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Autore: Seta Kaiba    30/01/2007    1 recensioni
Allora ecco una mia nuova fan fic che spero che leggiate, in pratica possodirvi che l'idea mi è venuta leggedo episodio g che non è ancora finito e in pratica parte da una presunta fine ( Niente Spoiler) che ho inventato io e poi partirà la storia sui dei quattro titani sopravvisuti, che in questa storia avranno decisamente un lato umano che saprà chiedere anche perdono per gli sbagli commessi. I protagonisti saranno aiolia Lithos , imperione, Rea , Temi e teti, la storia girerà su di loro. beh non mi resta che farvela leggere buon divertimento e commentate in tanti.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Capitolo 3

"Essere uomini".

 

P

assarono ancora dei giorni e i quattro titani sopravissuti ormai, hanno riacquistato le forze, era il momento di uscire dal proprio nascondiglio anche se era pericoloso, il primo, infatti, a chiederlo fu Iperione, voleva andare in giro, per vedere ciò che era rimasto dopo il loro avvento, forse voleva rendersi conto del male che aveva fatto e pentirsene, ormai più passava il tempo con Lithos più si accorgeva dello sbaglio che aveva commesso, con i suoi fratelli.

Era sempre seduto vicino all'ingresso della sua grotta, quando lo raggiunse la ragazza, portandogli sempre il necessario per le sue esigenze, il titano le sorrise come sempre e la ringraziò, poi però le chiese qualcosa di inaspettato.

"Sai una cosa? Voglio fare un giro nel tuo paese." Chiese rimirando il cielo, mentre Lithos gli era affianco, e lo guardava, un pò titubante, beh di certo non poteva pretendere che se ne stesse in quel bosco a marcire per sempre, doveva pure uscire, e andare in giro, ma cosa sarebbe successo, se per caso gli sarebbe venuta ancora voglia di usare i suoi terribili poteri? Sarebbe stato una vera catastrofe, per poi un sentimento di nuovo di pena la persuase e accettò di accompagnarlo, però ad una condizione.

"E va bene, andiamo in paese, però nessuno deve sapere che sei uno dei titani, chiaro? E non fare niente di avventato, se non vuoi che ti scoprano.”. si raccomandò Lithos.

Il titano annuì, così la ragazza gli procurò un mantello, e lui si coprì il capo, in modo che nessuno potesse riconoscere in lui, ciò che era, poi si avviarono verso il paese.

Intanto al santuario ormai Temi era rinchiusa, nelle segrete da un paio di giorni senza sapere, quale destino le aspettava.

In quei giorni tuttavia, i soldati avevano rispettato il volere di Shura, e l'avevano curata e trattata con il dovuto rispetto, ma quanto sarebbe durato, perchè non sapeva ancora niente? Tutto questo la faceva solo andare in bestia.

"Insomma, per quanto ancora, mi volete tenere segregata qui? Perchè non ho ricevuto nessun giudizio ancora?" chiese la ragazza ad una guardia che le aveva portato il pranzo" Noi siamo solo dei soldati, non sappiamo cosa il gran sacerdote abbia in serbo per te, non siamo autorizzati a dirti nulla per ora"

Una risposta secca che fece incavolare ancor più Temi.

Intanto nella decima casa, Shura era rimasto a riflettere per alcuni giorni dal suo incontro con Temi, non aveva ancora detto nulla al gran sacerdote, e non sapeva se dirlo o no, una strana sensazione continuava ad invaderlo, sempre ogni volta, che metteva piede sulla scalinata, principale che portava alle stanze del gran sacerdote, e poi tornava indietro, assorto.

Non riesco a capire proprio cosa mi stia succedendo, eppure so che devo subito informare, il gran Sacerdote, ma ogni volta che salgo quella scala, mi viene in mente il suo volto, così pieno di grinta, anche davanti alla morte, dovrei odiarlo, eppure sento di non riuscirci, non voglio che le accada qualcosa...

