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Autore: CaskaLangley    28/01/2007    1 recensioni
Anche se è tornato finalmente a casa con i suoi amici, Sora non trova la pace che aveva dato per scontata. Forse anche la luce può essere troppa...? (Sora/Kairi) /Riku/Sora)
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kairi, Riku, Sora
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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Solitudini

Solitudini

Almeno adesso sapeva che quello che provava era reale.

Si era congedato da Kairi poco lontano dalla cascata. Era tardo pomeriggio e lo aveva invitato a casa sua a mangiare un po’ di cioccolato caldo con la frutta. Sora ovviamente era l’ultimo che si sarebbe tirato indietro, e così lei si era fatta prendere dall’entusiasmo e aveva pensato che poteva portare il fornellino al rifugio, così magari potevano mangiare tutti e tre insieme.

Sora aveva annuito, trattenendo dietro le labbra la tristezza.

Il cespuglio di fiori bianchi era ormai rado per il loro continuo avanti e indietro Kairi gli aveva detto che quando tentava di disegnarlo aveva consultato un libro a riguardo, e aveva così scoperto che il biancospino nel linguaggio dei fiori simboleggia la speranza.

Lei aveva trovato simbolico che ne avessero piantato così tanto proprio mentre lui e Riku erano da qualche parte nel mondo a fare gli eroi.

Sora trovava simbolico che il loro ritorno lo avesse ridotto così.

Quando varcò il passaggio venne messo all’erta da tremendi rumori di lotta. In un solo secondo passò in rassegna di tutto: Heartless, Nobody, Organizzazione, Malefica, persino Pietro. Corse dentro a perdifiato, con le mani che continuavano a posizionarsi in modo da far comparire il Keyblade e che si ritiravano frustrate quando niente succedeva.

Non c’era nessuno nel rifugio. Solo Riku.

Stava prendendo ancora a pugni la porta.

Sora lo chiamò, ma come poteva immaginare non servì a niente. Gli si avvicinò lentamente, come si sarebbe avvicinato ad un animale selvaggio con la zampa chiusa in una tagliola; il fatto che fosse in trappola non lo rendeva meno pericoloso, e certamente non lo rendeva più ragionevole.

"Riku…"

Nessuna risposta. Solo colpi.

Sora arrivò così vicino che il sangue gli schizzava in faccia. Lo faceva stare male. Era strano, perché da qualche tempo il dolore di Riku era il suo rifugio, il luogo dove poteva sguinzagliare il proprio e rimettergli la catena prima di tornare nel mondo reale. Adesso aveva solo una gran voglia di piangere.

Gli toccò una spalla con una mano, ma lui lo scacciò. Sora allora gli saltò sulla schiena, aggrappandosi con tutte le sue forze e gridando il suo nome come se potesse servire a farlo rinsavire, ma quando Riku lo disarcionò e lo buttò a terra, e continuò a sbattere le mani spellate contro la pietra, lui capì che non c’era niente da fare rinsavire.

Quello era Riku. Lo era sempre stato.

Davanti a questo, Sora era impotente.

Si rialzò in piedi e gridò l’unica cosa a cui era riuscito a pensare: "E’ chiusa!"

Riku continuava ad ignorarlo e a lui cominciava a tremare la voce di rabbia.

"Non puoi aprirla!"

"Sì che posso!" gli rispose finalmente.

"Nessuno può!"

Lo sentì quasi fare quel sorriso invasato e sensuale che aveva sempre quando era convinto di poter uccidere Dio, lo stesso con cui gli aveva teso la mano quando era sparito, inghiottito dalle ombre.

"E’ una di quelle maledette porte che si aprono desiderandolo, no? Col cuore e altre stronzate di questo genere."

Sora rispose amareggiato, perdendo per un attimo la voglia di fare qualcosa: "Sono quelle stronzate che ci hanno riportati a casa…"

"E le stesse stronzate mi riporteranno là."

Lui scosse forte la testa: "Riku, smettila! Kairi sta venendo qui, la spaventerai! Riku!"

"Può venire anche il Re, per quello che mi riguarda."

Sora si stava veramente arrabbiando. Si avvicinò di nuovo a lui, abbastanza da sentire l’aria che si tagliava sotto i suoi colpi, e tremando per il nervoso urlò: "Non puoi aprirla, mettitelo in quella testaccia, non puoi aprirla! Non puoi aprirla!"

