Our last song in this little planet.
Il
Cappello Parlante.
Cosa
se ne facevano del Cappello Parlante?
Questo
pensava David mentre una smorfia di contrarietà gli distorceva i bei
lineamenti.
Sharon
gli si parò davanti e prima di prendere il cappello fra le mani lanciò uno
sguardo traballante all’amico, come per chiedergli il permesso.
D'altronde
Snape lo stava consegnando a lui.
David
contrasse gli occhi cerulei e si girò di spalle.
Non
gli importava di quello stupido cappello.
- è
il cappello Parlante…- sussurrò la riccia alle sue spalle.
“
Ma brava, non ce ne eravamo accorti…”
-…è
sparito da Hogwarts alla fine dell’anno…allora l’aveva preso Snape, ma perché?-
Sharon
scosse il capo facendo vagare i riccioli scuri.
Cercò
gli occhi di Brandon come per chiedere spiegazioni, ma lui non poteva di certo
dargliele.
Ne
sapeva quanto lei.
“
Dannato ragazzino, perché ti comporti così? Se ti ho dato quel cappello è
perché sono convinto che possa esserti utile…” Snape si agitava nervoso
tentando di riscuotere David da quello strano stato di freddo nervosismo.
“ E
cosa dovrei farmene scusa?…Ci servono armi o bacchette altrimenti non usciremo
vivi di qui…che me ne faccio di un cappello?”
Il
serpente si eresse minaccioso.
“
Allora i racconti di Harry non ti sono serviti proprio a nulla…”
David
si voltò di scatto digrignando i denti, in realtà più arrabbiato con se stesso
che con qualcun altro in particolare.
Harry…doveva
per forza ricordarglielo? Harry era un eroe, lui no. Bastava analizzare quella
situazione per rendersene conto…Lui per la sua sete di vendetta aveva messo in
pericolo tutti.
Harry
invece alla sua età aveva già incontrato Voldemort, ucciso un Basilisco e…
David
spalancò un poco la bocca come per riprendersi dall’inaspettata rivelazione che
gli era balzata in testa. Non poteva essere come pensava…
“
Harry ha ucciso il Basilisco con la spada di Godric…l’ha tirata fuori dal
cappello!”
Il
ragazzo si era immediatamente riscosso tornando di volata dai suoi amici che
però di quella conversazione non avevano capito proprio nulla.
Snape
sorrise, per quanto sia possibile che un serpente sorrida, e scosse la testa
compiaciuto.
David
fece per afferrare il cappello dalle mani di Sharon ma poi ritrasse le mani
come scottato.
“
Ma Snape, Harry era un Griffyndor …io sono uno Slytherin…Dannazione non può
funzionare!”
“
David tu sei uno Slytherin …ma tua madre era una Griffyndor. Fidati di me,
infila una mano nel cappello!”
David
fece come gli veniva detto.
Non
ci credeva veramente. Il fatto che sua madre era stata una Griffyndor non
poteva avere importanza.
Nessun’oggetto
dell’orgoglioso Godric avrebbe mai toccato le mani di una creatura di Salazar.
Ma
quando David ritrasse la mano dall’interno del cappello logoro con se aveva una
spada.
David
strinse il pugno sull’elsa.
Il
metallo freddo, la lama splendente…non stava sognando.
Davanti agli occhi sbarrati dei suoi amici David impugnava stretta una spada dall’elsa d’oro tempestata di rubini di sangue.
E,
poco sotto l’impugnatura, partiva un’incisione che prendeva tutta la lama.
Godric
Griffyndor.
Non
c’era dubbio.
Il
Cappello Parlante gli aveva fatto un grande regalo.
Un
regalo che forse uno Slytherin non meritava.
L’oscurità
vomitava ombre.
Le
torce non sembravano affatto svolgere il loro dovere e i corridoi dove i tre
ragazzi correvano impazienti di fuggire avevano tutta l’aria di non avere fine.
