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Autore: lafatablu    12/07/2012    2 recensioni
Timeline: 4 anni dopo Not Fade Away
Pairing: Angel & Buffy (ovviamente)
Summary: Né la neve, né la pioggia, né il caldo, né le tenebre della notte, possono fermare i corrieri sulla via reale. (Erodoto – V secolo a.C.) Ci sono angeli e demoni che camminano sulla terra. Alcuni di loro lavorano per l'ufficio postale. Gli Oracoli vivevano sotto l'ufficio postale. Vi ricordate? Si, centra anche questo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Francis Doyle, Angel, Buffy Anne Summers, Connor, Cordelia Chase
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A N G E L ~ Soul & Love ~'
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Parte 03

Se c’era una cosa che amava delle sue visite mensili con Angel, era certamente il silenzio che regnava in quella stanza. Fuori da lì, il mondo correva veloce, scalpitava, si dimenava e urlava ..e a volte, per lui era semplicemente troppo. Correre da lui era un sollievo. Una piacevole vacanza, un tuffo nel passato e una zattera di salvataggio lanciata verso il futuro. Era così che viveva i suoi incontri con Angel. Peccato che durassero poco e peccato che fossero così diluiti nel tempo. Non era neanche certo di sapere perché tornasse ogni volta, non sapeva neanche se gradiva le sue visite, e questo faceva un po’ male, ma lui tornava sempre e quando alla fine lo salutava, appena usciva, cominciava già ad aspettare con ansia la visita successiva. Aveva bisogno di questo rituale. Aveva bisogno di suo padre, dei suoi mezzi sorrisi e dei suoi silenzi.

Per rispettare quell’appuntamento mensile, talvolta doveva fare mille acrobazie, ma in quattro anni, non era mai mancato una volta. Tutto il resto passava in secondo piano e sbiadiva nel mare della normalità della sua vita felice, a cui sarebbe certamente tornato il giorno dopo. Angel aveva la priorità assoluta. A volte doveva raccontare bugie, inventarsi scuse, come fingere di avere la febbre per giustificarsi con i Reilly sul suo mancato rientro a casa nei fine settima. Gli capitava anche di saltare gli allenamenti, oppure mentiva spudoratamente alla sua ragazza o ai docenti, ma mai e poi mai avrebbe rinunciato a quell’incontro. Era l’unica cosa che lo univa ancora ad Angel e non avrebbe mai reciso quel legame con le proprie radici.

Loro non parlavano mai tantissimo. Per lo più stavano in silenzio. Sapevano che c’erano parole che non dovevano mai essere pronunciate. Parole che richiudevano significati enormi ed erano, per entrambi, fonte di sofferenza. Shanshu – Quortoth – Holtz – Wesley – Tradimento –  Perché parlarne se quelle parole facevano male? Meglio parlare di cose neutre. Sai che ho superato l’esame di ammissione per psichiatria? – Davvero? Sono contento, Connor ..o ancora meglio il silenzio. Quello lo preferivano decisamente entrambi.

Connor si guardò intorno, e come sempre, ciò che vide non gli piacque. Non si può vivere così, pensò. Si rimboccò le maniche e cominciò a ripulire il sangue dal pavimento. Acqua calda, spugna, detergente al limone ..e olio di gomito. Sorrise perché trovò buffo che lui comprasse quel genere di cose. Immaginò di vederlo davanti alla cassa del centro commerciale, mentre faceva la fila spingendo il suo carrello. Non erano mai stati insieme al centro commerciale. L’odore dei limoni gli ricordava la casa di nonna Reilly, anche se lui non l’aveva mai conosciuta, non realmente. Ad ogni modo, notò, che sebbene in quella stanza regnasse l’abbandono e l’odore di vecchio fosse ovunque, non c’era alcuna traccia di sporcizia. Non si stupì, fra le altre cose, Angel era anche un tipo metodico e amava l’ordine ossessivamente. Questo pensiero lo rasserenò molto. Se Angel curava l’ambiente in cui viveva e curava la sua persona, voleva dire che la depressione non era ancora così grave. Ma non vi era dubbio che lui fosse depresso, lo sapeva anche senza iscriversi al corso di psichiatria. C’era sempre una tristezza di fondo che velava i suoi occhi e a Connor faceva male vederlo così solo. Ma Angel non voleva il suo aiuto.

