Capitolo
II
Era mezzanotte in punto quando Ryo arrivò al molo 18. La luna quella
sera non era presente ad illuminare il volto preoccupato dello sweeper.
Preoccupato perché non conosceva il proprio avversario, ma soprattutto perché
la socia era prigioniera di quella pazza. Già, perché solo una pazza poteva
sperare di sfidare Ryo Saeba e tornarsene a casa come se nulla fosse.
Silenziosamente Ryo entrò all’interno del capannone abbandonato unica
struttura presente sul luogo dell’appuntamento. L’edificio era abbandonato
ed il suo interno completamente vuoto. I finestroni posti in alto erano stati
chiusi con dei cartoni, così, neanche il chiarore delle stelle poteva
illuminare quel luogo.
Cautamente lo sweeper fece qualche passo all’interno del magazzino e
giunto quasi al centro una voce alle sue spalle lo fece girare.
- Saeba sapevo che saresti venuto. Mi spiace deluderti ma il nostro
scontro avverrà fuori e non dentro questo magazzino. Non sono così vigliacca
da cercare dei nascondigli. Ed adesso seguimi. –
Ryo era stupito. Quella donna era riuscita ad arrivare alle sue spalle
senza che lui avvertisse la sua presenza. Doveva stare molto attento, quella era
un osso duro. Un gran bell’osso duro.
La donna era completamente fasciata in una tuta nera. Questo
equipaggiamento lasciava ben poco all’immaginazione. Il seno della donna era
molto prosperoso, il sedere sodo. Le gambe lunghe e toniche, ciò dimostrava che
la donna dedicava molto tempo alla cura del proprio corpo. Il viso era nascosto
da un passamontagna nero. Si intravedevano solo gli occhi. Penetranti. Freddi.
Coscienti di ciò che da lì a breve sarebbe accaduto.
- E dimmi non è da vigliacchi rapire la mia socia? –
La donna al sentire quelle accuse non fece una piega. Proseguì il suo
cammino. Solo una volta arrivati alla fine del molo si voltò nuovamente verso
Ryo e ricominciò a parlare.
- Non preoccuparti per lei. Sta bene. La potrai rivedere alla fine del
nostro duello. Non ho intenzione di ucciderti, voglio solo dimostrare chi è il
migliore. -
Ryo intanto cercava di mantenere il suo autocontrollo. Sapeva di
conoscere quella donna, ma non riusciva a ricordare dove l’aveva incontrata.
Sapeva di conoscerla, ma il dove e quando gli sfuggiva.
- Sei una pazza. Sai almeno chi è in realtà Ryo Saeba? –
Meglio perdere tempo e cercare di distrarla così da poter studiare una
strategia. Non conosceva la sua avversaria mentre lei sembrava conoscere
praticamente tutto di lui.
- City Hunter con me non funzionano questi giochetti. Rivedrai la tua
socia alla fine della sfida. Sempre se rimarrai in vita. Ed adesso basta. Credo
di averti dato abbastanza tempo per studiare me ed il mio modo di agire. Sei
pronto per il nostro duello? –
Così dicendo la donna tirò fuori la sua pistola, una Colt 357 Magnum Lawman MK III con canna da
2,5''. Lo sweeper rimase sconcertato. Quella pistola l’avrebbe riconosciuta
tra mille, era la stessa di Maki, quella era la pistola di Makimura. Come faceva
quella donna ad esserne in possesso se quella pistola era custodita da Kaori?
Kaori! La sua socia doveva essere andata ad affrontare quella donna ed alla fine
era stata catturata. Ecco come era entrata in possesso dell’arma.
- Esatto Saeba. La tua socia era venuta per regolare i conti al posto
tuo. Coraggiosa la ragazza! Non sono ancora riuscita a capire come abbia fatto a
risalire a me, ma di certo è stata più furba di te. Sarà un piacere piegare
il grande City Hunter con la pistola della sua socia. Non lo credi anche tu? –
Adesso Ryo era proprio senza parole. Quella donna prevedeva tutte le sue
mosse. Sapeva a cosa pensava e come anticiparlo. Era in svantaggio, come poteva
controbattere se il suo nemico conosceva le sue mosse? Era inutile continuare
così, era meglio mettere le carte in tavola.
