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Autore: LaniePaciock    12/07/2012    7 recensioni
Rick e Kate finalmente c’è l’hanno fatta, ma a che prezzo? Le dimissioni, la rottura tra Esposito e Ryan… Kate pensava di smettere, di essere in salvo, ma se venisse assassinato Smith? Se fosse di nuovo in pericolo? Ma soprattutto, cosa succederebbe se l’uomo misterioso di nome Smith non fosse stato l’unico a ricevere i fascicoli sul caso Beckett da Montgomery?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick's dad'
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Io... ehm... uhm... no ok lasciamo stare, non dico niente... Vi scrivo sotto che è meglio! Buona lettura!
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Cap.12 Dottore e inventore

Rick si premunì di chiudere entrambe le porte dello studio e della sua camera. Non a chiave. Non sarebbe servito. Ma almeno avrebbero avuto la privacy che speravano. Appena entrati nella stanza, Kate fece appena in tempo a fare due passi all’interno che si sentì afferrare alla vita dallo scrittore. La donna percepì il petto dello scrittore aderire perfettamente alla sua schiena.
“Dove vai?” domandò l’uomo retorico ridacchiando e lasciandole un bacio sul collo.
“Dove vuoi che vada?” replicò Kate alzando un sopracciglio, ma con un sorriso divertito in volto. “Stavo solo cercando di raggiungere la mia borsa. Sai, dovrei cambiarmi. Non mi sembra il caso di dormire con questi vestiti addosso…” La donna si rese conto solo un attimo dopo del doppio senso che poteva nascondere, neanche troppo velatamente, la sua frase. Sentì infatti Rick sogghignare sul suo collo.
“Oh, ma se è per questo non devi preoccuparti! Per me va più che bene dormire nudi! Lo sai che sono contro lo spreco, no? Meno vestiti indossi, meno lavatrice da usare, meno energia e acqua consumate!” dichiarò con tono semiserio. Kate si girò tra le sue braccia e lo guardò con un sopracciglio alzato.
“Che paladino dell’ambiente…” commentò sarcastica. Poi gli puntò un dito al petto. “Mi hai capito benissimo signor scrittore. E poi le tue intenzioni per stasera non erano pure e caste? Faccio ancora in tempo ad andare a casa…” disse in finto tono di minaccia. Sapevano entrambi che non l’avrebbe fatto. Ma giocare un po’ dopo tanto stress era la cosa migliore per rilassarsi. E d’altronde non avrebbero mai smesso di stuzzicarsi. Rick fece una smorfia e mise su il suo miglior sguardo da cucciolo.
“E mi lasceresti così solo soletto?” chiese col tono di un bimbo a cui è negato portare l’orsetto a nanna con lui. Kate fece finta di pensarci per qualche istante.
“Mm… sì!” dichiarò ridendo. Rick si imbronciò come un bambino offeso. Poi sospirò e attirò la donna ancora più vicina a sé, tenendola saldamente per la vita.
“Va bene, mi arrendo. Farò il bravo, promesso” replicò. Kate rimase per un momento stupita da questa sua accondiscendenza. “Ma…” La donna sospirò. Sembrava strano… pensò divertita.
“No, di nuovo??” esclamò alzando gli occhi al cielo fintamente esasperata. Rick ridacchiò.
“Già!” rispose convinto con un sorrisetto furbo in volto. “Dicevo... Ma per fare il bravo ho bisogno di un… uhm… piccolo incentivo. Non credi?” Kate lo guardò per un momento nei suoi occhi blu, poi si morse il labbro inferiore e il suo sguardo si abbassò per un secondo all’altezza delle labbra dello scrittore. Vedendo il percorso degli occhi della donna, Rick sghignazzò. “Vedo che mi ha capito alla perfezione detective. L’ho sempre detto che c’è una connection tra di noi…” Kate scosse appena la testa, divertita. Poi prese l’uomo per il colletto della camicia e si allungò per baciarlo. Doveva essere un bacio piccolo, secondo l’idea di Kate, ma quasi subito la donna dimenticò lo scherzo e il bacio si fece più approfondito. Si staccarono solo quando non ebbero più fiato. Entrambi un po’ ansimanti, rimasero lì in piedi, abbracciati, le fronti unite.
“Tu non sai quante volte oggi ho pensato di prenderti di peso, chiuderti con me in una stanza e baciarti in questo modo…” sussurrò lo scrittore serio. Kate sorrise e sfiorò la punta del naso dell’uomo con il proprio. Rick le accarezzò una guancia con un pollice, poi le lasciò un ultimo piccolo dolce bacio e si staccò dalla detective in modo da potersi entrambi cambiare per la notte. Andò verso il suo lato del letto e aprì un cassetto per tirare fuori un paio di pantaloncini e una maglia a maniche corte con cui dormiva di solito. Poi iniziò a spogliarsi. Levò le scarpe e restò in calze. Tolse la camicia, rimanendo a torso nudo, e la poggiò distrattamente su una sedia della camera. L’avrebbe messa da lavare più tardi. Rimosse quindi la cintura e la appese  nell’armadio davanti a lui. Stava per slacciarsi i pantaloni quando lanciò un’occhiata distratta alla sua musa e si bloccò. Kate aveva tirato fuori dal borsone anche lei un paio di pantaloncini e li aveva poggiati sul letto. Accanto a questi c’era una maglia dello scrittore che la donna aveva iniziato a usare come parte sopra del pigiama per dormire. Kate però era ancora praticamente vestita. Aveva levato solo le scarpe e slacciato la camicia. Ma quello che aveva fatto paralizzare l’uomo era la sua posizione. Era in piedi, tesa e immobile accanto al letto. Le si avvicinò preoccupato. Portandosi davanti a lei vide una smorfia di dolore sul volto della donna.
“Kate!” esclamò agitato. “Kate, che hai?” La donna alzò gli occhi su di lui spaesata, come se si fosse ricordata solo in quell’istante che erano nella stessa camera. Poi abbassò gli occhi e arrossì. Rick la osservò per qualche istante. Si era slacciata la camicia, ma l’aveva a malapena spostata da una spalla.
“Ni.. niente io... Tutto bene” balbettò la donna. La vide iniziare a muovere cautamente il braccio per continuare a togliersi la camicia come se niente fosse successo. Un secondo dopo però si bloccò di nuovo, trattenendo il fiato e mordendosi il labbro inferiore con forza. Questa volta Rick capì il problema.
“Kate?” la chiamò ancora, questa volta in tono d’ammonimento. Incrociò le braccia al petto e rimase in attesa davanti a lei. La donna rimase in silenzio per qualche secondo.
“Credo si sia irrigidita la spalla. Mi fa male e non riesco a togliermi la camicia” confessò infine imbarazzata. Rick sospirò. A volte l’avrebbe strozzata. Perché doveva stare zitta quando stava male? Lui era lì per lei.
