Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: JulietAndRomeo    12/07/2012    2 recensioni
Io rimasi un attimo interdetta: Nick? Quel Nick? Il figlio di Jeremy? Il tipo che avevo odiato a prescindere?
Come se ci fossimo letti nel pensieroci girammo l'uno verso l'altra: «Cosa?»
«Sta zitto!», «Sta zitta!» urlammo all'unisono e continuammo: «Io?»
«Tu!»
«No!»
«No?»
«Si!»
«Smettila!» concludemmo.
questa è la prima storia che scrivo e l'ho fatto per un concorso letterario a scuola quindi non so neanche come è venuta: la pubblico perché mi piacerebbe avere un vostro parere, non so ancora quanto sarà lunga perché il concorso sarà a settembre quindi devo ancora finirla. E' un giallo/commedia perché non piacciono neanche a me le cose troppo pesanti da leggere quindi l'ho 'alleggerita'. Non vi chiederò un commento, quello deve essere a vostro buon cuore. Adesso vi lascio, buona lettura
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 9: La Mano Rossa.

Durante il tragitto cercai di concentrarmi solo ed esclusivamente sulla guida, ma riuscire ad isolare i pensieri non era facile: ero ansiosa per la salute di Nick, preoccupata per la signora Smith e Charles, incredula perché qualcuno era riuscito ad eludere il sistema di sorveglianza, arrabbiata per non essere riuscita a prendere quello stronzo che era entrato in casa mia e molto altro.
«Ho bisogno di una vacanza» borbottai mentre mi fermavo al semaforo.
Il verde scattò dopo pochi secondi e io pigiai l'accelleratore con impazienza: cominciai a rallentare, solo quando scorsi le luci che illuminavano la pietra su cui era scritto 'Los Angeles Police Department'.
Parcheggiai e scesi dall'auto; mentre chiudevo le portiere, avvertii una presenza alle mie spalle, mi girai di scatto e la faccia di Lewis, che mi scrutava con un'espressione tra il severo e il preoccupato, mi fece saltare per aria dallo spavento.
«Cullen, tutto bene?» chiese guardandomi in faccia.
«Tutto bene?» chiesi lentamente: «Mi chiede se va tutto bene? Oggi me ne sono capitate di tutti i colori -ne hanno anche inventati altri di colori, per potermi permettere di usare questa espressione- e lei mi chiese se va tutto bene? Tra le altre cose, ispettore, mi ha fatto venire quattro infarti contemporaneamente!» esclamai.
Lui mi guardò come se non capisse che intendevo: «No, non va tutto bene!» sbottai.
«Non preoccuparti, lo prenderemo. Adesso entriamo, siamo già pronti per l'identikit» disse indicandomi la strada con fare rassicurante.
Io mi incamminai e lui mi venne dietro.
Arrivammo nella stanza degli uffici e tutti gli agenti presenti mi guardarono spaventati: «Che diavolo hanno da guardarmi?» domandai sottovoce all'ispettore.
«Ehm...» esitò lui.
«'Ehm...' cosa?» chiesi.
«Non riescono a capire come una ragazza della tua... statura sia riuscita a mandare via un intruso da casa».
Io alzai un sopracciglio e, spostando il mio sguardo dall'ispettore agli agenti, dissi loro: «Che c'è? Non avete mai visto uno gnomo uscire illeso da una colluttazione con un gigante?».
Vedendo che non staccavano gli occhi da me, anzi mi stavano letteramente squadrando e consumando, continuai alzando la voce: «Non avete per caso qualcosa da fare? Magari rintracciare un assassino o ancora meglio un aggressore?».
A quel punto si girarono tutti, tornando a fare altro. Alla scrivania dell'ispettore, era seduto un giovane agente, con un blocco da disegno in mano e una specie di portapenne a fianco.
