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Autore: Lisbeth17    13/07/2012    5 recensioni
Una preparazione fuori dall’ordinario, e un cognome scomodo, una ragazza entra nella squadra.
“Zio, vorrei davvero provare ad entrare al FBI, sai quanto mi interessi e quanto fin da piccola volessi farlo..”
“E’ pericoloso però, e poi hai una brillante carriera accademica davanti, perché privartene, per fare un lavoro sottopagato e raramente apprezzato?"
“Dici così solo perché sei preoccupato, comunque io non sono venuta qui per chiederti il permesso.”
"La metti su questo piano, signorina? Sai, se volessi potrei farti entrare oppure non farti entrare mai, neanche in accademia.”
“Io vorrei che tu non interferissi in alcun modo.”
“Sei testarda. Allora che cosa dovrei fare io?”
“Dimmi in bocca al lupo e non interferire in alcun modo con me, facciamo finta che io non sia tua nipote.”
“Potrei aprirti un sacco di porte però.. Un lavoro al FBI, magari amministrativo di livello..”
“Ed io mi sarei laureata in Neurochirurgia, con una specializzazione in Neuropsichiatria e con un master in Neuroscienze per una vita da ufficio dietro una scrivania?”
Scandì il suo nome per intero con pronuncia italiana: “Caterina Elettra Rossi Parker dove vorresti arrivare?”
“Se ci riesco da sola, all’Unità di Analisi Comportamentale.” Disse tutto di un fiato.
“Ed io che cosa dovrei fare?”
“Fare finta che io non esista, fai come se non mi conoscessi.
Voglio riuscirci da sola, non perché sono la nipote di David Rossi.”
Alla fine acconsentì e disse “Va bene.” E l’abbracciò forte, fiero di lei.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi prego perdonatemi per il ritardo e buona lettura!!






Copertina




Hotch sembrava teso e preoccupato, parlottava con David, quando tutti entrarono nella stanza e occuparono ciascuno il proprio posto, videro Hotch stringere forte la spalla di David, che uscì dalla stanza immediatamente. Sembrò a tutti strano che David non prendesse parte alla riunione, ma nessuno disse nulla, Reid cominciava ad avere delle pessime sensazioni.
Hotch sembrava tanto quello dei tempi di Foyet o di Doyle, ognuno di loro in qualche modo temeva il peggio, ma erano dei professionisti e si sedettero, pronti ad ascoltarlo.
 
Hotch cominciò subito “San Francisco, sono stati trovati i corpi di alcune ragazze, in diversi punti della città; le ragazze erano invisibili, prostitute o drogate senza una casa e senza un lavoro, sono state picchiate per giorni, torturate, non ci sono state finora tracce di violenza sessuale. Sono state fatte ritrovare cadavere dopo tre giorni dalla loro scomparsa, le vittime accertate sono almeno sette, su questo caso sta già lavorando la squadra di Sam Cooper, hanno richoesto la nostra presenza, ci stiamo unendo a loro per dare tutto il nostro supporto. Domande? ”
Il tono di Hotch era agitato e preoccupato, Spencer chiese: “Perché hai detto che finora non ha violentato le sue vittime, perché dovrebbe cambiare il suo modus operandi?”
Hotch rispose secco “Perché ha cambiato vittimologia, sei ore fa è stata rapita l’agente Katherine Parker.”
E la foto di Katherine comparve sullo schermo, Garcia tirò su con il naso.
“Com’è potuto succedere?” chiese Derek arrabbiato.
“La squadra le ha fatto tenere una conferenza stampa, dove lei ha apertamente denigrato il comportamento del sogetto ignoto, offendendolo e deridendolo.” Rispose Hotch atono, quella storia non gli piaceva per niente.
“Siamo certi che sia lo stesso S.I. ad averla rapita?” chiese Emily preoccupata.
“Il suo Suv è stato ritrovato fuori San Francisco, aveva subito un incidente, è stata spinta fuori strada.” disse ancora Hotch.
“Non siamo sicuri però che sia stata rapita?” chiese ancora JJ tesa.
“20 minuti fa è stato fatto recapitare questo video al dipartimento di polizia di San Francisco.” disse Hotch mentre faceva cenno a Garcia di far partire il video, ma lei si alzò di scatto gli passò un telecomando “Io non posso vederlo di nuovo...” disse uscendo velocemente dalla stanza.
 
