
Ma lui lo sapeva. Sapeva che quando sarebbe tornata lei avrebbe sconvolto di nuovo il suo mondo, tutto di nuovo, tutto sottosopra.
Come un uragano.

 

 

 

Dio, che schifezza.

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