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Autore: ladymisteria    12/07/2012    1 recensioni
"Sherlock Holmes se ne stava in piedi in quella stanza della sede governativa dei servizi segreti britannici.
Sembrava perfettamente a suo agio, nonostante fosse scalzo, bagnato come un pulcino e avesse sulla testa una spada di Damocle con impressa a caratteri cubitali un'accusa per alto tradimento."

Seguito di "Rain and Confidences"
Versione riveduta e corretta
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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"Se t'amo forse perdo
se non ti amo però
non vinco mai..."

"Ci Sei Tu" - Nek

John Watson rimise il cellulare nella tasca, senza distogliere gli occhi dalla Donna.

«Grazie» disse questa, sorridendogli.

«Non sono certo che lei si renda conto di quanto il suo comportamento abbia turbato Sherlock».

Si alzò.

«Ma spero ardentemente per lei che non lo sappia; che non si stia prendendo gioco di lui».

Irene Adler lo guardò interessata.

«Incorrerei nella sua ira, dottore?»

«No. In quella di Sherlock. E se davvero lo conosce come crede, saprà che non esiste cosa peggiore».

Gli occhi di Irene brillarono.

«Non le nascondo che invidio Sherlock per avere accanto un amico come lei. Qualcuno pronto a difenderlo a spada tratta; a passare sopra ogni vizio, ogni lato negativo, ogni difetto…».

Si abbandonò in modo elegante sulla poltrona.

«Sa, dottor Watson? Le confesso una cosa: l'ho seriamente odiata».

John la guardò, fingendosi interessato.

«Sul serio? E perché mai?».

Irene sorrise.

«Perché a Mycroft Holmes bastò fare il suo nome per far tornare immediatamente Sherlock a Londra».

«Non credo che lei possa lamentarsi. Per lei ha mentito al fratello e alla nazione intera».

La Donna soffocò una risata.

«Sherlock non si è mai gettato volontariamente da un tetto per salvarmi la vita, dottore. E non credo lo farà mai».

John non seppe cosa replicare.

Era vero.

«Ho perso il confronto, dottore. Tra John Watson e Irene Adler ha vinto - mi duole dirlo - John Watson».

«Chissà che smacco per la sua autostima»

«Non lo immagina neppure».

Un taxi si fermò davanti al 221b, e pochi istanti dopo Sherlock fece il suo ingresso nell'appartamento.

Per alcuni istanti nessuno parlò.

«John, potresti lasciarci soli per qualche minuto? Io e miss Adler dobbiamo... discutere di alcune cose».

La Donna lanciò un'occhiata significativa al medico.

Un'occhiata che diceva palesemente: "Che le avevo detto?".

«Certo. Sono giù con la signora Hudson, se hai bisogno di me»

«Sono certo che non succederà» disse il detective, senza distogliere gli occhi dalla figura mollemente abbandonata sulla poltrona.

John annuì, lasciandoli soli.

*

Sherlock andò nella cucina, tornandovi poco dopo con un bicchiere di brandy.

«Chi non muore si rivede» recitò.

«Credevi fossi morta?»

«A dire la verità, cominciavo a sperarlo».

La Donna rimase esterrefatta dalla freddezza con cui Sherlock aveva pronunciato quella frase.

«Sherlock...» tentò.

Aveva perso il tono canzonatorio usato con John Watson.

«Dimmi»

«Mi spiace».

«Per cosa?»

«Per quello che è successo».

«Perché, che è successo?» chiese il detective con aria innocente, bevendo tutto d'un fiato il liquore.

Irene lo guardò confusa.

«Oh. Certo» mormorò questa alla fine, comprendendo quello che il detective stava facendo.

«Cosa?»

«Pensi di continuare a lungo?»

«Non capisco di cosa tu stia parlando».

«Ascolta, so di essermi comportata male...»

«Oh, ma davvero? Strano, non me n’ero accorto» disse Sherlock, abbandonando anch'egli l'aria ingenua.

«Ma io...»

«Tu cosa?».

La donna sospirò.

«Perdonami»

«Perché dovrei? Credi sia tanto semplice da fare?».

Il detective andò in camera sua, seguito a ruota da Irene.

Era sempre stato così, tra loro.

La dominatrice svaniva completamente, lasciando il posto a un'insicura - anche se comunque graffiante - Irene Adler.

«Vuoi sempre che io mi pieghi a pregarti, ad umiliarmi?»

«Non sono io a volerlo, Irene. Sono le tue azioni che portano inesorabilmente a questo».

Sherlock prese la pistola dal cassetto del comodino, mettendosela in tasca.

Odiava apparire vulnerabile agli occhi della Donna.

