Capitolo
3
"Essere
uomini".
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assarono ancora dei giorni
e i quattro titani sopravissuti ormai, hanno riacquistato le forze, era il
momento di uscire dal proprio nascondiglio anche se era pericoloso, il primo,
infatti, a chiederlo fu Iperione, voleva andare in giro, per vedere ciò
che era rimasto dopo il loro avvento, forse voleva rendersi conto del male che
aveva fatto e pentirsene, ormai più passava il tempo con Lithos
più si accorgeva dello sbaglio che aveva commesso, con i suoi fratelli.
Era sempre seduto vicino
all'ingresso della sua grotta, quando lo raggiunse la ragazza, portandogli
sempre il necessario per le sue esigenze, il titano le sorrise come sempre e la
ringraziò, poi però le chiese qualcosa di inaspettato.
"Sai una cosa? Voglio
fare un giro nel tuo paese." Chiese rimirando il cielo, mentre Lithos gli
era affianco, e lo guardava, un pò titubante, beh di certo non poteva
pretendere che se ne stesse in quel bosco a marcire per sempre, doveva pure
uscire, e andare in giro, ma cosa sarebbe successo, se per caso gli sarebbe
venuta ancora voglia di usare i suoi terribili poteri? Sarebbe stato una vera
catastrofe, per poi un sentimento di nuovo di pena la persuase e accettò
di accompagnarlo, però ad una condizione.
"E va bene, andiamo in
paese, però nessuno deve sapere che sei uno dei titani, chiaro? E non
fare niente di avventato, se non vuoi che ti scoprano.”. si raccomandò
Lithos.
Il titano annuì,
così la ragazza gli procurò un mantello, e lui si coprì il
capo, in modo che nessuno potesse riconoscere in lui, ciò che era, poi
si avviarono verso il paese.
Intanto al santuario ormai
Temi era rinchiusa, nelle segrete da un paio di giorni senza sapere, quale
destino le aspettava.
In quei giorni tuttavia, i
soldati avevano rispettato il volere di Shura, e l'avevano curata e trattata
con il dovuto rispetto, ma quanto sarebbe durato, perchè non sapeva
ancora niente? Tutto questo la faceva solo andare in bestia.
"Insomma, per quanto
ancora, mi volete tenere segregata qui? Perchè non ho ricevuto nessun
giudizio ancora?" chiese la ragazza ad una guardia che le aveva portato il
pranzo" Noi siamo solo dei soldati, non sappiamo cosa il gran sacerdote
abbia in serbo per te, non siamo autorizzati a dirti nulla per ora"
Una risposta secca che fece
incavolare ancor più Temi.
Intanto nella decima casa,
Shura era rimasto a riflettere per alcuni giorni dal suo incontro con Temi, non
aveva ancora detto nulla al gran sacerdote, e non sapeva se dirlo o no, una
strana sensazione continuava ad invaderlo, sempre ogni volta, che metteva piede
sulla scalinata, principale che portava alle stanze del gran sacerdote, e poi
tornava indietro, assorto.
Non riesco a capire
proprio cosa mi stia succedendo, eppure so che devo subito informare, il gran Sacerdote,
ma ogni volta che salgo quella scala, mi viene in mente il suo volto,
così pieno di grinta, anche davanti alla morte, dovrei odiarlo, eppure
sento di non riuscirci, non voglio che le accada qualcosa...
Pensò tra se il
sacro guerriero, fu combattuto, tra la giustizia e la pietà, non poteva
permettere che un nemico sebbene sconfitto, fosse passato per le armi come un
volgare ladro, era forse giustizia quella? No Athena non gli aveva insegnato
questo, la giustizia era solo determinata da ciò che il cuore gli diceva
di fare, la legge sarebbe stata inflessibile anche con lui, lo sapeva, ma
doveva dare un’altra possibilità, a quella ragazza, si sarebbe
assunto lui ogni responsabilità.