- Vedo che sai molto di me. Deve essere da molto che studi me ed il mio
modo di agire. Se hai rapito Kaori era perché sapevi che sarei corso
immediatamente per salvarla. Tu non vuoi farle del male, giusto? Allora perché
non la liberi? Chi sei in realtà Dark Lady? –
La voce di Ryo era decisa, forte, determinata. E tutto ciò lo si leggeva
nei suoi occhi. Nell’espressione del suo viso. Lo sweeper non aveva perso
neanche per un secondo la sua concentrazione. Non si era fatto distrarre dalle
curve dell’avversaria. In mente un unico obiettivo: salvare Kaori. Di contro
gli occhi della donna che gli stava di fronte erano tristi. Somigliavano tanto a
quelli di Kaori ma non avevano la stessa luminosità, la stessa gioia di vivere.
Ryo non vi leggeva l’amore che aveva visto negli occhi della socia. Chi era
quella donna? Perché era così decisa a battersi con lui?
- Allora Dark Lady posso sapere perché sei così decisa a batterti con
me? Io di solito non amo battermi con le belle donne come te, quindi lascia
andare Kaori e dimentichiamo tutto. –
Un colpo partì dalla Colt 357 Magnum e sfiorò la guancia dello sweeper. Ryo rimase
impassibile ad osservare la donna con il braccio ancora teso. Gli occhi della
Dark Lady si riempirono di lacrime che non lasciò cadere. La rabbia si poteva
percepire nel silenzio di quel molo. Nel silenzio carico di mille significati.
- Saeba piantala. Io non sono la tua socia che puoi maltrattare come e
quando hai voglia. Hai capito? Ed adesso tira fuori la tua pistola e facciamola
finita. Sono stanca di aspettare. -
Ryo era sconcertato. Solo Kaori era in grado di tenergli testa in quel
modo. Chi era quella donna che l’aveva tanto con lui? E perché poi.
- Dark Lady te lo ripeterò per l’ultima volta. Libera Kaori! –
La donna rise, in modo tetro, sinistro.
- Saeba la tua domanda è un’altra. Perché sono così arrabbiata con
te? È così vero? Allora lo vuoi sapere? –
La donna era rimasta ferma di fronte a Ryo. Le lacrime non c’erano più.
Nei suoi occhi si poteva leggere una forza nuova. Forse dettata dalla
disperazione. Fece un passo in avanti e si avvicinò di più a Ryo. I due erano
a pochi passi l’uno dall’altra.
Improvvisamente la donna scattò in avanti e cercò di colpire Ryo con
una potente ginocchiata allo stomaco ma il suo tentativo andò a vuoto. Ryo
aveva parato, con poca difficoltà, il colpo con l’avambraccio, così facendo
spinse la donna in dietro, moderando la forza, non voleva farle del male. Ma
questa inaspettatamente resistette al colpo e contrattaccò calciando le
caviglie dello sweeper che cadde a terra. Adesso la donna lo sovrastava. Pistola
in mano, puntata alla fronte dello sweeper.
- Allora adesso sei deciso o no? Accetterai la mia sfida o no? Rispondi
dannazione. –
La donna stava iniziando a perdere la pazienza e Ryo non mancò di
farglielo notare. Per tutta risposta questa si mise a ridere e sparò un altro
colpo, stavolta colpì il braccio di striscio.
- Dolcezza se continui così resterai senza munizioni e poi cosa farai?
Ti ripeto: sei troppo bella per morire. –
La donna sorrise. Ryo lo capì dagli occhi. Cambiarono espressione, quasi
si addolcirono. Poi lei riprese a parlare.
- Sai potrei anche crederti. Sul fatto che sono una bella donna. Peccato
che non è così. Adesso per favore alzati ed iniziamo questo duello. Sono
stanca di giocare. Io ho fatto perdere la pazienza a te e tu hai fatto lo stesso
con me. Siamo pari. Adesso però facciamo sul serio va bene Saeba? –
Il suo sguardo si fece nuovamente serio. La dolcezza di poco prima aveva
lasciato il posto alla fermezza. La donna allungò la mano verso Ryo per
aiutarlo ad alzarsi, ma questi inaspettatamente la prese e spinse la donna verso
di sé. Adesso era Ryo a sovrastare la donna. Questa, dopo l’iniziale stupore,
con un’abile mossa riuscì a svincolarsi dalla stretta di Ryo ed a mettersi di
nuovo nella posizione di difesa. Aveva abbassato la tensione e Saeba ne aveva
approfittato. Non avrebbe commesso altri errori.