Hotch spinse play e quello che videro fu aberrante, la collega legata su di una sedia che riceveva calci e pugni, quando la testa le ciondolava, veniva slegata e le veniva chiedeva di combattere, lei riusciva a malapena a tenersi in piedi e ancora botte, il volto e i capelli erano insanguinati, il suo viso era una maschera vuota senza espressione.
Hotch spense, e disse solo “Partiamo subito.”
 
Spencer era senza parole, non sembrava neanche lei la ragazza in quel video, non aveva mai gridato, eppure l’audio c’era, ma lei non aveva emesso un suono. Il vuoto della sua assenza lo riempì di colpo, cadergli addosso come una valanga che lo travolse in pieno, fino a quando le lacrime gli salirono agli occhi. Non poteva sopportare l’idea che lei fosse in pericolo, si sentiva tremendamente responsabile, come se fosse colpa sua, perché lui l’aveva allontanata da se.
JJ si stava avvicinando quando vide Hotch farle cenno di andar via, mentre lui si avvicinava a Spencer, posandogli una mano sulla spalla, gli disse: “Spencer la riporteremo a casa.”
Spencer aveva il vuoto dentro, sussurrò appena  ”Non le ho chiesto scusa.”
“Allora riportiamola a casa perché tu possa farlo.” Disse ancora Hotch conciliante.
“Mi dispiace per quello che ti ho detto, Hotch scusami, io ero geloso..” disse Spencer senza capire bene cosa stesse confessando al suo capo.
“Lo so Spencer, me ne sono accorto, e posso dirti che lei non è stata molto meglio di te in questo periodo, perciò riportiamola a casa così che possiate avere la possibilità di violare le regole del FBI.” Gli disse Hotch cercando di rasserenare il più possibile il giovane collega. Spencer sorrise mestamente e seguì il suo capo verso il Jet, non aveva voglia di parlare con nessuno, doveva pensare, ragionare, fare il suo lavoro nel migliore dei modi, per riuscire a riportarla a casa.
 
Katherine aveva di nuovo perso conoscenza, nella mente quanto accaduto pochi giorni prima di partire per San Francisco.

Era nel suo appartamento, vi era rientrata da poco a dir la verità era sempre più occupata con la squadra e stava pochissimo a casa, passava pochissimo tempo a cucinare, da quando Spencer le aveva detto quelle cose, non amava passare molto tempo in cucina e più in generale in casa sua, stava sempre fuori, facendosi trascinare da Mick in locale in stile anglosassone o che almeno millantavano di essere ‘Veri Pub inglesi’.
Vedeva pochissimo anche David, non per quanto successo, lo aveva subito perdonato, ma vederlo la feriva, riportandola alla squadra che per poco tempo avevano condiviso, che lei ora non viveva più. Non voleva pensarci.
Era appena uscita dalla doccia quando il telefono cominciò a squillare, disse fra se e se che se fosse stato ancora Mick l’avrebbe mandato al diavolo, non aveva la minima intenzione di uscire e di fare baldoria, era esausta e il suo fegato cominciava ad accusare la quantità di birra ingerita nell’ultimo periodo, Mick era un gran bevitore certo, ma anche lei non era da meno.
“Pronto” Disse con la voce leggermente stanca.
“Sono io.” Disse la voce di Aaron.
“Ciao. Sei tornato?” chiese ancora Kat  “Sì. Puoi passare adesso nel mio ufficio? Vorrei analizzare con te alcuni casi.” Disse la sua voce, seria e professionale, come al solito. “Non dovresti tornare a casa da Jack?” chiese lei, era molto stanca, ma le piaceva molto lavorare con Aaron. “Tornerà domani, è fuori con la zia. Sei stanca?” disse Aaron con una nuova dolcezza nella voce.
“Non tanto. Sto arrivando, dammi solo venti minuti.” Disse lei mentre finiva di mettersi la crema sulle gambe. “Ci vediamo nel mio ufficio. Ciao Kat e grazie.” Disse ancora lui prima di riattaccare “Grazie a te a dopo Aaron.”
Kat si precipitò in camera sua per mettersi qualcosa addosso, si frizionò velocemente i capelli con l’asciugamano per infilarsi una camicia e un paio di pantaloni, scarpe comode, impugnò la sua pistola e si avviò verso la porta, ripensando a com’era cambianto nell’ultimo periodo il suo rapporto con Aaron Hotchner. Era il suo capo e la stava istruendo su altre, moltissime cose riguardanti il mondo del profiling, ma era allo stesso tempo un uomo divertente e piacevole, adorava suo figlio Jack che lo adorava a sua volta, Kat aveva visto il piccolo solo una volta, e da lontano, ma sembrava davvero un ragazzino molto sveglio.
Arrivata in ufficio, fece il solito giro largo, per evitare di incontrare Spencer o qualsiasi altro membro della squadra, anche se dubitava fortemente di trovare qualcuno che non fosse il capo, visto da quanto poco tempo erano tornati.
Invece eccolo lì.
Spencer, con la sua tazza di caffè in mano, ci soffiava sopra, era un po’ sovrappensiero, lei si chiese cosa stesse in quel momento catturando la sua attenzione. Quando stava per voltare la testa nella sua direzione, lei sparì, voltando l’angolo. Spencer si era sentito osservato, si voltò senza notare nessuno, poco dopo vide Kat entrare nell’ufficio di Hotch chiudendosi la porta alle spalle.
 
