Ire, ti
voglio bene, ed anche se non leggerai mai
questa storia perché
preferisci
Dostoevskij alle fanfictions (e chi ti
biasima ;D),
grazie per
essere mia amica. Il capitolo è tutto
tuo.
You
can’t blame gravity for falling in love
(Albert
Einstein)
Capitolo
ottavo
Blaine
doveva trovare un modo per spiegare, per spiegarsi.
Kurt
poteva anche essere a conoscenza di quello che era successo, ma gli
mancavano i
perché, i come, e tutte quelle piccole cose che potevano
ribaltare una
situazione e riscrivere una storia.
Blaine
voleva essere perdonato, ma più di tutto voleva essere
capito.
Voleva
qualcuno che gli si sedesse vicino e gli infondesse il coraggio, la
fiducia di
cui aveva bisogno, e che lo lasciasse sfogare, lo lasciasse parlare,
raccontare, mettersi a nudo.
Ma
sapeva che quel poco di fiducia che aveva guadagnato da Kurt
l’aveva perso
qualche giorno prima, quando lo aveva trovato tremante e con gli occhi
gonfi,
in mano il suo diario aperto.
E
Blaine, a quel punto, si era dato uno schiaffo in testa e si era detto ehy,
è ora di vivere veramente, smettila di attaccarti ad uno
stupido diario di
carta sgualcita che si rovinerà col tempo.
Ma non
aveva la più pallida idea di come fare, quindi si era
limitato a completare la
sua routine giornaliera.
La
mattina camminava verso le stalle, non guardava appositamente alla
casetta di
Kurt, si dedicava agli animali ma non li chiamava per nome,
perché sennò si
sarebbe aspettato la risata sarcastica di Kurt prenderlo in giro, ma
non ci
sarebbe stata e lui ne avrebbe sentito il vuoto, lavorava duramente
tutto il
giorno, che ci fosse il sole o la pioggia, che si sporcava della
polvere della
terra che si incollava al suo sudore, poi tornava a casa, si faceva una
doccia
che sperava gli lavasse via lo sporco, la pelle e l’anima, e
quando si
accorgeva che non sarebbe successo, usciva, si vestiva, mangiava e si
dirigeva
a letto, dove restava aspettando che il giorno dopo cominciasse.
Delle
volte sognava.
Faceva
degli incubi, sarebbe meglio dire.
Ma lui
si ostinava a chiamarli sogni, perché finchè
c’era il suo viso, allora
lo erano.
E si
svegliava nel bel mezzo della notte spaventato e sudato, quindi
chiudeva gli
occhi, sospirava forte e cercava di pulire la mente da qualsiasi
pensiero e di
tornare a dormire.
Delle
volte ci riusciva.
Altre
restava sveglio.
“-Kurt?
Mi stai ascoltando, ti ho appena detto che le magliette sono in stampa!
Domani
andrò in giro a venderle!”
Kurt
alzò lo sguardo verso Finn, che camminava allegro dietro di
lui, annuì
distratto, poi si girò e tornò
guardare
davanti a sé.
Camminarono
in silenzio ancora per un po’, Carole e Burt che li seguivano
dietro di loro.
Carole
si era chiesta quale fosse la ragione dell’ improvviso
interessamento di Kurt
nelle uscite famigliari.
Aveva
passato le ultime settimane ad evitarle come la peste, ed ora invece ci
si
stava buttando a capofitto come se fossero la sua ancora di salvezza.
Sentiva
che quel ragazzo, in quel momento, era solo, e che aveva bisogno di
parlare,
solo che non sapeva come iniziare.
Si
chiudeva sempre in sé stesso, Kurt, quando le conversazioni
volgevano sullo
scoprirsi o sul rivelare qualcosa di troppo personale, e figuriamoci
cosa
avrebbe fatto se gli avesse chiesto di parlarle della sua vita
sentimentale
(perché, Carole non era stupida, era chiaramente Blaine che
lo aveva ridotto in
quel modo).