Pensò tra se il sacro guerriero, fu combattuto, tra la giustizia e la pietà, non poteva permettere che un nemico sebbene sconfitto, fosse passato per le armi come un volgare ladro, era forse giustizia quella? No Athena non gli aveva insegnato questo, la giustizia era solo determinata da ciò che il cuore gli diceva di fare, la legge sarebbe stata inflessibile anche con lui, lo sapeva, ma doveva dare un’altra possibilità, a quella ragazza, si sarebbe assunto lui ogni responsabilità.

Intanto Rea ormai si era ristabilita, le cure di Shaina le fecero bene, la sua compagnia era diventata, piacevole, infatti, in quel periodo, si erano conosciute meglio, la titanide aveva parlato di se e dei suoi fratelli, e le spiegò il motivo, di tutto ciò che volevano creare, Shaina invece le insegnò a guardare oltre, e il senso di essere un umano, una donna, una donna che ha combattuto per i suoi ideali, Rea l'ascoltava dimostrando molto rispetto, per una donna che ha saputo, rendersi indipendente non ostante i vincoli, segnati dalla maschera e dal veto che aveva fatto ad Athena, anche se tuttavia Rea non era riuscita a capire, il perchè di quella costrizione.

"Come mai indossi quella maschera?" chiese a tradimento, Rea, Shaina fu scossa da quella domanda.

Le due ragazze erano sedute sul prato vicino alla casupola, a rimirare il cielo, in quell'istante, di quella domanda, passò una folata di vento, Shaina, però rispose.

"Questo è il veto che abbiamo fatto, per renderci indipendenti, per diventare guerrieri, e una specie di muro che si frappone tra la nostra femminilità e ciò che rappresentiamo in battaglia.”.

Rea capì benissimo "Capisco, mi dispiace per te.”. Shaina si incupì, invidiava quella dea che mostrava di essere una donna, senza costrizioni, era una donna bellissima, eppure era stata tanto mostruosa, durante la battaglia con Crono, ma ora iniziava a pentirsi anche lei e Shaina lo aveva capito, e per questo che si stava un pò affezionando, a lei e a considerarla non più una nemica, mai gli era successo prima di ora, non avrebbe voluto che se ne andasse via mai, ma era troppo pericoloso per farla stare lì, sia per lei, che per l'altra.

Rea si alzò, sbadigliando, poi si toccò un braccio per vedere se poteva muoversi, visto che durante gli altri giorni, non era in grado nemmeno di muoversi, le sembrò tutto a posti, si sentiva davvero bene" Accidenti devo ammettere che mi hai messa a pieno devo proprio ringraziarti sai?"

Shaina sorrise "Ah sì dunque ti senti bene, ok allora verifichiamolo.”. l'altra la guardò con aria interrogativa, mentre la Silver Saint sorrideva sotto la sua maschera, aveva in mente qualcosa di interessante, un duello tra loro, senza usare i propri poteri onde evitare, che tutto il santuario scoprisse la titanide.

"Facciamo un duello Rea, voglio vedere come te la cavi se non usi i tuoi poteri, anche io farò lo stesso...”.

Rea accettò volentieri, quindi si preparò al duello.

Erano faccia a faccia, tutte e due si erano, messe in posizione d'attacco, poi iniziarono combattere, Rea era molto agile, anche se non presentava la forza che metteva Shaina, si vedeva la differenza tra le due, però per ora sembravano pari.

Arrivarono ad un punto morto, Rea alla fine si lanciò con uno scatto verso la Silver Saint, che fu colta di sorpresa perché aveva intenzione di colpirla, ma lei scomparve davanti ai suoi occhi e le era dietro, così si beccò un calcio alla schiena, ma Shaina non si diede per vinta e guardandola ancora con sfida, si rialzò, mentre l'altra le era già addosso.

In quel momento però, Shaina si spostò lateralmente e afferrò il braccio, della titanide, infine, l'atterrò e vinse, perchè l'altra era stanca ormai.

Si sorrisero a vicenda era stato un bel combattimento.