Quando aprì di nuovo gli occhi, era sempre in quel lurido magazzino e sempre legata, per quanto cercasse di essere sempre vigile per non perdere la cognizione del tempo, non ci riusciva; troppo spesso era sopraffatta dai colpi che riceveva, perdendo conoscenza. Le mancavano dei punti di riferimento per capire da quanto tempo fosse li, in quello che sembrava un vecchio magazzino, non vedeva orologi, sentiva la pioggia fuori e sapeva che non poteva contare neanche sulla luce del sole per capire se fosse notte o giorno.
Ricordava perfettamente quello che era successo, stava andando al laboratorio di medicina legale per recuperare dei rapporti per poi tornare in albergo a riposarsi, una macchina che cercava di superarla l’aveva spinta fuori strada, il colpo l’aveva rintronata, vide una ragazza avvicinarsi a lei, darle un pugno sul viso. Si svegliò legata a una sedia, di fronte quella stessa ragazza che l’aveva spinta fuori strada, aveva il volto coperto e la picchiava selvaggiamente. In fondo l’aveva provocata lei, era l’S.I. e ora lei lo sapeva, non era un uomo, ma una donna. Sembrava anche minuta, anzi era sicuramente piccolina, ma allo stesso tempo era tonica e forte, e i suoi colpi erano potenti.
Aveva deciso di provare a parlarle, per cercare di convincerla a offrirle un combattimento leale.
“Ehy tu... mi senti?”urlò Kat, si sentiva debole, da quanto non mangiava? Non se lo ricordava più.
“Che cosa vuoi?” una voce gelida la raggiunse alle spalle.
“Perché non fai quella onesta e ti batti con me ad armi pari?! Lasciami stare e poi avrai un corpo a corpo del quale non ti pentirai...” le disse Kat con voce suadente.
“Perché dovrei farlo?” disse la donna con tono di sfida.
“Perché tu hai bisogno di un’avversaria che sia degna di questo nome. Così stai cominciando ad annoiarti.”
“Può darsi.” Disse mentre le passava la lama di un coltello sulle braccia, piccole gocce di sangue le colarono lungo le mani.
“Mi hai convinto Katherine, domani mattina! Se non starai in piedi, la considererò una violazione del nostro accordo e si torna a fare a modo mio.” Disse gelida, mettendole un piatto con un panino davanti e una ciotola con dell’acqua, si allontanò lasciandola di nuovo sola.
Kat si sentiva più sollevata, aveva una possibilità in più. Adesso, inoltre, sapeva che quando sarebbe tornata sarebbe stata mattina. Aveva voglia di combattere, perché aveva tanta voglia di tornarsene a casa, per riprendersi la sua vita, per provare a parlare con Spencer, nonostante quello che lui pensava di lei. La vita era troppo breve, questo ormai l’era chiaro, si fece cadere dalla sedia e mangiò e bevve tutto quello che le era stato lasciato.
 
Sul jet erano tutti tesi, David si era unito a loro ma non parlava, sembrava arrabbiato, sembrava deluso, sembrava spaventato; JJ si fermò per la prima volta a guardare l’anziano collega, leggendo la sua preoccupazione e la sua paura, quando i loro sguardi s’incrociarono, lesse in fondo a quegli occhi tanta rabbia, e si chiese perché si era ostinata così contro quella ragazza, portando anche Spencer a credere alle sue teorie? Non sapeva rispondersi ma voleva fortemente riportarla a casa, viva, per David che con lei era sempre stato affettuoso e disponibile, e per il suo amico, che sembrava sprofondato in un abisso di tristezza da quando lei aveva lasciato la squadra. In quel momento, il volto di Spencer era una maschera di dolore puro.
 