Intanto Rea ormai si era
ristabilita, le cure di Shaina le fecero bene, la sua compagnia era diventata,
piacevole, infatti, in quel periodo, si erano conosciute meglio, la titanide
aveva parlato di se e dei suoi fratelli, e le spiegò il motivo, di tutto
ciò che volevano creare, Shaina invece le insegnò a guardare
oltre, e il senso di essere un umano, una donna, una donna che ha combattuto
per i suoi ideali, Rea l'ascoltava dimostrando molto rispetto, per una donna
che ha saputo, rendersi indipendente non ostante i vincoli, segnati dalla
maschera e dal veto che aveva fatto ad Athena, anche se tuttavia Rea non era
riuscita a capire, il perchè di quella costrizione.
"Come mai indossi
quella maschera?" chiese a tradimento, Rea, Shaina fu scossa da quella
domanda.
Le due ragazze erano sedute
sul prato vicino alla casupola, a rimirare il cielo, in quell'istante, di
quella domanda, passò una folata di vento, Shaina, però rispose.
"Questo è il
veto che abbiamo fatto, per renderci indipendenti, per diventare guerrieri, e
una specie di muro che si frappone tra la nostra femminilità e
ciò che rappresentiamo in battaglia.”.
Rea capì benissimo
"Capisco, mi dispiace per te.”. Shaina si incupì, invidiava
quella dea che mostrava di essere una donna, senza costrizioni, era una donna
bellissima, eppure era stata tanto mostruosa, durante la battaglia con Crono,
ma ora iniziava a pentirsi anche lei e Shaina lo aveva capito, e per questo che
si stava un pò affezionando, a lei e a considerarla non più una
nemica, mai gli era successo prima di ora, non avrebbe voluto che se ne andasse
via mai, ma era troppo pericoloso per farla stare lì, sia per lei, che
per l'altra.
Rea si alzò,
sbadigliando, poi si toccò un braccio per vedere se poteva muoversi, visto
che durante gli altri giorni, non era in grado nemmeno di muoversi, le
sembrò tutto a posti, si sentiva davvero bene" Accidenti devo
ammettere che mi hai messa a pieno devo proprio ringraziarti sai?"
Shaina sorrise "Ah sì
dunque ti senti bene, ok allora verifichiamolo.”. l'altra la
guardò con aria interrogativa, mentre
"Facciamo un duello
Rea, voglio vedere come te la cavi se non usi i tuoi poteri, anche io
farò lo stesso...”.
Rea accettò
volentieri, quindi si preparò al duello.
Erano faccia a faccia,
tutte e due si erano, messe in posizione d'attacco, poi iniziarono combattere,
Rea era molto agile, anche se non presentava la forza che metteva Shaina, si
vedeva la differenza tra le due, però per ora sembravano pari.
Arrivarono ad un punto
morto, Rea alla fine si lanciò con uno scatto verso
In quel momento però,
Shaina si spostò lateralmente e afferrò il braccio, della
titanide, infine, l'atterrò e vinse, perchè l'altra era stanca
ormai.
Si sorrisero a vicenda era
stato un bel combattimento.
Intanto Lithos ed Iperione
che erano arrivati in paese, si accorsero di quanta distruzione c'era,
sopratutto il titano che si sentì sempre più in colpa, per
ciò che era successo, era proprio vero, quando Crono suo fratello diceva
che gli umani sono così fragili, bastava guardarsi attorno per capire,
quanto la distruzione sia stata devastante, e improvvisa.
Le case erano quasi tutte
distrutte, e ognuno stava salvando il salvabile.
"Accidenti che
disastro." Commentò Lithos camminando e voltando lo sguardo a
destra e a sinistra, notando la rovina, Iperione non commentò, non c'era
proprio niente da commentare da parte sua.
La ragazza lo guardò
di sottecchi e capì quanto si sentiva in colpa e quanto soffriva in quel
momento.
