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Autore: valina_babi    12/07/2012    0 recensioni
Babi è a Londra, i fuga dalla sua cittò troppo stretta, non può immaginare cosa la aspetta, un incontro, uno scontro, e il destino che cambia in un momento. in bene in male? chi può dirlo "la vita è come una scatola di cioccolatini non sai mai quello che ti capita" devi solo imparare a conviverci.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Piccola premessa, 

ho cominciato questa storia circa due anni fa, in un momento non proprio felice per la mia vita, anzi... diciamo che erano successe alcune cose che mi avevano costretto a rivedere i miei paralleli e meridiani, se non altro in termini di amicizie.

In questa storia, o almeno nel suo inizio ci sono molti pezzi della Me di quel momento, molti ci saranno della Me che c'è stata e della Me che sono ora, non posso farci nulla perchè in parte alcuni personaggi sono nati e sono parte della mia vita e dello sfogo iniziale per cui era nata questa storia (approdata qui solo con molta calma e dopo molto tempo). Per questo mi scuso con chi troverà questa storia "lamentosa" o troppo piena di dettagli a volte reali (scusate è vero in alcuni casi tendo un po' a perdermi).

ringrazio fin da ora chi avrà la pazienza e la voglia di leggere e sopportare il miei "dieci minuti di follia scrittoria" (originario titolo del file sul mio pc XD) e soprattutto i miei deliri!

grazie ancora 

buona lettura 

Vale 






Prologo


"L'amore è irrazionale, entra nelle nostre vite e le sconvolge come un fiume in piena e se ci si abbandona ad esso si può essere sommersi o sopravvivere."

 

L’amore è irrazionale, entra nelle nostre vite, porta scompiglio, fa nascere immensa gioia e voglia di vivere. Poi un giorno così come è venuto se ne va, lasciandoci spogli, aridi come un deserto che da troppo tempo è orfano dell’acqua. Lasciandoci in eredità i ricordi, dolorose ferite di un tempo felice ormai trascorso.

 

Capitolo uno – Look Right


BIP. BIP.BIP.BIP.

 

“Maledetta sveglia” grugnii girandomi a spegnerla. Decisi di prendermi ancora qualche minuto al caldo sotto le coperte. Di alzarmi tanto per cambiare non ne avevo proprio voglia. Ero arrivata a Londra tre settimane prima, ospite da Giulia che era li in Erasmus. Ero fuggita, codarda come ero. Non avevo avuto la forza di restare a casa. Non volevo continuare a vedere le solite tre facce ipocrite e Bologna in quel momento mi sembrava troppo piccola. Decisamente troppo. Soprattutto quando la persona che ti aveva fatto soffrire come un cane te la ritrovavi sotto il naso, senza volerlo, tutte le volte che uscivi di casa. Presi di nuovo il cuscino e lo abbracciai forte, affondandovi dentro il viso. Le lacrime che mi salivano agli occhi al solo ricordo dei bei momenti passati con lui.

 

Toc, toc. Non risposi. Ma Giulia non si diede per vinta. Entrò piano piano senza fare rumore nella mia stanza e venne a sedersi sul letto accanto a me. «Vale..» mi disse carezzandomi la schiena. «Tesorino…» alzai leggermente la testa. Provai a sorriderle, ma venne fuori una smorfia. «Dai, Vale alzati. Sono tre settimane che sei qui e non hai mai messo il naso fuori da questa stanza. Sto cominciando a pensare che sei venuta a trovare solo la mia stanza degli ospiti sai?» riuscì a farmi sorridere in modo genuino. Era tanto che non lo facevo, ma Giulia sapeva come riuscirci. Era anche l’unica a conoscere tutta la storia, a sapere quanto male quei due fossero riusciti a farmi.

 

«Dai forza. Alza quel pesante culone dal mio letto che ho un bel programmino per te oggi.»

 

«Dai dimmi.» Riuscii a rispondere.

 

«Primo. Adesso ti alzi e poi andiamo a correre ad Hide Park. Che non c’è niente di meglio che un po’ ginnastica alla mattina.»

 

«Mmm, lo sai che odio correre.»

 

«Sì. Ma sai anche che dopo ti senti meglio!»

 

«Giusto, vero. Hai ragione. Poi?»

 

«Poi dunque, proprio perché sono tre settimane che non ti muovi e perché non hai mai visto Londra…proporrei Buckingham Palace eeee….Shopping!»

 

«Ok, ai tuoi ordini zietta».

 

«Bene. Ti aspetto di sotto tra dieci minuti».

