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Autore: neme_    16/07/2012    6 recensioni
« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino. »

Lavi è uno scrittore di successo, Rukia un'attrice. I due, come molti altri personaggi, usano rifugiarsi in un atipico giardino chiamato Hortum Septentriones. I destini di Lavi e Rukia e degli altri personaggi si incroceranno in questo viale. Perché sono tutti cercatori.
[Crossover][LaviRuki][Altri crack pairing][Het][Yaoi][Lime][AU][Introspettivo][Possibile OOC][Slice of life]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino: salve. Eccoci al nuovo capitolo. Il titolo è un rimando al LaviRuki. Lei in Bleach ha una spada che controlla il ghiaccio, lui in D.Gray-man usa principalmente il potere del fuoco, così... certo che in questa storia sono stranissimi. Come tutti, del resto. Vorrei approfondire il rapporto tra Grimmjow e Ichigo. Mi piacciono tanto in coppia, per cui vorrei riuscire a renderli in questo rapporto ambiguo che hanno qui. Nel prossimo conto di approfondire anche Renji e Allen, e pure Tyki. So bene che fare le cose di corsa non fa bene, ma... vabbè, lo scopriremo solo vivendo -ah ah- Chissà poi perché vedo bene anche Lavi in questa amicizia singolare con Grimmjow. Accidenti, sono strana forte! Poi più aumentano le “regole”, più mi sembrano assurde. Spero che vi piaccia comunque il capitolo!
Ringrazio infinitamente
Kumiko Walker, KayeJ, Haily, Ookami san, Sidan, Angy Valentine, zombiecch, M e g a m i e matechan per le splendide recensioni che mi hanno lasciato! Ringrazio moltissimo Angy Valentine, AriCastle66, M e g a m i, matechan, Ookami san, zombiecch e Haily per aver inserito la storia tra le preferite! E ringrazio di cuore Arsenico, HaChiElriC, KayeJ, Kumiko Walker, M e g a m i, matechan, S h a i l a, Sidan, Tiamath e zombiecch per averla inserita tra le seguite! Ringrazio tutti coloro che leggono e apprezzano, spero che vi piaccia e attendo con ansia i vostri pareri! Buona lettura!






Hortum Septentriones





Sei





Fuoco di ghiaccio





« Questo è un giardino, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne organizzano un mercato, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne passeggiano in questo giardino, di come se ne incontrano in qualunque viale.
Ogni giorno qualcuno si perde e arriva qui, oppure ci viene di sua spontanea volontà.
Questo giardino è una casa. Per chi? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque è alla ricerca. Di cosa? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque.

Hortum septentriones »


« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino.


Nessuno è obbligato a rivelare il proprio nome.
Non è necessario sapere esattamente cosa si sta cercando.
Qualunque cosa sia, qui la si troverà.
Sicuramente.


I brividi che sentite non sono dettati dalla paura.
La vostra natura lo sa perfettamente.


È possibile organizzare particolari eventi quali concerti o feste.
Qualora lo si desideri, è possibile alloggiare per una o più notti nelle locande.
Non vi è alcun obbligo di rilasciare i veri dati personali o documenti.
Il pagamento varia a seconda delle locande.
O, per meglio dire, a seconda della natura dei rispettivi gestori.


Qualunque cosa succeda, mai chiedersi se sia giusta o sbagliata.
Il giardino non conosce queste sottigliezze.


Il giardino esiste per voi cercatori.
Qualsiasi modifica venga apportata, viene fatta per il vostro benessere.
Siamo certi che le vostre nature rimarranno soddisfatte.
Loro sanno cosa vogliono. »