“E quando pensavi di dirmelo?” domandò lo scrittore lievemente esasperato con un sopracciglio alzato. La detective abbassò ancora di più la testa, come se volesse sprofondare in quell’istante. Si sentiva una bambina redarguita dal padre. “Kate guardami” disse Rick avvicinandosi e sollevandole lievemente il mento. Finalmente la donna incontrò i suoi occhi blu. “A volte sei davvero testarda, lo sai? Io sono qui per te. Sono qui per aiutarti come ho sempre fatto. Non apparirai debole agli occhi del mondo se ti fai dare una mano. Vuoi un esempio?” domandò vedendo il suo sguardo scettico. “Pensa solo a oggi. Hai fatto un gigantesco passo avanti e sono fiero di te. Hai deciso di farti aiutare dalla Gates prima e da Tully poi e guarda dove siamo arrivati! Sappiamo chi è il drago, presto avremo le prove per incastrarlo e non siamo andati contro alcuna regola.” Tralasciò il fatto che Tully si era presentato a loro spontaneamente e che ormai sarebbe stato quasi impensabile andare avanti senza il supporto del capitano. Si avvicinò ulteriormente a lei e le carezzò una guancia. “Perché ora non vuoi che io ti aiuti in questo momento molto meno pericoloso, ma chiaramente doloroso? Ti hanno picchiato, Kate, non sei stata a fare una passeggiata ieri sera…” Il tono dello scrittore si fece cupo, ma prese un respiro e continuò. “Non devi vergognarti del fatto che stai male. Non con me. Io sono qui per te. Ci sarò sempre, in ogni momento in cui tu avrai bisogno di me. Dalla più piccola stupidata ai problemi più importanti. Always, ricordi?” Kate lo guardò qualche secondo negli occhi, poi annuì.
“Scusami” mormorò la donna.
“Ehi, non c’è niente da scusarsi amore” sussurrò Rick lasciandole un leggero bacio sulle labbra. “Permettimi solo di aiutarti. Ti prego.” Lo sguardo da cucciolo ferito abbatté tutte le difese di Kate. Annuì remissiva.
“Ok…” Gli occhi di Rick si illuminarono e nel volto gli si aprì un sorriso fantastico e tenero insieme. La donna rimase per un momento incantata da quella visione, poi scosse appena la testa per riprendersi. Rick fece un passo indietro e rimase di fronte a lei in attesa. “Ok… ehm… allora sento la spalla destra rigida. Potresti aiutarmi a togliere la manica? Magari aiutami anche a muovere il braccio. Forse non dovevo starci appoggiata sopra così a lungo sul divano…” commentò, più a sé stessa che allo scrittore. Rick annuì e si portò dietro di lei.
“Spalla destra giusto?” chiese. Kate annuì. La aiutò a muovere il braccio verso l’alto, ma la sentì subito trattenere il fiato. “Mm… senti, visto che è rigida, che dici se ti faccio un massaggio? Magari aiuta a scogliere un po’ il muscolo.” Il tono quasi professionale colpì la detective. Non riuscì a non sorridere.
“Mi fido di lei dottor Castle. Sono nelle sue mani. Faccia quello che pensa sia il meglio per il mio caso” rispose ridacchiando. Rick le lanciò un’occhiata divertita e furba insieme dallo specchio di fronte a loro. L’uomo quindi poggiò entrambe le mani sulla sua spalla destra e iniziò a strofinarla lentamente, scaldandole i muscoli da sopra la camicia.
“Se dovessi fare realmente quello che ho in mente, a quest’ora non saremmo qui in piedi, ma là sul letto distesi a fare ben altri massaggi…” le mormorò malizioso all’orecchio dopo qualche secondo. Kate arrossì di colpo pensando alle precedenti notti con lui. Rick ghignò soddisfatto. Adorava farla arrossire. Poi sospirò fintamente abbattuto. “Purtroppo per stasera saranno saggiate solo le mie qualità di formidabile massaggiatore. Vedrai quante cose possono fare queste mani”
“Oh, lo so…” commentò senza pensarci la donna, ormai persa dal suo tocco. Rick la guardò con un sopracciglio alzato e un sorriso divertito dallo specchio.
“Deduco che le passate esperienze siano state di suo gradimento, detective” replicò l’uomo. Kate si morse il labbro inferiore e arrossì nuovamente. Diavolo se sapeva usare quelle mani!
“Potrei risponderti, ma non vorrei che il tuo ego ci schiacciasse. Sai, sono ancora un po’ malconcia, non credo che riuscirei a respingerlo” rispose ridacchiando. Rick sbuffò, ma Kate poteva ben vedere dallo specchio l’ampio sorriso sul volto dello scrittore. Lo osservò frizionare lentamente la sua spalla, lo sguardo concentrato su di essa come se la sua fosse una missione di vitale importanza da compiere. Dopo qualche minuto si fermò.
“Ok, prova a muovere il braccio ora. Lentamente” suggerì Rick, rientrando in modalità dottore. Le sostenne il braccio mentre iniziava a spostarlo. Kate si morse il labbro inferiore. Senza dubbio ora faceva molto meno male di prima, ma non era comunque piacevole. Lo scrittore la aiutò a piegare piano il braccio per togliere la manica. Alla fine dell’operazione la donna sospirò.
“Grazie” mormorò sinceramente. Si tolse completamente la camicia dal braccio sano, rimanendo in reggiseno, e la poggiò sul suo borsone. Lo scrittore stava per rispondere, quando il torso seminudo della donna catturò la sua attenzione. Non l’aveva ancora vista senza vestiti da prima dell’incontro con Maddox. Anche mentre era in ospedale la donna era rimasta sempre coperta nella parte superiore del corpo. Ora però poteva osservarla. E rimase scioccato. La bocca semiaperta, lo sguardo preoccupato e stupito puntato su quelle grandi chiazze violacee che spiccavano sulla sua pelle chiara. Non pensava avesse riportato così tanti lividi. Ne aveva uno sulla spalla appena massaggiata, uno sulla schiena, sulle braccia, sui fianchi, sullo stomaco.
Quando Kate si girò e vide lo sguardo dello scrittore vagare sul suo corpo percosso, istintivamente si coprì con le mani. Abbassò il viso, gli occhi puntati al pavimento. Non sapeva bene neanche lei perché l’avesse fatto. Forse perché con quelle macchie le sembrava di apparire debole ai suoi occhi. Oltre che ripugnante. Dopo nemmeno un secondo però sentì l’uomo muoversi verso di lei. Le prese i polsi e delicatamente le spostò le braccia dal corpo. Kate allora alzò lo sguardo, intimorita da ciò che avrebbe potuto vedere negli occhi di Rick. L’avrebbe rifiutata conciata in quel modo? Quando i loro sguardi si incrociarono però, si ricordò che stava parlando di Richard Castle, del suo scrittore. I suoi occhi blu si erano scuriti ed erano profondi, pieni di rabbia per l’uomo che aveva osato toccarla, preoccupati e terribilmente seri. Ma avevano anche una nota diversa. Una nota che le diceva che ai suoi occhi lei non sarebbe mai potuta apparire orrenda. Una tacita richiesta la pregava di non nascondersi a lui. Kate si morse il labbro inferiore e non oppose resistenza al suo esame. Annuì appena per dargli il permesso di guardarla. Lui non avrebbe mai abbassato lo sguardo se lei non avesse voluto, se si fosse sentita a disagio. Rick allora lasciò la presa sui suoi polsi senza però staccare le mani dalle sua braccia. Lievemente percorse con la punta delle dita il corpo della donna, passando sopra ogni livido senza farle male, facendola rabbrividire. Dalle braccia si diresse sul viso di lei per poi ridiscendere sul petto e sulla pancia. Per ogni livido che accarezzava, i suoi occhi blu si facevano più tristi e scuri. Sfiorò anche le cicatrici che più volte aveva visto sul corpo nudo della donna. Quella tonda e piccola in mezzo al petto, nell’incavo tra i seni, e quella stretta e lunga sul fianco. La conferma della voglia della donna di tornare a vivere, di non arrendersi, per lui.