 

Mi alzai, andai in bagno che si trovava sull’ammezzato. “E’ proprio fatta strana questa casa, o meglio tipicamente inglese. Ricorda tanto quella di Notting Hill.”  E in effetti era davvero molto simile. Sistemata su tre piani. Con uno stretto ingresso che dava sulla sala da pranzo e su un cucinotto minuscolo. E ai piani di sopra le stanze, all’ammezzato il bagno. Era proprio strana. Più alta che larga. Ma capivo perché la mia amica la aveva scelta. Ogni stanza aveva un enorme vetrata a bovindo che faceva entrare tutta la luce possibile anche in una terra in cui il cielo era di norma coperto di nuvole e in cui le giornate di sole erano da considerarsi un vero e proprio regalo. Tornai in camera avvolta dal mio mega asciugamano rosa, “Quello di Parigi” ricordai a me stessa sorridendo. Ed effettivamente lo avevamo comprato insieme, perchè io imbranata lo avevo lasciato a casa sperando di trovarlo nel nostro albergo a due stelle e mezzo ed ero rimasta fregata perché evidentemente non li avevano. Mi vestii veloce. Infilai una tuta con una maglietta qualsiasi dalla valigia. “Dio, è ora che mi metta a svuotarla. E che davvero la smetta di fare lo zombie per colpa di Daniele e della Robby. Non se lo meritano.” Presi un bel respiro e scesi veloce le scale. La Giulia mi aspettava seduta sul divanetto del bovindo con un libro in mano. La raggiunsi in silenzio e le sbucai da sopra il libro. «Pronta. Andiamo?» le dissi. Lei mi fece un sorriso a trentadue denti e si alzò veloce e uscì facendo strada verso Hide Park. Veloce la seguii. Non conoscevo la strada per cui mi limitai a starle dietro.

 

 

Giulia aveva proprio ragione. Andare a correre di prima mattina era un ottimo modo di cominciare la giornata, scaricava i nervi e ti faceva sentire leggero. Ma ormai erano quasi le otto e mezzo e se volevamo davvero fare tutti i giri che  avevamo progettato era davvero ora di andare. Stavamo tornando indietro, camminando tranquille, chiacchieravamo, spensierate. Quella mattina sembrava davvero che il sole avesse ricominciato a splendere sulla mia vita. Era tanto facile far sembrare tutto normale e anche io cominciavo a crederci. Stavamo progettando nei minimi particolari la nostra mattinata.

 

«Allora, vuoi andare anche da Harrod’s o quello ce lo teniamo per un altro giorno?»

 

«Per me possiamo andare anche un altro giorno. Tanto non siamo di corsa e di cose da vedere ne abbiamo già duemila. Comunque dicevamo. Prima fermata Bukingham Pa..» non riuscii a finire la frase. Stavamo attraversando la strada. Io ero davanti e persa nelle mie chiacchiere mi ero accidentalmente scordata che in Inghilterra si gira dall’altra parte. Sentii i freni fischiare mi girai immobilizzata dalla paura. Ero li immobile come una deficiente in mezzo alla strada. Non avevo mai avuto manie suicide. Ma in quel momento sembrava che io stessi solo li ad aspettare lo schianto. Tre… due.. uno… nulla. La macchina si era fermata a pochi centimetri dalle mie gambe. Non mi aveva nemmeno toccata. Ma forse per la paura forse per il sollievo le mie gambe si fecero di burro e io caddi come una pera cotta.

 

L’ultima cosa che vidi prima di cadere nel buio furono due occhi azzurro-grigio che angosciati mi guardavano e mi scrutavano da vicino. Poi nulla. solo buio.

 

 

Lentamente cominciai a riemergere. Dovevo essere svenuta e probabilmente avevo anche sbattuto la testa. Sentivo delle voci lontane parlare concitato. Sembrava litigassero. Ma non riuscivo a capire cosa stessero dicendo. Ci misi un pochino per capire che era perché parlavano in inglese. Dopo che mi fui sintonizzata sul canale giusto cominciai finalmente a capire qualcosa di cosa stavano dicendosi. Distinguevo chiaramente la voce di Giulia, l’altra no. Non la conoscevo. Era la voce di un ragazzo, vellutata, bassa, sensuale anche nel suo essere arrabbiato. Si perché stavano discutendo su di me.

 

«Ma sei pazzo a guidare in quel modo?»

 

«Veramente è la tua amica a non avere minimamente guardato, e poi io avevo il verde, voi il rosso. Io via libera. Voi invece avreste dovuto stare ferme.»

 

«No scusa, ma hai idea della velocità a cui stavi andando? Eri un tantino sopra i limiti!» continuò la mia amica infuriata.

 

Si stavano decisamente litigando su di chi era la colpa. E per un momento sembrava che non si stessero ricordando che io ero ancora li tra loro due mezza svenuta. Decisi che forse era il momento di ricordargli che c’ero anche io. Aprii gli occhi, piano piano.

 

«Babi! -  mi disse Giulia preoccupatissima -  tutto bene? La testa? Tutta intera?»

 

«Si – biascicai – ho la testa dura lo sai. Ci vuole un po’ più di una testata per distruggermi.»

 

«Beh, sai. Se poi qualcuno non avesse tentato di investirti staresti meglio comunque no?» e accennò col capo al ragazzo che mi stava dall’altra parte.