Intanto Lithos ed Iperione che erano arrivati in paese, si accorsero di quanta distruzione c'era, sopratutto il titano che si sentì sempre più in colpa, per ciò che era successo, era proprio vero, quando Crono suo fratello diceva che gli umani sono così fragili, bastava guardarsi attorno per capire, quanto la distruzione sia stata devastante, e improvvisa.

Le case erano quasi tutte distrutte, e ognuno stava salvando il salvabile.

"Accidenti che disastro." Commentò Lithos camminando e voltando lo sguardo a destra e a sinistra, notando la rovina, Iperione non commentò, non c'era proprio niente da commentare da parte sua.

La ragazza lo guardò di sottecchi e capì quanto si sentiva in colpa e quanto soffriva in quel momento.

Ad un tratto due si fermarono avanti alla casa distrutta di una famigliola, che si era messa al lavoro per ricostruirsi la casa pezzo dopo pezzo, Lithos guardando quella scena, le fece un pò pena, ma cercò di andare avanti, Iperione invece stranamente rimase fermo, poi fece un’azione che mai prima di adesso avrebbe mai fatto, si tolse il mantello e lo diede alla ragazza, poi si avvicinò all'uomo, che probabilmente doveva essere il capo famiglia, e offrì il suo aiuto, l'altro sorrise e accettò l'aiuto offerto.

Lithos rimase a bocca aperta, non si aspettava, che si sarebbe offerto così, la forza di cambiare era veramente forte in lui, e lei ne fu così felice, andò anche lei ad aiutare.

Passarono così la giornata, e tra un mattone e l'altro sotto il sole cocente di Grecia, e a poco a poco il lavoro era già avanti, rispetto a ciò che avrebbero fatto quella famiglia da soli.

Arrivò quindi la sera Iperione e Lithos erano stanchissimi e non ci vedevano più dalla fame, era anche l'orario di tornare alla grotta, e dal signor Aiolia.

Si stavano incamminando verso le loro mete, quando l'uomo della casa li fermò.

" Ehi aspettate."

I due ragazzi si voltarono, e lo guardarono con un’espressione interrogativa, l'uomo sorrise ancora " vi prego non andate via, venite che vi offriamo qualcosa da mangiare, sarete affamati immagino, ed è il minimo che possiamo fare per sdebitarci.”.

L'offerta dell'uomo era molto gentile, non potevano rifiutare, quindi annuirono entrambi.

Dovrò trovare una scusa plausibile però...

Si ripetete tra se Lithos, Iperione invece sembrava stranamente contento.

L'uomo così si presentò a loro con il nome di Artus, e aveva una moglie di nome Gianna e due figli che si chiamavano Romina e Remo.

Artus li portò nell'accampamento che avevano improvvisato, nella attesa della ricostruzione della casa, lì mangiarono una zuppa preparata dalla moglie, che tra latro con le poche cose a disposizione aveva preparato una cenetta davvero saporita, tanto che Lithos fece i complimenti più vivi.

"Complimenti lei è bravissima signora."

La donna arrossì.

"Ti ringrazio Lithos, ne vuoi ancora?"

"No grazie, sono piena come un uovo."

"E il tuo amico?"

Disse la donna rivolgendosi ad Iperione che non aveva aperto bocca per tutta la sera e si era messo anche da parte.

Lithos lo guardò, ma capì benissimo che cosa avrebbe risposto" No non credo che ne voglia, è pieno come un uovo anche lui, vero?" L'altro annuì con il capo.

Ad un tratto Remo si avvicinò ad Iperione e lo fissò un attimo, tanto che il titano iniziò a sospettare, che quel ragazzino scoprisse chi era veramente, quindi di già era pronto ad andarsene, sotto le loro maledizioni, ma in verità il bambino, non aveva proprio idea di chi era, non lo aveva mai visto, pensava che era uno straniero, e poi non si era neppure presentato.

"Dimmi sei uno straniero? Come ti chiami?" chiese a tradimento, Iperione fu preso alla sprovvista e non sapeva proprio che rispondere però poi intervenne Lithos subito.

"Lino si chiama Lino, ed è un mio lontanissimo cugino è venuto da poco.”. disse la ragazza inventandosi una bugia al momento, sperando che il ragazzino e gli altri della famiglia ci cascassero, e per fortuna la bevvero.