Kate aveva gli occhi chiusi e si lasciò percorrere da quel tocco lieve, mordendosi a volte il labbro inferiore.
“Ti… ti fanno male?” chiese ad un tratto Rick, quasi timoroso. Ormai le sue mani erano arrivate all’altezza dei pantaloni della donna. Kate riaprì gli occhi e scoprì che fino a quel momento era stata come se il suo corpo non fosse mai stato percosso. Solo pensandoci, ora che si era fermato e l’aveva chiesto, sentì di nuovo delle piccole fitte nei punti dei lividi.
“Un po’… ma meno di prima” replicò sinceramente. Quell’uomo aveva la capacità di farle dimenticare ogni cosa. Prima o poi avrebbe dimenticato anche sé stessa per causa sua. Oh, no aspetta. L’aveva già fatto.
Rick sospirò, lo sguardo ancora concentrato su di lei. Forse stava cercando di capire se gli stava dicendo la verità o meno. Poi la prese per mano e la guidò verso il letto.
“Allora lascia fare al dottor Castle. Ho la cura ideale in mente…” disse con un mezzo sorriso mentre si avvicinavano a esso. Il tono era dolce e scherzoso insieme. Kate non oppose resistenza. Si fidava ciecamente di lui. Si sarebbe fatta fare qualunque cosa e sapeva che lui non le avrebbe mai fatto del male. Rick la fece stendere delicatamente quasi al centro del letto. L’uomo si stese quindi accanto a lei e, tenendosi sulle braccia per non pesarle addosso, iniziò a baciarla sulle labbra, piano, ma approfonditamente. Non aveva fretta. Voleva farle dimenticare il dolore. Voleva farle dimenticare tutto. Quando cominciarono a non avere più fiato, si staccò dalle labbra della donna e iniziò a tracciare un percorso immaginario fatto di piccoli baci sul viso di lei, dall’angolo della bocca, all’occhio, su cui spiccava prepotente il livido viola, alla fronte, dove percorse lentamente il taglio rosso.
“Rick…” mormorò Kate. Il richiamo sembrava però più un sospiro di piacere. Lo scrittore mugugnò in risposta, mentre si faceva strada verso il suo orecchio. “Non…” Rick la baciò appena sotto l’orecchio e non riuscì a trattenere un gemito. “Non… non si era detto niente altro stasera? Che eravamo troppo stanchi e provati?” continuò. Il tono era meno convinto di quello che avrebbe voluto e leggermente sarcastico. Lo disse non perché non lo desiderasse, ma perché con la giornata che avevano avuto, non pensava che avrebbe potuto partecipare attivamente quanto avrebbe voluto. L’uomo mugugnò ancora affermativamente, mentre le sue labbra ora stuzzicavano il collo della donna e iniziavano a scendere lentamente verso la spalla. “E… e allora questo cosa…” cercò di dire la detective, ma fu interrotta dallo scrittore.
“Ssh…” sussurrò tornando sull’orecchio di lei. “Rilassati Kate... Solo perché non abbiamo la forza di fare l’amore stasera, non significa che io non possa dimostrarti in altri modi quanto tu mi sia mancata oggi… e quanto io sia irrimediabilmente e pazzamente innamorato di te, mia bellissima e straordinaria musa…” Kate trattenne il respiro a quelle parole, poi sorrise. Prese il volto dello scrittore tra le mani e lo attirò a sé per baciarlo piano. Come aveva fatto a restare per quattro anni indifferente all’amore di quest’uomo? Quando si staccarono, Rick sfiorò il naso della donna con il suo, sorridendo. “Ora rilassati, amore… e concedimi di aiutarti a dimenticare il dolore.” Le lasciò un altro piccolo bacio sulle labbra e tornò sulla spalla della donna dove era stato interrotto. Percorse tutto il braccio fino alla mano per poi risalire su di esso e spostarsi sull’altra spalla e sull’altro braccio. Era sempre attento a non pesarle addosso neanche per sbaglio. Doveva farla concentrare su di lui, sui suoi baci, sul suo amore, non sul dolore. E a giudicare dai lievi brividi che la scuotevano e i leggeri sospiri che la donna lanciava di tanto in tanto, ci stava riuscendo anche piuttosto bene. Concluso anche l’altro braccio, tornò sul collo di lei e cominciò una lenta discesa lungo il petto coperto solo dal reggiseno. Seguì il contornò di quel semplice indumento, un po’ per stuzzicarla e un po’ per giocare. Arrivato nel mezzo però si fermò per un momento, lo sguardo concentrato e perso nel ricordo. Poi si abbassò e lasciò un lungo bacio sulla piccola e tonda cicatrice che le adornava il petto. Nei giorni precedenti l’aveva baciata più e più volte in quel punto. Per Rick era ormai il simbolo dell’amore della donna per lui. Il simbolo del ritorno alla vita per lui. Kate lanciò un gemito al contatto delle labbra dell’uomo con l’incavo dei suoi seni. Rick quindi sorpassò il reggiseno e continuò il suo percorso appena sotto di esso. Le baciò i lividi sui fianchi con una delicatezza estrema, quasi avesse paura che una pressione appena più lieve potesse romperla. Riservò alla cicatrice sul lato lo stesso trattamento di quella nel petto. Scese quindi sulla pancia e le baciò con attenzione ogni singolo lembo di pelle, chiara o violacea. Kate inarcò appena la schiena e trattenne il respiro quando l’uomo posò le labbra sul suo ombelico. Rick quasi non se ne accorse, tanto era concentrato nella sua missione. Arrivò fino al bordo dei pantaloni della donna. Percorse tutto il contorno dell’orlo, da fianco a fianco, facendo rabbrividire ancora una volta Kate. Quando ebbe completato il suo percorso, si fermò e le lasciò un ultimo bacio sulla parte bassa della pancia, appena sopra il bottone dei jeans. Si appoggiò quindi alle gambe della donna con le braccia, mentre il resto del suo corpo era steso letto. Alzò la testa e osservò la sua musa. La donna aveva gli occhi chiusi e la testa appena reclinata all’indietro, persa inevitabilmente dai suoi baci. L’uomo non riuscì a non sorridere a quella visione meravigliosa.
Kate si accorse che lo scrittore si era fermato solo dopo qualche secondo. Riaprì gli occhi e si rilassò. Quindi girò la testa sul cuscino, cercandolo. Sentì un peso caldo all’altezza delle cosce e abbassò lo sguardo. Lo vide sorridergli teneramente, il viso appena sopra la sua pancia. Sorrise anche lei e tese la mano a indicargli di risalire. Rick tornò accanto a lei, ubbidiente, fino ad arrivare a sfiorare il viso della donna con il suo.
“Come ti senti? La cura del dottor Castle ha funzionato?” domandò premuroso e divertito insieme. In risposta Kate passò le braccia attorno al suo collo e lo attirò a sé per un lungo e dolce bacio.
“Non sono mai stata meglio…” mormorò in risposta quando si staccarono, ormai senza fiato, mentre un sorriso di gratitudine e amore le si apriva in viso.                                                                                                                                        
 