Sharon
aveva la Mappa del Malandrino quasi attaccata alla punta del naso, per cercare
di vedere se qualche Mangiamorte si frapponesse fra loro e l’uscita.
David
, davanti agli altri, impugnava fiero la spada, pronto ad affrontare chiunque.
Ombre,
Mangiamorte e fantasmi.
Ma
non ce ne fu bisogno.
Tutti
sembravano essere totalmente concentrati sulla battaglia che, come disse Sharon
dopo aver esaminato la Mappa, si era dislocata un po’ per tutto il castello. Ma
non lì.
Gli
Auror senza rendersene conto stavano facendo un buon lavoro.
Dopo
un tempo che parve infinito erano fuori dai sotterranei.
Sharon
fece per rimettersi la mappa in tasca ma una mano decisa e sicura si intrufolò
per afferrarla.
-
Che fai Sharon? Può servirci ancora!-
Brandon
la guardava stupito come se lei avesse commesso un errore imperdonabile.
Sharon
tremò.
Non
per lo sguardo che il moro rivolse a lei ma a quello che fece quando, scrutando
la Mappa del Malandrino, si soffermò su un punto particolare.
Le
avevano sempre detto che quando la tempesta si avvicina di solito nessuno se ne
accorge, che quando il principio della fine è prossimo nessuno lo percepisce.
Sharon
invece quella volta lo percepì benissimo e non solo perché era una Veggente…
-
David…- la voce di Brandon era agitata
- Harry sta combattendo con Malfoy in cima alla torre nord-
Non
ci poteva fare niente.
Glielo
avevano sempre detto che era troppo impulsivo.
Harry
si lasciava trasportare dalle emozioni del momento, dall’istinto che governava
ogni sua azione. Sempre, in qualsiasi occasione.
E
questo in un duello giocava decisamente a suo svantaggio.
Harry
si era difeso dall’attacco di maledizioni con la prontezza di chi è abituato a
combattere, ma con la disperazione di chi sa di avere troppo da perdere: gli
occhi su Draco e la mente a chi era lì per salvare.
Ma
Draco Malfoy era un avversario formidabile.
Abile,
freddo, riflessivo e calcolatore, tutto l’opposto di lui.
Anche
se non avesse utilizzato la magia oscura, anche se non avesse utilizzato
affatto la magia, Harry era sicuro che Draco sarebbe stato ugualmente letale.
Questo
era un pregio che doveva riconoscergli.
Ma
non per questo Harry intendeva gettare la spugna. Non con una posta in gioco
tanto alta.
La
sua vita. Quella di David. La salvezza dell’intero mondo magico.
Se
ce l’avesse fatta si sarebbe finalmente sentito degno dell’epiteto di Salvatore
dei maghi.
Sopportò
quindi con una smorfia di dolore l’ennesimo squarcio che gli si aprì sul corpo.
Era
messo male, ma questo non lo avrebbe mai ammesso, neanche in fin di vita.
Harry
ghignò, vedendo che il suo avversario non era poi in condizioni migliori delle
sue.
Draco
si teneva il fianco destro con una mano insanguinata, segno che la ferita che
Harry gli aveva procurato poco prima era tutt’altro che superficiale.
Ansimavano.
Entrambi.
Ma
non avrebbero smesso finché uno di loro non fosse stramazzato a terra affogando
nel proprio sangue.
Draco
rispose al ghigno di Harry.
Gli sguardi si incrociarono, furenti. Ne scaturì un duello,
frenetico e crudele, odio che si riversava nell’aria, odio e potere… occhi
sufficienti a togliere il fiato e ad illuminare, con più violenza dei lampi
malvagi che uscivano dalle loro bacchette.
Erano
due belve affamate di sangue.
Volevano
sentire le ossa rompersi, la carne lacerarsi, il sangue schizzare ovunque.
Troppo
era il rancore di entrambi per accontentarsi di una morte veloce ed indolore.