Non puoi andare avanti così, Angel. Perché non ti prendi una pausa? Sono anni che combatti da solo. Sembra che sia l’unica cosa che conti per te. Non sei stanco dopo tutto questo tempo?

“Il tappeto è da buttare” Disse a sé stesso. “Impossibile recuperarlo” ma lo lavò comunque strofinandolo bene ..con rabbia. In bagno raccolse giacca e camicia che Angel aveva lasciato per terra e lavò anche quelle. Sentiva l’odore acre del veleno misto al sangue, ed ebbe un altro conato di vomito ..e di lacrime. Si sentiva impotente, Angel non l’avrebbe mai ascoltato, era ostinatamente determinato a portare avanti la sua lotta, come se cercasse deliberatamente la morte. Non gli importava niente di lui, se così fosse stato, sarebbe venuto a vedere la sua squadra, a volte giocavano di notte. Oppure sarebbe venuto a sentirlo mentre discuteva la tesi. La laurea di un figlio era una cosa importante. Si era laureato con il massimo dei voti, proprio l’anno prima, in un tardo pomeriggio di maggio. Lui aveva chiesto di essere chiamato per ultimo, perché sperava che Angel potesse arrivare da un momento all’altro, ma aspettò invano. Ogni volta che si voltava, tutto ciò che vedeva era il sorriso ansioso di Laurence Reilly, ma nessuna traccia di suo padre. C’erano delle volte che credeva di sentire la sua presenza e avrebbe giurato d’aver sentito il suo odore, ma tutte le volte che si voltava a cercarlo, non era mai riuscito a vederlo e cominciò a temere di avere le allucinazioni. Lui non era mai lì. A lui importava solo della lotta, della caccia, e di farla pagare a tutti quelli che l’avevano ingannato.

..eppure, quando andava da lui, Angel lo accoglieva con un sorriso, con i suoi silenzi ..il camino acceso ..e ordinava per lui del cibo cinese ..e lui si sentiva a casa.

Lavò via ogni traccia di sangue. Lavorò febbrilmente. Il bagno, ora lucidissimo, così come tutto il resto, sembrava più grande e luminoso. No, non era questo. Era Connor che sentiva una sorta di gioia farsi strada dentro lui. Realizzò che era la prima volta, in quattro anni, che vedeva Angel per due giorni di seguito. Tornò da lui. Dormiva ancora ma si agitava nel sonno e la fasciatura si era già allentata. Facendo pianissimo, sfilò da sotto la spalla gli asciugamani intrisi di sangue e li sostituì, ma non toccò la fasciatura. Non voleva svegliarlo.

Tornò in cucina, aveva fame. Nel frigo trovò una coca e un avanzo di pizza di ieri. Fredda non era un granché, ma lui non aveva un microonde. Angel viveva da solo in questa unica stanza e aveva rinunciato a qualsiasi genere di comfort. Viveva come fosse un eremita. Era molto lontano dai sui standard abituali, sicuramente era lontano anni luce da come viveva alla W&H  e anche da come viveva quando abitava all’Hotel Hyperion.