“Dove vai?” mugugnò assonnata Kate, quando sentì il suo scrittore mettersi a sedere sul letto. Dopo le ‘cure’ di Rick, si erano finalmente preparati per andare a dormire. C’era da dire che le labbra di Castle facevano miracoli. La detective era riuscita a finire di cambiarsi senza sentire troppo dolore nei movimenti. Si erano quindi sdraiati a letto, abbracciati, pronti per una buona notte di sonno, entrambi in pantaloncini e maglietta a maniche corte. Dopo pochi minuti però, lo scrittore si era rialzato e la donna aveva percepito subito il movimento, nonostante fosse ormai ben più che nel dormiveglia. L’uomo si piegò appena su di lei e le lasciò un piccolo bacio sulla fronte, attento a evitare il taglio presente.
“Non vado da nessuna parte amore” rispose piano Rick sorridendo. La sua musa mezza addormentata era ancora più bella. “Ho solo sete. Vado a prendere un bicchiere d’acqua e torno. Tu dormi tranquilla.”
“Ok…” mormorò in risposta la donna. D’altronde se anche avesse voluto non sarebbe riuscita ad aspettarlo sveglia. Era davvero stanchissima.
Rick le lasciò un’ultima carezza sulla guancia. Quindi si alzò piano per non disturbarla ulteriormente e si diresse a piedi nudi verso la porta della camera. La aprì cautamente, perché non facesse rumore. Era intenzionato a lasciarla socchiusa. Tanto sarebbe bastato un minuto per prendere l’acqua e tornare. Un secondo prima di lasciare la maniglia però, un suono attutito e continuo lo fece voltare verso la porta dello studio, le sopracciglia aggrottate. Musica. Probabilmente sua madre e Tully avevano dimenticato di spegnere la radio, che avevano acceso durante la cena, prima di andare a dormire. Sbuffò e chiuse la porta della camera. Se avesse aperto anche quella dello studio lasciando questa socchiusa, Kate si sarebbe sicuramente svegliata ed era esattamente l’ultima cosa che voleva. Aveva bisogno di riposo. Sbadigliando, percorse a grandi passi lo studio e arrivò alla porta. Appena la aprì però si bloccò subito. Rimase aperto solo uno spiraglio da cui entrava un raggio di luce. Voci. Voci di sua madre e Tully. Quindi erano ancora svegli. Spostò il peso da un piede all’altro, indeciso su cosa fare. Da una parte voleva solo bere e andare a dormire abbracciando Kate a letto. Dall’altra però non aveva voglia di incontrare i ‘suoi’. Inoltre c’era un altro problema. Era curioso. Curioso come lo era stato per tutta la serata. Con l’orecchio teso a captare ogni parola senza mai dar segno di essere realmente interessato.
Lui e Kate dovevano essere andati a letto quasi un’ora prima comunque. Che ci facevano quei due ancora in piedi? Oddio, era da sua madre stare alzata fino a tardi, ma questo succedeva quando era fuori casa, non in casa. Fece un sospiro e decise che buttare un occhio da quel piccolo spiraglio della porta non avrebbe fatto così male. La luce gli illuminò una sottile striscia di faccia. Dalla sua posizione riusciva a vedere Martha e Alex, senza però farsi vedere a sua volta. I due erano abbracciati in mezzo al salone. Parlavano e contemporaneamente si muovevano lentamente. Stavano ballando. Il pezzo musicale finì, ma ne partì quasi subito un altro dopo un breve stacco con la sigla della stazione radio. Riconobbe dalle prime note la canzone. How Can You Mend A Broken Heart di Michael Bublé. Alexis era una grande fan del canadese e conosceva praticamente a memoria tutte le sue canzoni. Lui le aveva assorbite a furia di sentirle da lei. Ma in fondo non gli dispiaceva quel cantante.
Osservò sua madre e Alex volteggiare per la sala. Erano bravi per la loro età. Si muovevano fluenti. Non sembravano quasi più neanche troppo brilli. Anzi sembrava quasi si fossero esercitati. Esercitati solo per quel momento. Da tutta una vita.
Martha lanciò un risolino quando l’uomo le fece fare una giravolta. Erano entrambi sorridenti. Quando arrivò il ritornello della canzone però, lo scrittore vide Tully farsi più cupo.
 