Quando
quella sera, quindi, tornarono a casa, lei chiese a Kurt di aiutarlo a
ritirare
i vestiti stesi che aveva lasciato fuori, vietando a Burt, con uno
sguardo
assassino, di contribuire.
Il cielo
era scuro, e Carole poteva sentire i grilli frinire nell’
erba alta e vedere
qualche lucciola svolazzare nell’ aria.
Si
avvicinarono insieme ai fili e Carole iniziò a prendere i
vestiti e piegarli
con cura.
“E’
un
posto troppo bello per viverlo quando si è tristi, non
credi?” si girò verso di
Kurt cercando il suo sguardo che, prontamente, scivolò
lontano.
“Non
sempre la tristezza ti fa piacere di meno quello che hai
intorno” rispose
secco.
“Ma
catalizza la tua attenzione” ribattè pacata Carole
“Che invece dovrebbe
dedicarsi ad osservare il paesaggio.”
“Anche
questo è vero” ammise Kurt sospirando e piegando
precisamente una maglietta di
suo padre.
Restarono
per qualche momento in silenzio, fino a che Carole sospirò
pesantemente. “Ne
vuoi parlare?”
“No,
preferirei di no” rispose Kurt, e lo vide asciugarsi
l’angolo di un occhio
cercando di non farsi vedere.
“Fa
bene
parlare alle persone” continuò Carole, la voce
fattasi più dolce “A volte aiuta
a chiarirsi le idee a prendere tutto il casino e guardarlo con occhi
esterni.”
“Sarebbe
bello chiarirsi le idee, sì. Ma non vedo come raccontarle a
qualcun altro possa
aiutare. C’è solo un a persona in più
con il mio casino sulle spalle.” L’ultima
parte della frase venne interrotta da un singhiozzo.
“Provaci”
Carole smise di piegare i vestiti e si avvicinò al ragazzo,
accarezzandogli un
braccio dolcemente. “Ne hai bisogno, Kurt”
Lo vide
strizzare gli occhi per scacciare via le lacrime, guardare lontano, poi
fissare
gli occhi nei suoi, ed infine arrendersi ed abbracciarla di getto.
“E’-
E’
tutto così complicato “singhiozzò Kurt
con il viso seppellito nell’ incavo
della sua spalla. “Io non capisco!”
“Ehi,
ehi, ehi!” Carole lo strinse forte, poi si
allontanò e gli fece il gesto di
seguirla per camminare nel prato.
Kurt la
seguì.
“Riguarda
Blaine” sussurrò Kurt, per lui era una grande
rivelazione, Carole invece
ridacchiò, avendolo già sospettato.
“Mi
conosceva già” spiattellò Kurt tutto
d’un tratto. Ma Carole non disse un
parola, quindi si affrettò ad aggiungere il particolare che,
credeva, le
avrebbe fatto vedere la gravità della situazione
“Nel senso, mi aveva già visto
prima di queste vacanze e non me lo ha mai detto!”
“Quindi?”
Carole chiese quasi divertita, ricordando con forse un po’ di
nostalgia quei
tempi in cui ogni piccola cosa, quando si era innamorati, sembrava
sempre più
grande di quanto fosse in realtà.
“Gli
piacevo” aggiunse Kurt, stizzito dalla mancata reazione di
indignazione da
parte di Carole “Aveva un diario pieno di mie foto, di
articoli che parlavano
di me in cui raccontava di tutte le volte che mi ha visto! E non mi ha
mai
detto niente, Carole, niente!”
“Fiorellino”
disse Carole dolcemente “Credi che io abbia sempre confessato
il mio amore a
chi mi piaceva? Non sai quante sono state le volte che non ho mai fatto
un
passo avanti e sono stata tutto il tempo ad immaginarmi come sarebbe
stato
essere la ragazza di chi mi piaceva senza mai fare niente!”
“Ma
aveva una mia foto!”
“Ed
io
ho fatto un filmino con tutte le foto di un ragazzo con, come
sottofondo, my
heart will go on! Kurt, sarà stato
timido!”
