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Autore: shesfede    12/07/2012    12 recensioni
«Cosa sei?» chiesi di nuovo, sempre più spaventata.
«Lo sai» si rassegnò a rispondere.
Indietreggiai di nuovo, fino a scontrare una colonna che tagliava il corridoio. Scostai i capelli, impreparata e sconvolta per quello.
«Non può essere» mormorai, guardando il vuoto.
«Non può essere» dissi di nuovo, questa volta guardando lui.
I suoi occhi erano spenti, vitrei, quasi invisibili. Completamente diversi da come ero abituata a vederli. Un altro brivido mi percorse la schiena, facendomi raggelare il sangue.
«Se solo mi lasciassi spiegare…» provò ad avvicinarsi, ma lo scansai ancora prima che mi fosse vicino.
«Dillo» gli ordinai. Lui mi guardò, supplicandomi con gli occhi di non farlo.
«Dillo. Voglio che sia tu a dirmelo» non mi lasciai incantare, non più, e glielo chiesi di nuovo.
Lui inspirò, per poi buttare fuori l’aria assunta. «Sono un vampiro, Juliet.»
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chapter seven.
 

1864
«Questa sera avrete tutti gli occhi puntati addosso. Lasciatevelo dire signorina, siete incantevole.» Guardai la mia immagina riflessa nel grande specchio di fronte a me, eppure riuscivo a vedermi in qualsiasi modo, tranne che incantevole.
«Grazie Emily» le risposi, forzando un sorriso. «Puoi andare? Voglio finire di prepararmi da sola.»
«Come vuole» si limitò a dire, uscendo dalla stanza.
Tornai a guardarmi allo specchio e mi accorsi che ormai era rimasto ben poco, se non nulla, da preparare. Il vestito lo avevo indossato e, essendo stato cucito apposta per l’occasione, mi stava perfettamente, non potevo negarlo. Inoltre il blu era il colore che meglio si abbinava alla mia pelle secondo il parere di tutti, perciò non sarebbe potuto essere diversamente. I capelli erano stati rigorosamente pettinati alti, raccolti in una strana acconciatura che ancora non avevo capito, fatta eccezione per qualche ciocca lasciata cadere dolcemente sulla mia fronte. Abbassai lo sguardo verso i miei piedi nudi, per poi passarlo alle scarpe che giacevano ai piedi del letto a baldacchino. Raccolsi l’ampia gonna e mi piegai verso il basso, raccogliendo le scarpe per poi indossarle. Rivolsi lo sguardo verso il mobile lì vicino, dove avevo poggiato la maschera che avrei indossato per la serata. La presi e la indossai dopo aver guardato il mio riflesso spento e vuoto un’ultima volta allo specchio
La stanza era già gremita di nobili di tutte le razze e, anche se non potevo vederli tutti in viso per via delle maschere, avrei scommesso che c’erano tutti. Mia madre mi vide arrivare, ma non fece niente, a differenza di mio padre, che appena si accorse di me mi richiamò all’ordine. Da quanto aveva scoperto di me e Harry mi stava col fiato sul collo in qualsiasi occasione e ormai era praticamente impossibile per me vederlo. Ancora non ero riuscita a capire per quale motivo non l’avesse ancora cacciato via, ma qualsiasi fosse dovevo a lui tutta la speranza che avevo dentro me.
Dopo i saluti di cortesia che ero costretta a fare in quanto padrona di casa, mi rintanai in un angolo buio del salone. Non ero mai stata parte attiva di quelle feste e tantomeno lo sarei stata quella sera, quando il mio umore era pessimo. Rimasi ferma vicino ad una colonna, mentre gli invitati si divertivano tra balli, musica e cibo.
«Una bella ragazza come voi non dovrebbe restare al bordo della pista.» Sussultai quando sentii quella voce sussurrare al mio orecchio e una mano posarsi delicatamente sulla mia vita, solleticandomi.