In quella stanza c’era solo una cucina, un divano, una credenza, uno scrittoio e una sedia. Poco più in là, oltre il paravento c’era il letto, l’unica cosa grande di quella stanza. Un comodino, una poltrona e un armadio erano gli unici arredi della zona notte. La porta del bagno era a pochi metri dal letto. La stanza era priva di finestre. Ricordò le enormi vetrate della W&H, quando l’aveva visto inondato dalla luce del sole. Un bel cambiamento di stile di vita, pensò Connor. Abbondavano le armi, però. Erano sparse ovunque, e molte erano appese alle pareti. Ma in quella stanza, c’era una cosa che Connor amava molto. Accanto allo scrittoio, vi era un camino in pietra e gli piaceva tantissimo. D’inverno, durante le sue visite, lo trovava sempre acceso e gli piaceva pensare che Angel l’accendesse per lui, per dare a suo figlio un caldo benvenuto.

Notò che aveva quasi finito la sua scorta di sangue. Decise di uscire per andare dal macellaio, quando si fosse svegliato, Angel doveva assolutamente nutrirsi. Prima di uscire si assicurò che dormisse ancora. Nel delirio febbrile di quel sonno agitato, lo sentì pronunciare un nome. Buffy

“Torno subito” disse sottovoce. Prese il giubbotto che aveva lasciato sulla sedia davanti allo scrittoio e solo allora notò la scatola di scarpe, i due fogli, la busta e ancora quel nome. Buffy

Chi era Buffy? Era certo di aver già sentito quel nome, ma non ricordava quando. Per un attimo fu tentato di leggere quei fogli. Era sicuramente una lettera, ma Angel non avrebbe approvato. L’istinto gli disse che Buffy apparteneva a quel genere di parole che non dovevano mai essere pronunciate. Uscì subito, doveva affrettarsi, non voleva lasciarlo solo a lungo.




“È per il signore che sta qua di fronte?” Chiese il macellaio. “Quel tipo mi mette i brividi. I suoi occhi sono così freddi. Mi scusi, ma a cosa gli serve tutto questo sangue?”

“È un vampiro ovviamente” Rispose Connor. “Ma di quelli buoni. A meno che non sia affamato. Nel qual caso, consiglio di non farlo arrabbiare..  ha dei canini affilatissimi ..grrrrr ..grrrrr”

Il macellaio gli lanciò uno sguardo terribile “Certo, come no. Cinque dollari, alla cassa. Levati di torno ragazzo” Connor sorrise soddisfatto. Funzionava sempre ..e quel tipo meritava di essere preso in giro. Così impari a dire quelle cose su Angel. Pensò ridendo fra sé, mentre usciva.




Angel, a fatica riemerse dal sonno. Il dolore lancinante alla spalla gli ricordò che doveva evitare di muoversi. La sua attenzione fu catturata dal fortissimo odore del limone e sorrise. “Connor?” Non ricevendo risposta, per un attimo, un solo interminabile attimo, si sentì perso, e il silenzio della solitudine fece più male della ferita stessa. “Se ne è già andato” mormorò deluso.

Ma che cosa stava pensando? Era per caso impazzito? Doveva essere quel veleno che lo faceva sragionare così. Ovvio che se ne era già andato e se non l’avesse fatto, l’avrebbe mandato via lui stesso. Più gli stava lontano, maggiori probabilità aveva di stare al sicuro.

Voltò la testa di lato e sul tavolo vide la lettera ancora aperta. “Cristo. Non posso lasciarla lì” Tentò di alzarsi, riuscì a fatica a mettersi seduto sul letto, ma le gambe non vollero saperne di sorreggerlo e dovette aggrapparsi al comodino per non cadere. Connor entrò in quel momento. Lanciò le buste della spesa sul tavolo, e corse da lui afferrandolo prima che potesse cadere.

“Dove.. dove sei stato?” Chiese Angel. Odiava ammetterlo, ma era felice che fosse tornato.

“Riesci a stare seduto per qualche minuto?” Disse Connor, aiutandolo a sedersi sulla poltrona lì accanto. “Cambio le lenzuola. Dove trovo quelle pulite?”

Ad Angel non sfuggì il vago tono di rimprovero della sua voce. “Non è necessario, posso fare..”