…And how can you mend a broken heart?(E come puoi aggiustare un cuore spezzato?)
How can you stop the rain from falling down? …(Come puoi far smettere la pioggia di venir giù?)
 
“Pensi che mi perdonerà mai?” domandò d’un tratto l’uomo, mentre continuava a ballare con Martha, una mano sul fianco di lei e l’altra nella sua mano. Rick sentiva ogni parola. Non si preoccupavano di tenere la voce bassa. Alexis era di sopra e teoricamente lui e Kate erano a due porte di distanza da loro. In effetti se non si fosse alzato, non li avrebbe mai sentiti né visti.
“Te l’ho detto, devi dargli tempo” rispose Martha con un sospiro. Doveva essere un argomento di cui avevano già discusso a lungo. Rick ci mise qualche secondo prima di capire che stavano parlando di lui. “Ha sempre detto che non conoscere suo padre gli dava la possibilità di immaginarselo come meglio credeva. Da piccolo mi ha domandato spesso se sapessi qualcosa, ma io, oltre al nome, non conoscevo altro di te. E forse lo immaginò in parte questo fatto, anche se inconsciamente, perché non mi ha mai chiesto il motivo per cui l’ho chiamato Richard Alexander. O meglio mi ha chiesto di Richard, ma mai di Alexander.”
Rick aggrottò le sopracciglia. In effetti non le aveva mai chiesto niente del suo secondo nome. Come è possibile?? trovò a domandarsi sorpreso a sé stesso. Osservò Tully far fare un’altra leggera giravolta alla madre. Lei però aveva lo sguardo pensieroso e si muoveva automaticamente non prestando molta attenzione ai passi. “Sai, Richard diceva che non gli importava sapere chi fosse suo padre, ma in realtà ci stava molto male” continuò l’attrice quando tornò tra le braccia dell’uomo. “Quel fatto che hai raccontato oggi al distretto… di lui che piangeva… non me l’hai mai detto” continuò con tono dispiaciuto e un po’ risentito. “Ma anche senza sapere quel fatto l’avevo capito. E non solo perché sono sua madre. Bastava sentire come descriveva i suoi padri” esclamò divertita, ma con una nota malinconica. Iniziò quindi a elencare le fantasie del piccolo, e meno piccolo, Richard sul padre. “Un astronauta, un cowboy spaziale, un esploratore, l’inventore della panna spray…”
“L’inventore della panna spray?” domandò Alex con un sopracciglio alzato e un sorriso divertito. Rick non riuscì a trattenere un mezzo sorriso dal suo nascondiglio. Aveva passato il suo decimo anno d’età a dire a tutti che suo padre era certamente l’inventore della panna spray.
“Già” rispose ridendo Martha. “E tanti e tanti altri. Ma c’è sempre stata una cosa che ha accomunato tutti questi personaggi” disse, mentre il sorriso svaniva dal volto di lei. “Il perché.”
“Il ‘perché’?” domandò confuso Tully, aggrottando le sopracciglia. “In che senso?” L’attrice raccolse per un secondo le idee, mentre continuavano a muoversi sulle note della canzone.
 