«Macy, lui è l'agente McGowell, farà l'identikit del soggetto,» disse guardandomi, poi rivolgendosi all'agente disse: «McGowell, lei è Macy Cullen. Adesso vi lascio soli, così potrete dare un volto al nostro aggressore, e poi, Cullen, verrà con me a sporgere denuncia» concluse l'ispettore, dopodiché si allontanò.
«Se vuole sedersi per favore, iniziamo subito» disse sorridente l'agente.
«Preferisco mi dia del tu» risposi.
«Bene, allora: siediti di fianco a me, così puoi vedere anche tu e darmi istruzioni di conseguenza. Comunque io sono Derek».
«Ok, che vuoi sapere, Derek?».
«Partiamo dagli occhi».
«Ok allora, erano piccoli e allungati, probabilmente era imparentato con un asiatico, ma non troppo allungati».
Lui scarabbocchiò un occhio e, quando decisi che poteva andare, scarabbocchiò anche l'altro e li migliorò entrambi.
«Proseguiamo: il naso?».
«Era schiacciato (e questo avvalora l'ipotesi di una parentela con qualche asiatico) e grosso, le narici erano molto piccole rispetto al resto del naso».
«Ok, così?».
Non sembrava proprio quello: «No, era più lungo e soprattutto era molto vicino agli occhi, cioè gli occhi erano vicini tra di loro» spiegai confusa.
Lui rise: «Allora correggiamo subito» disse prendendo la gomma da cancellare.
«Adesso è molto meglio» dissi guardando il 'ritratto'.
«Andiamo avanti, la bocca?».
«Le labbra erano sottili e la bocca, nel complesso, fine ed era lontana dal naso» dissi guardando il suo lavoro.
«Per il resto?».
«Orecchie grandi, ma non a sventola, fronte spaziosa, sopracciglia folte e doppio mento. Non aveva segni particolari, anche se ho notato qualche neo qui e lì, i capelli erano corti, brizzolati e ricci direi. Oh si, aveva anche la barba, però non molta».
«Hai una memoria fantastica» sorrise Derek.
«Si riesco a ricordare molti dettagli se la cosa ricordare mi riguarda».
«E se te lo dessi, ricorderesti anche il mio numero?» disse continuando a disegnare.
«Posso provarci» risposi sorridendo.
Infondo era un bel ragazzo e, al contrario di quello che pensava Nick, io avevo una vita sociale.
E poi diciamocela tutta: con quella divisa era così sexy, accidenti!
Derek scrisse il suo numero su un foglietto e, dopo averlo piegato, me lo porse. In quel momento arrivò l'ispettore e osservò da sopra le spalle di Derek il ritratto dell'aggressore.
Adesso: io ho visto molte reazioni 'strane', ma quella dell'ispettore... mi lasciò basita.
Sbiancò come se avesse visto un fantasma o avesse conosciuto Nessie di persona e ci avesse anche preso il thé, e poi arrossì fino all'inverosimile, tanto che mi preoccupai stesse per svenire per mancanza d'aria.
Di questo non mi accorsi solo io, ma anche l'agente che lo seguiva e Derek, che si era voltato in attesa di un giudizio da parte di Lewis.
«Cu-Cu- Cullen, è sicura c-che sia questo l'uomo?» disse balbettando, direi che suonò più nervoso che sbalordito.
«Si, sicurissima, sembra una foto» dissi confusa.
«Oh, Dio non è possibile! Che idiota!» disse lasciandosi cadere su una sedia, appoggiando i gomiti sulle gambe e coprendosi il volto con le mani.
«Perché?» chiesi titubante, dopo aver scambiato un'occhiata con Derek e l'altro agente.
«William!» esclamò rivolgendosi ad un agente anziano: «Porta qui Miller e Anderson».
L'agente annuì e sparì tra le scrivanie: tornò poco dopo con affianco due uomini vestiti in giacca e cravatta nere, con camicia bianca e pantaloni e scarpe altrettanto neri.