Riku ringhiò solamente: "Vattene."

"Perché?!" gli afferrò disperatamente un braccio "Perché?!"

Riku cercò di toglierselo di dosso, ma lui era aggrappato così forte che dovette farlo sbattere contro al muro per fargli mollare la presa. Sora cadde sul pavimento con la testa e la schiena doloranti, ma si alzò immediatamente.

"Perché?!"

"Perché questo non è il mio posto!"

Sora sentì un tremendo dolore al cuore.

Avrebbe voluto non averglielo chiesto.

Lui lo sapeva il perché. Non avrebbe dovuto costringerlo a dirglielo.

Adesso era così vero che feriva come una lama.

"Non è vero! E’ questo il tuo posto! Ti sei solo convinto che non lo sia perché quello che hai passato là…"

Riku lo interruppe, fermandosi a riprendere fiato per un momento: "Non avrei dovuto seguirti. Avrei dovuto restare là."

Adesso Sora era veramente, veramente infuriato. Doveva solo trattenersi dal cavargli gli occhi e strappargli i capelli, e ringraziò di non poter usare la magia, altrimenti lo avrebbe carbonizzato seduta stante con un firaga. Era così arrabbiato che non riusciva nemmeno a gridare.

Gli disse a denti stretti: "Perché sei tornato, allora? Perché, stupido cretino!"

"Perché credevo che fosse quello che volevo. Ma mi sbagliavo."

"Beh, bell’errore, Riku! Lascia stare questa maledetta porta!"

In quel momento sentirono entrambi la voce preoccupata di Kairi, che distorta dall’eco nel passaggio chiedeva: "Ragazzi?"

Sora guardò Riku e lo scongiurò con gli occhi di smetterla, adesso. Lui picchiò una testata contro la porta e si fermò, con il corpo scosso dai tremiti. Sora avrebbe voluto toccarlo, ma quando allungò la mano capì che non sarebbe stato giusto, e la ritrasse.

Anche se di notte diventavano un unico cuore che batteva ad un ritmo indomabile e meraviglioso, di giorno erano lontani. E in quello, erano completamente soli.

"Che cosa state facendo?"

Kairi aveva una grande cesta di paglia tra le braccia.

Riku sibilò: "Vattene, per piacere."

"Riku!" Sora si girò verso di lei "Non dargli retta, è solo nervoso, tra un attimo…"

"Tra un attimo che cosa, Sora? Ci picchieremo? E poi? Vuoi far vedere a Kairi un bello spettacolo…?"

Sora lo bruciò con lo sguardo e indietreggiò, inquadrandolo finalmente per quello che era.

Un nemico.

"Vattene, allora…" disse tra i denti, poi alzò la voce "Vai, che cosa aspetti?!"

"Ti sembra che non ci stia provando?!"

"Vai?" s’intromise Kairi, e subito ripeté con un pigolio quasi isterico "Vai?"

Sora gridò, rivolto più a lui che non a lei, guardandolo con tanta rabbia che non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui aveva desiderato così che qualcuno sparisse, che qualcosa finisse.

"Riku se ne vuole andare! Ci vuole lasciare dopo tutto quello che abbiamo fatto per ritrovarci!"

Kairi cercò subito di avvicinarsi di corsa, ma Sora le sbarrò il passaggio trattenendola con un braccio. Lei gridò il nome di Riku, incredula. Sora aveva gli occhi che bruciavano di lacrime amare.

"Vai, torna nell’oscurità! Tornaci, Riku! Sei solo un vigliacco!"

A quel punto Riku avanzò verso di loro. Lui non si mosse e rimase a prendersi un pugno in faccia che lo fece crollare a terra. Anche Kairi, che si era tenuta al suo braccio, venne spinta via; per poco non cadde, mentre il cesto che teneva si sfracellò sul pavimento. Lei lo guardò, come se decidere di raccoglierlo o meno avrebbe significato decidere del loro futuro.

Sora si alzò e colpì Riku nello stomaco. Lui lo afferrò e gli diede una ginocchiata diretta sui reni. Sora s’inginocchiò a terra e Kairi si avvicinò per aiutarlo, ma si ritrasse quando vide che stava sanguinando dalla bocca.

"Io sarei il vigliacco?" gli chiese Riku, proiettandogli addosso la sua ombra fredda e slanciata.

Sora sputò e gli sorrise: "Sì, tu."