…We could never see tomorrow, no one said a word about the sorrow…(Non potremmo vedere mai domani, nessuno ha detto una parola sul dolore)

“Ogni personaggi aveva la sua storia. Più o meno avventurosa, ovviamente” spiegò Martha. “Ma ognuno di loro aveva una spiegazione, un perché, al fatto che l’avesse lasciato solo.” L’attrice fece un sorriso triste al ricordo. “L’astronauta doveva stare sulla sua navetta, in orbita, per condurre ricerche di vitale importanza per il mondo. Il cowboy spaziale era in realtà un contrabbandiere, quindi non poteva tornare sulla Terra oppure l’avrebbero arrestato. L’esploratore si era perso ad Atlantide o a Eldorado. L’inventore della panna spray doveva nascondersi e non far conoscere la sua identità, altrimenti gli avrebbero rubato il brevetto e le altre sue fantastiche idee…” Si fermò e scosse la testa divertita. “In ogni caso ognuno di loro aveva una giustificazione. Credo che non si sia nemmeno accorto dell’impegno che metteva per cercare per ogni nuovo padre, un nuovo plausibile motivo per il suo allontanamento…”
Rick si spostò dallo spiraglio della porta e abbassò per un momento lo sguardo sul pavimento. Aggrottò le sopracciglia e cercò di riportare alla mente tutti i padri di fantasia inventati negli anni. In quel momento si accorse che sua madre aveva ragione. Per ognuno di essi non solo aveva pensato un lavoro particolare. Aveva anche creato una storia per giustificare il fatto che l’avessero lasciato solo nel momento stesso in cui li eleggeva suoi padri. Non ci aveva mai fatto caso prima. Quante cose aveva dato per scontate fino a quel momento? Era così evidente il dolore che aveva provato nel non avere un padre come tutti gli altri bambini?
In quel momento gli venne in mente una conversazione che aveva avuto con Alexis qualche tempo prima. Lei gli aveva chiesto se non lo infastidisse il fatto di non sapere nulla su suo padre. Lui aveva risposto con un ‘no’ secco. Aveva poi spiegato, in tono più mite, che così poteva immaginarlo come voleva. Ma la verità era un’altra. Si sentiva abbandonato. Si era sempre sentito abbandonato. E non voleva avere in realtà nulla a che fare con un uomo che abbandona il proprio figlio. Non importava che sua madre gli avesse detto che probabilmente non sapeva neanche della sua nascita. Doveva saperlo. Erano entrambi famosi. Era impossibile che a nessuno fosse mai venuto il dubbio. Quel pomeriggio, avere la conferma dei suoi peggiori timori era stato peggio di un pugno nello stomaco. Lui sapeva. E l’aveva abbandonato comunque.
Rialzò la testa e tornò a osservare sua madre e Tully.
“…è sempre stato un ragazzo fantasioso in effetti. Ma sai, credo che questi siano tutti motivi per cui immagino che non mi perdonerà mai” sentì dire tristemente ad Alex, mentre ancora una volta faceva volteggiare sua madre sul finale della canzone. “Lo so che ho fatto la scelta di lasciare te e lui, ma in quel momento pensavo fosse la cosa migliore. Per me, nel mio egoismo, ma anche per voi.” La canzone di Bublè finì. Si fermarono e rimasero in silenzio, finché non sentirono partire la canzone successiva. Era come se la musica li aiutasse a tirare fuori i loro pensieri. Rick riconobbe anche quella melodia. Everything I do (I do it for you) di Bryan Adams. Tully appoggiò di nuovo una mano sulla vita di Martha e ricominciarono a ballare lentamente sulle note della canzone.
 