Il bambino sorrise "Piacere di conoscerti Lino. Lo sai che sei davvero forte? Siamo a buon punto con la casa." Iperione ricambiò il sorriso, il volto di quel bambino gli sembrò tutto ad un tratto così illuminato di una luce ingenua, ma bella la luce che non aveva mai voluto vedere, nell'umanità durante la sua esistenza oscurata, dalle ombre dell’odio del Tartaro.

Era proprio a suo agio.

Passò così la sera e Lithos e Iperione tornarono a casa, il giorno dopo, però ritornarono in paese e continuarono ad aiutare altra gente, mentre il signor Artus li invitava sempre da loro, a cena ed anche a pranzo, il titano, sembrò prendere sempre più piede, e finì un pò con l'affezionarsi alla famigliola di Artus e alla gente del posto, finalmente era libero dall'oppressione del Tartaro, i giorni di guerra sembravano ormai lontani, si sentiva un uomo, non più un dio, iniziò a capire tutto e a maledirsi per quello che aveva fatto, un giorno, infatti, ne parlò con Lithos, prendendola da parte una sera, prima di salutarsi, avanti all'ingresso della grotta.

"Lithos, ho una confessione da farti, la vuoi ascoltare?"

La ragazza annuì, poi si sedette a canto a lui a rimirare il cielo, stellato.

" Mi sono accorto troppo tardi di aver commesso un errore madornale, mi sono creduto sempre superiore, e poi è arrivata la sconfitta, ed infine il senso di colpa, mi sta mordendo dentro, come lupo affamato, eppure mai mi era capitato di avere sentimenti così contrastati tra loro, questi giorni mi sono sentito per la prima volta un uomo e non un dio, e non ne sono mai stato così felice di esserlo e tutto questo è stato solo merito tuo.”.

Il titano parlò per la prima volta con il cuore, il cuore di un dio che si sta trasformando in uno umano, si girò all'indietro per non farsi vedere da Lithos piangere, ma la ragazza aveva capito benissimo.

"So bene cosa stai provando, sono contenta che finalmente tu ti renda conto, sapevo bene che avresti capito è per questo che sono così contenta di averti salvato.”. la ragazza pianse anche lei, poi lo abbracciò forte e così fece anche lui, che sembrava avere più bisogno di qualcuno che avesse la forza di consolarlo e dirgli che stava facendo forse la cosa più giusta, e lei era l'unica che ora gli rimaneva, l'unica che ha saputo capirlo, come mai nessuno aveva fatto.

Si lasciò coccolare, appoggiando la testa sul petto della ragazza, che gli accarezzava i sottili e neri capelli stringendolo a se.

"Iperione ascolta.".

Sospirò la ragazza a un orecchio del titano, che alzò la testa"Stare qui in Grecia è molto pericoloso per te, non voglio che ti succeda niente, ma devi andartene da questo paese.".

La ragazza, non avrebbe voluto che se ne andasse, però era per il suo bene, non voleva rischiare che il Santuario scoprisse che fosse vivo, lo avrebbero ucciso e per lei sarebbe stato una gran perdita, poiché ora sentiva di non provare solo un sentimento di pura amicizia, era molto di più ad era pericoloso.

Il ragazzo la fissò per un attimo, ma capì che quella ragazza nutriva per lui un sentimento molto profondo, molto di più con una semplice amicizia e infondo anche lui lo provava per lei la stessa cosa, non sapeva perchè lo stava invadendo un sentimento così profondo, che mai aveva provato prima, ma la vedeva una protettrice pure essendo così fragile nella sua forma, un fiore appena sbocciato che resisteva anche d'inverno, la sua pelle era così candida e morbida, mentre sfiorava con le dita sottili il collo, il suo profumo emanava una fragranza di fiori di pesco, così dolce che ormai ne era completamente ipnotizzato.