I due uomini portavano occhiali da sole (al chiuso) neri, e alla cintola avevano una fondina e un distintivo: quest'ultimi erano diversi tra loro, anche se i loro proprietari sembravano usciti dallo stesso negozio di abbigliamento.
«Cullen, loro sono l'agente Miller dell'F.B.I.» disse indicando il tipo a sinistra: «E l'agente Anderson, della C.I.A.» disse indicando l'altro.
Io sgranai gli occhi e aprii la bocca: C.I.A.?! F.B.I.?! Collaboravano con la polizia?! E da quando?! Domanda più importante: collaboravano tra loro?!?!
In quel momento sembravo più o meno uno stoccafisso senz'aria, ma comprendetemi, lo shock era stato troppo: «Cosa?!» dissi urlando: «Volevo dire,» proseguii più calma: «Cosa?!» urlai di nuovo.
I due uomini si tolsero gli occhiali e dopo lo shock sovvenne la rabbia: il tipo della C.I.A. era il tipo che era entrato in casa mia e aveva aggredito Nick!
«Lei,» dissi con rabbia indicandolo: «Brutto figlio di pu...».
«Cullen!» mi riprese l'ispettore.
«... buona donna!» mi corressi: «Ha agrredito il mio amico! Lo ha mandato all'ospedale e ha fatto venire una sincope a me!» ruggii.
Tutto il distretto si voltò verso di noi e mi resi conto che da qualche giorno io ero l'attrazione principale del 'Circo L.A.P.D.' (chissa quanto costava il biglietto, dovevo reclamare almeno la metà degli incassi).
«Si calmi, signorina» disse l'uomo con calma.
«Calmarmi?! Mi sta per sbaglio chiedendo di calmarmi?! Con il coltello che le ho tirato e che non l'ha presa, staccandole un orecchio, le taglio la lingua e le cavo un occhio! Come si permette di dirmi di stare calma?! Lei è solo un fottuto bast...».
«Cullen!» ripetè l'ispettore.
«... cretino! Un fottuto cretino!» conclusi urlando.
«Ha davvero un'ottima mira con i coltelli e ammetto di non essermi accorto di lei, complimenti».
Quel tipo mi stava facendo diventare una bestia, ma lo sguardo ammonitore dell'ispettore mi stava implorando di non perdere la pazienza.
Quindi, respirai profondamente ad occhi chiusi e dissi sottovoce: «Voglio una spiegazione».
«Cosa scusi?» chiese Anderson.
«Voglio una spiegazione! E la voglio ora!» urlai.
«Ha problemi nel controllare la rabbia?» mi chiese calmo.
Ed ecco che l'occhio sinistro cominciò a chiudersi a scatti: «Io non ho nessun tipo di problema, ma se lei parla un'altra volta, per dire un'altra colossale caz...».
«Cullen!». L'ispettore stava diventando ripetitivo.
«... zata, lei avrà problemi seri nel procreare» ringhiai.
Anche se all'esterno non sembrava impressionato, lo vidi deglutire e rispose: «Bene allora, passiamo alle cose serie».
«Perché si è introdotto in casa mia? No, mi correggo, perché non credo lo abbia fatto di sua spontanea volontà: perché la C.I.A. si è introdotta in casa mia?».
«Cercavamo i dettagli del caso, per distruggerli. Lei e il suo amico siete civili, non potete essere messi al corrente delle indagini. Peccato però che non abbiamo trovato niente» concluse.
«Io tengo tutto a mente, non mi fido a lasciare scritti e a quanto pare faccio bene» dissi guardandolo in tralice.
«Già... in ogni caso, visto che non credo ci sia modo di persuadervi o obbligavi a lasciare il caso, potrete continuare con le vostre indagini da dilettante» disse altezzoso.
«Mi faccia un piacere: chiuda la fogna che ha sotto il naso» sibillai: «Per favore» dissi con più calma.