..da solo, ma non terminò la frase che rimase solo nella sua testa. Lo sguardo di Connor non ammetteva repliche, e Angel sapeva che lui aveva ragione. Indicò l’armadio e di nuovo chiese “Dove sei stato? Pensavo fossi andato via da un pezzo..”

“Dal macellaio. Ho fatto un po’ di spesa. Sai che quel tipo ha paur..” Si fermò a pensare alla domanda di Angel. Si sarebbe aspettato di sentire il solito -Perché sei qui?- invece gli aveva chiesto dove era stato e aveva percepito ansia nella sua voce. Questa era una novità. Angel aveva bisogno di lui, aveva bisogno del suo aiuto, e per la prima volta lo aveva espresso ad alta voce. Per fortuna gli dava le spalle, perché ora avrebbe visto gli occhi di Connor un po’ più lucidi. Lo aiutò a tornare a letto e vide che era stanchissimo. “Cosa dicevi del macellaio?” chiese Angel poggiando la testa sul cuscino. “Niente, lascia perdere”

Così come aveva fatto con i demoni, uccidendoli per proteggere Angel, così aveva fatto con il macellaio, uccidendolo metaforicamente sempre per proteggere Angel. Ma era meglio non dirlo a lui. “Tu hai bisogno di un microonde. Quanto buono può essere il sangue appena tolto dal frigo? Comunque questo è fresco. È a temperatura ambiente ..e tu hai bisogno di nutrirti”

“Non mi serve un microonde”

Aveva sempre evitato di nutrirsi davanti a Connor. Non voleva che lo vedesse bere sangue, per gli umani era una cosa disgustosa, ma ora non aveva scelta ed era affamato. Annuì e lo seguì con lo sguardo mentre si dirigeva in cucina. L’occhio cadde di nuovo alla lettera per Buffy. Sospirò per la frustrazione. Odiava non potersi muovere e odiava dover dipendere dagli altri.

“Connor?” – “Si?” – “Sul tavolo c’è una scatola, dei fogli, e una busta. Puoi.. puoi portarli qui?”

Fece come aveva chiesto. Quando prese in mano le lettere sentì che sfiorava qualcosa di sacro. Qualcosa che in circostanze normali non avrebbe mai potuto sfiorare. Si sentì a disagio e non riuscì a guardarlo negli occhi. Vide Angel chiudere la lettera nella busta in cui aveva scritto quel nome, che ripose poi dentro la scatola. Infine la chiuse con il coperchio, riconsegnandola a lui.

“Il suo posto è dentro la credenza, accanto a quella teiera. Grazie, Connor.”

La voce di Angel era ferma e decisa. Si fidava di lui. Ne era certissimo. Era solo una sensazione ma Connor non aveva dubbi. “Questi?” chiese, indicando la cartella e la stilografica che erano sul tavolo. “Nel cassetto dello scrittoio” rispose Angel. Aprendo il cassetto, vide che vi erano anche alcune matite, fogli da disegno e dei carboncini. Angel disegnava? E da quando?

Tornò ancora da lui con un bicchiere di sangue che posò sul comodino. Pensò che fosse meglio allontanarsi, aveva capito benissimo che Angel non lo voleva lì mentre si nutriva ed era giusto rispettare la sua privacy. Voltò le spalle per andar via, quando sentì la sua voce che lo chiamava. In quel momento capì che il loro rapporto era giunto ad una svolta decisiva. Angel mostrava a lui la sua debolezza e gli chiedeva aiuto. Non era mai accaduto prima d’ora.

“Ho paura di non.. credo mi serva una mano.. non riesco.. ad afferrare il bicchiere..”

Tornò da lui con delle cannucce e lo aiutò a bere. Doveva dirgli una cosa importante e questo era il momento giusto. “Ok. Il piano è semplice e non sono ammesse modifiche. Io resterò qui finché non starai meglio. Ho già sistemato tutto. Per un po’, il mondo là fuori non avrà bisogno di me. Ho l’aiuto di una preziosa alleata, ovviamente” Sorrise soddisfatto “La mia ragazza è un attrice nata e quando si tratta di raccontare storie non la batte nessuno..”