“Ma
mi
ha mentito” ribattè secco Kurt “Ha avuto
l’occasione di dirmi la verità ma mi
ha detto solo bugie.”
“Tesoro”
disse Carole conciliante “Non dico che mentire sia una bella
cosa, lo ammetto,
ma alle volte la verità è difficile, e non sempre
si è pronti perché un altro
conosca tutto ciò che c’è di vero
dentro di noi. Magari quel povero ragazzo ha
solo bisogno di qualcuno di cui si possa fidare, ma è stato
ferito in passato,
ed ora deve reimparare ed aprirsi. Non siamo tutti uguali,
Kurt”
Kurt
ascoltò assorto, e subito gli balenò in mente il
modo in cui Blaine era stato
trattato da suo padre, di come fosse stato ferito e si sentì
improvvisamente in
colpa.
“Ti
ha
detto qualcosa?”
“Quando?”
chiese Kurt cercando di sviare il discorso facendo finta di non sapere.
“Dopo
che hai trovato il diario, Kurt.” Constatò Carole
con ovvietà “Che ti ha
detto?”
“Niente
di importante” mugugnò Kurt guardando da
un’ altra parte.
“Kurt”
lo ammonì dolcemente la donna “Che ti ha
detto?”
“Potrebbe
avermi detto che-“ farfugliò imbarazzato.
“Che?”
“Che
mi
ama.”
Kurt
stava iniziando a sentirsi uno stupido, ed odiava quando succedeva.
“E
tu
che hai fatto?”
“Sono
scappato” ammise Kurt abbassando la testa dispiaciuto.
“Ed
hai
lasciato quel povero fiorellino da solo, dopo che ti ha detto che ti
ama?”
Carole lo guardò ad occhi sgranati. “Kurt-“
“Ero
confuso! Non sapevo come sentirmi, che cosa fare, che cosa provassi! E
poi ho
letto che per colpa mia-”
“Per
colpa tua-?”
“Niente”
mugugnò Kurt camminando velocemente.
Carole
sapeva che c’era qualcosa di più, o meglio lo
sospettava, ed in quel momento ne
aveva avuto la conferma.
E vedeva
anche che Kurt non era ancora pronto a parlarne.
Quindi
si fermò e lo guardo con un’ espressione delicata.
“Non mi hai ancora detto una
cosa però. Non mi hai parlato di te, Kurt, di cosa provi.
Credo che sia ciò che
è più importante ora.”
Fu
contenta di vedere Kurt arrossire a quella domanda e guardare di lato
imbarazzato torturandosi le mani.
E,
quando il ragazzo sviò l’ argomento e le disse che
scusa ma mi sento un po’
stanco, torno in casa, rise tra
sé e sé pensando a come, da
adolescenti, si crede sempre che nessuno capisca mai quello che si
prova.
Kurt
aveva passato i giorni dopo aver trovato il diario in uno stato di
panico,
rabbia, tristezza e confusione.
Già
il
fatto che ciò che provava fosse riassumibile in addirittura
quattro aggettivi,
dimostrava che la confusione era ciò che provava di
più.
Tristezza
e panico perché il dolore che gli attanagliava il petto,
dopo aver letto quello
che Blaine era stato costretto a fare e quello che aveva scelto di fare
per
ribellarsi a suo padre, non accennava ad andare via. Ma anche
perché si sentiva
tradito, sentiva che Blaine non si era fidato di lui e gli aveva mentito.
Non si
era limitato a sviare il discorso, gli aveva detto a chiare lettere che
veniva
dal Tennessee e che la Dalton non l’aveva mai sentita.
Era
quello che faceva più male.
Aveva
avuto così tante occasioni per rivelarsi, per scoprirsi, ma
evidentemente c’era
stato qualcosa che lo aveva bloccato: Kurt.
E
rabbia. Provava rabbia per ciò che gli faceva provare panico.
Avrebbe
voluto andare da Blaine e dargli un forte schiaffo sulla guancia, per
dirgli, ehy,
lotta, tu vali, Blaine, non lasciare che qualcun’ altro ti
faccia credere il
contrario.