«Harry?» domandai, voltandomi di scatto e incrociando immediatamente degli splendidi occhi verdi che potevano essere soltanto i suoi.
«Indovinato» soffiò quasi sulle mie labbra. Erano così vicine che la tentazione e la voglia di baciarle erano incontrollabili.
«Che ci fai qui?» gli domandai, trascinandolo dietro la colonna per nasconderci da mio padre. «Se mio padre ti vede qui per noi è la fine» aggiunsi, preoccupata per lui. Mi accarezzò una guancia, sorridendomi. Quel piccolo gesto bastò per rassicurarmi. «Mi sei mancato» gli sussurrai, avvicinandomi a lui. Poggiai la testa sulla sua spalla e respirai profondamente il suo profumo per un tempo che mi sembrò infinito.
«Anche tu, per questo sono qui ‘sta sera» mi rispose, cingendomi la vita con la sue braccia forti che tanto mi facevano sentire protetta.
«Andiamo via da qui» gli proposi quando la voglia di avere qualcosa in più di una semplice carezza iniziò ad ardere in me. Erano giorni che non gli ero così vicina e sentivo la necessità di assaporare le sue labbra e di sfiorare la sua pelle morbida. Lui annuì, prendendomi la mano e trascinandomi fuori dal salone.
Passammo da una porta laterale secondaria, in modo da non essere notati. Appena fuori non mi diede il tempo di parlare che mi spinse contro il primo muro trovato e si lanciò sulle mie labbra, impossessandosene con violenza e desiderio. Durante il bacio ne approfittai e gli cacciai la maschera, giusto per godere in pieno della bellezza del suo viso.
«E il pudore dove lo hai lasciato?» gli domandai ironica, dopo che a fatica si staccò da me. Eravamo ancora nella stessa posizione: io con la schiena contro il muro e lui che mi bloccava col suo corpo schiacciato contro il mio. Respiravo a fatica, mentre cercavo di regolarizzare il respiro dopo quel bacio che mi aveva lanciato in un’altra dimensione e poi riportato brutalmente nella mia quando fu interrotto.
«Sei tu la nobile, non io» rispose, sorridendo beffardo e togliendomi a sua volta la maschera che, come avevo fatto poco prima io, aveva poi lasciato cadere a terra.
«Beh, se le cose stanno così…» lasciai la frase in sospeso, mentre ero attenta a mordermi il labbro inferiore pensierosa. Poggiai le mani sul suo petto e lo spinsi leggermente lontano da me. Afferrai la sua mano e lo condussi lungo i corridoio tutti apparentemente uguali di quel palazzo.
«Dove siamo?» mi domandò curioso, quando fummo davanti la porta di camera mia. Non gli risposi, ma invece lo baciai con lo stesso trasporto che lui aveva avuto qualche minuto fa con me.
«Seguimi» gli dissi soltanto, spingendo la porta alle mie spalle e trascinandolo all’interno. Si guardò attorno perplesso per qualche istante, ma poi tornò a guardare me con aria maliziosa.
«Deduco che questa sia la tua stanza» disse avvicinandosi a me. Poggiò le sue grandi mani sui miei fianchi, attirandomi con forza verso di lui.
«Perspicace» lo derisi, mentre gli toglievo la giacca di velluto blu che indossava e la lasciavo cadere sul freddo pavimento.
«Stai giocando col fuoco, lo sai?» mi domandò, senza far mancare mai quel pizzico di malizia nel suo tono di voce. Sorrisi, mentre iniziavo a sbottonargli la camicia. A ogni bottone aperto i miei polpastrelli sfioravano la sua pelle e io, istintivamente, sussultavo.
Harry non solo era stato il mio primo bacio, ma a quanto pareva sarebbe stato anche il primo con il cui mi sarei spinta oltre.
«Magari potresti insegnarmi a non bruciarmi» dissi piano, cercando di imitare uno dei suoi sorrisi provocatori. Dalla sua reazione, parvi riuscirci alla perfezione.