Riku gli diede un calcio in faccia. Kairi li supplicò di smetterla e cercò di buttarsi sul suo corpo per fargli da scudo, ma quando gli fu addosso Sora la spinse via e le gridò di starne fuori.

Non le aveva mai parlato così e sperava di non doverlo fare mai più.

Lei comunque non la prese bene e invece di spaventarsi gridò: "Devo sempre starne fuori! Non sapete fare altro che tenermi fuori!" si alzò in piedi e andò da Riku, che riempì di pugni nervosi sul petto "Devo sempre stare fuori da tutto! Che cosa vuol dire che te ne vuoi andare?! Riku!"

Lui la spinse via, abbastanza forte da farla cadere, ma non da farle del male. Sora controllò da lontano che stesse bene e si rivolse di nuovo a lui: "Sei un vigliacco!"

"Io sarei il vigliacco? Svegliati, Sora! Tu vuoi che resti per te! Vuoi che resti per dimostrare al mondo quanto sei stato bravo, quanto sei stato eroico! Vuoi che rimanga perché tu vuoi essere felice!"

"E anche se fosse?! Che cosa c’è di sbagliato in questo?! Che cosa c’è di male nel voler essere felici?! Io non sono come te, io voglio essere felice!"

"Tu non sei come me, Sora, è questo il problema! Tu vorresti che io fossi come te per non sentirti in colpa per quello che sono diventato! Perché quello che vedi in me ti fa paura! Ma il motivo per cui vieni qui ogni notte è perché muori dalla voglia di essere come me!"

Sora si sentì pugnalare alla gola.

Si alzò, senza sapere che cosa volesse fare. Gli si avvicinò, ma non provò a colpirlo. Riku lo guardò con disprezzo, prendendogli i capelli con una sensualità di cui solo lui poteva essere capace in un momento del genere, e gli disse compassionevole: "Tu non sei pronto per diventare come me."

Sora cercò di guardarlo negli occhi il più freddamente possibile.

"Io almeno ho il coraggio di provare ad essere felice."

"Nascondendoti qui con me…? Usandoci come feticci di quello che è stato? Bella idea di coraggio, Sora. Bella idea di felicità. Dopotutto, forse sei diventato un mostro esattamente come me…"

"Nessuno pensa che tu sia un mostro. E se anche qualcuno lo pensasse, quei qualcuno non siamo né io né Kairi. Tu lo pensi. Ti sei convinto di essere un mostro perché così è più facile credere di non meritare di essere felice, ma tu lo meriti!"

"Io non credo."

Sora non riuscì più a restare duro e il suo sguardo si sciolse.

"Perfetto. Vattene allora. Vai a fare il mostro da solo."

"Da solo è l’unico modo in cui mi aspetto di essere."

"Lo vedi? Lo vedi?!" si allontanò bruscamente, come se stargli vicino fosse diventato pericoloso per la sua incolumità "Riku Riku e solamente Riku! Per te esiste soltanto Riku! E’ sempre e solo Riku! Perché devi sempre fare così?! Perché devi sempre comportarti come se fossi solo?!"

"Perché lo sono."

"Grazie…" mormorò Kairi in un angolo. Riku era leggermente risentito, si vedeva, ma non disse niente. Questo a Sora fece ancora più male.

"Sei un idiota. Vai al diavolo. Vai a essere solo lontano da qui. Goditi il tuo egoismo, goditi il tuo tormento, e goditi anche la tua solitudine. Io forse non sarò rimasto nell’oscurità quanto te, e non pretendo di capire che cos’hai provato. Ma se quello che è stato là è più importante che essere di nuovo a casa con noi…allora vai. Fai come se non l’avessi mai combattuta e fatti inghiottire dall’oscurità una volta per tutte. Sei solo…sei solo un vigliacco."

"Tu non sai niente della solitudine."

Sora spalancò gli occhi.

"Io non so niente della solitudine?"

Riku non gli rispose. Lui gli afferrò la maglia, strattonandolo e alzando la voce: "Ti ho cercato per due anni! Per due anni! Credi che non mi sia mai sentito solo?! Credi che non sia stato orribilmente doloroso?!"

Riku sorrise amaramente: "Bighellonare in giro col mago pasticcione e il capitano dal cuore d’oro la definisci solitudine?"

"BIGHELLONARE?" ripeté Sora con un sorriso incredulo "BIGHELLONARE?"

"Bighellonare."