Ad un tratto due si
fermarono avanti alla casa distrutta di una famigliola, che si era messa al
lavoro per ricostruirsi la casa pezzo dopo pezzo, Lithos guardando quella
scena, le fece un pò pena, ma cercò di andare avanti, Iperione
invece stranamente rimase fermo, poi fece un’azione che mai prima di
adesso avrebbe mai fatto, si tolse il mantello e lo diede alla ragazza, poi si
avvicinò all'uomo, che probabilmente doveva essere il capo famiglia, e
offrì il suo aiuto, l'altro sorrise e accettò l'aiuto offerto.
Lithos rimase a bocca
aperta, non si aspettava, che si sarebbe offerto così, la forza di
cambiare era veramente forte in lui, e lei ne fu così felice,
andò anche lei ad aiutare.
Passarono così la
giornata, e tra un mattone e l'altro sotto il sole cocente di Grecia, e a poco
a poco il lavoro era già avanti, rispetto a ciò che avrebbero
fatto quella famiglia da soli.
Arrivò quindi la
sera Iperione e Lithos erano stanchissimi e non ci vedevano più dalla
fame, era anche l'orario di tornare alla grotta, e dal signor Aiolia.
Si stavano incamminando
verso le loro mete, quando l'uomo della casa li fermò.
" Ehi aspettate."
I due ragazzi si voltarono,
e lo guardarono con un’espressione interrogativa, l'uomo sorrise ancora
" vi prego non andate via, venite che vi offriamo qualcosa da mangiare,
sarete affamati immagino, ed è il minimo che possiamo fare per
sdebitarci.”.
L'offerta dell'uomo era
molto gentile, non potevano rifiutare, quindi annuirono entrambi.
Dovrò trovare una
scusa plausibile però...
Si ripetete tra se Lithos,
Iperione invece sembrava stranamente contento.
L'uomo così si
presentò a loro con il nome di Artus, e aveva una moglie di nome Gianna
e due figli che si chiamavano Romina e Remo.
Artus li portò nell'accampamento
che avevano improvvisato, nella attesa della ricostruzione della casa,
lì mangiarono una zuppa preparata dalla moglie, che tra latro con le
poche cose a disposizione aveva preparato una cenetta davvero saporita, tanto
che Lithos fece i complimenti più vivi.
"Complimenti lei
è bravissima signora."
La donna arrossì.
"Ti ringrazio Lithos,
ne vuoi ancora?"
"No grazie, sono piena
come un uovo."
"E il tuo amico?"
Disse la donna rivolgendosi
ad Iperione che non aveva aperto bocca per tutta la sera e si era messo anche
da parte.
Lithos lo guardò, ma
capì benissimo che cosa avrebbe risposto" No non credo che ne
voglia, è pieno come un uovo anche lui, vero?" L'altro annuì
con il capo.
Ad un tratto Remo si
avvicinò ad Iperione e lo fissò un attimo, tanto che il titano
iniziò a sospettare, che quel ragazzino scoprisse chi era veramente,
quindi di già era pronto ad andarsene, sotto le loro maledizioni, ma in
verità il bambino, non aveva proprio idea di chi era, non lo aveva mai
visto, pensava che era uno straniero, e poi non si era neppure presentato.
"Dimmi sei uno
straniero? Come ti chiami?" chiese a tradimento, Iperione fu preso alla
sprovvista e non sapeva proprio che rispondere però poi intervenne
Lithos subito.
"Lino si chiama Lino,
ed è un mio lontanissimo cugino è venuto da poco.”. disse
la ragazza inventandosi una bugia al momento, sperando che il ragazzino e gli
altri della famiglia ci cascassero, e per fortuna la bevvero.