Mi spinse indietro, fino a farmi cadere sul letto. Mi sedetti sul bordo, mentre lui riprendeva a baciarmi con passione. Lo sentii armeggiare con i laccetti del mio corpetto, che dopo una manciata di minuti furono tutti sciolti. Mi alzai per far scivolare il vestito a terra, sotto i suoi occhi attenti. Osservava il mio corpo come se si trattasse di qualche opera d’arte famosa e la cosa mi lusingava e imbarazzava allo stesso tempo. Tolsi le scarpe e lui fece lo stesso, prima di sdraiarsi sul letto. Mi sistemai sopra di lui, passandomi una mano tra i capelli in modo da scioglierli. Scossi la testa un paio di volte per liberarli definitivamente.
«Mi fai impazzire quando fai così» ammise, afferrandomi la testa e baciandomi ancora. Poggiai le mani sul suo petto, questa volta nudo, e iniziai ad accarezzarlo in tutta la sua superficie. Scesi fino al bordo dei suoi pantaloni e in quel momento lo vidi sorridere nel bacio. Ci liberammo degli ultimi indumenti che si intromettevano tra di noi e poi lui mi fece stendere sotto di lui.
Mi sovrastò col suo corpo, cercando di fare il meno peso possibile aiutandosi a tenersi sollevato con la forza delle sue braccia. Affondai le mani dei suoi ricci ribelli e avvicinai il suo viso alla mia bocca. Lui però deviò, spostandosi lateralmente e iniziando a lasciarmi una scia di baci umidi lungo il collo. Chiusi gli occhi e piegai leggermente la testa per godere al pieno di quel piacere sublime. «Sicuro che non sarò io quella che impazzirà?»
Tornò a baciarmi le labbra, con l’impeto e la passione di sempre. Le nostre lingue si cercavano per intrecciarsi in una danza perfetta. Le sue mani accarezzavano il mio corpo esperte e sicure, mentre io ero inerme dinanzi a così tanto piacere. I nostri corpi combaciavano ormai alla perfezione, tanto che sembravano essere stati creati per unirsi in quell’atto d’amore.
Così, mentre qualche sala più in là i signori delle casate più prestigiose dell’ Inghilterra festeggiavano l’arrivo di una primavera qualsiasi, nella mia camera da letto io e Harry ci lasciammo trasportare dalla lussuria e dalla passione. Quella notte ci appartenemmo come non mai. Quella notte segnò definitivamente il nostro amore.
 
2012
«Buongiorno!» Saltai in aria facendo cadere tutti i fogli e i quaderni che stavo tenendo in mano. Feci per abbassarmi a raccoglierli tutti, ma Harry mi precedette, chinandosi ai miei piedi dove il mucchio giaceva a terra.
«Buongiorno anche a te» dissi a bassa voce, piuttosto imbarazzata. Quella mattina al mio risveglio al suo posto avevo trovato un biglietto con su scritto Grazie per la splendida notte –Harry e una rosa rossa poggiata sul mio comodino. Lui non c’era, ma non mi feci troppi problemi. D’altronde se lo avessi trovato ancora lì al mio risveglio avremmo dovuto parlare di quello che era successo e francamente era l’ultima cosa che volessi. Anche se sapevo che prima o poi sarebbe dovuto succedere.
«Come stai?» mi domandò, allungandomi le cose cadute che subito dopo buttai nell’armadietto. Lo richiusi e lui si poggiò lì con una spalla. Mi sorrise e quel poco bastò per mandarmi completamente in tilt il cervello. Iniziai a balbettare, dimenticandomi addirittura come si parlasse.
«Io… bene» riuscii a dire dopo una serie di frasi senza senso e stupide. «Tu?»
«Magnificamente» rispose, sporgendosi leggermente verso di me. Rimasi qualche secondo imbambolata a fissare le sue labbra rosee avvicinarsi sempre più alle mie. Erano ad un soffio, stavo quasi per sfiorarle quando…. Quando Liam arrivò.
