Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Kisuke94    13/07/2012    3 recensioni
Ecco a voi un'altra storia originale, scritta dal sottoscritto. Alcuni argomenti trattati in essa sono un pochetto maturi, ma non mancheranno le risate, tranquilli. La storia vuole essere più reale possibile, nonostante sia fantasy, come, per esempio, in location, dialoghi e personaggi. Ora vi chiederete qual'è l'elemento fantasy, leggete e scopritelo ;)
Cosa succederebbe se a quattro ragazzi come tanti venissero dati dei poteri "Apocalittici"? Leggete e vedrete ;)
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

II CAPITOLO

Era una calda domenica estiva, tutti erano in fermento. C’erano auto in ogni via, pronte a partire per le mete balneari. Chi invece aveva deciso di restare in città anche per le vacanze estive, si barricava in casa, coi condizionatori perennemente accesi, per sopperire al caldo eccessivo di quei giorni. Si, perché quel caldo non si poteva sopportare.
I più anziani, che ne soffrivano maggiormente, erano ormai assistiti abitualmente all’Ospedale principale di Osaka, ma quella mattina tra anziani e malati, vi era anche un ragazzo giovane, reduce da un incidente  che gli sarebbe costato la vita.
Era stato ricoverato in una camera singola, per non creare problemi con le persone più anziane, abituate ad orari ben diversi di un giovane, anche se la situazione al momento non creava problemi. La camera era decisamente piccola, composta da un letto, posto vicino al finestrone che donava molta luce e dava sul parco interno dell’ospedale, un comodino sul quale erano poggiati dei fiori, sul lato superiore, e alcuni effetti personali sul ripiano inferiore. Vi era inoltre una tv appesa alla parete, e subito sotto di essa una scrivania con una poltroncina su cui poteva soggiornare un parente del ricoverato. Sul comodino, c’era anche una radiosveglia, che iniziò improvvisamente a lampeggiare.


«Buongiorno e ben ritrovati amici che ci seguite da casa, qui è il vostro Akihito che vi parla.» 
«Insieme a lui ci sono anche io, Seguro»
«Stanchi di questo caldo torrido?»
«Ci siamo noi a rinfrescarvi con nuove news e con aggiornamenti meteo, che sfortunatamente non segnalano miglioramenti di temperatura, almeno fino a giovedì!»
«Sentito? Giovedì questo tempo ci darà una tregua.»
«Akihito, amici, ho una notizia scoop. Avete notato tutti il sole che ha colpito il Giappone tre giorni fa, non è così? Bene, ciò che forse non sapete, è che ha causato non pochi problemi alle telecomunicazioni. Si dice in giro, che il sole stia per collassare!»
«Non date retta a questo stupido di Seguro. Deve sempre fare lo sciocco. No, la verità è che gli scienziati hanno saputo spiegare le cause solo in parte, attribuendo le ragioni di questo fenomeno a--»