«Francamente non so cosa tu possa volere ancora da me, Irene. E non voglio neppure saperlo» aggiunse, quando la vide pronta a ribattere.

«Ti avevo offerto la possibilità di vivere alla luce del sole, facendo quanto più ti piaceva; vivendo dove volevi, chiedendoti solo di comunicare al Paese quanto scoprivi dai tuoi amici importanti. Ma questo non è bastato alla dominatrice Irene Adler, vero?».

Irene abbassò lo sguardo, incapace di fissare quegli occhi che ora non avevano più solo il colore del ghiaccio, ma anche la freddezza.

Lo rialzò però subito.

«Non ce la facevo più. Ogni volta che scoprivo nuove informazioni dovevo subire domande, sguardi carichi di disprezzo. Io che ho sempre ricevuto solo sguardi di supplica. Non mi piaceva. Mi sentivo una cavia da laboratorio, sempre sotto esame... Non sono riuscita a sopportarlo».

Lo fissò.

«Come fai tu? Ogni giorno pedinato da tuo fratello, dai suoi uomini, dai giornalisti...».

«Faccio in modo di non interessarmi a nient'altro che non sia il mio lavoro; a niente e nessuno che non mi interessi. Ci si fa l'abitudine, dopo un po’. Forse non tutti ci riescono, è vero. Ma mai mi sarei comportato in maniera tanto sconsiderata, tanto stupida. Non conoscendo le conseguenze».

La fissò anch'egli, ferito.

«Che avrei dovuto fare? Andare da tuo fratello e dirgli: "Salve, non ho più intenzione di sottostare a questo assurdo ricatto, quindi ho deciso di sparire. Vi dispiace lasciarmi andare per la strada, senza arrestarmi?". Avrei dovuto fare questo, Sherlock?».

Lo guardò risoluta.

«Inoltre, se non ricordo male, tu non ti sei certo fatto delle remore quando si è trattato di "aggirare" i tuoi problemi con Jim. Dici a me che conoscendo le conseguenze non ti saresti mai comportato in maniera sconsiderata o stupida, ma quando te la sei vista brutta hai preferito buttarti da un tetto e fingerti morto, accettando persino di essere considerato un bugiardo, un finto genio, piuttosto che raccontare al tuo migliore amico come stavano davvero le cose».

Seppe di aver esagerato nel momento stesso in cui le parole le uscirono di bocca.

Non aveva mai visto Sherlock così furioso.

«Non provare neppure a paragonare quello che hai fatto tu con quanto accaduto quel giorno su quel tetto, Irene. Non azzardartici neppure» disse l’uomo a denti stretti.

«Non ne hai il diritto. Non dopo che tu hai fatto la stessa cosa per prima. Hai inscenato la tua morte, hai fatto in modo che io ti ritenessi tale, fingendo completamente di non sapere quanto vedere il tuo cadavere, saperti priva di vita mi avrebbe annientato. E quando ti sei resa conto dell'errore fatto, non hai neppure avuto il coraggio di dirmi la verità»

«Ti scrissi un SMS in cui ti dicevo che ero viva!»

«L'avresti fatto se John non ti avesse praticamente costretta?».

Nessuno dei due parlò.

«Quando ho fatto quel che ho fatto non avevo scelta, Irene»

«Mi hai detto che c'è sempre una scelta».

«Ed è vero. Ma la sola altra scelta che avevo era andarmene, e permettere che tre assassini uccidessero tre delle uniche tre persone che rappresentano una famiglia, per me».

«Quindi Mycroft, Molly Hooper, persino io… Non contiamo niente per te. E' questo che significano le tue parole»

«Moriarty fece uno sbaglio, non considerando Molly importante. Ma lei, Lestrade, John e la signora Hudson non hanno mai preteso che io cambiassi. Mi hanno sempre accettato per quello che sono. Sempre. Qualcosa che nessun altro ha fatto».

La fissò.

«Questo li ha innalzati al livello di famiglia».

Irene sospirò.

«Che altra scelta avevo io, Sherlock? Qual era l'altra mia soluzione?».

Sherlock, già avviatosi verso la porta, estrasse il suo cellulare, mostrandolo alla donna.

«Sarebbe bastato un SMS, Irene. Un solo SMS, e sarei immediatamente corso in tuo aiuto».

Lo rimise al suo posto.

«Come posso rimediare, ora?».

Sherlock la fissò con un sorrisetto che non riusciva a nascondere la delusione che il detective provava.

«E' questo il problema, Irene. Non puoi».

E senza darle il tempo di replicare, se ne andò.

 

 

 

Un grazie enorme a Simple_ che non manca mai di farmi sapere la sua opinione sulle mie FF

 

   
 
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