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Autore: J O A N    16/07/2012    3 recensioni
Ea Mansit, tradotto dal latino "Ella restò." 
Restare ad osservare, in una notte di luna, il proprio mondo che crolla in frantumi.

“Sei completamente dipendente da me.” Le bisbigliò all’orecchio mentre osservava, quasi disinteressato, in basso, verso le vene del suo collo e le sue clavicole che, alla luce della luna, apparivano più bianche di quanto non fossero. Poi percorse con la punta del dito tutta la lunghezza della sua spalla, in un tocco così lieve che, inutile dirlo, lei non mostrò nemmeno di essersene resa conto. Ma lui ovviamente notò i brividi che solcavano irregolari la sua pelle.
“Illuditi.” Mormorò con una voce più spezzata ed incerta di quanto avesse voluto che fosse, quando le sue dita accarezzarono gentili il lobo dell'orecchio.
Lui rise, inclinando la testa leggermente in avanti. “Non sono illusioni, io ti ho portato via. E tu mi hai seguito di tua volontà.”
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Manere
- restare -




 
 

 


Dedicata alle anime in pena,
e a chi, delle pene, ne è un reduce indiscusso.


 



 

 
 
 
 

Il mento in alto, le sopracciglia curve e gli occhi puntati verso di lui.

Ogni suo muscolo si era irrigidito, le unghie avevano lasciato una scarnificazione rosea sui palmi serrati delle sue mani che, come grazia imponeva, erano poste in grembo nel tentativo di apparire consuetamente prive di tremolii nervosi.

Le vene che scorrevano per il suo collo apparivano in risalto contro la carnagione chiara ed erano tese fino all’inverosimile, e le guance erano tinte di un color rosso pallido, che forse qualcuno avrebbe attribuito all’imbarazzo, ma chi la conosceva bene sapeva che in realtà era la dimostrazione della sua rabbia feroce.

“Come sapevi che ero qui?”

Il ragazzo ridacchiò, e nel farlo si portò una mano dietro al collo, guardandola divertito.

“So sempre dove ti trovi.” Mormorò, avvicinandosi a lei che, seduta, si stava lisciando la gonna bianca tentando di estirpare le pieghe.

“Stupido.” Farfugliò distogliendo lo sguardo e guardando dritta davanti a se.

Il ragazzo si avvicinò ulteriormente, e si sedette dietro di lei, con le gambe divaricate per permetterle di appoggiarsi a lui con la schiena.

Lei però rimase ferma, senza nemmeno prendersi la briga di guardarlo. Solo quando lui le cinse i fianchi con le braccia e la tirò verso il suo petto lei non oppose resistenza e si fece abbracciare.

“Sei completamente dipendente da me.” Le bisbigliò all’orecchio mentre osservava, quasi disinteressato, in basso, verso le vene del suo collo e le sue clavicole che, alla luce della luna, apparivano più bianche di quanto non fossero. Poi percorse con la punta del dito tutta la lunghezza della sua spalla, in un tocco così lieve che, inutile dirlo, lei non mostrò nemmeno di essersene resa conto. Ma lui ovviamente notò i brividi che solcavano irregolari la sua pelle.

“Illuditi.” Mormorò con una voce più spezzata ed incerta 
di quanto avesse voluto che fosse, quando le sue dita accarezzarono gentili il lobo sotto l’orecchio.


Lui rise, inclinando la testa leggermente in avanti. “Non sono illusioni, io ti ho portato via. E tu mi hai seguito di tua volontà.”

Altri brividi percorsero la spina dorsale di lei, per poi irradiarsi in ogni centimetro del suo corpo, quando il movimento delle dita nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo fu sostituito da quello delle sue labbra.

Serrò gli occhi, mentre si godeva in silenzio la sensazione di calore sulla sua pelle, mentre le mani calde, ferme e sicure di lui le serravano i fianchi in una morsa ferma.

“Non scappare.” Sussurrò, e al contrario dei rumori notturni che sembravano ora così lontani, quell’unico sussurro le parve un urlo, così chiaro e forte che per un momento sentì una morsa nel petto, come di una ferita aperta da mille spade.

Le mani di lui scesero verso il suo grembo e con un abbraccio lambirono quelle di lei. Sfiorò le dita che si aprirono come soggette ad un muto comando, lui ne accarezzò i palmi, e ogni traccia di tensione o rigidità svanì.

Nella mente di lei, in qualche angolo remoto e dimenticato, c’era qualcosa che le urlava con tutto il fiato che aveva in gola di resistere, di non mollare. Ma era lontana, era un eco indistinguibile. Ciò che importava ora era a pochissimi centimetri da lei, e i suoi mormorii erano l’unica cosa tangibile che rimaneva nel mondo attorno.