La voce di Garcia squillò dal computer aperto sul tavolino “Ragazzi Sam vi vuole parlare, vi metto in collegamento.”
Sullo schermo comparve la faccia di Sam, dietro di lui si vedevano Mick e Beth che parlavano fitto “Prima di tutto grazie per il vostro aiuto, ci è stato recapitato il distintivo di Kat, della sua pistola non c’è traccia.” Disse Sam.
“Qualche novità sul video?” chiese Hotch
“Lo stiamo analizzando anche grazie a dei tecnici qui. Il posto sembra un magazzino abbandonato, la cosa che ci crea dei dubbi è l’ S.I., siamo partiti dal presupposto che fosse un uomo, ma la voce nel video è contraffatta e la corporatura non è compatibile con quella di un uomo, stiamo eseguendo tutta una nuova serie di analisi sulle immagini” disse Sam.
“Bene, noi siamo quasi arrivati, informaci per qualsiasi motivo...” Hotch stava chiudendo.
“Aspetta.” urlò Mick
“Cosa c’è?” chiese Spencer preoccupato
Mick cominciò a parlare velocemente “Ci ha appena mandato un video sul mio cellulare, deve aver preso il numero dal suo telefono, ve lo mando”
Videro il video, stavolta l’audio non c’era si vedeva Kat legata che parlava con il soggetto ignoto, che giocava con un coltello sulle sue braccia. Si vedeva l’S.I. andar via, dando un panino e una ciotola a Kat, che si fece cadere dalla sedia per bere e mangiare, quando il video s’interruppe Spencer, disse velocemente: “E’ sicuramente una donna Kat le ha dato del lei, e le ha chiesto la possibilità di uno scontro leale, giocando sul fatto che si sta annoiando e che cerca un’avversaria alla sua altezza, credo che lei abbia accettato, mi sono perso dei pezzi per colpa del passamontagna, ha detto mattina e ha parlato di patti violati.”
Sam disse allora: “Quindi domani mattina la sfiderà di nuovo senza picchiarla prima? Non abbiamo molto tempo! Katherine è molto debole e quella donna è molto armata. Vi aspettiamo ragazzi” disse chiudendo la comunicazione.
Hotch guardò Spencer e disse ”Reid sulla base dei rapimenti, dei ritrovamenti e dell’incidente di Katherine, che sapevamo diretta dal medico legale, fai un profilo geografico tenendo conto che è una donna.”
Spencer annui e si mise ad analizzare una cartina.
 
“Morgan, Prentiss e JJ raccogliete tutte le informazioni da Sam e dagli altri. Dobbiamo rifare il profilo alla luce del fatto che è una donna.” Proseguì Hotch che poi guardando verso David disse “Forse dovremmo chiamare Adam.”
David scosse la testa “E’ in Europa, non vorrei farlo preoccupare, se lo agito per niente poi Cate chi la sente?!” Sembrava distaccato, sembrava distante, sembrava che la sua nipotina avesse solo fatto tardi la sera.
Hotch annuì mentre si preparavano all’atterraggio.
 
Avevano lavorato tutta la notte, Spencer aveva delimitato l’area, stavano battendo tutti i magazzini in quella zona, lui era in macchina con Rawson ed Emily. Erano quasi le sei di mattina e non sapevano bene quando, ma quella donna stava per tornare dalla loro amica, quando il telefono di Mick squillò di nuovo
“E’ un collegamento a un video.”disse agitato l’agente inglese .
“Mandalo a Garcia vedi se riesce a trovare qualcosa.” Disse Emily.
“Apri quel collegamento.” Disse ancora Spencer
Mick avvicinò il telefono agli altri, sullo schermo quelle che sembravano essere immagini in diretta; la luce che filtrava dalle finestre era simile all’alba che stavano vedendo loro.
Si vedeva Kat che era stata slegata, e che cercava di sgranchirsi le gambe, si teneva però una mano sul fianco.
Il telefono di Emily squillò e lei mise in vivavoce “Perché si tiene il fianco?” diceva la voce preoccupata di Derek.
“Non si capisce” disse anche Beth
Spencer chiese allora ”Garcia, riesci a capirlo tu? Puoi allargare le immagini?”
“O mio Dio!!” la sentirono urlare
“Garcia che succede?” chiedeva Hotch che cominciava a perdere la calma.
“Vicino al soggetto ignoto, per terra, c’è uno stiletto; dal fianco Kat perde sangue, molto sangue, visto quanto velocemente si sta allargando quella macchia, aspettate parlano..  Kat si è tolta la camicia e se la sta legando sul fianco. Ragazzi sbrigatevi.”
Hotch disse ”A noi mancano due magazzini, voi?”
“Anche a noi” disse Derek.
“A noi manca l’ultimo, se è vuoto, raggiungiamo Derek.” Disse Spencer, la sua voce era ferma calma, se voleva riportarla a casa, doveva lavorare al meglio delle sue capacità.
 