 

«Va, bene, mi dispiace. Ma è anche colpa sua. Doveva guardare dove stava andando!» rispose quello stizzito.

 

«Basta. Smettetela. Non mi è successo nulla, non mi sono fatta  niente. Per cui non c’è di che preoccuparsi. Giusto?» dissi e mi voltai verso il ragazzo. E il mio cuore si fermò di colpo. O – Mio – Dio …

 

Rimasi incantata su quel volto. Occhi azzurro- grigio, capelli castani e sparati in un modo assurdo. Era un angelo. Era L’Angelo che riempiva i miei sogni da mesi, da quando avevo visto quel benedetto film. E… o mammina… in quel momento era li di fianco a me, tutto preoccupato che io non mi fossi fatta nulla. I miei neuroni ci misero un momento per rimettersi in moto e farmi collegare le cose.

 

«Tutto bene?» mi disse. Evidentemente si era accorto della mia assenza.

 

«Sì, sì» dissi con solo un filo di voce.

 

«Vale, - mi rimproverò Giulia in italiano – levati quella faccia da “Oddio ho appena visto la Madonna”, lo so anche io chi è. Voglio solo capire come stai davvero.» poi aggiunse in inglese «Magari è un po’ sotto shock»

 

«Penso anche io. Sei sicura di stare bene? Sei bianca come un cencio e stai tremando» mi chiese lui con tono gentile e premuroso.

 

«S-s…» ma rinunciai, la voce non voleva saperne di uscire dalla mia gola, per cui mi limitai ad annuire. “Porca vacca Vale respira!”, prendendomi di nascosto una pedata da Giulia come incentivo e un «Controllati!»

 

«Ok, ok, ci sono» riuscii a dire trovando non so dove un fil di voce. Lui mi guardò poco convinto, ero decisamente una pessima attrice.. totalmente incapace di mentire, mi si leggeva tutto negli occhi di solito, e in quel momento, ne ero sicura stavo facendo la peggiore figura di m^rda della mia vita.

Feci per alzarmi e lui fu pronto a sorreggermi tenendomi per un braccio ed aiutarmi, alzai gli occhi e rimasi incatenata ai suoi, “Dio mio… ma come può essere così bello…”  gongolò una parte di me, mentre l’altra mi urlava di smettere di fare l’idiota.

 

«Grazie – mormorai – ci riesco» forse il tono era stato troppo brusco? Oh al diavolo Vale, basta dire idiozie, tanto lui si sarà scordato di te prima di sta sera, o al massimo ti prenderà per il culo insieme ai suoi amici, per cui basta! Dio quanto odiavo il mio essere così sognatrice e così cinica insieme, riuscivo quasi sempre a smontarmi da sola.

 

Tolse la mano dal mio braccio facendola scivolare e sfiorò la mia mano, un brivido mi percorse la schiena attraversandomi come una scossa elettrica. Respirai a fondo per riprendere il controllo di me stessa e poi rialzai gli occhi verso di lui, sorrideva imbarazzato.

 

«Beh.. – si passò la mano tra i capelli – mi dispiace.»

 

«No, non ti devi preoccupare..»

 

«Sì, insomma forse, e dico forse la tua amica ha ragione… forse andavo un tantino sopra i limiti..» sembrava davvero imbarazzato e dispiaciuto.

 

«No, scusami tu. Sono io che ho sempre la testa tra le nuvole.» dissi e gli sorrisi, rimanendo di nuovo imbambolata a osservare la bellezza del suo volto. Era vero. Le foto non gli rendevano abbastanza giustizia, dal vivo, così imbarazzato, anche senza lo smoking ma con una semplice maglietta a maniche corte e i jeans scuri… era molto meglio, di una bellezza divina oserei dire.

 

«Ok, bene.. ora che vi siete scusati… dato che grazie a Dio alla fine nessuno si è fatto male… direi che possiamo andare. Vale?» si inserì nella conversazione Giulia. “Ok. Ora mi volto e la strangolo.” Pensò una parte di me. insomma stavo vivendo una specie di sogno, cioè almeno in parte avevo incontrato l’uomo dei miei sogni… e lei era riuscita definitivamente a smontare la magia di quel momento. Ripresi controllo di me e mi girai verso la mia amica.

 

«Si, certo. Sono pronta.» risposi acida poi di nuovo mi voltai verso di lui. Come dovevo salutarlo? Cosa potevo dirgli? Optai per un saluto simpatico, che non mi avrebbe fatto scordare, o almeno così vagamente speravo.

 

«Ciao, Robert, è stato un piacere farmi quasi investire da te.» e sfoderai il migliore dei miei sorrisi, lasciandolo così in mezzo alla strada con un sorriso appena accennato che si apriva sul suo volto. Si forse ci ero riuscita, forse l’avevo stupito.

Magari si sarebbe ricordato di me.

   
 
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