Lithos sentiva il movimento leggero delle mani del titano, sul suo collo, che man mano andavano a scendere, fino a sfioragli il seno, a cingergli la vita e un brivido le percorse, forse stava per succedere qualcosa di irrimediabile.

"Non voglio andarmene e sperare di vivere senza di te, più tosto la morte, non importa che io mi salvi o no, purché tu non stia lontano da me neppure per, un attimo.”.

Il titano pronunciò queste parole, ormai non gli importava di se stesso, in quel momento sentiva solo di desiderare lei, la fissò negli occhi.

"Lithos, vorrei che Artemide, non portasse via la Luna di questa notte, in modo che il tempo si fermi qui in quest'attimo, vorrei immortalare questo momento, nelle stelle come le costellazioni, vorrei che il mondo si fermasse adesso a guardarci, vorrei che dei e uomini si fermassero un attimo, per poterci guardare, guardare l'eterno amore che stiamo vivendo...”.

Parole poetiche, dette da un mostro, che ironia della sorte, e poi un bacio che forse ne stava dando la conferma, la ragazza era invaghita di lui, sentiva di non poterne fare a meno, però poi qualcosa la fermò, forse aveva paura di amare un dio, il cuore iniziò a battergli forte, sembrava che volesse uscire, mentre lui iniziava a spogliarla della sua veste lino, cercandola di strappare, mentre il suo cosmo, si stava espandendo, cercando di arrivare al cuore impaurito di Lithos.

Quel cosmo, così carico però non passò in osservato a chi già lo conosceva, infatti sua sorella Teti, se ne accorse, ora che era passata per il grande tempio assieme ai bambini che l'avevano salvata.

"Iperione?..."

Esclamò di colpo fermandosi la titanide, i ragazzini la guardarono con aria interrogativa, mentre lei corse per un tratto verso nord dove sentiva quella presenza non le sembrava possibile eppure era, lui, ma fu solo un attimo poi smise di colpo, forse si era illusa, ma se suo fratello era vivo invece, non poteva ignorarlo, si avviò verso quella scia di cosmo.

I ragazzini la seguirono, ma lei gli intimò di non venire perchè sarebbe stato pericoloso, quindi l'avrebbero dovuta aspettare a casa, e i ragazzini le obbedirono e tornarono verso la strada della loro casa.

Intanto Lithos era ancora più spaventata, sembrava quasi che quel cosmo la volesse portare via, aveva paura, ecco cosa provò il Signor Aiolia, quando combattete contro di loro, quell'energia era così nascosta e profonda capace di far sprofondare di nuovo il mondo, anche adesso, gli attanagliava la gola la soffocava troppo.

Forse era ancora impregnata dell'energia oscura del tartaro, è per questo che spaventava così tanto la ragazza.

Si staccò da lui spingendolo all'indietro ansimando, lui la guardò un attimo, non capiva perchè facesse così, ma forse ne intuì il motivo e si accorse di essere stato uno stupido.

Lithos lo fissò con i suoi occhi che ora erano gonfi di lacrime, ma non riuscì a guardarlo oltre, voltò di scatto lo sguardo raccolse il pezzo del vestito che l’era stato strappato, poi si alzò e corse via.

" Lithos, aspetta scusami, non volevo..."

Gridò invano il titano, allungano le mani, cercò di inseguirla, ma poi non lo fece capendo che sarebbe stato inutile, ormai l'aveva spaventata, e quindi rimase ancora solo a disperarsi, ora non solo i suoi fratelli, ora anche l'unica persona a cui credeva, che lo capiva lo aveva abbandonato, in quel momento pensò che era meglio che fosse morto, avrebbe preferito la vista del Tartaro più tosto che vedere, allontanarsi così la persona che amava.

Lithos tornò a casa Galan e Aiolia erano preoccupati, ormai era veramente tardi le andarono incontro, ma videro l'espressione afflitta della giovane.

Aiolia le appoggiò le mani sulle spalle.

" Lithos, che è successo?"

La ragazza guardò Aiolia, nei suoi occhi tristezza, ma non poteva dirgli niente, se ne andò in camera sua e pianse tutta la notte.

 

Continua...

 

  
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