Kat la sentì avvicinarsi, aveva riposato poco e niente, quando si chinò su di lei, sentì una lama slegarle i piedi, entrare nel suo fianco e poi slegarle le mani.
La vide andare dall’angolo opposto al suo e gettare per terra un piccolo pugnale.
“E’ questo il tuo combattimento onesto?” le urlò arrabbiata.
“Se non te la senti, ti rilego subito..” disse l’altra gelida, aveva abbandonato il passamontagna e si mostrava a viso scoperto, aveva i capelli neri e gli occhi verdi, era in qualche modo bella di una bellezza bestiale, selvaggia.
 “Non ho detto questo, è solo che ti piace vincere facile, non sei una vera lottatrice, sembri più una iena che si nutre delle carogne, sei capace solamente di goderti le prede di qualcun altro. Come quelle ragazze uccise, erano già vittime della droga o dei loro protettori, te sai prenderti solo gli avanzi.”
La ragazza come una furia si gettò su di lei, cercando di indirizzare i cazzotti al fianco ferito, Kat era preparata, si aspettava quella furia, riuscì a difendersi, anche a colpirla un paio di volte, ma mancava in potenza era troppo debole.
La ragazza urlò: “Tu non sai niente…Io ho dato loro la possibilità di essere migliori, di riprendersi la loro vita.”
Kat urlò: “Come? Denutrendole e picchiandole a morte? Chi ti ha fatto questo tua madre?”
“Tu non sai niente di me, io ho offerto loro solo una possibilità.” Disse la ragazza arrabbiata scagliandosi di nuovo contro di lei, questa volta riuscì a colpirla al fianco e Kat lanciò un urlo che squarciò il silenzio che le avvolgeva.
 
Spencer, Mick ed Emily erano appena scesi dalla macchina, stavano per entrare nel magazzino, pistola alla mano, quando sentirono un urlo, sembrava disumano, era dolore allo stato puro.
Mick disse subito: “Chiamate gli altri e un’ambulanza, poi dividiamoci e troviamola... Sono qui dentro da qualche parte.”
“Hotch l’abbiamo trovata, fa arrivare un’ambulanza.” Disse Emily concitata al telefono, mentre Spencer e Mick erano già entrati nel magazzino.
 
Kat era accasciata per terra, quel colpo le aveva spezzato il fiato, non capiva più niente, con la forza della disperazione si gettò su quella ragazza che stava ridendo sul suo dolore.
Non sentì più nulla, uno sparo riecheggiò nell’aria, e lei cadde sotto il peso del corpo della ragazza colpita.
Una voce la chiamava, conosceva quella voce, c’erano ansia e paura.
Mick l’aveva presa in braccio e la stava portando fuori di li, sentiva il rumore dell’ambulanza “Ci siamo quasi Kat, resta sveglia, resta con noi..” le diceva disperato.
“Mick. Io sono stanca...” disse con un filo di voce.
“Non chiudere gli occhi, resta con me.” le diceva con le lacrime agli occhi, maledicendo quel caso, quel magazzino, quella folle situazione.
“Dì a Spencer che mi dispiace.” Disse lei prima di chiudere gli occhi sfinita.
 
Gli altri erano arrivati, stavano scendendo dalla macchina, quando arrivò l’ambulanza, su tutto quel rumore di sirene, sentirono Mick gridare: “No!!!!”
Poi lo videro uscire con Katherine in braccio, che aveva la testa buttata all’indietro, non era cosciente, la caricò sull’ambulanza e si accasciò a terra mentre quella ripartiva.
Spencer si avvicinò a Mick, gli posò una mano sulla spalla, dicendogli solo “Andiamo in ospedale.”
Mick fissò il suo sguardo in quello del ragazzo, aveva gli occhi lucidi, sembrava vuoto e perso, seguendolo disse solo: “Mi ha detto di dirti che le dispiace.”
Una lacrima scese silenziosa sulla guancia di Spencer.
 
   
 
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