«Destiny» mi chiamò, facendomi saltare in aria. Possibile che fossi così tanto presa da Harry da non sentirlo arrivare?
«Liam» disse Harry, di fronte al mio silenzio. Si grattò la testa, passando lo sguardo da me a lui diverse volte.
«Forse è meglio che io vada via» disse infine, abbozzando un sorriso che celava tantissima tensione. Quanto avrei voluto che una voragine si aprisse sotto i miei piedi e mi risucchiasse proprio in quel momento così scomodo.
«Mi sono perso qualcosa? Non so, forse il momento in cui io e te abbiamo smesso di stare insieme» disse pungente, avvicinandosi a me e guardandomi arrabbiato. «Perché per quanto mi riguarda tu sei ancora la mia ragazza e io sono ancora innamorato di te.»
«Non è successo niente Liam, io e Harry stavamo solo parlando» mentii, anche se un fondo di verità c’era comunque. Stavamo chiacchierando e poi era arrivato lui a interrompere… Si, a interrompere il bacio che quasi sicuramente ci sarebbe stato.
«Sono stanco di essere preso in giro Destiny» disse sconfortato, scuotendo la testa da destra a sinistra come se volesse mandare via determinati pensieri in quel modo.
«Liam ascoltami» gli sfiorai il braccio nella speranza di prenderlo da parte per poterlo fare così ragionare, ma lui mi scansò, spingendo lontano la mia mano.
«Sono stanco di ascoltare bugie Dest, ho bisogno di stare da solo» disse piano, con voce quasi inudibile, prima di sparire tra la folla di studenti presenti in corridoio.
Non provai neanche a chiamarlo, tanto sarebbe stato inutile. Mi sentivo uno schifo e niente avrebbe potuto cambiare questa situazione. Niente e nessuno.
 
Non vidi Harry per il resto della giornata e non seppi se considerarlo un bene o un male. Ero convinta che dopo l’apparizione di Liam si sarebbe fatto vivo nuovamente, ma a quanto pareva mi sbagliavo.
Dopo una doccia rilassante mi rinchiusi in camera mia per evitare uno dei soliti interrogatori di Jenn oppure questa volta di Zayn. Non era dell’umore adatto per parlare, volevo soltanto stare da sola. Mi buttai sul letto, ma con quel movimento brusco feci cadere a terra la tracolla che usavo per scuola che era posata sul bordo del letto. Sbuffai, chinandomi a raccogliere tutti i quaderni e i fogli che, per la seconda volta in un giorno, avevo buttato a terra. Quando stavo per richiudere la borsa però, una cartelletta rossa, assolutamente non mia, attirò la mia attenzione. La aprii per guardare il contenuto e mi sorpresi quando lessi che si trattava della ricerca che il professor Coleman ci aveva dato neanche due settimane fa. Portava la firma di Harry, quindi sicuramente l’aveva infilata lui tra le mie cose quando, quella mattina, ci eravamo incontrati.
La versione della storia che raccontava era la stessa che aveva esposto in classe il giorno in cui aveva fatto quell’entrata in grande stile. I toni erano dolci e romantici, sembrava il racconto di un romanzo rosa. Al termine c’erano alcune considerazioni su quanto fosse importante saper riconoscere il vero amore e su quanto fosse altrettanto difficile tenerlo stretto a sé. Mi parve di sentire quelle righe pronunciate da Harry che, con il suo tono di voce basso e ammaliante, mi ripeteva quanto io fossi importante per lui e quanto avesse cercato di contattarmi negli anni che io avevo passato a scappare da lui.
Sorrisi per l’ironia della cosa. Avevo passato la vita ad evitarlo, eppure mi era bastato poco a cedere nuovamente al suo fascino. Già, peccato che non si trattasse solo di quello. In passato lo avevo amato, questo avrebbe significato ancora qualcosa per forza.