-Diamine spegnete questo affare!- disse Shin’ichi, voltandosi ancora stonato verso la sorgente di quel suono fastidioso.
-Ti sei svegliato. Mi hai fatto prendere uno spavento!- rispose la sorella, Naoko Kobayashi, facendo ciò che il fratello, poco prima, gli aveva chiesto. Era una ragazza di appena ventitré anni, solita portare i capelli legati, e sempre a disposizione del fratello minore. I genitori erano fuori, quindi si sentiva tutta la responsabilità sulle spalle, non li aveva informati dell’accaduto, naturalmente, per evitare ulteriori allarmismi.
-Ma cosa mi è successo? Perché mi trovo in ospedale? E perché ho tutte queste fasce in testa?- domandò a raffica il ragazzo, toccando le fasce, per poi alzarsi leggermente in posizione retta, aiutandosi con le braccia.
-Non fare sforzi eccessivi!- disse Naoko, alzandosi dalla poltroncina, tendendo le mani al fratello per aiutarlo a sedersi bene. Il suo volto era turbato, un pensiero continuo balenava nella sua mente, e non riusciva a rimuoverlo.
-In verità, non ho idea di cosa ti sia accaduto- rispose la ragazza, portando i capelli dietro al lobo destro mentre tornava a sedere. Il silenzio che seguì quella frase fu carico di tensione. Non sapeva come dirglielo, ne tantomeno spiegarlo. Da giorni stava preparando il modo migliore per informare il fratello di quanto era accaduto due notti prima, ma trovarsi nella situazione, con due occhi come i suoi ad opprimere la flebile sicurezza della giovane, non era proprio la stessa cosa. Intanto lui era li, seduto, impaziente di sentirsi dire dalla sorella cosa era successo, dato che la sua memoria dell’accadutovacillava, lo sguardo era insistente, e l’attesa non era un suo punto forte. Ma da dove iniziare! Come poteva dire al fratello ciò che nemmeno i medici si potevano spiegare, come manifestare a parole ciò che aveva provato quella notte, non era facile, spiegargli la paura e il timore di aver perso ciò di cui più caro aveva; Attese pochi minuti e, con le lacrime agli occhi, iniziò il racconto.
-Avevo sentito che eri tornato, che salivi le scale fuori casa, ma all’improvviso…- la ragazza chinò di scatto il capo, lasciandosi coprire il volto dalla frangia, per nascondere gli occhi infiammati, pieni di lacrime, che caddero ininterrottamente sulle sue mani poggiate, l’una sull’altra, in grembo.
-All’improvviso ho udito un rumore secco e violento. Scesi di corsa a vedere se tutto era apposto e..- -..e ti ho ritrovato steso a terra, in un lago di sangue, senza- l’ultima frase pronunciata, fu sentita da tutto il piano dell’ospedale, il suo grido di dolore aveva turbato tutti, persino Shin che, vedendola, iniziò a tremare tutto.
-Quando è arrivata l’ambulanza, davanti agli occhi stupiti del medico e dei suoi assistenti, inspiegabilmente, le ferite che avevi dietro alla testa si sono rimarginate. Capisci, proprio sotto i loro occhi!- continuò, cercando di asciugarsi le lacrime con la mano destra. Era spaventata e aveva le pupille dilatate, tremava incondizionatamente, i suoi sentimenti non li poteva certo nascondere. Il ricordo di quella notte, non la faceva dormire da giorni ormai, non era certo pronta ad una scena simile, a tanto sangue, e a tale miracolo.
-La ferita. Rimarginata.- ripeté Shin, portando le mani dietro la testa, turbato alquanto, da ciò che la sorella gli aveva riferito.
-Ad ogni modo, sono felice che ti sei risvegliato. Sono tre giorni che dormi senza mangiare nè bere!- aggiunse ancora la sorella, di nuovo calma e rilassata.
-Non lo avrai mica detto a mamma e papà?- domandò, voltandosi verso la sorella con sguardo tesissimo, con le mani contratte davanti al petto.
-Certo che no! Sai cosa mi avrebbero fatto?. Per fortuna, essendo maggiorenne i dottori si sono accontentati della mia tutela. Anche se mi hanno detto che una diagnosi come la tua non l’avevano mai vista, e che avrei comunque dovuto avvertire i nostri familiari.- rispose prontamente Naoko, alzandosi nuovamente dalla poltrona, con un balzo.
-Quando ce ne potremmo andare?- domandò in fine Shin, fissando le coperte del suo letto.