Draco
si spostò di lato facendo gravare il peso sulla parte sinistra del suo corpo
per imprimere meno dolore alla ferita sul fianco.
Harry
era stato bravo, non c’era che dire.
Ma
lui era sicuro di vincere. Perché lui non aveva più niente da perdere.
Harry
invece si.
Tutto
quello che lui, Draco malfoy, aveva perso era quello per cui Harry Potter lottava.
Buffo.
Avevano
sempre fatto parte l’uno della vita dell’altro, in qualche modo contorto e
perverso.
Quel
pensiero lasciò Draco di ghiaccio.
Uccidendo
Harry avrebbe stravolto tutto, tutti. Il suo mondo, Hermione, David, il mondo
magico.
Tuttavia
in quel momento non gli importava più di tanto.
Li
aveva persi e, se non potevano più essere suoi, tanto valeva che non fossero di
nessun altro.
Di
colpo, con un gesto inaspettato Draco lasciò cadere la sua nera bacchetta a
terra.
Era
inutile continuare con la magia. Erano praticamente pari.
Harry
si immobilizzò all’istante temendo qualche strana strategia di Draco.
-
Calma Sfregiato, non ho intenzione di rinunciare oppure di fregarti, ma in
quanto a magia…bhe potemmo andare aventi all’infinito, moriremmo per lo sfinimento…-
detto questo il biondo demonio smaterializzò due spade identiche, lanciandone
poi una ad Harry.
-
Continuiamo con queste-
Il
ghigno di Draco si estese quando vide Harry afferrare la spada e fissarla con
occhi incerti, il verde delle iridi che saettava come il raggio mortifero
dell’Avada Kedavra.
Draco
lo aveva in pugno.
Il
Tempo si stava sbellicando dalle risate.
Gli
esseri umani erano davvero un passatempo irrinunciabile.
La
loro vita dipendeva da minuti, da
attimi. Bazzecole, insomma.
La
cosa sbagliata al momento sbagliato ed intere vite prendevano fuoco.
Puff,
solo fumo e cenere.
Divertente,
da morire dal ridere.
Non
tutti la vedevano così però. Gli uomini ad esempio non si divertivano affatto.
Così,
mentre David Granger correva su per la torre nord come non aveva mai fatto in vita sua, ignorando le grida
d’avvertimento di Sharon e Brandon, ed il fantasma di Hermione Granger vagava
per il castello tentando di scorgere una testa bionda e due occhi di giada, il
Tempo decise di affrettare le cose.
Il
vecchio rugoso e barbuto decise che quel giochino era andato un po’ troppo per
le lunghe.
Ora
voleva ritirare il suo premio.
“Haven’t you seen? Haven’t you seen? The end of
our world”
Ice Queen – Within Temptation
Quando
David arrivò in cima alla torre il vento sferzante lo costrinse ad arretrare di
qualche passo.
Stava
per levarsi una tempesta.
David
si parò gli occhi tentando di scorgere la figura di Harry in mezzo ai mulinelli
di neve e vento.
“
Non può essere troppo tardi!”
Non
lo era infatti. Ma mancava poco.
Prima
di vedere il suo padrino, David sentì la sua voce.
-Fallo bastardo! Che cazzo stai aspettando? Tagliami la gola!- Harry Potter era riverso sul basso muricciolo della torre, la testa e gran parte del busto sospesi nel vuoto.
Una
piccola spinta e sarebbe precipitato giù.
Aveva
paura e la nota isterica nella sua voce ne era la prova più evidente.
Aveva
paura di quella lama che gli premeva sulla gola, di quell’unico occhio nebuloso
in cui non riusciva a scorgere nulla.
Draco
gli teneva la testa piegata all’indietro tirandogli i capelli con una forza sovraumana.
Dipendeva
tutto da lui, ora.
Ma
quel lui ora era solo una bestia.
