Too weird- Think twice!
A quelli che pensano a qualcosa
solo una volta,
perché una seconda potrebbe cambiare tutto.
Niente problemi.
Sono già passati tre giorni che nessuno,
sott’ordine di Clara, fila di striscio Marina.
Sono tre giorni che quest’ultima non combina alcun
guaio.
“Strano.” Pensò Delia
mentre metteva nero su bianco queste parole sul suo diario segreto.
E’ davvero strano, caro diario. Sai, credevo che ci
avesse torturato con riti satanici, magari anche incatenate a letto con le sue
tipiche manette ricoperte di piume rosa e addirittura buttato le chiavi nel
cess...
La ragazza sfregò più
volte la penna tra le mani per farla ritornare a scrivere.
«Penna di mierda. Scrivi!»
Ma quella non ne voleva sapere proprio niente, così la mora si alzò con
disgusto per buttare la penna.
«Inchiostro da due soldi...» e poi si accorse di un pezzetto di carta arrotolato
vicino al cestino.
«Ma come minchia puliscono
qui?»
La frase non si leggeva
bene a causa delle cancellature, ma dopo alcuni tentativi riconobbe una grafia
familiare: 11.
Realizzazione dei sogni.
Restò per circa dieci minuti a capire il senso
della frase poi il criceto che c’era nella sua testolina iniziò a camminare
nella ruota. Gli occhi di Delia si sgranarono a dismisura, tanto da superare Claudio Pinto che riusciva
a cacciarli fuori di quattro centimetri.
La
ragazza rabbrividì al pensiero, sia per Claudio sia per Marina.
Non
aveva ideato quella lista per incasinarsi la vita, ma perché aveva un
sogno.
«Cari cricetini che popolate l’intelletto, vi prego
trovatemi qualcuno più squilibrato di Marina e vi giuro che smetterò di
scrivere cose idiote sul diario.»
«Tu sei più pazza di lei perché hai intenzione di
sostenerla.»
«Cavolini, stavolta avete vinto voi..»
Marina
aveva un sogno.
**********
Un’ora
dopo.
«Ho un sogno.» mormorò
Marina ad occhi chiusi.
Li aprì un poco, giusto
per accertarsi che la rossa fosse ancora in bagno e che nessuno la stesse sentendo.
«Ho un sogno!» ripeté «Dio.»
Poi guardò il comodino.
«Dio, vorrei che riuscissi a prendere la benedetta, protetta
e santificata fotografia che si trova in quello sconsacrato pezzo di pelle
senza che la ragazza rossa nel bagno mi squarti la mano. Perciò assistimi, Amen.» Si fece il segno della croce e partì
all’attacco.
Erano tre giorni che spiava
il receptionist. Si era addirittura scritta il suo orario quotidiano e aveva
scoperto che alle 17:30 l’addetto al benvenuto dei clienti faceva il suo
riposino giornaliero. Quella era l’ora in cui avrebbe preso di nascosto il
registro delle prenotazioni e avrebbe controllato l’orario d’arrivo delle
ballerine nell’hotel, ma per farlo aveva bisogno i loro nomi.
E questi erano scritti
sulla fotografia che si trovava nella borsa di Clara.
Marisa si lasciò
trasportare dalla sua piccola risata malefica.
Bene, circolava una voce
da un po’ di anni a quella parte: chiunque avesse toccato la borsetta della
rossa, si sarebbe trovato con gli arti falciati e sminuzzati.
Dopo aver esitato, Marina affondò le mani in quel labirinto di pelle.
Trovò dei fazzoletti,
chiavi, penna, portafoglio, auricolari, carta
d’identità e un foglietto.
Lo afferrò e lo aprì.
Sinceramente si aspettava
la fotografia.
Trovò un esplicito
richiamo amoroso, di quelli rivoltanti e pieni di cuoricini inchiostrati.
Su ogni rigo c’era un
nome, peccato che il nome era lo stesso.
“Giovanni”.
«Ohhh, non credevo fosse
serio.»
Gli ultimi riportavano
anche degli appellativi alquanto stomachevoli:
“Giò, Ni, Van, John”.
Marina ormai scandalizzata
ripiegò il foglio e lo rimise al suo posto.
«Mai innamorarsi così...»
Frugò ancora, trovando
degli occhiali da sole, cavo USB, miliardi di forcine, fondotinta e... per poco
la mora non si tagliava la mano, c’era un coltello.
Due coltelli.
Ecco il perché delle voci
sugli arti tattili troncati.
Subito dopo si rivelò la
fotografia. Eccole lì, tutte e cinque insieme sorridenti e
carine.
Ammiccavano alla fotocamera fiere e felici per il nuovo tour, ignare che
invece sarebbero finite in mezzo alla strada oppure a Seoul, Shangai, San
Salvador, Seattle.
Qualsiasi città che iniziasse
con la “S” andava bene.
Uscì dalla camera e si
avviò alla hall; finalmente avrebbe scoperto qualcosa alle 17:30.
Indossò il suo cappello
per non farsi riconoscere, casomai ci fossero delle videocamere di sorveglianza
e si accomodò sulla poltrona di fronte al bancone, nonostante mancasse mezz’ora
per procedere.
Mezz’ora dopo.
Il receptionist si era
appena addormentato e Marina era subito saltata via dal comodo sofà.
Prese il registro delle
prenotazioni dal secondo scaffale della piccola libreria a destra e iniziò a
sfogliarlo.
Sudore freddo, troppa
adrenalina.
Con la mano sinistra
teneva il libro e con la destra svoltava le pagine del mese di Aprile.