Angel sapeva che aveva ragione. Aveva bisogno d’aiuto. Il torpore che sentiva in tutto il corpo non gli permetteva di muoversi come avrebbe voluto. Gli occhi erano di nuovo pesanti e presto sarebbe crollato ancora nei suoi sogni febbrili, preda delle allucinazioni.

Naturalmente non aveva detto a Connor che per tutto il tempo che aveva dormito, aveva avuto delle allucinazioni terrificanti. Vedeva Buffy accanto a lui sul letto. Dopo aver fatto l’amore, lei giurava di amarlo per sempre, poi esponeva il collo in modo sensuale, invitandolo a bere il suo sangue, dicendogli che lo avrebbe salvato dalla morte. Tu vivrai. Tu devi vivere. Bevi. Bevi me. Ogni volta lui la mordeva, Buffy moriva e rinasceva vampira. La visione riprendeva da capo, ripetendo la stessa seguenza e quando beveva da lei, non riusciva mai a fermarsi in tempo. Lei, tutte le volte moriva fra le sue braccia. Erano più che semplici sogni, erano allucinazioni e sembravano estremamente reali. Il veleno lo indeboliva nel corpo e nell’anima. Rivivere quelle scene con Buffy era doloroso per lui e lo rendevano più vulnerabile. Se qualcuno lo avesse attaccato, non avrebbe potuto difendersi. Annuì a Connor, accentando il suo aiuto. Inoltre desiderava che accadesse questo da un infinità di tempo. Fin da quando Connor era nato, non aveva desiderato altro. Vivere con suo figlio accanto.

“Dio li fa e poi li accoppia” disse ridendo “Siete entrambi dei bugiardi, a quanto pare” Vedendo la faccia di Connor, chiarì meglio e chiese sottovoce “..a lei cosa hai raccontato?”

“Oh, beh.. ho solo detto che avevo bisogno di staccare un po’. Lei sa che sono a New York per un concerto e che starò via per una settimana. Prima si è arrabbiata, poi ha deciso di aiutarmi. Non ama quel genere di concerti.. lei è più.. stile musica celtica medioevale.. Robaccia..”

“Perché hai detto che starai via una settimana? Non sarà necessario. Massimo due giorni e..”

“Voglio essere certo che tu starai bene quando andrò via, ok?. Una settimana è una prognosi ragionevole. Dimentichi che qua il medico sono io, e so bene come agisce il veleno”

Angel poco prima gli aveva regalato qualcosa di suo. Sapeva che era un dono raro e prezioso. Aveva dimostrato di fidarsi di lui, affidandogli quelle lettere. Ora voleva ricambiare il suo dono.

..avevo quattro anni. Per giorni bruciai per la febbre alta e vidi cose che non erano realmente li.. grazie al veleno, rividi qualcosa del mio lontano passato ..sentì la voce di uno sconosciuto che mi cantava una ninnananna mentre mi cullava fra le sue braccia.. sentì chiaramente il suo odore, era lo stesso odore della piccola coperta che Holtz conservava nello zaino..

Si fermò un attimo, incapace di continuare. Ma era il suo regalo per Angel e ogni regalo aveva un prezzo. Voleva regalargli un pezzo della sua infanzia. Sapeva che lui voleva sapere tutto e Connor si era sempre rifiutato di parlare di Holtz e di Quortoth.

“Connor.. eri così piccolo, hai dovuto sopportare tutto questo.. Non dovevo arrendermi, dovevo tirati fuori da quell’inferno ad ogni costo.. avrei dovuto.. salvarti..”