E
confusione. Confusione perché tutto era stato ribaltato,
tutto ciò che Blaine
era, tutto ciò che Kurt era, tutto, era stata scosso,
sbattuto a terra,
calpestato e poi rimesso a posto in un ordine diverso.
E Kurt
ora non capiva, non capiva se dovesse sentirsi confuso, arrabbiato,
triste,
impanicato oppure stupido.
Stupido
perché forse aveva reagito troppo bruscamente, ma la
verità era che in quel
momento non aveva capito più niente.
Non
esisteva una guida che spiegava come reagire in quei tipi di situazioni
e Kurt
era semplicemente impazzito.
E
stupido perché, nonostante tutta quella confusione, Kurt
riusciva ancora ad
arrossire quando gli chiedevano cosa provasse per Blaine.
Corse
dentro casa e, dopo aver salutato velocemente il padre e Finn, si
gettò sul
letto ancora vestito.
Ma
qualcosa di duro colpì la sua spina dorsale ed un brivido di
dolore gli
percorse la schiena.
Kurt si
alzò di scatto a sedere e vide, con sorpresa, che sopra il
suo letto c’era il
diario di Blaine, quello che lo aveva fatto penare tanto negli ultimi
giorni,
con un post-it giallo attaccato sulla copertina, un po’
storto.
Leggi,
tutto.
Ti
prego.
B.
Kurt
rigirò stupito l’oggetto fra le sue mani.
Sospirò pesantemente,
si posizionò comodo sul letto,
poggiando la schiena al muro, poi lo aprì.
C’erano
dei segni a delle pagine in particolare, dei pezzi di carta dello
stesso colore
del post-it che sbucavano fuori dalla copertina.
Un
ultima volta, Kurt.
Chiuse
gli occhi per un momento, poi li riaprì e, procedendo per
ordine, iniziò a
leggere.
21
Giugno 2012 (Mattina)
Bene,
sono un cretino.
Perché
non riesco più a comportarmi come una persona normale?
Dai
ti prego Blaine!
Cosa
cavolo erano quelle battutine
sui
pantaloni stretti?
Sei
inutile.
La
verità è che dopo tutto ciò che
è successo non sei neanche più capace di essere
gentile, di provare qualcosa all’infuori
della felicità
che senti nel far
del male a tuo padre.
Sei
egoista.
Ma
forse hai la possibilità di ricominciare, no?
Forse.
21 Giugno
2012 (Sera)
E’
bello.
Ora
sta dormendo vicino a me.
Siamo
sulla piattaforma.
Dovrei
svegliarlo, lo so.
Domani
suo padre si arrabbierà.
Ma
non riuscirei davvero mai a svegliarlo, quando dorme ha un’
espressione così
innocente..
Così
innocente che mi fa sentire un rifiuto, io che ora, di innocente, non
ho
niente.
Credo
che mi ristenderò vicino a lui.
E
magari lo abbraccio.
Sì,
definitivamente.
Profuma
di buono.
E sa
che esisto.
Ora
sa che esisto.
E’
una bella sensazione.
22
Giugno 2012
Oddio
come mi vesto?
Come
mi vesto?
Lo
porto alla fiera.
Stasera.
Ma
non è questo l’importante.
L’importante
è che ho ancora una possibilità, nella mia vita.
Ed
è
lui che me l’ha fatto capire.
L’ho
quasi baciato.
22
Giugno 2012
E’
giusto mentire?
Io
l’ho fatto.
Ma
gli ho preso la mano, questo rimedia, no?
No.
Sono
terribile.
Ma
stava andando tutto alla perfezione ed io non volevo rovinare tutto con
la
storia stupida della mia vita.
Un
giorno glielo dico, lo giuro.
Parola
di scout.
Non
hai fatto gli scout, Blaine.
Dettagli.
25
Giugno
Non
esco più con nessuno.