«Che ne dite di lasciar perdere questa discussione?» disse l'agente Miller.
«Perché l'F.B.I. e la C.I.A. collaborano allo stesso caso?».
I due agenti e l'ispettore si accomodarono, mentre Derek e l'altro agente andarono via: «Vede, signorina,» disse Miller indicandomi una sedia vuota: «I cadaveri giù all'obitorio, facevano parte di...».
«Una società segreta» completai io.
«Appunto. Il fatto è che soprattutto quei due, erano ricercati da tempo, solo che non conoscevamo le loro identità».
«Di uno di loro, non la conosciamo tutt'ora» affermai.
«Si, è vero» confermò l'ispettore: «Stiamo aspettando le impronte digitali e poi procederemo all'identificazione».
«Impronte digitali? Credevo fosse completamente essiccato, come potete ottenere le impronte digitali?» disse Anderson.
«Idrato di sodio, mi annoia spiegarglielo, quindi si accontenti di questo» dissi.
«Bene, dicevamo comunque che fanno parte di una società segreta, detta 'Mano Rossa'. Si occupano di parecchie cose: traffici vari (da quelli per droga a quelli di esseri umani, passando per quelli di oggetti antichi), controllo e gestione di diverse società della malavita californiana, omicidi su commissione e ci risulta siano anche al centro di diverse guerre tra bande. Adesso hanno cominciato a 'fare le pulizie di primavera': fino all'anno scorso, il capo era un certo Christian Wollaby che, dopo essersi trasferito all'estero per sfuggire alla legge, è stato ucciso; a lui è subentrato il suo braccio destro Thomas McLoud, al quale alcuni soggetti, che il suo vecchio boss considerava indispensabili, non vanno a genio. È parecchio che lo teniamo d'occhio, ma non abbiamo mai potuto formulare un'accusa per mancanza di prove» disse Miller.
«Mancanza di prove? Avete detto che si occupa di qualsiasi tipo di operazione criminale e non avete prove? Che razza di poliziotti siete?» dissi sbalordita.
«Il vecchio Tom, non fa mai niente di persona: affida tutti gli incarichi ai suoi uomini e, quando questi vengono arrestati, ci sono almeno cinquanta persone pronte ad affermare che in quel momento questi uomini erano con loro».
«Ok, ma nonostante le testimonianze, ci devono essere delle prove: le prove sono sempre ovunque, bisogna soltanto vederle e saperle riconoscere tali» affermai convinta.
«Vero, ma finora non siamo mai riusciti a trovarle. Adesso abbiamo saputo dei due cadaveri e ci siamo subito mossi. Abbiamo poi saputo che lei, signorina, aveva scoperto più cose in due settimane, che noi in quasi tre anni e le nostre agenzie hanno deciso di collaborare con il dipartimento centrale di L.A. e con l'ispettore qui presente» concluse Anderson.
«Ok, allora come ci dobbiamo muovere?» chiesi.
«Bella domanda: direi che è questo il punto. Come ci muoviamo, senza che loro lo sappiano? Hanno occhi e orecchie ovunque, non siamo mai riusciti ad anticipare le loro mosse per mancanza di indizi e siamo in una situazione di stallo da un anno» disse Miller.
«Importante però è che nessuno sappia che io e l'agente Miller siamo qui o potrebbero scapparci di nuovo».
«Bene. Adesso devo andare, la signora Smith sarà preoccupata» dissi alzandomi: «Oh, agente Anderson, spero che la C.I.A. pagherà le cure del mio amico, non ho intenzione di sborsare un centesimo per le colpe degli altri».
«Ovviamente, signorina Cullen» disse serio.
Annuii e salutai l'ispettore, dopodiché uscii per dirigermi a casa.
Mentre ero in auto stavo inventando una serie decente di scuse per non far allarmare la signora Smith riguardo la salute di Nick.