-Anche subito. Dato che la ferita si è rimarginata da sola, aspettavamo il tuo risveglio per le ultime analisi- rispose ancora la ragazza, voltando solo il capo. Nel corridoio appena fuori la stanza, gli infermieri andavano avanti e indietro, frettolosamente. Trovato il medico che stava assistendo Shin, lo informò del suo risveglio. Gli ultimi accertamenti durarono più del previsto, ma ciò che stupiva di più i medici, erano gli esiti più che positivi che ogni esame dava.
-Bé, posso dire che stai più che bene, giovanotto. Gli esami sono ottimi, così come la salute, e la cicatrice non si vede nemmeno più. Sei sano come un pesce!- disse il medico, dando due pacche sulla spalla destra di Shin.
-Potrebbe evitare di trattarmi come un ragazzo problematico?- rispose Shin, volgendosi verso il dottore con uno sguardo assassino.
-Non mi ricordo cosa è successo quella notte, ma stia pur certo che è difficile mettermi a terra, e con quella ferita per giunta!- esclamò poi, peccando di superbia, mentre il medico, stupito da cotanta energia, allontanò lento la mano dalla sua spalla, quasi spaventato da quel ragazzo, di molti anni più piccolo di lui.
-Deve scusarlo, non è abituato a trattare coi medici. Grazie mille per l’aiuto!!- intervenne subito la sorella, prendendolo per le spalle e spingendolo fuori dall’ospedale, per evitare ulteriori figure da parte del fratello.
Raggiunsero l’auto nel parcheggio, l’ospedale si trovava dall’altro lato della città quindi il viaggio sarebbe stato lungo, e il caldo era insopportabile. Sfortunatamente, né l’aria condizionata né lo stereo erano funzionanti nell’auto della sorella, ciò portò ad un silenzio quasi imbarazzante, accentuato ad ogni semaforo rosso, che dilatava ancor di più i tempi di percorrenza. All’ennesimo semaforo però, quel silenzio fu bruscamente interrotto da una domanda, aspettata da Shin, circa ciò che accadde la notte in cui perse i sensi. Inutilmente Shin cercò di ricordare, tutto si interrompeva a quando lasciò l’amica Izumi alla fermata del pullman.
-Ma com’è possibile?- domandò la sorella, stringendo forte il manubrio, con le braccia tese su di esso.
-Ti ripeto, ho un blackout, non ricordo veramente cosa è accaduto dopo.- rispose Shin, guardando dal finestrino una bambina che lo stava salutando. Vedendo, però, che il giovane non ricambiava, la bambina, che portava i capelli rilegati in due file da nastrini rossi, iniziò a piangere.
-Per favore, chiudiamo qui questa storia?- chiese poi il ragazzo, leggermente irritato, per le eccessive domande della sorella e per la ragazzina che continuava a piangere, nonché per il semaforo che tardava a scattare.
-Ma tu mi dai risposte così vaghe. Come vuoi che ti aiuti a capire cosa ti è accaduto?- reclamò Naoko, alzando la voce, voltandosi di scatto verso il fratello. Era lei, in primis, a volersi lasciare la storia alle spalle, ma voleva capire cosa era successo al fratello, si preoccupava per lui, ma questi non lo capiva.
-Non ho alcun interesse a capire cosa mi sia successo, come te lo devo dire!- rispose Shin, urlando più della sorella, che spaventata inserì la marcia, pronta a ripartire, senza proferir altro.
In quel momento, il semaforo si fece verde, le auto iniziarono a bussare, quella nera che stava a fianco a loro, dove la piccolina piangeva, partì di corsa. Shin seguì con lo sguardo l’auto, che, arrivata al centro dell’incrocio, fu investita da un camion pesante in piena corsa. Istintivamente Shin scesa dalla vettura della sorella per prestare soccorso, ma non c’era nulla da fare, lo spettacolo era terrificante, di quella jeep non si riconosceva neppure la targa, gli airbag erano aperti, ma i corpi delle vittime erano esanime. Il conducente, aveva la testa traforata da una lamina staccatasi dal telaio del camion, sul lato passeggero, dove si trovava la madre della piccola, l’airbag non aveva funzionato correttamente, soffocando la giovane madre all’interno del cuscino non pienamente gonfiato. Il sangue sgorgava a fiumi, così come la benzina dei due mezzi. Anche il conducente del camion era senza vita, aveva effettuato un volo di senti metri, e si era schiantato di fronte al vetro della fermata degli autobus. La piccola, spaventata e ferita ad entrambe le gambe,  si era salvata, ma le fiamme che avvolgevano i mezzi erano altissime e non diedero tempo a Shin di avvicinarsi. Il ragazzo fu costretto ad assistere all’agonia della bimba, sofferente e sanguinante, finché un’esplosione non le tolse la vita.
 