Look into my eyes, you will see (Guardami negli occhi, vedrai)
What you mean to me… (cosa significhi per me)
 
Rick sbuffò impaziente. Voleva sapere che diavolo intendeva dire con ‘L’ho fatto anche per voi’. Anche lui era un padre. Lui però per Alexis c’era sempre stato. Si era preso le sue responsabilità e aveva cresciuto quella fantastica e, fortunatamente, assennata ragazza che ora dormiva al piano di sopra. Lui cosa aveva fatto, se non spiarlo tutto il tempo?
“Ero convinto che non sarei stato un buon padre. Avevo paura. Inoltre quel lavoro era il mio sogno e io lo inseguii” disse finalmente Alex con voce atona, lo sguardo spento. “Quello fu forse il mio unico errore. Una decisione presa troppo velocemente, dettata dalla stupidità e dall’opportunità. Rimpiango tuttora di non averci pensato più a lungo…”
“Non devi rimpiangere il passato” dichiarò Martha decisa. “Non serve a nulla. Bisogna solo ricordare il meglio e andare avanti, imparando dai propri errori, in modo da non commetterli in futuro.” Tully le sorrise teneramente.
“I miei ricordi più belli sono associati a te” replicò l’uomo con una semplicità disarmante. L’attrice sorrise teneramente e gli carezzò una guancia. Rick fu quasi certo di aver visto un riflesso da uno dei suoi occhi, evidentemente lucidi. A quel punto però, Alex si fece di nuovo più cupo.
“Pensai più volte di tornare. Ma vi vedevo felici insieme e io, con la mia poca dimestichezza e responsabilità in fatto di famiglia, avevo paura di rovinare tutto. Inoltre vi avrei esposto a dei pericoli se qualcun altro avesse saputo che legame c’era tra noi…” Fece un sospiro e si prese un momento prima di continuare. “Quando Richard nacque, giurai a me stesso che sarei diventato il migliore” disse deciso, guardando Martha negli occhi. “Non per me, ma per voi. Perché nonostante io non mi mostrassi, voi foste sempre al sicuro.”
 
…Look into my heart, you will find (Guarda nel mio cuore, troverai)
There’s nothin’ there to hide (che non c’è niente da nascondere)
Take me as I am, take my life (Prendimi come sono, prendi la mia vita)
I would give it all I would sacrifice…(te la darò tutta, mi sacrificherò)
 
“Non c’è una giustificazione per quello che ho fatto” aggiunse dopo qualche secondo, malinconico. Rick si stupì di vedere lo stesso sguardo da cucciolo bastonato che spesso aveva lui e che più volte aveva fatto capitolare Kate. “Sono stato un codardo in questo, lo ammetto, e mi dispiace. Questo incontro però mi aveva sempre terrorizzato perché sapevo che sarebbe finita come infatti temevo. Con Richard che mi odia...” Smisero per un secondo di girare. Alex aveva lo sguardo triste e puntato al pavimento. Non aveva il coraggio di guardare la donna negli occhi e avere una ulteriore conferma di ciò che temeva. Martha non sapeva cosa dire. Sapeva anche lei che il figlio non aveva preso bene la faccenda e quel pomeriggio l’aveva ampliamente dimostrato. “Quello che non sono riuscito a prevedere è un’altra cosa però” continuò perplesso dopo qualche secondo l’uomo riprendendo a girare lentamente con l’attrice. Alzò gli occhi blu e li puntò in quelli di lei. “La tua reazione. Pensavo mi avresti odiato anche tu e invece…”
“Io non potrei mai odiarti, Alex” lo interruppe stupita Martha. Rick vide l’uomo aggrottare le sopracciglia, evidentemente confuso. L’attrice sorrise e continuò.“Come prima mi hai detto tu, anche io ho alcuni dei miei ricordi più belli associati a te. Inoltre, nonostante quello che si possa pensare, mi hai lasciato un dono meraviglioso. Mi hai permesso di avere Richard.” Rick sgranò gli occhi dal suo nascondiglio. Padre e figlio avevano la stessa faccia, anche se inconsapevolmente.
“Ma io…” cercò di dire Tully, sempre più confuso, cercando di capire.
“Non importa quello che è successo” lo bloccò di nuovo Martha posandogli una mano sulla bocca per farlo tacere. “Per me non c’è stato alcun errore tra noi. Non rimpiangerò mai neanche un singolo istante di quella settimana. Ne avevamo parlato. Sapevamo entrambi che non sarebbe potuto durare. Ma questo non mi ha di certo impedito di amarti come non ho mai amato nessuno…” La donna si bloccò, come se avesse detto quelle parole di getto e si fosse accorta solo in quell’istante del loro significato. Quella confessione fece spalancare la bocca all’ex-agente, per poi fargli aprire in volto un grande sorriso.
“Posso farti una domanda?” chiese dopo qualche momento l’uomo, mentre continuavano a girare lentamente. Stavolta Alex aveva attirato Martha più vicino a sé. Praticamente i loro petti si sfioravano. L’attrice annuì. “So che hai avuto diverse storie con altri uomini. Non ho potere di dire nulla su questo perché anch’io non sono stato particolarmente tranquillo… Ma d’altronde sapevamo esattamente come eravamo, no?” dichiarò con un sorrisetto. Martha scosse la testa divertita. Tully riprese più serio. “So però che c’è stato un uomo in particolare che ti stava a cuore. Ti faceva rendeva felice e probabilmente eri anche innamorata di lui, visto che hai fondato una scuola a suo nome…” L’attrice aggrottò le sopracciglia confusa, quando capì a chi si riferiva. Anche Rick lo capì, ma non comprese, come sua madre, dove volesse andare a parare. “Quindi la mia domanda è questa…” Prese un respiro. “Perché… perché non hai sposato Chet?” Il tono era curioso e timoroso insieme. Martha rimase un momento stupita dalla domanda. “Insomma, so che è, beh, morto prematuramente, ma so anche che non lo avresti sposato se avesse continuato a vivere. Perché?”
 