Forse
perché l’unica persona con cui io abbia mai voluto
uscire è sempre stato Kurt.
Kurt
sfogliò velocemente tutte le altre pagine segnate, dove
parlava dell’arrivo di
Wes e David , di come Kurt lo avesse quasi scoperto e di come i due
ragazzi
avessero premuto tanto perché svelasse tutto al soprano.
Le
ultime due pagine, alla fine, catturarono la sua attenzione.
21
Luglio 2012
Ha
letto tutt-
Ma la
frase non finiva perché la pagina era stata strappata in
più punti,
scarabocchiata, pasticciata e stropicciata.
Sembrava
ci fosse stata la guerra mondiale lì sopra e forse
c’era davvero stata, ma
dentro di Blaine.
L’altra
pagina invece era liscia. Era l’ultima che era stata scritta
e la biro cambiava
colore.
25
Luglio 2012
Forse
lo sta leggendo, forse
no.
Blaine
spera tanto di sì.
Spera
con tutto sé stesso che si fermi per qualche secondo e che
ascolti quello che
ha da dire.
Vuole
chiedergli scusa.
E lo
sa che suonerà come qualcosa di vuoto.
Perché,
insomma, cosa si fa dopo che si ha
combinato un disastro?
Si
chiede scusa, quindi è quasi diventato qualcosa di formale,
magari neanche più
sentito.
Chiedere
scusa è ora dire “Finiamola qua”,
è come una parolina magica.
Beh,
Blaine la sente, quella parola.
E’
dispiaciuto.
Molto.
E’
dispiaciuto perché è un codardo, uno che ha paura
di sé stesso e che fugge al
posto di attaccare, ma così fa del male, a sé
stesso ed agli altri.
Dio,
Kurt, non sa sai quanto Blaine
io abbia pensato a te in questi
anni.
Lo so
che è una cosa difficile da credere, lo so.
Ma la
prima volta che ti ho visto, Kurt, è stato qualcosa di
unico, qualcosa che non
avevo mai sentito prima e che non ho mai più sentito dopo.
Mi
sono innamorato.
Di
te.
Prendimi
per stupido, non ti conoscevo neanche, lo
so.
Non
sapevo il caffè che prendevi di solito, non sapevo cosa
facessi nel tempo
libero, in che scuola andassi, se fossi gay, se la mattina ti facessi
la doccia
o se te la facessi
la sera, non sapevo
se la tua pelle fosse così morbida come sembrava o se i tuoi
capelli fossero
normalmente così o se ci mettessi ore
per acconciarteli.
Ma i
tuoi occhi, Kurt, i tuoi occhi mi hanno catturato.
Ho
sentito che avrei potuto vivere, guardando nient’ altro che i
tuoi occhi.
Poi
sei sparito e non ti ho più rivisto.
Finchè
Wes mi ha detto il tuo nome e
lì, mi si
è aperto un mondo di possibilità.
Ma a
volte pensavo che era tutto più facile quando non ti
conoscevo affatto, perché
almeno avevo una scusa per non venire da te e parlarti.
Da
quando invece tu eri diventato così reale e concreto, non
avevo più scuse.
Solo
i miei dubbi, il poco che valevo e la mia costante paura.
Quindi
mi sono detto che, se fosse stato destino, allora ci saremmo incontrati
Era
una scusa.
Poi
sono arrivate le regionali, ma poco prima di andare in scena mi ha
preso un
attacco di panico e ho chiesto di non
fare più il solista, ma di restare sullo sfondo.
Avevo
paura che mi vedessi, ero contento del mio anonimato, era
più facile.
Quindi
anche lì la possibilità di parlarti è
sfumata, per causa mia.
Finchè
i miei, alla fine, lo hanno scoperto.
Hanno
scoperto di te, ed hanno capito che sono gay davvero e si sono
spaventati.
Non
mi dilungherò nei dettagli perché tanto hai
già letto tutto, ti dico solo che
dopo il nostro trasferimento qui in Tennessee mi sono perso.