C'è la luna piena e Renji non vuole perdersela. Certo, potrebbe unirsi alla festa che si sta tenendo nel giardino, fare qualche esibizione e guadagnare dei soldi, ma c'è la luna piena e non vuole perdersela. Inoltre Allen sta dormendo da un pezzo e non vuole svegliarlo, ha avuto una giornata abbastanza dura. Anche se ha notato che da un po' di tempo riesce ad affrontare meglio la situazione da artista di strada. È come se avesse ritrovato la passione, ciò che gli faceva rendere quel lavoro affascinante. Ogni volta che vede Allen, Renji si sente gratificato. È stato lui a trascinarlo in quel giardino, e come avrebbe potuto non farlo? Il mondo là fuori stava portando il suo amico allo sfinimento. Gli stava facendo dimenticare la felicità che si prova nell'essere totalmente liberi, con il cielo come tetto e la strada come casa. Non che Renji dorma sui marciapiedi. Ma di suo non possiede nulla se non le sue capacità che ha saputo sfruttare per guadagnare qualche soldo. Gli piaceva l'idea di non appartenere a nessuno. Gli piaceva.

Poi ha messo piede nell'Hortum Septentriones. E ha iniziato a lavorare soltanto lì, dormendo in una delle locande messe a disposizione. Paga ogni giorno utilizzando parte dei guadagni suoi e di Allen ed è felice così. Di certo, pensa, se non esistesse un posto come quello avrebbe continuato a girovagare per strada senza legarsi a nient'altro. Quello è l'unico posto al mondo dove può lavorare, conoscere gente, vivere e ammirare la luna, la sua amata luna piena e giocare con lei in tutta tranquillità. Quando la luna fa da spettatrice Renji ci mette il massimo dell'impegno. Adesso è tutto concentrato a fare l'equilibrista su una ringhiera ed ha un sorriso enorme stampato sul viso. Ha sempre pensato che la luna lo protegga, subisce il suo fascino in maniera inspiegabile. Non può mai mancare il suo appuntamento con lei e, quando gli va, le parla anche, totalmente rapito. Spesso si sorprende a guardarla con nostalgia, come se avesse dimenticato qualcosa di importante lassù e non avesse i mezzi per riprendersela. O forse è lui a possedere dentro di sé un frammento di luna e la distanza è tale da rendere il tutto più nostalgico del solito. È una cosa del suo inconscio che non riesce a spiegarsi bene, come può una cosa come la luna avere una tale influenza su di lui? Si è perfino reso conto che di giorno è ben diverso dal solito. Impulsivo, quello sempre, anche un po' timido, a vederlo non si direbbe ma lui lo è, tantissimo, e lo nasconde con modi di fare un po' burberi ma la facciata non regge molto, quando è con una ragazza si mostra molto più malleabile. Ma di notte, davanti alla luna piena, cambia totalmente e non è certo un licantropo. L'impulso cede il posto alla soggezione e la timidezza che tende a nascondere diventa sottomissione totale. La luna è suprema, lui lo sa e non può che aspirare ad essere come lei. Le rivolge lo sguardo e ulula a stento perché la sua natura possa raggiungere quella bellezza, cercando di rifletterla nel suo lavoro. A giudicare dai guadagni che fa sembra che ci stia riuscendo ma lui lo sa, non è neanche a metà strada. Ma non se ne dispiace più di tanto, è questo il bello, si dice. Avere qualcosa su cui puntare. E per sua fortuna il suo obiettivo non sparisce, la luna è sempre là.

Continua a fare qualche acrobazia in piena notte senza timore, lasciando che i capelli rossi lunghi fino alla schiena sfiorino il terreno. Crede di essere solo ma sente dei passi in lontananza, si fanno sempre più vicini, hanno parecchia fretta. Smette di fare i suoi esercizi -se così li si possono definire- per dare un'occhiata e vede un uomo che corre a perdifiato, dai capelli rossi come i suoi. Resta sbigottito, parla ad alta voce, sicuro che lui non possa sentirlo.

« Ma quello non è Deak? » lo conosce, ha avuto occasione di leggere alcuni suoi libri e ricorda di aver visto una sua foto sul retro della copertina. Lo riconoscerebbe tra mille. Vorrebbe avvicinarlo e complimentarsi con lui, i suoi libri gli sono piaciuti parecchio. Gli riconosce un vero talento, di quelli che nascono una volta ogni dieci o vent'anni. Non si tratta solo di saper mettere in fila due parole di senso compiuto, quel Deak ha la straordinaria capacità di farti sentire “fratello suo”. I personaggi che si muovono nei suoi romanzi hanno sempre una qualche caratteristica che ti porta addirittura a pensare che tu e Deak vi conosciate e che ti abbia usato come modello quando non è così. È di certo una grande capacità di immedesimazione questa. Come artista di strada sarebbe eccezionale.