Voleva abbracciarlo, ma non riuscì neppure a sollevare la mano. Forzò ancora ma il veleno lo inchiodava saldamente a quel maledetto letto. La ferita riprese a sanguinare, la vista diventava sfocata. Sentì la voce di Connor che mentre si allontanava diceva “È così. Tu mi hai salvato”

Rovistò dentro l’armadio per degli asciugamani puliti. Richiuse le ante, e vi si poggiò con la fronte. Sentiva bisogno di un sostegno. Non aveva ancora finito, doveva ancora dirgli qualcosa. Lui doveva sapere. Mentre dava le spalle ad Angel, continuò a parlare.

Presi una decisione e feci una solenne promessa a me stesso ..mi ci vollero undici lunghissimi anni per realizzare quanto avevo deciso in quel momento, ma alla fine vi riuscì ..mi diedi da fare in ogni modo possibile per tornare ..dovevo cercare quello sconosciuto ..dovevo assolutamente conoscerlo ..lui mi aveva salvato, indicandomi un motivo per non morire, e divenne quello lo scopo della mia vita. Tornare a casa. Tornare da lui. Fu grazie a lui che riuscì a sopravvivere a quell’inferno. Lo sconosciuto eri tu. Alla fine, tu mi hai salvato, papà.

Quando si voltò, si rese conto che Angel era tornato nel suo stato d’incoscienza e Connor ne fu quasi sollevato. L’aveva chiamato papà e per fortuna lui non aveva sentito. Non aveva sentito nulla di ciò che aveva detto. “Tu mi hai salvato, Angel” disse sottovoce prima di lasciarlo solo.

Sentiva freddo adesso, forse un thè l’avrebbe aiutato e poi doveva studiare. Aprì la credenza, sbirciandovi dentro. Chissà se poteva usare quella strana teiera? Ancora una volta, l’istinto gli disse di non farlo. Quella teiera aveva tutta l’aria di non essere utilizzata da tempo. Decise di rinunciare al thè e sedendosi nell’unica sedia, svuotò il contenuto dello zaino sullo scrittoio.

“Cavolo” Imprecò, afferrando al volo l’oggetto che rotolava sul tavolo. Se Angel l’avesse visto, avrebbe certamente disapprovato. Era un paletto e lo usava spessissimo, più di quanto avesse voluto. Angel aveva un bel dire che doveva stare lontano dai guai, erano i guai che venivano a cercare lui. Spesso doveva difendersi dagli attacchi dei vampiri e ultimamente avevano osato entrare anche nel dormitorio del college. Come faceva a spiegare al suo compagno di stanza, che non doveva invitare nessuno ad entrare? Specie se lo chiedevano con insistenza. Non poteva certo dire a Tommy “I vampiri non posso entrare a meno che non siano invitati”

Ad Angel non aveva detto nulla di tutto questo. Lui era ossessionato dal pensiero di tenerlo al sicuro, ma il figlio di Angel non sarebbe mai stato al sicuro. Se i Soci Anziani avessero voluto fargli del male, avrebbero trovato il modo e Angel non poteva impedirlo. Non ne parlò mai con lui, proprio perché sapeva che quella era una nota dolente. Comunque Connor sapeva come difendersi e in questi ultimi quattro anni, aveva sventato tutti gli attacchi dei suoi assalitori.

Nascose il paletto nella cintura e guardò con orrore i fogli sparsi sullo scrittoio. Gli appunti di Tommy erano sempre super incasinati, ma lui era l’unico che sbobinava le registrazioni delle lezioni vendendole poi ai compagni di corso per cinque dollari. Chi studiava su quelle dispense, avrebbe certamente passato l’esame. “Accidenti Tommy. Per cinque dollari potresti anche rilegare sti fogli e se smettessi di sottolineare ogni parola con l’evidenziatore, sarebbe ancora meglio” disse Connor a sé stesso e poi rise leggendo un post-it che gli aveva scritto l’amico. Hey Reilly, hai visto la nuova assistente di biologia? è uno schianto. Secondo me gli piaci.

