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Autore: Vitya    12/07/2012    1 recensioni
Un normale ragazzo potrebbe mai incontrare una divinità? Che cosa succederebbe se scoprisse che non molto lontano da casa sua abita una ninfa? Potrebbe innamorarsi di un essere celeste?
Questa è la prima storia che pubblico qui, quindi vi chiedo di mandarmi critiche -sempre ben accettate- commenti e opinioni. Spero che vi piaccia almeno quanto la metà di quanto mi piaciuto scriverla.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco a voi il secondo capitolo :D Grazie di cuore a tutti quelli che hanno recensito, mi ha fatto piacere sapere che vi sia piaciuta. Vi devo purtroppo dire che il prossimo sarà l'ultimo capitolo, quindi godetevi questi ultimi due post. Un bacio a tutti :*
una cosa molto importante che non ho scritto nel primo capitolo è che tutti i personaggi sono miei, e guai a chi me li tocca! Infine una piccola nota per farvi capire meglio la storia: un "tuk" altro non è che il corrispettivo maschile di una ninfa, in poche parole una divinità minore con poteri limitati.
Cap 2

Shu tornò a casa ancora elettrizzato dall’idea di aver visto una divinità: l’aveva vista, ci aveva parlato, era davanti a lui, ed era un ragazzo davvero bellissimo … certo, non l’aveva trattato nel migliore dei modi, ma che gli importava? Infondo aveva anche ragione ad essere arrabbiato con lui. Per tutta la sera Shu si rigirò fra le coperte pensando al bellissimo volto del Tuk, a quegli occhi arancioni che, ne era sicuro, dovevano essere bellissimi quando sorrideva.  Forse era solo una cosa da poco quella strana sensazione di calore che sentiva sul cuore, però era comunque bellissima. Si addormentò dopo un pò, sognando quella creatura e i suoi capelli rossi, che si muovevano come fiamme quando il tuk si muoveva. Il mattino dopo si svegliò ancora prima, per poter raggiungere in fretta il fiume. Shu era davvero indeciso su cosa portare al tuk come offerta, ma di certo non poteva presentarsi a mani vuote o l’avrebbe cacciato in malo modo, e non era una buona idea provocare l’ira divina. Dopo aver tanto pensato non trovò niente di abbastanza importante per soddisfarlo. Gli avrebbe portato un’altra volta frutta e pane, anche se non pensava fosse bene portare due volte la stessa offerta. Camminando per strada vide un cespuglio di rose selvatiche, non curate ma certamente molto belle. Forse erano un po’ banali, ma a tutti piacevano i fiori, anche agli dei. Shu ne strappò un paio ma, quando stava per andarsene, notò una rosa incredibilmente bella: grande, già sbocciata e arancione. Arancione, proprio come gli occhi del tuk. Senza pensarci due vote strappò anche quella, anche se era incastrata con un’altra rosa e per prenderla si graffio il braccio in vari punti. Senza badare alle ferite riprese il cammino e arrivò nel punto dove, il giorno prima, aveva incontrato quella splendida creatura. Lo trovò già lì, seduto di spalle su una roccia, che osservava il fiume di lava.
-Ieri sei arrivato prima – commentò subito il tuk.
-vi-vi chiedo scusa, non volevo farvi aspettare, è solo che durante il tragitto … - cercò di scusarsi Shu, ma venne bruscamente interrotto dal tuk
-le mie rose
-Cosa? – chiese stupito Shu.
-Se non sbaglio hai delle rose per me … dove sono? – rispose il tuk.
-Oh, sì certo, eccole – rispose titubante Shu porgendo il mazzo al tuk che finalmente si girò per guardare il ragazzo. Era ancora più bello di come se lo ricordasse.
-Sono bellissime …  - disse guardando il mazzo, per prendere poi la rosa arancione, la più bella. –Ti sei fatto molto male per prenderla?
-No, solo qualche graffio … - rispose il ragazzo.
-fammi vedere il braccio – ordinò autoritario il tuk posando a terra le rose. Shu si alzò la manica della maglietta per poi porgere il braccio alla divinità. Il tuk osservò i graffi e poi si passò sopra la mano, facendo rimarginare tutte le ferite.
-Ma … - mormorò Shu.
-Ma cosa? – chiese prepotente il tuk.
-come facevate a sapere delle rose e del braccio? – domandò un po’ spaventato il ragazzo.
-Voi umani non riuscite a guardare oltre le cose; anche osservando un fiume di lava noi divinità possiamo scoprire molte cose. – rispose il tuk guardando il fiume.
-Ores … - sussurrò dopo alcuni secondi di silenzio.
-Ores … cosa? – domandò sempre più confuso il ragazzo.