- Adesso basta giocare mia cara Dark Lady. Ti ho dato una possibilità ma
a quanto pare tu non l’hai voluta accettare. A quanto pare dovremo proprio
affrontarci. –
Così dicendo lo sweeper tirò fuori dalla fondina, nascosta dalla giacca
che indossava, la sua fedele e la puntò contro la donna che gli stava di fronte. Prima di
sparare un’ultima domanda:
- Allora Dark Lady perché mi odi così tanto? –
La donna non rispose subito. Parve rifletterci per un attimo poi rispose:
- Lancerò in aria questa monetina, quando arriverà in mare spareremo. E
comunque io non ti odio. –
La donna lasciò andare la moneta in aria. Pochi secondi e tutto sarebbe
finito. Prima che la moneta potesse toccare il pelo dell’acqua la donna
aggiunse in un sussurro, che solo lei poteva avvertire, “Io ti amo Ryo”. Poi
due spari nell’oscurità del porto…
Al suo risveglio provò una forte fitta in corrispondenza della spalla
destra. Perché era ancora viva? Perché Ryo non l’aveva uccisa? E soprattutto
cosa ci faceva in camera sua? Come c’era arrivata. Poi spostò lo sguardo al
bordo del letto e lì trovò due occhi neri come la notte che la fissavano in
modo minaccioso. “Era meglio morire!” pensò la giovane donna. Appena Ryo si
accorse che questa era completamente padrona dei proprio sensi iniziò a
parlare. La voce bassa, ma molto triste.
- Vuoi spiegarmi cosa ti è saltato in testa? Perché volevi farti
ammazzare? Dimmi che cosa vuol dire tutta questa pagliacciata? Dammi una
risposta adesso prima che perda completamene la ragione. –
La donna sospirò. Non si era certo preparata un discorso da fare alla
fine del duello. Poi però ripensò alla lettera che aveva scritto al socio
prima di uscire da casa. Prima che tutta quella storia iniziasse.
Caro Ryo,
Quando leggerai questa
lettera io probabilmente sarò morta, o moribonda in un letto d’ospedale. Ti
chiedo di non angustiarti più di tanto, se ho deciso di morire per mano tua ci
sarà un perché.
So della promessa fatta a Hideyuki il giorno in cui è morto e so anche
che tu, nel bene e nel male, hai sempre mantenuto fede alla parola data. Ma
purtroppo facendo così hai soffocato quello che erano le mie ambizioni. Mi hai
impedito di crescere, di compiere le mie scelte. Non maledirti se sono morta. Ho
deciso di agire così per farti capire che se solo tu… se solo ti fossi fidato
un po’ più delle mie capacità, tutto sarebbe andato diversamente.
Posso accettare che tu non ricambi i miei sentimenti, che tu non sia
innamorato di me. Ma non accetto il tuo modo di volermi bene perché so, anche
se come una sorella, che tu mi hai voluto bene. Ryo sono una donna ed anch’io
ho il diritto di compiere le mie scelte.
Ti chiedo scusa per le innumerevoli volte in cui sei corso in mio
soccorso e per tutte le volte che sei rimasto ferito a causa mia.
Ti chiedo scusa per aver male interpretato le tue parole il giorno del
matrimonio di Miki e Umiboozu.
Ryo io ti amo e questo è il solo modo che conosco per dimostrarti il mio amore. Ti prego di continuare la
tua vita, e ti prego lotta anche per me.
Ti amo
Tua, per sempre, Kaori
Quando lo sweeper finì di leggere la lettera guardò la socia in viso,
lei fissava un punto indefinito, non aveva il coraggio di incrociare lo sguardo
del socio. Avvertiva la sua rabbia, forse anche delusione. Ma Kaori non era
pentita. Adesso Ryo conosceva le sue qualità e forse era un bene che lei fosse
rimasta in vita.
L’uomo invece si sentiva distrutto. Aveva quasi ucciso l’unica donna
che avesse mai amato. Se non avesse percepito le flebili parole di Kaori, quel
“ti amo” tanto invocato, a quest’ora starebbe piangendo lacrime amare
sulla sua tomba. Ma come si poteva essere tanto stupidi. Sfidarlo per
dimostrargli il proprio amore. E a che pro? E se sarebbe morta cosa ne sarebbe
stato di lui? Perché erano arrivato a tanto. Perché non riusciva a dirle che
l’amava e che era solo per il suo sorriso che continuava a vivere. Certo che
le parole di quella radura erano rivolte a lei, e a chi altrimenti? Ma forse con
il suo comportamento l’aveva confusa. Solo adesso si spiegava lo sguardo
triste della socia nell’ultimo periodo. Lei aveva deciso, si sarebbe
sacrificata per dimostrargli il suo amore.
