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Autore: Lilim Sophie    13/07/2012    1 recensioni
-Per la selva ho vagato, ma vanir non ho trovato…-, gesticolò teatralmente facendo una faccia buffa. -Dolce creatura, orsù, chiudi gli occhi, adesso te ne devi andare e mai più devi tornare. È Puck che te lo ordina, lo spiritello dei sogni… quindi adesso chiudi gli occhi e sogna-.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Non aveva l’aspetto di un comune vanheimir, di questo ne era certo. I suoi capelli risplendevano di un insolito candore ai luminosi raggi di Shide, e la sua pelle metteva in risalto i suoi enormi occhioni. Si decise a venir fuori e si avvicinò alla creatura con cautela. Un sorriso sghembo sulle labbra sottili. -E tu chi sei… come sei arrivata qui?-, domandò con sospetto.

La bambina sobbalzò alla sua comparsa improvvisa, spaesata si guardò intorno in cerca di un punto di riferimento, poi, indecisa sul da farsi, posò il suo sguardo sul pugnale che il ragazzo portava al fianco e con enorme fermezza cominciò a guardarlo dritto negli occhi. -Mi chiamo Freya-, fece con voce tremula, tradendo se stessa. Indietreggiò di qualche passo e scoraggiata si mise a sedere per terra. Come c’era arrivata in quella radura sembrava non ricordarselo più, ma un incredibile potere vibrava dentro di lei, e più le era vicino, più lui riusciva a sentirlo. Finché finalmente la bambina non si decise: -Stavo giocando con la mamma, ma poi è sparita e adesso non la trovo più-. 

A quel punto anche Puck si guardò intorno, un’altra di quelle creature si aggirava per la radura? Ascoltò la terra sotto ai suoi piedi, ma non v’era nessun altro a parte loro e qualche creatura selvatica che scorrazzava in libertà. Fu allora che capì che quello non era stato un incontro fortuito e che forse non era stata la bambina a raggiungere la radura, ma la radura stessa l’aveva invitata a sé… come un richiamo, proprio come aveva fatto con lui. E forse, i loro destini non erano poi tanto differenti.

Puck la osservò giocare con dei fili d’erba e poi lanciarli in aria, la seguì con lo sguardo, le girò intorno, e poi ancora l’osservò con attenzione. Quella strana creatura cominciava ad incuriosirlo, ma doveva mandarla via. “Una vita, in cambio di una vita, è questo il prezzo da pagare”. Quelle parole, le ultime che aveva sentito pronunciare a suo padre, gli riecheggiarono con insistenza nella testa. C’era però qualcosa che gli sfuggiva, qualcosa che non riusciva a ricordare, e più si intratteneva in sua compagnia, più cominciava a non contenere l’oscurità e la forza del suo sortilegio. Le mani cominciarono a fremergli mentre i battiti del suo cuore aumentavano senza sosta. 

-Non dovresti essere qui, perciò adesso va, tornatene a casa-, gli ordinò allontanandosi velocemente di qualche passo.

Lei lo guardò ammutolendosi, cercava di decifrare l’espressione sul viso del ragazzo e per quale motivo d’un tratto s’era fatto serio e distante: -Non so come fare, mi puoi aiutare? In cambio ti darò questo ciondolo-, disse indicando la catenella che portava al collo. -La mamma dice che è un porta fortuna-.

Il ragazzo cercò di trattenere l’istinto di farla a pezzi e annuendo si sforzò quindi di mostrarle un sorriso, per non spaventarla. Come poteva un esserino tanto piccolo procurargli un simile turbamento? Si convinse che non le avrebbe fatto del male, sforzandosi di trattenere una sete di sangue che non aveva mai conosciuto prima. Gli sembrò come se in qualche modo tutto in torno a lui lo spingesse a prendere quella vita innocente. Così si decise ad agire prima che fosse troppo tardi. -Forse posso aiutarti-, disse poggiando un piede in direzione della bambina, come per tornare indietro, ma restando invece a debita distanza. Ripensò alla prima volta che si era ritrovato lì. -Chiudi gli occhi- disse, -e pensa al posto in cui vorresti essere-. 

- Pensa a casa. Pensa alla tua mamma Freya, e come da un sogno ti risveglierai accanto a lei-. 

Fu esattamente in questo modo che s’era ritrovato nuovamente in sella al suo destriero, quasi un mese prima, mentre nel cuore della notte col suo seguito marciava alla volta di Lampara, il villaggio ai piedi del monte di quarzo, nella parte settentrionale della regione dei giganti di ghiaccio.    

Ma la piccola sembrò non capire, tant’è che allora gli domandò che posto fosse mai quello e se non fosse tutto un sogno. Non sapendo neanch’egli in realtà dove si trovasse la radura, Puck allora provò a spiegarglielo in modo da non inquietarla: -Per la selva ho vagato, ma vanir non ho trovato…-, gesticolò teatralmente facendo una faccia buffa. -Dolce creatura, orsù, chiudi gli occhi, adesso te ne devi andare e mai più devi tornare. È Puck che te lo ordina, lo spiritello dei sogni… quindi adesso chiudi gli occhi e sogna-.

La bambina allora rise, poi convintasi chiuse gli occhi, ma contrariamente a quanto sperato dal ragazzo, non accadde nulla, non si mosse di un millimetro. La vide allora provare e riprovare, strizzare gli occhi e provare ancora, finché d’un tratto, togliendosi la catenella che portava al collo, non corse verso di lui lasciandola scivolare fra le mani. -Avevo fatto una promessa- disse e nello stesso istante in cui il metallo gli sfiorò la pelle, la bambina scomparve davanti ai suoi occhi increduli.


   
 
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