…There’s no love, like your love (Non c’è altro amore, come il tuo amore)
And no other, could give more love…(e nessun altro, può dare più amore)
 
Si fermarono, nonostante la musica continuasse a riempire la stanza. Martha fece un respiro profondo.
“Rinuncio a chiederti come fai a saperlo…” disse ridacchiando, un po’ nervosamente stavolta, per spezzare la tensione. Poi però tornò più seria. “Io amavo Chet, ma… ma il mio cuore non apparteneva completamente a lui” continuò la donna guardando Alex negli occhi. Rick aveva visto solo un’altra volta sua madre sembrare così fragile. Nella sala interrogatori con Tully qualche ora prima. ”Quello… quello che ho detto prima è vero. Ti ho amato come non ho mai amato nessuno…” mormorò. Rick fece fatica a sentire quella frase. E rimase incredulo, perché mai aveva sentito certe parole dette così sinceramente dalla madre. Prima non contava. Le aveva dette di getto. Ora invece erano scelte con cura. Martha fece un sospiro e continuò.
“Non avrei comunque sposato Chet perché... oh, sembra così stupido adesso…” disse, più a sé stessa che ad Alex davanti a lei. Tully le alzò delicatamente il mento perché lo guardasse negli occhi e le sorrise incoraggiante. “Perché mi ero aggrappata a una semplice frase” gettò fuori Martha tutta d’un fiato, arrossendo. “Una frase che avevi pronunciato poco prima che te ne andasti.” Alex aggrottò le sopracciglia, confuso. “Non posso restare con te, ma ci rivedremo un giorno, perché io ti amo” ripeté a memoria l’attrice. Un lampo di comprensione passò nel volto di Tully. “Non so se erano parole dette al vento, ma io ero peggio di una ragazzina innamorata e credo di esserlo tutt’ora” disse sorridendo imbarazzata. Poi abbassò lo sguardo, quasi vergognandosi di quella confessione. “Mi aggrappai a questa semplice speranza. Non avevo altro di te. Solo Richard e una frase di addio.”
 
…Everything I do, I do it for you.(Ogni cosa che faccio, la faccio per te)
 
La canzone finì. Ne stava partendo ancora un’altra, ma ormai non erano più minimamente interessati alla musica. Tully guardava la donna con la bocca semiaperta.
“Per tutto questo tempo?” riuscì a chiedere dopo qualche secondo. Il respiro era mozzato a metà in gola.
“Sempre” rispose Martha guardandolo decisa, come a volerlo sfidare a replicare. Ma il viso di Alex si aprì in un sorriso e attirò la donna a sé, abbracciandola, affondando il viso nei capelli di lei. Le lasciò un piccolo bacio sulla testa. Rick trattenne per un momento il respiro quando sentì quella parola. Sempre. Always.
“Sai, c’è ancora una cosa che non ho avuto l’opportunità di dirti oggi…” disse Alex con un mezzo sorriso. L’attrice si staccò appena da lui e lo guardò negli occhi, confusa. “Ti amo” dichiarò sinceramente. Quindi avvicinò il viso a quello di lei e la baciò.
A quel punto Rick si scostò dalla porta e si appoggiò alla parete di fianco a lui con la schiena, la testa reclinata all’indietro contro il muro. Non voleva vedere oltre. Si sentiva a disagio a guardare le effusioni di sua madre e di Alex nonostante fosse… fosse suo padre. Meno di due minuti dopo li sentì spegnere radio e luci e avviarsi al piano superiore. Rick rimase ancora qualche momento fermo al buio, pensieroso. Poi scosse la testa e in silenzio, ma velocemente, si diresse in cucina, si versò un bicchiere d’acqua e lo bevve tutto d’un fiato. Prima di tornare da Kate si fermò un altro momento a versarsi anche mezzo bicchiere di whiskey dall’armadietto degli alcolici. Fu bevuto anche quello tutto d’un fiato.

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Xiao! :)
Allora.... come vi è sembrato il capitolo? Vi avevo detto che la notte non era finita... X)
Premetto che, se avete letto altro di mio, non ho mai scritto scene del genere tra Rick e Kate, quindi spero sia venuta fuori abbastanza bene... A proposito, io non sono molto pratica, ma non è che devo alzare il rating a giallino vero? No perché il giallino non mi piace molto... XD Scherzo! (mica tanto) No comunque seriamente pensate debba cambiarlo? Ovviamente so che non è rosso, nè arancione, ma non ho mai ben capito bene la soglia con il giallino... 
Al solito pensato sarebbe venuto un capitolo più corto e invece... X)
Per quanto riguarda Martha e Alex, beh volevo mettere un momento solo per loro... lo so c'è Rick che fa lo spione in questo caso, ma è sempre stato spiato, potrà riprendersi un po' di rivincita no? XD
Ok ho parlato abbastanza... ditemi che ne pensate anche con un mini commentino (buono o cattivo)!!!!!!!!
A presto! :)
Lanie
ps:purtroppo ho due esami da fare settimana prossima quindi non so bene quando riuscirò a pubblicare... -.- non odiatemi!
  
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