Mi
sono rovinato per rovinare mio padre, perché la rabbia cieca
che avevo in corpo
era esplosa tutta in un colpo.
Non
cercherò scuse per quello che ho fatto, non
cercherò scuse per il comportamento
che ho avuto, sia con te che con gli altri.
Ho
sprecato tutto ciò che
d’ importante
avevo nella mia vita per una causa che, non era neanche a mio favore.
Cosa
ci avrei guadagnato nel vedere mio padre soffrire perché io
tornavo a casa con
un ragazzo diverso a sera?
Niente.
Il vuoto.
Quando
ti ho rivisto quest’estate, Kurt, credevo che davvero tu
potessi essere il mio
nuovo inizio.
E lo
sei stato, e piano piano sto tornando me stesso.
Ed un
po’ mi spaventa, questa cosa, perché
vorrà dire che perderò tutto ciò che
mi ha
protetto fino ad ora, la mia sfacciataggine, la mia indifferenza, e
tornerò ad
essere fragile, e subirò i colpi di mio padre con dolore,
ora.
Ma ci
sei tu, e quando, quella volta, mi hai detto che posso essere me
stesso, ho
capito che con te al mio fianco ce la posso fare.
E ce
la sto facendo.
Perdonami
se sto scrivendo tutto questo su una pagina di un vecchio diario, ma ho
paura
che, se te lo dicessi di persona, mi perderei dopo la prima frase,
inizierei a
balbettare e poi a singhiozzare.
Dio,
sembro una bambina delle elementari alle prese con la sua prima cotta.
Un
ultima cosa: per piacere, non avercela con Wes e David, loro hanno
sempre
premuto per farti sapere tutto, davvero.
E’
solo colpa mia.
Grazie
di tutto, Kurt
Ti
am
Ti
voglio ben
Grazie
Blaine.
P.s. puoi
venir, non
è che verresti, mi
piacerebbe che, sono
alla cascata.
Kurt
restò
a lungo con lo sguardo fisso sulla parete.
Poi,
d’ improvviso,
si alzò di scatto dal letto, constatò felicemente
che non si era cambiato e che
quindi era ancora vestito e, senza pensarci due volte, aprì
la porta della
camera, si fiondò in cucina, urlò a suo padre che
stava uscendo e, senza
aspettare il suo permesso, si fiondò fuori nel buio.
Doveva
andare da Blaine, glielo dicevano le lacrime che gli appannavano la
vista,
glielo diceva il cuore che batteva forte nella gabbia toracica, glielo
dicevano
i polmoni che gli bruciavano per il troppo tempo in cui aveva
trattenuto il
respiro mente leggeva.
Tutto in
lui gli diceva di andare da Blaine, e si meravigliava di non averlo
capito
prima.
Ci
sarebbe stato tempo, tanto tempo, per le spiegazioni e per le scuse.
Ma in
quel momento tutto ciò a cui riusciva a pensare era che
doveva essere con lui,
a tutti i costi.
Corse
velocemente, le gambe che gli facevano male, le guance arrossate per il
vento,
e la testa una massa confusa di pensieri.
Sperò
che il sentiero preso fosse quello giusto, a volte si fermava per
riprendere
fiato, ma subito ripartiva, perché non poteva, non riusciva
a stare
fermo.
Man mano
che correva sentiva qualche spina graffiargli le braccia, ma non ci
fece troppo
caso, e quando, finalmente, sentì il rumore della cascata
avvicinarsi, fece un
respiro di sollievo.
Sforzò
le sue gambe per gli ultimi metri finchè non
arrivò alla piccola pianura che
dava sullo strapiombo.
Blaine
era seduto su un sasso e guardava gli schizzi d’acqua
gravitargli vicino.
Kurt si
fermò un attimo, non sapeva cosa fare, ora che era
lì.
Fece
qualche passo verso Blaine ma calpestò un rametto che fece
rumore e rivelò la
sua presenza.
Blaine
si girò di scatto e gli occhi si spalancarono quando vide
Kurt dietro di sé.