In preda all’ira, al dolore ed alla confusione lasciò la stanza. La
socia, intanto, guardava ancora fuori dalla finestra.
Dopo quasi un’ora qualcuno lo raggiunse in terrazza. Era lei. Perché
quel giorno non aveva riconosciuto il suo passo. Perché non aveva riconosciuto
il suo profumo. Perché non aveva riconosciuto la sua voce? Era strano porsi
simili domande ma la natura pratica dell’uomo andava ben oltre la logica.
- Come hai fatto a nascondermi la tua presenza? E soprattutto come hai
fatto a tenermi nascosta la tua identità? La tua voce era diversa? Come hai
fatto? Kaori ti rendi conto che potevo ucciderti? Cosa avrei fatto dopo? Cosa? -
La donna non rispondeva, guardava l’orizzonte. Forse era in cerca di
qualche spiegazione. Forse. Ma lei sapeva la verità. Si era allenata duramente.
Quando il socio andava di notte in giro per i locali del quartiere lei si
allenava al poligono, ore ed ore. A volte talmente tanto che le braccia le
facevano male. Aveva imparato piano piano, da sola. Aveva visto all’opera il
socio, Miki, Mick. Ed un tempo passato anche il suo amato fratello. Non
occorreva poi molto ad imparare. E poi Mick per un po’ le aveva dato qualche
ripetizione. Ricordava ancora i bagni nell’alcool per nascondere l’odore
della polvere da sparo dal suo corpo, dai suoi capelli, dai suoi abiti.
Per il corpo a corpo aveva chiesto aiuto a Miki e a Saeko. Le due donne
furono disponibili con lei. Nel giro di tre mesi aveva appreso tutto ciò che le
serviva, poi aveva fatto pratica in una palestra vicino casa. A Ryo aveva detto
che si recava lì per l’aerobica ma in realtà lei era lì per le arti
marziali.
Erano stati dei grossi sacrifici ma era felice del risultato finale. Una
volta era riuscita a stendere Ryo, e poi lo aveva colpito di striscio ad una
guancia proprio dove aveva mirato lei. Ma tutto ciò poteva essere evitato se
l’uomo avesse avuto fiducia in lei. Se solo si fosse fidato. La rabbia aumentò
nel suo esile corpo già provato dalla ferita alla spalla, e così senza
riflettere rispose alla domanda dello sweeper.
- Se fossi morta avresti avuto un problema in meno. –
Le sue parole furono dure e pungenti. Non voleva che le cose andassero in
quella maniera ma ormai era inutile ritrattare. Che figura avrebbe fatto con il
partner?
- Credi davvero di essere solo un problema per me? –
Le parole dell’uomo erano piene di tristezza, arrivavano diritte al suo
cuore. Ma il suo cuore ormai era chiuso. Non avrebbe mai creduto all’ennesima
promessa. Era stanca di soffrire. Lui non aveva recepito il suo messaggio. Lui
non l’amava.
- Io non credo più nulla. –
Così dicendo fece per rientrare. Ma le braccia dell’uomo glielo
impedirono. Non capì come ma si ritrovò a baciare le labbra che aveva sognato
per tante e tante notti. La sua mente le gridava di lasciare quel corpo caldo,
ma il suo cuore la implorava di amarlo. Si staccarono.
Fu lei la prima a rompere il silenzio tanto imbarazzante che si era
venuto a creare.
- Non preoccuparti. Interpreterò questo bacio nel modo giusto. -
Così dicendo tornò verso l’appartamento, ma a fermarla questa volta
furono le parole del socio.
- Kaori io ti amo ma non riesco a dimostrarlo come tu vorresti.
Perdonami, ma è questo il mio modo di amare. –
La donna sorrise e tornò dentro casa con una nuova certezza: anche lui
l’amava.
Lo so come finale è un po’ banale, ma vi prego perdonatemi. Dalla mia
mente malata non è uscito niente di decedente. L’idea mi è venuta stanotte
mentre cercavo di prendere sonno. Doveva nascerà come una one-shot ma alla fine
ho deciso di dividerla in due capitoli così da rendere meno pesante la lettura.