Il bambino sorrise
"Piacere di conoscerti Lino. Lo sai che sei davvero forte? Siamo a buon
punto con la casa." Iperione ricambiò il sorriso, il volto di quel
bambino gli sembrò tutto ad un tratto così illuminato di una luce
ingenua, ma bella la luce che non aveva mai voluto vedere, nell'umanità
durante la sua esistenza oscurata, dalle ombre dell’odio del Tartaro.
Era proprio a suo agio.
Passò così la
sera e Lithos e Iperione tornarono a casa, il giorno dopo, però
ritornarono in paese e continuarono ad aiutare altra gente, mentre il signor
Artus li invitava sempre da loro, a cena ed anche a pranzo, il titano,
sembrò prendere sempre più piede, e finì un pò con
l'affezionarsi alla famigliola di Artus e alla gente del posto, finalmente era
libero dall'oppressione del Tartaro, i giorni di guerra sembravano ormai
lontani, si sentiva un uomo, non più un dio, iniziò a capire
tutto e a maledirsi per quello che aveva fatto, un giorno, infatti, ne
parlò con Lithos, prendendola da parte una sera, prima di salutarsi,
avanti all'ingresso della grotta.
"Lithos, ho una
confessione da farti, la vuoi ascoltare?"
La ragazza annuì,
poi si sedette a canto a lui a rimirare il cielo, stellato.
" Mi sono accorto
troppo tardi di aver commesso un errore madornale, mi sono creduto sempre
superiore, e poi è arrivata la sconfitta, ed infine il senso di colpa,
mi sta mordendo dentro, come lupo affamato, eppure mai mi era capitato di avere
sentimenti così contrastati tra loro, questi giorni mi sono sentito per
la prima volta un uomo e non un dio, e non ne sono mai stato così felice
di esserlo e tutto questo è stato solo merito tuo.”.
Il titano parlò per
la prima volta con il cuore, il cuore di un dio che si sta trasformando in uno
umano, si girò all'indietro per non farsi vedere da Lithos piangere, ma
la ragazza aveva capito benissimo.
"So bene cosa stai
provando, sono contenta che finalmente tu ti renda conto, sapevo bene che
avresti capito è per questo che sono così contenta di averti
salvato.”. la ragazza pianse anche lei, poi lo abbracciò forte e
così fece anche lui, che sembrava avere più bisogno di qualcuno
che avesse la forza di consolarlo e dirgli che stava facendo forse la cosa
più giusta, e lei era l'unica che ora gli rimaneva, l'unica che ha
saputo capirlo, come mai nessuno aveva fatto.
Si lasciò coccolare,
appoggiando la testa sul petto della ragazza, che gli accarezzava i sottili e
neri capelli stringendolo a se.
"Iperione
ascolta.".
Sospirò la ragazza a
un orecchio del titano, che alzò la testa"Stare qui in Grecia
è molto pericoloso per te, non voglio che ti succeda niente, ma devi andartene
da questo paese.".
La ragazza, non avrebbe
voluto che se ne andasse, però era per il suo bene, non voleva rischiare
che il Santuario scoprisse che fosse vivo, lo avrebbero ucciso e per lei
sarebbe stato una gran perdita, poiché ora sentiva di non provare solo
un sentimento di pura amicizia, era molto di più ad era pericoloso.
Il ragazzo la fissò
per un attimo, ma capì che quella ragazza nutriva per lui un sentimento
molto profondo, molto di più con una semplice amicizia e infondo anche
lui lo provava per lei la stessa cosa, non sapeva perchè lo stava
invadendo un sentimento così profondo, che mai aveva provato prima, ma
la vedeva una protettrice pure essendo così fragile nella sua forma, un
fiore appena sbocciato che resisteva anche d'inverno, la sua pelle era
così candida e morbida, mentre sfiorava con le dita sottili il collo, il
suo profumo emanava una fragranza di fiori di pesco, così dolce che
ormai ne era completamente ipnotizzato.