Vorrebbe parlargli ma vede che ha molta fretta, verso una locanda. Così decide di lasciarlo fare. Ora sa che è un frequentatore del giardino e ride al pensiero. Non poteva aspettarsi niente di diverso da uno come Deak e adesso ha la certezza di rivederlo un'altra volta. Ci saranno altre occasioni. Torna a fare i suoi esercizi con un sorriso e ringrazia la luna.

Lavi non si fa scrupoli ad entrare nella locanda. Saluta con un caloroso sorriso il proprietario. Nota che sta leggendo un suo libro ma questo non lo imbarazza. L'uomo, di circa cinque o sei anni più grande di lui, accantona ciò che sta leggendo e ricambia il saluto.

« Buonasera, Deak. » non conosce il suo vero nome e non è interessato a chiederglielo. Va bene così.

« Ciao, Kaien. » gli stringe la mano. Quando parla con lui si sente un po' un ragazzino e lo dimostra nei gesti, nei sorrisi. Il proprietario di quella locanda gli trasmette un vago senso di protezione e familiarità. Ne è indubbiamente affascinato, per questo ogni volta che può si ferma a pernottare lì. Resta volentieri a parlare con lui e non nega che grazie ai discorsi che fanno spesso riesce a ricavare idee per dei manoscritti. Ma quella sera non ha occasione di chiacchierare. Anzi, ha una certa fretta. Non perde tempo.

« Devo sapere qual è la stanza di una donna che si è presentata qui come Harriet. »

« Harriet? Come la protagonista del tuo libro? » Lavi annuisce. È uno dei primi che ha scritto, forse per questo ci è particolarmente affezionato ma non pensava che anche i lettori lo avrebbero apprezzato a tal punto. Pensava che sarebbe finito presto nel dimenticatoio. Gli fa piacere vedere che invece rimane ancora ben vivido nella memoria. Il fatto che anche Rukia, proprio lei, lo preferisca fra tutti, lo lusinga.

« In effetti, poco fa è entrata una donna con quel nome, ma non credo che sia suo. » è intuitivo, Kaien, ma anche discreto. Non si chiede mai perché i suoi clienti si presentino con un falso nome. « Ecco. Stanza numero nove. Ti sta aspettando? »

« Sì. »

« Allora l'avviso? »

« Ti ha chiesto di essere avvisata? »

« Uhm, no. »

« Allora non farlo. »

« D'accordo. In effetti, si è solo presentata e non ha scucito un'altra parola. Come se non volesse farsi riconoscere. Bè, affar vostro. Vi auguro una buona permanenza. »

Ovvio che non voglia farsi riconoscere, è pur sempre un personaggio in vista. Sotto questo aspetto pare molto più previdente di lui, che non si preoccupa di uscire di casa conciato per bene allo scopo di non farsi riconoscere. A lui piace essere fermato da sconosciuti e chiacchierare, non si può mai sapere che scatti la molla della sua natura e che cominci a girare. Ma fuori dal giardino succede raramente, Tyki è uno di quei casi. Lavi si chiede se le cose sarebbero andate diversamente se avesse incontrato Rukia in un bar qualunque. Ci pensa su intensamente mentre sale le scale e si dirige verso la stanza numero nove, dove lei lo sta aspettando. Scuote la testa e sorride. Se ha percepito i brividi guardando i suoi film, di certo quella trottola nel corpo sarebbe impazzita in qualunque caso. Il fatto che l'abbia incontrata all'Hortum Septentriones rappresenta semplicemente un caso fortuito, se ne convince sempre di più. Su una strada qualunque forse non si sarebbero avvicinati in quel modo così presto ma non gli dispiace. Nel giardino della stella polare si sono potuti presentare senza timore. Lei si chiama Rukia. È un bel nome, pensa. Molto diverso da Mai, ma gli piace comunque.