-Se non sbaglio volevi sapere come mi chiamo … - poi Ores spostò il suo sguardo sul giovane; non riusciva a capire perché, ma era davvero carino. Sicuramente non era bello come una divinità; aveva avuto molti amanti in passato, indubbiamente più affascinanti di quel misero umano, ma forse era anche per quello che l’incuriosiva così tanto.  Di certo non ero il suo fisico mediocre ad attrarlo: ma allora cosa? Forse quella curiosità e quella timidezza un po’ infantile che trasparivano da quegli occhi, o anche il suo animo dotato di una semplicità ormai perduta anche fra gli dei. Oppure, era il suo modo di arrossire quando era osservato da lui. Sì, decisamente questo era quello che attirava Ores a quel giovane.
-Hai fame? – chiese.
-Ehm, un po’ … perché? – rispose Shu un po’ imbarazzato.
-Prendi la frutta – il ragazzo obbedì e uscì dalla sua borsa di cotone la frutta fresca, mentre il tuk si sedette accanto lui. Entrambi mangiarono e bevvero fino a saziarsi. Ancora il sole era alto in cielo, non dovevano essere che le due o forse le tre. Così si sdraiarono all’ombra di grosso albero e parlarono, come se si conoscessero da tanto. Shu raccontò a Ores della sua casa, della sua famiglia e dei suoi amici, cose che il dio sapeva già perché, la notte prima, aveva guardato nel fiume alcuni momenti della vita del ragazzo, ma comunque non volle interromperlo e rimase in silenzio ad ascoltare. Constatò che Shu era davvero curioso; gli fece molte domande sugli dei, sulle divinità, su quel mondo così lontano anche se non così distante dagli umani.
- Noi divinità viviamo vicino a voi perché capita spesso che prendiamo sotto le nostre cure alcuni umani gentili con noi. Anche se solo alcune divinità hanno accettato di stare accanto a voi mortali. – raccontò Ores.
-Perché solo alcune? – domandò curioso Shu.
-In origine noi divinità vivevamo tutte su un’isola: era bellissima, come un paradiso in terra. Poi però ci accorgemmo che oltre il mare vi erano delle terre abitate da alcuni uomini; sto parlando dei vostri più remoti antenati. Notando che alcuni erano in difficoltà, abbiamo deciso di aiutarli, così nacquero le prime città, e notando che gli umani erano riconoscenti con noi, pensammo di andare a vivere con loro. Ma alcuni dei pensarono che non era una cosa saggia, che anche le divinità potevano soffrire a causa degli umani e che bisognava ignorarli. Ma alcuni erano già strettamente legati agli umani e non vollero lasciarli. Così il nostro Grande Padre decise di effettuare una distinzione fra divinità minori e dei puri: alle divinità minori fu concesso di vivere a contatto con gli umani, mentre gli dei puri, avendo un potere troppo grande per rischiare di essere influenzati dagli uomini, furono segregati nell’isola, o in altri luoghi sacri, per voi umani difficilmente raggiungibili. Ti stupiresti se ti dicessi quanti dei ci sono sparsi il mondo …
-E tu sei triste d’aver lasciato la tua isola? – domandò un po’ preoccupato Shu.
-Se ne sentissi nostalgia ci tornerei, in effetti non è tanto male: lì ci sono molte meraviglie, e molti dei di bellissimo aspetto … ma non so se riuscirei ad allontanarmi da qui, ormai conosco gli abitanti di questo luogo da generazioni, anche se loro non sanno della mia presenza, ma conosco sempre persone nuove, con nuove storie e che mi trasmettono cose nuove. Prima di ieri io non sapevo della tua esistenza. – mormorò Ores.
-in effetti la mia non è certo una vita interessante come quella di grandi guerrieri o esploratori; non sono molto bello, né ho grandi abilità fisiche, sono … mediocre – mormorò un po’ sconsolato il giovane. Allora il dio, seduto di fronte a lui, gli prese il volto fra le mani, dicendogli
-Anche se il tuo corpo è mediocre, il tuo animo è unico; è limpido come quello di un bambino, e si può vedere benissimo guardandoti negli occhi. E non potrei essere più felice di vedere che il tuo cuore, ora, sta battendo forte come il mio, e lo sta facendo per me … - così gli sussurrò Ores, prima di baciarlo piano, come per paura che potesse rompere quel ragazzo.
Continuarono a vedersi il giorno dopo, e quello seguente e quello ancora dopo … Così, per un anno intero, in cui il loro amore cresceva dolce e delicato, così come quei baci che adoravano scambiarsi quando si vedevano. Niente fermò i loro incontri, né la pioggia né quando Shu si prese la febbre; allora fu Ores ad andare da lui, ad allontanarsi dal suo fiume che non aveva lasciato da decenni, per trovarlo di nascosto nella sua casa e guarirlo.
 





  
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