Lithos sentiva il movimento
leggero delle mani del titano, sul suo collo, che man mano andavano a scendere,
fino a sfioragli il seno, a cingergli la vita e un brivido le percorse, forse
stava per succedere qualcosa di irrimediabile.
"Non voglio andarmene
e sperare di vivere senza di te, più tosto la morte, non importa che io
mi salvi o no, purché tu non stia lontano da me neppure per, un attimo.”.
Il titano pronunciò
queste parole, ormai non gli importava di se stesso, in quel momento sentiva
solo di desiderare lei, la fissò negli occhi.
"Lithos, vorrei che
Artemide, non portasse via
Parole poetiche, dette da
un mostro, che ironia della sorte, e poi un bacio che forse ne stava dando la
conferma, la ragazza era invaghita di lui, sentiva di non poterne fare a meno,
però poi qualcosa la fermò, forse aveva paura di amare un dio, il
cuore iniziò a battergli forte, sembrava che volesse uscire, mentre lui
iniziava a spogliarla della sua veste lino, cercandola di strappare, mentre il
suo cosmo, si stava espandendo, cercando di arrivare al cuore impaurito di
Lithos.
Quel cosmo, così
carico però non passò in osservato a chi già lo conosceva,
infatti sua sorella Teti, se ne accorse, ora che era passata per il grande
tempio assieme ai bambini che l'avevano salvata.
"Iperione?..."
Esclamò di colpo
fermandosi la titanide, i ragazzini la guardarono con aria interrogativa,
mentre lei corse per un tratto verso nord dove sentiva quella presenza non le
sembrava possibile eppure era, lui, ma fu solo un attimo poi smise di colpo,
forse si era illusa, ma se suo fratello era vivo invece, non poteva ignorarlo,
si avviò verso quella scia di cosmo.
I ragazzini la seguirono,
ma lei gli intimò di non venire perchè sarebbe stato pericoloso,
quindi l'avrebbero dovuta aspettare a casa, e i ragazzini le obbedirono e
tornarono verso la strada della loro casa.
Intanto Lithos era ancora
più spaventata, sembrava quasi che quel cosmo la volesse portare via,
aveva paura, ecco cosa provò il Signor Aiolia, quando combattete contro
di loro, quell'energia era così nascosta e profonda capace di far
sprofondare di nuovo il mondo, anche adesso, gli attanagliava la gola la
soffocava troppo.
Forse era ancora impregnata
dell'energia oscura del tartaro, è per questo che spaventava così
tanto la ragazza.
Si staccò da lui
spingendolo all'indietro ansimando, lui la guardò un attimo, non capiva
perchè facesse così, ma forse ne intuì il motivo e si
accorse di essere stato uno stupido.
Lithos lo fissò con
i suoi occhi che ora erano gonfi di lacrime, ma non riuscì a guardarlo
oltre, voltò di scatto lo sguardo raccolse il pezzo del vestito che l’era
stato strappato, poi si alzò e corse via.
" Lithos, aspetta
scusami, non volevo..."
Gridò invano il
titano, allungano le mani, cercò di inseguirla, ma poi non lo fece
capendo che sarebbe stato inutile, ormai l'aveva spaventata, e quindi rimase
ancora solo a disperarsi, ora non solo i suoi fratelli, ora anche l'unica persona
a cui credeva, che lo capiva lo aveva abbandonato, in quel momento pensò
che era meglio che fosse morto, avrebbe preferito la vista del Tartaro
più tosto che vedere, allontanarsi così la persona che amava.
Lithos tornò a casa
Galan e Aiolia erano preoccupati, ormai era veramente tardi le andarono
incontro, ma videro l'espressione afflitta della giovane.
Aiolia le appoggiò
le mani sulle spalle.
" Lithos, che è
successo?"
La ragazza guardò
Aiolia, nei suoi occhi tristezza, ma non poteva dirgli niente, se ne
andò in camera sua e pianse tutta la notte.
Continua...