"Io ti stavo cercando! Stavo cercando te! E già che c’ero scusa tanto se ho dovuto fare anche quella cosetta di salvare il mondo!"

"E il custode del Keyblade ci ricorda le sue gesta…"

"Smettila! Smettila di farmi sembrare il cattivo, smettila di farmi sembrare quello che si prendeva la gloria mentre tu soffrivi! Io volevo solamente trovarti! Volevo solamente ritornare a casa! Io ero solo esattamente quanto te, e se non ci credi allora sei tu che non sai niente della solitudine!"

Riku stava per parlare, ma la voce di Kairi li immobilizzò entrambi.

"Basta, adesso smettetela, tutti e due!"

Sora ritornò lentamente in se. La guardò, poi guardò Riku, e andò da lei. Provò ad avvicinarsi, e forse ad accarezzarle una spalla, ma lei si strinse forte il cesto al petto e si allontanò, fissandolo con una mancanza di fiducia che lo distrusse.

I suoi bellissimi occhi azzurri erano pieni di lacrime amare, e di una delusione così cocente e feroce che faceva più male di tutti i lividi che aveva sul corpo.

Sora provò a scusarsi, ma si fermò di nuovo quando lei alzò di nuovo la voce rotta dal pianto.

"Siete voi che non capite niente, la solitudine non è brandire uno stupido Keyblade!"

Buttò a terra il cestino e li guardò con disprezzo, mentre piangeva. Sapeva essere così forte e così fragile insieme…loro due non lo avevano mai imparato.

"Mi avete tagliata fuori da tutto! Sono rimasta qui ad aspettarvi! Sono venuta a cercarvi, vi ho ritrovati, e per che cosa?! Per questo?!" diede un calcio al cestino, che si aprì, rovesciando a terra due frutti di Paopu "Allora andatevene! Siete solo dei macellai! Andatevene tutti e due! Tornatevene ai vostri viaggi, tornatevene alle vostre avventure, alle vostre missioni e alla vostra oscurità! Andate a fare gli eroi! Andate a spaccare teste con le vostre chiavi giganti e sparite per sempre dalla mia vita!"

Aveva gridato con così tanta voce che il suo pianto era diventato muto. Ma Kairi era così, non lasciava mai che le lacrime si mettessero tra lei e quello che voleva dire. Non sapeva piangere per ricatto, né per risolvere i problemi, anche se in quel momento sarebbe stata la cosa più facile per tutti.

Invece di aspettare che la compassione stemperasse gli animi, tirò su col naso un’ultima volta e se ne andò. Non di corsa, ma con un passo svelto, e dignitoso…da vera principessa.

Sora si sentì come se non avesse mai capito niente.

Come se niente di tutto quello che aveva fatto fosse stato giusto.

…come aveva potuto credere che Kairi non capisse…?

Si rendeva conto solo in quel momento che non solo lei aveva capito, aveva capito tutto quanto, ma che li aveva anche perdonati. Ogni singolo giorno, da quando erano tornati, lei li aveva perdonati.

Aveva perdonato le loro stranezze, i loro silenzi, il loro ostinato chiudersi dentro una noce di ricordi, rimpiangendo cose che non avrebbero meritato di essere rimpiante.

Li aveva sempre perdonati, e avrebbe continuato a perdonarli se solo loro avessero provato a fare qualcosa per uscirne, se non avessero permesso che quello che avevano sempre sognato infine distruggesse le loro vite.

…ma loro non avevano capito niente…

Erano soli, adesso, con la loro ridicola insensibilità.

Sora poteva anche maneggiare due Keyblade contemporaneamente, ma il cuore di Kairi…quello lo aveva fatto cadere così stupidamente. Proprio lui, che lo aveva addirittura tenuto dentro di se…

La prima cosa che riuscì a dire fu solo "guarda cos’hai fatto" rivolto a Riku, che si guardava le mani sanguinanti.

Lui gli rispose dopo un po’: "…uno come me può fare solo questo genere di cose…"

Allora Sora si avvicinò lentamente.

Gli prese le mani e se le avvolse nella maglietta, il più delicatamente possibile, per non fargli più male del necessario. Lo guardò con una rabbia triste e sconsolata, piena di amore.

"Sei uno stupido…"

Gli prese una mano e se la posò sulla guancia. Sentiva il suo sangue appiccicoso e caldo.