Harry
si disse che probabilmente anche lui avrebbe avuto quell’espressione se si
fosse trovato al posto di Draco.
Gioia,
gioia nel vederlo finalmente morire.
Ma
il bambino che era sopravvissuto sarebbe sopravvissuto ancora una volta.
Non
perché il Tempo tenesse particolarmente a lui, ma più che altro perché non
doveva essere Harry il protagonista di quell’ultimo round.
Troppo
scontato.
Nel
frattempo, David non era riuscito a fare niente.
Vedeva
le mani di suo padre, un brivido gli percorse la schiena a quella
parola, calcare la spada sulla gola di Harry.
Vide Harry l’Eroe, Harry il Salvatore dei maghi, Harry il Prescelto che cadeva di fronte al male.
E
non c’era nessuno ad aiutarlo. Solo lui.
Ma
lui, David, non ne era capace.
La
mano che impugnava la spada gli tremava come una foglia in procinto di
staccarsi dal ramo.
David
la guardò come se non facesse parte del suo corpo.
Cosa
aveva sperato di fare salendo lassù con la furia di un matto?
Vide
Draco dire qualcosa ad Harry ma lui da lì non riuscì a sentire.
Il
vento, il vento ululava troppo forte.
Ed
Harry stava scivolando sempre più indietro. Nel vuoto.
Doveva
fare qualcosa. Doveva trovare da qualche parte quel coraggio che non aveva.
Infondo,
si disse David, era andato lì per quello. Non per salvare Harry, ma per
uccidere Draco.
Era
quello il suo desiderio, sin dall’inizio. Da anni.
E
questo non soltanto perché una veggente quindicenne aveva già Visto tutto, no;
ma perché era una cosa che lui doveva fare.
David allora tese la Spada,
l’ordine imposto alla propria mano di non azzardarsi a tremare, e mosse
qualche passo in avanti.
Aveva il vantaggio della sorpresa. Doveva pur valere qualcosa.
Un rivolo di sangue colò sul collo di Harry dove la lama di Draco
aveva tagliato la carne tenera.
Stava facendo con calma, come se avesse tutto il tempo del mondo
per gustarsi quel momento.
Ma in realtà non aveva proprio un bel niente.
Ne ebbe un vago presentimento quando il rumore di uno scalpiccio
affrettato alle sue spalle sembrò perforargli le orecchie.
Ma se ne accorse troppo tardi.
Il sangue sul collo di Harry colava più copioso da quello che era
ancora un piccolo taglio.
E quel sangue aveva risvegliato un mostro nel cuore di un ragazzo.
In quel momento David si sentiva il degno figlio di suo padre.
Odio, solo odio. Denso e distillato come il petrolio più
raffinato.
In quell’odio,lì, David aveva trovato il coraggio.
Avanzò ancora con la spada impugnata con entrambe le mani che si
ergeva ormai sopra la sua testa.
Fu così che David si sottomise al gioco del Tempo, si apprestò a
consegnargli il suo premio su un piatto d’argento.
Dove avevano fallito le magie più potenti, squadroni di Auror ed
Harry Potter in persona, ebbero la meglio le mani di un figlio. E una spada.
“One day I woke up
I woke knowing
Today is the day
I will die”
-Good Charlotte, The Day That I Die-
Hermione cadde a terra.
Boccheggiò in cerca d’aria come se quella che aveva intorno non
fosse più sufficiente.
“ Draco”
Un battito di cuore dopo era in cima alla torre nord.
Non sapeva come ci fosse arrivata, non sapeva perché.
Sapeva solo che aveva davanti Harry con taglio un appena sopra lo
sterno e suo figlio alla sua destra con una spada in mano.
Dove era Draco?
Non lo vide subito.
Forse il riflesso negli occhi di Harry e la spada insanguinata
nelle mani di David potevano essere degli indizi, ma lei non li colse.
Non li considerò neanche.
Hermione guardò a terra. Un liquido rossastro imbrattava la pietra
nuda e la neve schiacciata e ormai sporca.