Sghignazzai tra me e me: quando Nick sarebbe tornato a casa avrebbe mangiato come se avesse passato mille giorni nel deserto senza cibo né acqua e sarebbe stato coccolato e strapazzato come fanno i bambini con gli orsetti di peluche: così impara a rimproverarmi per avergli rovinato i vestiti... vestiti?
'Oh, cazzo' pensai: 'Non ha niente da mettersi, devo portargli dei vestiti se non voglio che giri nudo per tutto l'ospedale!'.
Misi in funzione il telefono dell'auto e lo chiamai: «Si pronto?» disse insonnolito all'altro capo del telefono.
«Ciao Nick, come va?».
«Ciao Babù, bene, non posso lamentarmi, tranne che per il cibo».
«'Babù'? Che significa?».
«Sai che quando ero mezzo tramortito ho detto 'ba bù' e ti ho praticamente chiamata così, quindi mi sono chiesto 'perché non farne un soprannome?' quindi ecco cosa ne viene fuori» disse.
Dalla voce sembrava soddisfatto di se stesso e della sua 'geniale' trovata, io invece ero rimasta senza parole: «Ma che ti sei fumato?».
«In ospedale non si può fumare, Macy».
«Allora è stata la botta in testa ad averti fatto male! Vabbé, lasciando perdere questo discorso che riprenderemo più avanti perché non ho intenzione di farmi chiamare come un verso da bambini, hai dei vestiti lì?».
«No, i miei sono sporchissimi e abbandonati sulla sedia».
«Passo a prenderti dei vestiti a casa e vengo a portarteli; ho anche delle novità sul caso se ti interessa».
«Macy, io non vorrei contraddirti, però l'orario di visita è terminato».
«Si ma un tipo mi deve un favore, quindi tra una mezz'oretta al massimo sarò lì».
«Per curiosità, quante sono le persone che ti devono un favore?».
«Parecchie. Adesso vado ci vediamo dopo».
«A dopo».
Chiusi la telefonata e parcheggiai davanti casa. Percorsi velocemente il vialetto ed entrai nel modo più silenzioso possibile, per evitare le domande fino al mio effettivo rientro.
Peccato però che non avevo fatto i conti con la tenacia della signora Smith: «Macy, tesoro, cosa è successo a Nick? Degli agenti sono venuti a prendere del sangue, pensavo fosse il vostro, oh Dio quanto mi sono preoccupata!» disse alzandosi dal divano e correndomi incontro.
«Signora Smith, non è niente di grave, le spiegherò tutto al mio ritorno, adesso devo prendere dei vestiti di Nick».
«Oh si, dei vestiti, ti aiuto io» disse guardandomi con occhi vacui.
Cominciò a salire le scale e io la seguii a ruota. Pochi minuti dopo stavamo riempendo una borsa con i vestiti, lo spazzolino e le scarpe di Nick. La donna aveva preparato la borsa per almeno un mese, nonstante le mie ripetute proteste sul fatto che a Nick non servissero tutti quei vestiti per tre giorni al massimo.
«Fa come ti dico io, Macy, potrebbero servigli» diceva lei.
«Ma, signora Smith, ha una 'camicia da notte' per stare in ospedale e rimarrà lì dentro per meno di una settimana! Che se ne fa? Questi vestiti non entreranno nemmeno nell'armadietto della camera!» rispondevo io.
Andammo avanti così per circa dieci minuti. Alla fine, stufa di non essere ascoltata e inorridita all'idea di dovermi portare due borsoni (si due, perché da uno zaino eravamo passati ad un borsone e da un borsone due) pieni di vestiti giù per le scale, alzai i tacchi di soppiatto, mentre la donna si recava in cucina per darmi 'Qualcosa che quel povero ragazzo possa mangiare' secondo lei.
Arrivata in macchina lanciai le borse nel portabagagli e partii in fretta e furia, prima che la signora Smith potesse inseguirmi con le cose da mangiare per Nick.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: JulietAndRomeo