Si
alzò
in piedi velocemente e per qualche minuto l’aria fu piena
solo del rumore della
cascata, degli animali notturni e dei loro respiri pesanti mentre i
loro occhi
si fondevano insieme.
“Kurt-“
iniziò Blaine, la voglia di spiegare, di sentirsi perdonato,
di essere capito.
Ma
quando Kurt vide l’ espressione che aveva in viso,
mandò al tal paese la
confusione, la rabbia, il panico e la tristezza.
Perché
di parole ne erano già state usate tante, troppe e per
troppo tempo.
Per
troppo tempo i due ragazzi erano vissuti insieme sulle pagine di un
diario,
astratti, intangibili come un pugno di lettere scatenate dalla fantasia
di un
adolescente.
Quello
di cui avevano bisogno in quel momento erano i loro respiri, la
sensazione di
essere a casa anche in mezzo al freddo ed all’
umidità, il tocco concreto
della pelle dell’ altro, il solletico del fiato sul collo, la
consistenza dei
capelli tra le mani, il sapore dell’ altro che si mischiava
al proprio.
Avevano
bisogni di sentirsi veri.
Di essere
veri.
E fu per
quello che Kurt non aspettò che Blaine dicesse niente, che
si spiegasse, che
lasciasse che un’ altro fiume di parole l’
investisse e si interponesse tra di
loro, ma si avvicinò a lui.
E lo
baciò.
E
all’inizio fu un goffo scontro di labbra, denti e lingue che
si cercavano, ma
poi le mani di Kurt trovarono il loro
posto intorno al collo di Blaine che, dopo un momento di shock in cui
rimase
immobile, non esitò a prendere le guance di Kurt e ad
avvicinare di più il suo
viso, accarezzando con le sue labbra quelle morbide dell’
altro.
E le sue
labbra, Dio, le sue labbra erano impegnate in una
danza estatica.
E tutto
sembrava giusto.
Tutto
sembrava perfetto.
“Oh,
Kurt” sussurrò Blaine tra un bacio e
l’altro “Due anni- Mi spiace
così tanto- Mi sento così-Devo portarti
fuori. Dobbiamo uscire. Devo presentarti i miei cuginetti.
Dobbiamo-“
“Shh”
lo
fermò Kurt, facendo aderire le loro fronti e poggiandogli un
dito sulle labbra.
“Non ora. Abbiamo tempo, Blaine, tanto
tempo. Tutto quello che
vogliamo.”
E poi si
affrettò a coprire il luminoso sorriso del ragazzo davanti a
lui con le sue
labbra.
A volte,
le parole, non servono.
Basta
uno sguardo al gusto di nocciola e non ti scordar di me.
BlueCinnamon
Non vi
sto realmente parlando, in questo momento.
Cioè,
sto scrivendo questa cosa moooolto in anticipo, è
Venerdì, e domani partirò per
ritirarmi in una malga sperduta in mezzo a mucche, formaggio e bambini.
E
probabilmente mentre voi state leggendo io sarò a scarpinare
in montagna e
continuerò a pensare: “Oddio, in questo momento
stanno leggendo IL capitolo ed
io non posso sapere le reazioni perché non
c’è una cavolo di connessione qui!”
E
dovrò
aspettare una settimana per sapere che ne pensate, oddio :S
Bene,
ringrazio Tallutina per tutto quello che fa per me, e credo
che tornerò Giovedì
della settimana prossima (Lo so, è tardi, ma vi ho
viziato a due
aggiornamenti alla settimana, dai ;D)
Magari,
invece, riesco prima, chi lo sa?
Bene, la
finisco qui, perché sennò inizio a blaterare.
Grazie
per il vostro supporto, vorrei ringraziare chiunque stia leggendo
questa
storia, i lettori silenziosi e quelli che mi regalano delle splendide
recensioni,
i preferiti, i seguiti, i ricordati, TUTTI <3
Un
abbraccione
Marta
&
la mucca a cui starà parlando di Glee esaltando le
qualità di Chris Colfer in
questo momento.