Forse era il sangue di Harry, si disse il fantasma.
Ma Harry infondo stava bene ed era davanti a lei, non aveva nulla da temere. Non c’era nulla di strano.
Eppure il bambino sopravvissuto per l’ennesima volta, non guardava
lei.
Guardava attraverso di lei.
Come se ci fosse qualcosa di interessante e terribile dietro le
sue spalle fragili e opalescenti.
Ma non c’era niente, si disse di nuovo Hermione.
Vide David cadere in ginocchio e sentì la spada che aveva in mano
cozzare contro la pietra.
Anche quella era ricoperta di liquido rosso.
Hermione si accigliò; neanche suo figlio la guardava, ma si
fissava le mani con disgusto ed euforia come se fosse indeciso su quale dei due
sentimenti dovesse predominare sull’altro.
Hermione si chiese cosa ci fosse dietro di lei. Si chiese se fosse
il caso di dare un’occhiata.
E quando si voltò preferì non averlo fatto.
Per prima cosa vide la maschera.
Quella d’argento. Quella di Draco.
L’aveva sempre portata da dieci anni a quella parte. Non sapeva
neanche lei cosa volesse nascondere sotto quel sottile velo di metallo
prezioso.
Poi una mano. Come un orrido fiore morente che è riuscito a
nascere anche in mezzo al gelo.
Bianca come la neve, forse anche di più.
Ed
ancora, il sangue, demone rosso, strisciante su un manto di neve, impaziente di
reclamare il suo ultimo pegno.
Infine il corpo semi affondato nella neve, il lento alzarsi ed abbassarsi di un respiro che sta per consumarsi.
Hermione
non urlò. Non pianse.
Si
avvicinò in silenzio strisciando sulla neve, senza sporcarsi di sangue, senza
bagnarsi la veste.
Era
Draco, il suo Draco, e lei lo sapeva fin dall’inizio. Lui l’aveva legata
a sé, infondo.
Draco
aveva gli occhi socchiusi, le lunghe ciglia dorate tremavano intrappolando tra
di esse schegge di luce.
Lo
squarcio che lo trapassava da parte a parte poco sotto il cuore, si apriva come
un fiore rosso in primavera.
Hermione
tentò di toccargli il viso dove la maschera lo aveva finalmente lasciato libero
ma si bloccò.
Non
c’era niente.
Solo
un occhio, metà naso, metà bocca. Metà viso che non aveva nulla di diverso
dall’altra metà lasciata libera di vivere.
Solo,
forse vi si leggeva un po’ più di
dolore.
Il dolore di un mago che ha nascosto metà di se stesso come in un gioco e che soffre nel vedere svelato il suo trucco.
Un
viso perfetto, troppo bello per appartenere all’uomo che tutti chiamavano il
Signore Oscuro.
Il
fantasma trattenne un gemito strozzato.
Hermione
non si accorse subito di tenere ancora la mano sospesa in aria finché non la
vide e si chiese se per caso appartenesse a lei. Finché non si chiese a cosa
servisse.
Sapeva
di non poterlo toccare, sapeva che la sua mano avrebbe trapassato la carne
stringendo il nulla.
E
quando invece sentì una mano più bianca della neve afferrare la sua,
qualcosa le esplose dentro.
-
Posso…toccarti- era poco più di un sussurro, ma era più di quanto Hermione si
aspettasse.
Draco
si portò la sua mano al viso.
Chiuse
gli occhi lasciando che i polpastrelli di Hermione disegnassero la linea del
suo naso, delle labbra, degli occhi come se fossero qualcosa di completamente
nuovo per lei. Ed infondo lo erano.
Draco
la guardò a lungo con quegli occhi dannati che delle lacrime riuscivano ad
avere solo il colore, prima di serrarli per una fitta di dolore.