«Risponde la segreteria telefonica di Aaron Van Ho- e di Yumi. Ahah. Ehi, fammi finire. Non posso rispondere al momento, lasciate un messaggio dopo il beep.»                                                                                                                                    «Beep!»
«Aaron, sono Rieko. Che fine hai fatto, a scuola non vieni da giorni, non ti vedo da quando ti ho lasciato al molo. Mi dispiace se ti ho lasciato così, non mi far stare in pensiero. Richiama appena ascolti questo messaggio»
«Non ci sono ulteriori messaggi»

-Ah! Che dolore. Tre giorni eh!- Disse Aaron, barcollante, mentre si dirigeva verso il frigorifero, per prendere un succo. Appena alzato, sentiva una fitta la petto che non lo lasciava andare. Anche lui era rimasto per giorni a letto, e il suo corpo ne aveva, in qualche modo, risentito. Sistematosi, uscì di casa, con un wafer ancora tra i denti, e aperta la porta, vide la sua compagna che era in procinto di bussare il campanello.
-Sei opprimente, te lo devo!- disse, stringendo ancora il biscotto tra i denti, quello era il suo “buongiorno” all’amica. Mise le mani nelle tasche del pantalone, lungo fino alle ginocchia, e scese i quattro gradini che lo dividevano dalla ragazza. Fermatosi a pochi centimetri da lei, butto giù il boccone e, alzandole il volto con la mano destra, gli diede un bacio sulla fronte, per scusarsi del suo comportamento di quei giorni. Rieko arrossì al’istante restando immobile, mantenendo con entrambe le mani la valigetta scolastica, infatti, era appena uscita dall’istituto, avendo ancora l’uniforme della scuola.
-Non dovevi, sai che è mia abitudine sparire per un po’!- riprese Aaron, facendo cenno con la testa di uscire dal vialetto di casa.
-E tu sai che sono sempre in pensiero per te- rispose lei, sorridente e solare più che mai. La giovane non faceva altro che tornare a quell’istante, a quando le labbra di Aaron si sono posate sulla sua fronte. Difficilmente accadeva, ma è in quei momenti di dolcezza che il suo cuore era catturato dal ragazzo. Ormai era partita, stava fantasticando con la mente ad un possibile matrimonio, e Aaron se ne accorse.
-Oh guarda, un market!- disse il ragazzo strizzando un occhio, mentre indicava il negozietto di alimentari all’angolo. Era riuscito a distogliere la ragazza da quelle fantasticherie, così entrarono e comprarono un pacco di biscotti, di cui Aaron ne era ghiotto. Pagò lui e, prima di uscire, salutò la commessa. Non l’aveva mai fatto, e questa cosa Rieco l’aveva notata.
-Quanto detesto fingere, ora mi è accollata un’altra seccatura.- disse Aaron tra sé e sé, tornando per un attimo, quello di sempre. Rieko, che felicemente sorrideva, voltatasi in quel preciso istante, se ne accorse, e un brivido la percosse, ma non gli diede peso, era felice così, preoccuparsi ulteriormente avrebbe rovinato l’atmosfera che si era appena creata.
-Qualcosa ti turba?- domandò comunque. In verità quella turbata era lei. Sfortunatamente, tirandole una guancia, Aaron rispose di non preoccuparsi, ottenendo, come ci si potrebbe aspettare, l’effetto opposto. Per quanto lei non ci volesse dar peso, sapeva che qualcosa non quadrava in tutta quella situazione. Continuarono a passeggiare, e raggiunto un parco, si fermarono a giocare, tornando con la mente a quando erano piccoli, quando andavano lì a divertirsi con gli altri compagni. Le scenette che ogni volta rallegravano le loro giornate, misero di buon umore Rieko, che ricordava ancora di come Aaron la difendesse sempre, mostrando l’affetto che col tempo sembrava svanito. Lui non era sempre stato scontroso, era gentile, una volta. Mentre il sole tramontava, si sedettero sull’altalena, uno di fronte all’altra, Aaron poggiò la testa contro la catena, e ripensava a quando su quella sabbia ci giocava con tutta la famiglia, e con la persona che ha sempre amato.
-Vuoi che torniamo a casa?- domandò Rieko, prendendo per mano il ragazzo, che tornò, in un sussulto, al presente. La ragazza capiva bene quello che poteva provare, eppure non riusciva a riprenderlo, veniva respinta, quasi non accettata. Ciò non faceva altro che addolorarle il cuore, ormai innamorato, suo malgrado, del giovane.
-Non è questo, potevo evitarlo, non credi?- rispose Aaron, lasciandosi scappare una lacrima dai suoi occhi luccicanti. Il ragazzo era diviso in due, una parte si era già lasciata tutto alle spalle, focalizzandosi su sentimenti quali odio e rancore, l’altra, invece, era rimasta a quel giorno di dicembre, il 26, la sua anima piangeva ancora lacrime di dolore, sicura ormai che nulla avrebbe riportato indietro le cose.
Quando si alzarono, fattasi ormai sera inoltrata, raggiunsero il limite del parco, dove le palizzate si interrompevano per dar spazio all’ampia entrata, videro una veste bianca scendere dal palazzo proprio di fronte al parco. Non capirono subito cos’era, essendo la zona povera di luce. Lungo i muri perimetrali della via, però,  c’erano i pali elettrici, e l’oggetto era in rotta di collisione con i fili dell’alta tensione.

Fu un attimo, una luce abbagliò entrambi, la via vuota emise un rumore rotto, i fili furono tirati a pochi metri da terra dal peso del corpo, che emanava fumo da più parti. Una bambina era caduta, inspiegabilmente, dal sesto piano del suo palazzo, e la sua piccola testolina si trovò, sanguinante e a tratti bruciata, tra due fili dell’alta tensione. Aaron e Rieko, in poco tempo, furono costretti a realizzare che l’oggetto, che poco prima vedevano a malapena, era la ragazzina, e che per lei non c’era più nulla da fare. Il giovane, cadde sulle ginocchia, quasi paralizzato, rivedendo negli occhi della piccola, i suoi.                                                                                                                                                                                                                                                           

Nel frattempo, in un palazzo abbandonato, in una camera che dava sull’oceano, una donna, coi capelli lunghi oltre la schiena ed un’aderentissima tuta, era intenta a parlare con un uomo misterioso, attraverso un monitor. La stanza era illuminata solo dalla luce che emetteva lo schermo, nonostante dall’altra parte ci fosse solo un’ombra scura, la cui voce era indubbiamente alterata.
-Signore, si sono risvegliati!- riferì la giovane, rivolgendosi alla web-camera, brava a non far trasparire alcun tipo di sentimento dal volto.
-Ottimo. Sai cosa fare, non deludermi!- ordinò l’uomo, attendendo risposta dall’altro capo.
-Sarà fatto, sua eccellenza!- rispose, abbandonando la stanza e l’attrezzatura.

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Kisuke94