Eccole lì, cinque
prenotazioni a nome della società S.A.M.
Avevano preso due camere
al terzo piano: la numero 61 e 62. La data di arrivo
era prevista per il 16 Aprile alle 17:20.
“Dieci minuti fa” pensò
Marina.
Si guardò intorno
chiedendosi che fine avessero fatto le ballerine, quando all’improvviso sentì
delle voci provenire dall’entrata dell’hotel. Voci straniere.
Non poté far altro che
chiudere rumorosamente il registro e buttarlo in un angolino.
Non poté far altro che
stamparsi un sorriso sul volto per accogliere i nuovi clienti.
*********
Clara uscì dal bagno
ancora in accappatoio e si gettò letteralmente sul letto. Si mise a sedere e avvolse
in un asciugamani i suoi capelli bagnati.
Poi indossò la biancheria,
una maglietta extra-large e dei jeans da cui tasca anteriore fuoriusciva un
bigliettino. Quello che conteneva il piano.
Si ritrovò a fissarlo per
la decima volta.
Punto uno: Convincere le
altre.
Non c’era riuscita. O
meglio, non aveva persuaso la rossa.
Ma le altre? Erano già
cadute in tentazione?
La ragazza si morse un
labbro talmente forte, che le uscì del sangue e alcune gocce bagnarono il
foglietto.
Mentre le stava asciugando
si accorse del secondo punto: Registro delle prenotazioni.
«Oh cazzo!» imprecò ad
alta voce e corse verso la hall senza avvertire le altre.
Quando arrivò era già
troppo tardi. Per poco non scivolava di fianco alle cinque ragazze che stavano
parlando con Marina dietro il bancone.
Oh. Un attimo.
Cinque ragazze stavano
parlando con Marina? Quest’ultima era dietro al bancone?
E aveva appena dato loro
un paio di chiavi?
«Piccola bastarda.»
borbottò Clara aggiustandosi il “turbante”. Avrebbe tanto voluto scioglierlo
lentamente davanti alla sua amica e mostrarle il Voldemort che c’era dietro la
sua nuca, stile professor Raptor.
Si sedette sul divano di fronte
al loro, facendo finta di leggere una rivista.
Intanto le cinque ragazze
che stavano parlando con la sua amica la ringraziarono e si incamminarono verso
di lei.
Tutte le lanciarono uno
sguardo insospettito.
«Solo perché ho un
turbante, non significa che io sia squilibrata.» fremé Clara guardandole mentre
si dirigevano verso l’ascensore.
Poi gettò uno sguardo a
Marina.
«Ti mozzo la testa.» le
mimò con le labbra, passandosi un dito sulla gola.
Intanto dall’ascensore vennero
fuori Delia, Stella e Aurora pronte per la passeggiata pomeridiana.
Quando videro le cinque
ragazze, si squadrarono a vicenda.
Delia stava per attaccarle
ad un tram diretto ad Atlantica quando una di quelle, per passare, con un gesto
secco quasi non la scaraventava per l’aria.
Quando le inglesi salirono
in ascensore, Marina raggiunse le sue amiche.
«Simpatiche le ballerine!»
esclamò come se non fosse niente.
«Aspettate!» ordinò Stella
dirigendosi al bar dell’hotel. Ritornata dalle amiche sputò l’acqua che aveva
appena comprato in viso alla riccia «Scusami era mio dovere farlo.»
«Che hai da dire in tua
discolpa?» incominciò la rossa portandosi le mani sui fianchi «Ti do cinque
minuti!»
«Che ne dici se ne
parliamo sopra?» cercò di rimediare Marina.
*********
«Farsi passare per la
receptionist?!» urlò di nuovo Clara «Io ti uccido.»
Stavano discutendo da mezz’ora
e la passeggiata era saltata.
«Lo sai come l’ho
scoperto?» continuò la rossa con gli occhi iniettati di sangue. «Grazie a
questo!» le urlò contro, mentre gli sbatteva il foglietto col piano
davanti agli occhi.
«Oh.» mormorò Marina con
sguardo indifferente.
«Oh? Oh, te la faccio pagare io!»
concluse ritirandosi in bagno.
Delia subito la raggiunse,
trovandola con le mani poggiate al lavandino e la testa bassa.
«Clara?» domandò come per
aver permesso di parlare.
«Uhm.»
«Volevo solo farti vedere
una cosa.» le disse mostrandogli il foglietto con il punto 11.
«Ha un sogno.» mormorò.
Clara non rispose.
Lo fissò a lungo, prima di
prenderlo.
«Pensaci di nuovo. La seconda volta non fa mai male.»
Clara fece scivolare il
foglietto in tasca, accanto a quello da cui era stato strappato.
PLeAse Read in this diRection
(Y) ->
Ehi, rieccoci con il terzo
capitolo PIPPOL! Vorrei innanzitutto ringraziare per le 7 recensioni. Grazie
mille, quando ne ricevo una sono tipo *o*, quindi se
volete lasciarne una anche a questo capitolo ne sarei davveeeeeeeeero
grata.
Allora voglio dare una saluto speciale ad Em__Weasley e Roxy
blue, le mie mogliettine LOL
Queste sono le ballerine:
"Caroline", "Amily",
"Carrie",
"Dianna",
"Mia".
Se qualcuno
vuole aggiungermi questi sono i miei contatti:
We're Directioners, Oh Yeah ϟ Profilo Facebook Twittah
Al prossimo capitolo genteeeeeeee! :3
#KeepDoingAMess