Hermione si piegò su di lui, lasciando che Harry e David si domandassero cosa stesse facendo, si domandassero che senso avesse quella situazione e se per caso non fossero impazziti.
-
Draco…-
-
Non preoccuparti Hermione…sono ancora vivo- il biondo schiuse le palpebre
mentre la mano esangue gli era ricaduta lungo il fianco.
-Hermione
…perché riesco a toccarti?- Poche parole ed un rantolo soffocato.
-
Stai morendo Draco…- non aveva senso mentire. Non più.
Il
naso di Hermione sfiorava quasi il suo.
Poteva
sentire il suo respiro caldo accarezzarle il viso e con meraviglia gli vide
nascere un sorriso sulle labbra. Un sorriso vero, completo.
Draco
sollevò un braccio a fatica cingendole la vita sottile.
-
Se avessi saputo che per toccarti di
nuovo bastava questo, lo avrei fatto molto prima…-
Hermione sgranò gli occhi che rimanevano sempre incolori, ma forse
per un istante furono più vivi che mai.
- Non dirlo Draco…lo sai che non lo avresti fatto-
Lui la spinse contro di sé costringendola a posare il capo sulla
sua spalla e poi le sussurrò qualche parola all’orecchio.
Solo lei sentì. Solo lei capì.
Harry e David, spettatori di una scena irreale, non avrebbero
capito. Nessuno avrebbe mai capito.
Hermione si scostò turbata; sentire quelle parole e poi il cuore
di Draco che batteva contro lo sterno sempre più lentamente, era una atroce
agonia.
Draco continuava a guardarla, disperato come può esserlo un uomo
che sta perdendo tutto e non ha nessun altro a cui dare la colpa, se non sé
stesso.
-Hermione…-
La mano di lui scese ad afferrare la bacchetta.
- Che vuoi fare?- la voce di Hermione si alzò allarmata, mentre
una sua mano bloccava quella di Draco.
Lui la guardò colpevole, ancora ed ancora colpevole.
Sarebbe mai finita?
- L’incantesimo che ti ho scagliato …ti lega a me…-
Hermione lo guardò comprensiva.
-Lo so…-
- No…se io muoio tu muori con me…lasciami sciogliere
l’incantesimo-
“ Le mie ultime forze sono per te”
Draco sentì la presa di Hermione sulla sua mano farsi più debole.
..per poi tornare forte e decisa.
- Non fa niente Draco…va bene così…-
Una decisione importante.
-Tutto sarebbe successo comunque…- gli sussurrò ancora Hermione quasi senza più
voce.
Si piegò di nuovo su di lui, sulla sua bocca. Le sue labbra si
mossero su quelle di Draco raccogliendone le ultime tracce di calore, gli
ultimi rimasugli di vita.
Separarsene fu la cosa più difficile che avesse mai fatto.
Le labbra di Draco si mossero ancora per un istante, senza più poter far uscire
alcun suono, ma i suoi occhi, argento riflesso della luna su lacrime mai
versate, fissi per l’ultima volta in
quelli di lei, urlavano ogni parola che non avrebbe mai potuto pronunciare.
Eppure quello che contava lui glielo aveva sussurrato
all’orecchio.
E quello che voleva sentirsi rispondere, Draco glielo lesse negli
occhi, anche se incolori, anche se vuoti.
Che in fondo, forse, lei l’aveva amato, nonostante e a causa di
tutto ciò che le aveva fatto, che in quello strano mondo nebbioso da fantasma
in cui era vissuta lui, solo lui, era stato la sua ancora arrugginita, la fune
scivolosa ma mai spezzata, una linea di luce nella nebbia argentea che ormai
l’avvolgeva di nuovo.
Un lieve sorriso gli sfiorò le labbra ormai livide e la mano tremò
sulla pelle alabastrina di Hermione. Con un ultimo sforzo Draco girò il capo
verso David, dai grandi occhi grigi identici ai suoi spalancati per il terrore,
la tristezza, la colpa, l’angoscia, ed
il sorriso gli si addolcì per la prima volta nell’espressione morbida e
rassicurate che solo un genitore riesce, d’istinto, a donare ad un figlio.