«Che ne pensi?» Sussultai, mollando la presa dai fogli che tenevo in mano. Mi voltai e vidi Harry mentre chiudeva la finestra e si poggiava con le spalle al muro.
«Devi smetterla di piombare così all’improvviso» dissi seria. «Mi metti paura ogni volta.»
«Mi dispiace, non volevo» rispose, senza però usare quel tono sarcastico o quel pizzico di ironia che invece mi aspettavo da lui.
«Qualcosa non va?» gli domandai più dolcemente, alzandomi e avvicinandomi a lui. Provai a prendergli la mano e, al contatto, il suo sguardo divenne immediatamente triste e vuoto.
«Harry?» lo chiamai, spaventata.
«Dobbiamo parlare» rispose con un tono di voce che mai aveva usato prima con me. Era freddo, distaccato, come la pietra.
Deglutii rumorosamente e gli feci segno di sederci sul letto. Raccolsi i fogli sparsi sul materasso e accantonai tutto per fargli spazio. «Ti ascolto» dissi quando ebbi finito.
Inutile negare che avevo un’ansia terribile addosso. Dalle sue espressioni quello che doveva dirmi non era sicuramente nulla di buono.
«Questa mattina, dopo che Liam è arrivato, io non me ne sono andato. Mi sono nascosto dietro il muro e ho origliato la vostra conversazione» iniziò a parlare, dopo aver preso un lungo respiro. Io annuii, non trovando poi niente di così strano in quello che aveva detto.
«Inizialmente ci sono rimasto male. Sai, per il fatto che tu non gli abbia detto niente di quello che è successo tra di noi.» Abbassò il viso, per poi rialzarlo verso di me e sforzare un sorriso. Avrei voluto rispondere, dirgli qualcosa, una qualsiasi cosa, ma invece me ne stessi zitta.
«Poi Liam ha iniziato a parlare. Anche se non lo ha detto esplicitamente è ovvio che si è sentito tradito, e in un certo senso è stato così. Insomma, noi due ci siamo baciati, questa cosa deve pur contare qualcosa!» Sospirò pesantemente, passandosi una mano tra i ricci, per poi risistemarsi automaticamente i capelli con un gesto veloce della testa.
«Ha detto che ti ama e secondo me è stato sincero. Glielo si legge in faccia: quando ti guarda, il modo in cui ti sorride oppure quello in cui ti tiene stretta a sé… Lui ti ama davvero Juliet.» Adesso iniziavo a non capirci più nulla. Credevo che mi volesse parlare di noi due, di quel bacio e del perché non lo avessi confessato a Liam e invece il discorso stava prendendo una piega completamente diversa.
«Harry non capisco dove tu voglia arrivare» gli confessai, grattandomi la testa confusa.
Lui annuì, mordendosi il labbro inferiore. «Sono qui per salutarti Juliet, questa sera parto.»
Per qualche istante il mio cervello smise di funzionare. Fu come scollegarlo e smettere di pensare completamente. Non volevo credere, non potevo credere a quello che le mie orecchie avevano appena sentito. Con gli occhi ancora di fuori e la bocca semi aperta parlai. «Che vuol dire ‘questa sera parto’? Dove vai? E quando hai intenzione di tornare?»
Lui mi strinse la mano e, coi polpastrelli delle dita, iniziò a disegnarmi cerchi immaginari sul dorso. Come se me la stessa accarezzando. «Il punto è questo Juliet» disse. «Non tornerò mai più.»
Tolsi la mano dalla sua con una rapidità sbalorditiva. «No, non puoi farlo» dissi a denti stretti. «Non dopo che sei tornato così, senza che io lo volessi. Non puoi andartene via adesso, Harry» continuai a farneticare. «Non puoi» ribadii infine.