"Sei uno stupido…"

Si sforzò di non lasciare andare la tensione tutta insieme e scoppiare a piangere. L’aveva già fatto una volta, e non era stata la migliore delle sue dimostrazioni di coraggio.

"Sei uno stupido…"

Riku gli sussurrò dolcemente: "Lo so…"

Sora appoggiò la fronte contro il suo petto e si riempì i polmoni del suo profumo.

Non sentiva solo l’odore della battaglia, adesso. Riku profumava anche di sale e di onde del mare. Di lunghe corse sulla spiaggia e del Paopu dolcissimo riscaldato dal sole.

All’improvviso era come se le scintille del Keyblade si fossero spente, e lui poteva finalmente guardarsi intorno con estrema chiarezza.

Erano ritornati a casa.

Lo abbracciò con trasporto, e una triste, nostalgica dolcezza. Quando alzò gli occhi, lui gli sorrise come se si fossero appena ritrovati.

Sora strinse un lembo della sua maglia tra le mani e si allontanò.

"…dobbiamo trovare Kairi."

Riku annuì.

Uscirono insieme dal rifugio e Kairi era lì. Davanti alla cascata, con le ginocchia rannicchiate al petto, in mezzo ai biancospini come un animaletto in cerca di rifugio dalla pioggia.

Sora si avvicinò, timoroso di farle male anche solo così. Cercò di pulirsi la guancia dal sangue di Riku per non turbarla, ma poi capì che quella era la cosa più bella che potesse mostrarle. Si inginocchiò davanti a lei e le accarezzò i capelli. Appena si mosse, lei si buttò tra le sue braccia e gli disse che era uno stupido. Lui guardò Riku, poi sorrise, stringendo la sua vita sottilissima "Lo so…"

Aspettò un attimo che si calmasse, ma come sempre era lui il più scosso di tutti.

"…credevamo che te ne fossi andata…"

Lei sorrise, rilassata: "Stavo aspettando che veniste a cercarmi. E infatti siete venuti…"

"Certo che siamo venuti…"

Sora sentì alle sua spalle Riku che si faceva spazio tra i rami, e vide la sua ombra che tornava nel rifugio. Gli dispiaceva, ma aveva altre priorità al momento.

Fu invece Kairi che, sorprendendolo ancora una volta, si buttò a terra come un giocatore di baseball, e gli si aggrappò alla gamba. Riku sobbalzò spaventato. Aveva fatto sobbalzare Riku! Il poveretto non sapeva cosa fare, e siccome solo facendo un passo l’aveva strisciata di mezzo metro si era subito chinato a soccorrerla, riempiendola di domande su come stesse e ripetendole che era una scema, non ci si butta in mezzo ai piedi della gente, specialmente di quella alta il triplo di te. Sora rise allegramente, guardandoli.

Kairi si mise a sedere da sola, come una bambina orgogliosa. Aveva le ginocchia sbucciate.

"Non te ne andare" gli disse, a metà strada tra una supplica e un ordine. Lui fece per rispondere, ma lei glielo impedì: "Non te ne andare!"

Sora ne approfittò e si inginocchiò accanto a lei.

"Smettila di fare l’idiota, il tuo posto è qui con noi!"

"Lo è sempre stato e lo sarà sempre!"

"Anche se sei odioso!"

Kairi rise, e rise anche Riku.

Sora non sapeva quale dei due avesse la risata più bella, ma a lui sembrava che avessero entrambi la più stupenda risata di tutto il mondo. Quando ridevano insieme, poi, era come svegliarsi bene alla mattina.

Era essere completo.

Per fortuna, nessuno gli avrebbe mai chiesto di scegliere una sola di quelle risate.

Riku chiuse gli occhi e sospirò: "Quanto siete insistenti. Dovevo buttarvi in mare quando ero ancora in tempo…"

Kairi lo abbracciò, poi afferrò Sora e lo costrinse ad un abbraccio di gruppo. Lui sul subito pensò di dover dire qualcosa per sdrammatizzare, ed essere così all’altezza di Riku che sicuramente avrebbe fatto il superiore. Invece lui se lo strinse al petto, senza nessuna esitazione. Li strinse entrambi.

Il profumo dei fiori legava dolcemente l’odore eccitante della sua pelle e quello vanigliato dei capelli di Kairi, e Sora capì che non c’era niente che potesse o dovesse fare.

Essere se stesso, in quel momento, era in assoluto la fortuna più grande che la vita gli avesse concesso.

  
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