Sapeva di avere più di un debito con lui e sapeva che ciò che
aveva fatto la notte prima all’insaputa di tutti non sarebbe bastato a
saldarli.
Forse era poco, forse era inutile. Ma aveva sentito di doverlo
fare.
Un fremito convulso lo costrinse a distogliere lo sguardo da
David.
Delle dita tremanti si mossero timorose sulle sue guance. Dita di
bambina, mani di fantasma, paura di donna.
Draco tenne ancora gli occhi aperti solo per lei, per Hermione, per dirle o forse solo per farle capire che non c’era nulla di cui preoccuparsi, che lui non se ne stava andando.
Il loro d’altronde non era un addio. Non l’avrebbe lasciata sola.
Poi gli occhi di Draco si chiusero e il suo corpo riposò immobile,
con la serenità sul viso di chi, per la prima volta, si addormenta nella vera
coscienza di essere… solo sé stesso. Draco.
Non il Signore Oscuro i cui occhi si chiudono dietro una maschera
d’argento.
Il
grido disarticolato di Hermione si infilò fra il vento e la neve, tra ogni
pietra del castello, su ogni muro, quasi a volerlo abbattere, mura indegne di
fare da spettatrici a quel momento, indegne di ospitare l’ultimo respiro di
quel corpo, di quell’uomo, del suo uomo… l’unico che avrebbe mai voluto avere.
Gridò, gridò finché non ebbe più voce per farlo, finché anche i singhiozzi non
furono più forti del rumore di un petalo che cade sull’acqua… gridò finché
l’unica cosa da fare fu restare lì, a cullare ciò che aveva perduto e ad
abbracciare ciò che restava… finché , lentamente, senza alcun dolore, senza che
neanche se ne accorgesse, non scomparve anche lei. Con
lui.
“Lasciami bruciare, lascia che mi faccia male...perché solo così mi avrai.
Solo ora so che già mi avevi…
Ti farò male. Ti soffocherò. Perché solo così sarai
mia.
Credevo che questo fosse l’unico modo…ma non lo era.
E la mia non è una promessa vana.
Non lo è stata. Non lo sarà.
Da qui all'eternità sarai mia. E tu avrai me.
Nel sangue e nel tempo.
Anche quando il tempo finirà
Nella vita e nella morte.
Anche ora che il nostro tempo è finito
Tuo.”
FINE
E anche questa è andata...
Non
mi sto a scusare per il ritardo perché due mesi non sono un ritardo…sono un
abominio, ma non potevo permettermi di scrivere un finale che non mi piaceva
per una fic a cui tengo così tanto.
Vorrei
dirvi un sacco di cose ma ora che la Maschera d’Argento finisce qui mi sembra
tutto inutile e superfluo.
Perciò mi limito a comunicarvi che appena possibile posterò una specie di epilogo in cui vedremo che fine faranno David e gli altri…
E
continuando con la pubblicità (molto poco) occulta vi dico anche che ho
partecipato al contest draco/hermione su manga.it perciò appena si saprà
qualcosa dei risultati posterò “Venga tu dal cielo o dall’inferno, cosa
importa?”, la one-shot con cui ho partecipato e della quale ho
cominciato a scrivere pure un bel seguito ( lo so, ormai c’ho preso la mano…ma
vi assicuro che non sarà niente di deprimente come la maschera d’argento!)
Sapete
che qualsiasi vostro commento mi renderebbe felice, quindi ora sta a voi.
Ringrazio
di cuore costy black, goldfish, Hikaru_angelic, Lady Narcissa, Sere86, e
tutti coloro che mi hanno dato il loro sostegno in questi mesi; un bacio
speciale a Laila, cobweb23 ed angelmorgana: ragazze, siete
state fantastiche!