«Juliet lo faccio per il tuo bene, credimi. Oggi ho finalmente capito quanto la tua vita possa essere migliore senza di me. Tu ti meriti di meglio che un egoista ed egocentrico come me al tuo fianco. Ti meriti qualcuno che non possa deluderti mai, qualcuno affidabile… qualcuno come Liam.» Continuava a parlare, ma le sue parole erano come inudibili per me. Non volevo ascoltarlo, non volevo sentirlo dirmi addio. Volevo che rimasse accanto a me. Lo volevo al mio fianco ancora una volta.
«Mi dispiace» disse infine, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla finestra.
«Non farlo Harry, non togliermi la possibilità di scegliere un’altra volta.» Le parole vennero fuori da sole, seppur lievi e quasi inudibili. Era quello il punto, lo era sempre stato. Era sempre lui a decidere per me, qualsiasi cosa si trattasse. Aveva deciso la mia trasformazione, aveva deciso di tornare nella mia vita dopo che io lo avevo rifiutato e adesso stava decidendo di andarsene perché secondo lui io sarei stata meglio se si fosse mantenuto lontano.
«Smettila di dire cosa è giusto o sbagliato per me, perché tu non lo sai.» Mi alzai e mi fermai davanti a lui. Mi avvicinai così tanto da far scontrare i nostri petti. Lui abbassò la testa in modo che anche le nostri fronti combaciassero. «Non lasciarmi, ti prego» sussurrai, quando capii di essere sul punto di piangere. Sentivo gli occhi gonfi bruciare come mai prima d’ora. Mi aggrappai con le mani al cappuccio della sua felpa, mentre lo supplicavo ancora una volta di non andare via.
Non ci pensai su due volte. Siccome non reagiva, presi io l’iniziativa. Poggiai le mie labbra sulle sue e lo baciai. Lo baciai con foga, con passione, con rabbia, con tristezza e con amore. Lo baciai con tutti i sentimenti e le emozioni che provavo in quel momento. Lo baciai perché speravo così di convincerlo a restare.
«Ti amo, Harry» gli dissi, ormai in lacrime. «Ti amo» ripetei, stringendomi forte a lui.
«Devo andare» fu la sua risposta.
Quando alzai la testa, lui non c’era più. Il suo corpo, che fino a qualche istante prima stavo stringendo tra le mie braccia, si era smaterializzato come per magia. Corsi ad affacciarmi alla finestra aperta, sperando di trovarlo di sotto a ripensare su quanto avesse appena fatto. Ma no, di lui non c’era neanche più l’ombra. Guardai la mia camera completamente vuota e l’occhio mi cade sulla relazione che mi aveva fatto leggere. Presa dall’ira afferrai quell’ammasso di fogli e lo buttai all’aria, per poi gettare per fargli compagnia ogni cosa che mi capitasse sotto tiro: magliette, borse, portafotografie, libri, astucci, qualsiasi cosa…
Dentro di me sentivo un vuoto assurdo. Era come morire una seconda volta, solo che questa volta non ci sarebbe stata la parte in cui dopo sarei stata meglio. A patto che Harry non decidesse di tornare. Mi lasciai cadere a terra, sprofondando nel disastro che io stessa avevo generato. Nascosi il viso tra le gambe e ricominciai a piangere. Dall’altro lato i miei amici chiamavano il mio nome e provavano a capire cosa fosse successo, ma dopo che li respinsi entrambi smisero di provarci.
Solo una persona avrebbe potuto salvarmi in quel momento. Ma quella era la stessa che mi aveva lacerato l’anima, se ancora ne avevo una, facendomi ridurre in quelle condizioni.
«Non lasciarmi Harry, ti prego, torna da me.» Ormai era tutto inutile: lui se ne era andato e questa volta non sarebbe tornato.


here i am:

forse non ve l'ho mai detto, ma i capitoli totali della storia sono dieci + prologo ed epilogo perciò si, siamo quasi alla fine D:
comunque, che ve ne pare?
io amo la parte al passato almeno quando amo quella al presente che, anche se triste, è molto significativa per me.
a voi cosa ne pare? fatemi sapere!
grazie tante, fede xx

   
 
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