“Non ti lascerei andare da nessuna parte.” Di nuovo, quel bisbiglio solo per lei, che infrangeva ogni barriera di ragione e di lucidità.

Ormai era inutile provare a rispondere, si era completamente dimenticata di cosa volesse dire muovere un muscolo. Chiuse gli occhi, mentre dalle sue dita le mani di lui risalivano lievi sulle braccia.

Ti sei mai chiesta perché ti ho portato via?” Continuò, ormai sicuro di avere la sua attenzione.

Lei scosse la testa lentamente. Non voleva più sentire la sua voce, voleva scappare e non lasciare traccia di se. In un luogo senza tempo ne ricordi.

Era un luogo troppo grande e spoglio perché tu potessi sentirti a tuo agio. Troppe porte che non venivano aperte da anni, troppi angoli bui da cui scappare. Le persone che ti stavano attorno erano stravaganti, bizzare, si prendevano gioco di te. Tu che eri solita a dire la verità, ti esprimevi a parole semplici, non avevi secondi fini oltre quelli che davi a vedere. Eri innocente, amore mio, saresti morta. Eppure, mi sembra che ci sia qualcosa che ti uccida anche ora.”

Le parole si mischiarono al pianto che incominciò a scorrere attraverso lacrime sulle guance di lei. Le mani di lui avevano di nuovo preso le sue e le avevano strette forte mentre parlava, la fronte di lui appoggiata a lato della testa di lei, perché le sue labbra sfiorassero precisamente l’orecchio.

Lei continuò a piangere in silenzio - autentico è il dolore di chi piange da solo -  sapendo che lui non avrebbe nemmeno provato ad asciugarle.

Era la sua punizione.

“Ti sei congedata dal tempo, dalla morte, dalla notte. E ora guardati. Ne viva ne morta, ma la tua passione è la stessa che ti portò alla rinascita.”

Lui era il suo demone. Era un mostro che non sembrava tale, la sua voce suadente la costringeva ad aggrapparsi alle sue mani come se fossero la sua unica ancora.

Affogava nella marea, e lui le porgeva la salvezza. Si dimenava tra le onde, ma invano. Come avrebbe potuto non accettare?

“Scusa.” Mormorò dolcemente lui posandole un bacio sul collo. “Non sono io il nemico. Dopo tutti questi anni dovresti averlo capito.”

“L’ho capito.” Biascicò con voce spezzata. “L’ho capito.”

Si voltò, e trovò le braccia di lui ad accoglierla, le sue mani che sembravano giurare di non lasciarla andare nemmeno in secoli.

“L’hai capito ma non puoi restare, vero?” Mormorò lui. La sua voce era costernata, avvilita. Spolverando nella sua memoria, lei non ricordò di averla udita con una cadenza così amareggiata in tutta la sua vita.

“E’ così, e tu lo sapevi dall’inizio.”Sussurrò flebile, guardandolo negli occhi ancora una volta. Passò il dorso della mano sulla sua guancia e lui voltò la testa, baciandole il palmo, poi annuì, comprensivo.

Si alzò in piedi, e lui non tentò di trattenerla. Mantenne le dita intrecciate a quelle di lei, sino a che lei non si mosse, le mani si districarono e la sua ricadde pesante sulla gamba.

La osservò allontanarsi dove lui non avrebbe potuto seguirla.

 Pianse lacrime amare, ma solo quando lei fu troppo lontana per accorgersene.
 
 






Accadde in una notte in cui la luna si confondeva con le nuvole,

in cui i venti del nord soffiavano aria di neve,

e nelle case vecchi scorbutici leggevano poesie e racconti,

e le mogli preparavano latte caldo ai figli che non avevano voglia di dormire.

Accadde in una notte di metà inverno,

 quelle che ti mettono voglia di indossare un maglione caldo solo a
sentirne parlare.

Di stringerti alla persona che ami, per non congelare.
 
 
 
 





 
Joan.
Non sapevo proprio che cosa farne. Era in una cartella di computer, ed infine eccola qui.
Non sono sicura di che cosa sia esattamente.
Forse un prologo. Comunque penso di continuarla. Diventerebbe una specie di Fantasy-Romantico-Drammatico.
Però ovviamente se nessuno la segue non la continuerò…Quindi se volete che posti altri capitolo fatemelo sapere con recensioni o quelchevolete.  ;)
Sapete, è colpa di luglio. Colpa del caldo, delle partenze e degli aeroporti. E’ colpa loro se mi escono queste cose, colpa del fatto che vorrei partire ma rimango confinata qui, tra una fan fiction, un libro Fantasy e qualche bagno in piscina.
Okay, scusate, è il caldo.
Per le mie muse ispiratrici. (Apfel, Hells, Pipe, Claire, e il resto della combricola.) 
 
Bacione,
Jo;

  
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