Tamburellò la matita sui fogli e sbuffò annoiato. Non riusciva a concentrarsi e non era colpa del disordine degli appunti. Era il disordine che regnava nei suoi pensieri a disturbarlo. Possibile che poc’anzi avesse visto dei biscotti nella credenza? Si alzò a controllare. No, niente biscotti, neppure dietro la teiera. E dietro la scatola di scarpe? Niente neppure lì. La scatola gli sembrò più pesante di prima, ma era solo una sua impressione e comunque non doveva frugare fra le sue cose. Non l’aveva mai fatto prima, Angel non amava l’invadenza e lui si era adeguato rispettando le sue regole. Ad ogni modo, in quella credenza non vi era traccia di cibo, quindi perché non chiedeva lo sportello e tornava a studiare? Sollevò il coperchio della scatola invece. Lettere. Sentì i sui stessi pensieri risuonare nella testa come non fossero suoi. Prese in mano il fascio di lettere e le soppesò. Saranno almeno una quarantina. Richiuse la scatola e tornò a sedersi. Che ti importa di quante sono? Non sono comunque indirizzate a te.

Chi era Buffy? aveva già sentito il suo nome. Forse era un amica di Fred? o forse di Cordelia.

Corse da Angel perché lo sentì urlare nel delirio. No.. No.. Buffy.. ti prego.. Le lenzuola e il cuscino erano completamente intrise di sudore e lui urlava, spaventato da qualcosa che per lui doveva essere penoso. “Buffy” disse sottovoce Connor “Deve essere importante, se compare nei tuoi sogni” Si sentiva impotente, come poteva aiutarlo? Gli bagnò la fronte con un panno fresco e sembrò funzionare, il viso di Angel si rilassò e lo sentì ancora mormorare quel nome.

Buffy.. ho bisogno di te.. non sarei dovuto andar via.. io ho bisogno di te..

Lo lasciò solo e tornò di là. Connor era disagio e gli pareva di violare qualcosa di sacro, ma non vi era modo di non sentire, quella stanza era piccola e anche se non lo fosse stata, lui avrebbe sentito comunque. Il suo udito era identico a quello di Angel. Accostò comunque il paravento per mettere una certa distanza fra lui e i deliri di suo padre. Sentì ancora freddo, la stanza era gelida. Decise di accendere il camino, notando che sotto la cenere covava ancora un po’ di brace dal giorno prima. Prese gli appunti dallo scrittoio e si sedette per terra davanti al fuoco, ma di studiare non se parlava proprio. Il suo unico pensiero era Angel ..e Buffy.

Quel nome martellava nel suo cervello con insistenza. Chiunque lei fosse, per Angel era molto importante. Gli tornarono in mente Fred e Wesley, quando suo malgrado aveva intercettato un loro discorso. “Come possiamo estrarre la sua anima? sappiamo tutti che l’unico modo è fargli vivere un momento di felicità perfetta. Buffy è l’unica che possa..” Aveva detto Fred e Wesley aveva parlato di uno sciamano che creava l’illusione manipolando la realtà “Sono certo che Buffy sarà la chiave. Dobbiamo farlo, Angelus conosce la Bestia e abbiamo bisogno di lui”

Ecco chi era Buffy. Per Angel, lei era la felicità perfetta. Buffy era la chiave per arrivare alla sua anima. Connor si rese conto di sapere davvero poco della vita di suo padre. Come poteva sperare di aiutarlo, se non conosceva niente di lui? Senza indugio aprì ancora la credenza, prese la scatola delle lettere e tornò a sedersi davanti al camino acceso. Angel doveva tornare fra i vivi, non poteva vivere così ancora per molto. Voleva liberarlo da tutto quel dolore.

Perdonami, papà.. ma devo fare di tutto per liberarti da questa solitudine infinita. Buffy sarà la chiave che aprirà la porta della prigione in cui hai rinchiuso la tua anima.

   
 
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