Apre la porta senza bussare. Sente che ogni tipo di barriera è superflua lì dentro. Si chiude subito la porta alle spalle e la vede, di fronte a lui. Ha le braccia conserte, guarda verso la finestra, ma ciò che lo colpisce è l'abbigliamento, diverso da quello di prima. Indossa una semplice maglietta a righe orizzontali bianca e nera, lunga fino alle cosce. Le calze nere salgono fin sopra il ginocchio e non ha accessori particolari. Si è cambiata velocemente per lui, perché sa che quel tipo di vestiario gli farà ricordare inevitabilmente una cosa.

Si volta verso di lui e sorride. Resta ferma, a braccia incrociate, ad aspettare un suo cenno.

Lavi ricambia il sorriso. « Si è vestita come Harriet. »

« È vestita così nel capitolo che preferisco. » inoltre quella maglietta dai colori semplici contrasta con l'arredamento della stanza. Non c'è un letto, solo cuscini colorati e dalle diverse fantasie, tappeti, tende, lampadari che pendono pericolosamente sulle loro teste, Lavi volendo potrebbe toccarli facilmente. A pochi passi, su un soppalco, c'è una vasca da bagno già pronta, con l'acqua fino all'orlo. C'è anche un vassoio con alcuni dolci, una bottiglia di champagne e due bicchieri. Il fatto che abbia preparato tutto per lui gli fa impazzire del tutto la trottola che ha dentro.

« Il capitolo in cui incontra il suo amico d'infanzia quell'unica volta in cui possono concedersi. » continua Rukia. Ha già riempito un bicchiere e lo offre a Lavi che accetta di buon grado. « Fanno l'amore eppure non sono innamorati. È straordinario il modo in cui riesce a delineare i rapporti fra loro nonostante la situazione. Quando l'ho letto sono rimasta di stucco, lo confesso. All'epoca non avevo mai contemplato l'idea che due amici potessero concedersi a vicenda anche i rispettivi corpi. »

« Forse la mia opinione sulla sessualità è leggermente diversa da quella degli altri esseri umani. » non ha ancora preso un sorso di champagne. Osserva affascinato Rukia versarsi il proprio bicchiere. « Personalmente, non vedo cosa ci sia di male in due persone che fanno sesso senza amarsi, che siano sconosciuti o amici. Noi siamo nati con questo impulso e, forse per ingiustizia, in certi casi diventa fin troppo pungente. Non soddisfarlo per una discutibile etica morale è ingiusto. Non penso che il sesso possa deteriorare rapporti sinceri. Tutto sta ad essere consapevoli di ciò che dice la nostra natura. »

« E la natura di Harriet in quel frangente le diceva di farlo senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni? »

« Possiamo definirlo, quello, uno dei primi passi verso la consapevolezza di se stessa. Quando ci si rende conto di ciò che si vuole realmente, svaniscono di colpo anche molte preoccupazioni. Rendersi conto di avere un desiderio così forte, che sia ottenere un lavoro, un grande amore o una semplice nottata di follie, non può che rendere l'essere umano felice. Senza questi input, la natura non è altro che un involucro vuoto. Boicottare ogni qualsivoglia desiderio è come pugnalarsi, a parer mio. Ovviamente questo discorso lo si potrebbe ampliare ad argomentazioni più approfondite e spinose, se vogliamo, come il bene e il male, l'uccidere o fare del bene, e via discorrendo. Ma non cambia il fatto che tutto sia comunque soggetto alla consapevolezza della propria esistenza. »

« È affascinante sentire un discorso simile da lei. »

« La ringrazio. A cosa brindiamo? » allude ai bicchieri ancora pieni, stretti tra le mani.

« Alla consapevolezza. Le suona bene? »

« Lo trovo perfetto. »

Si avvicinano i bicchieri a vicenda e fanno un lungo sorso. Non riescono a non guardarsi a vicenda durante quel gesto, e anche dopo. Lavi ha rischiato di far cadere il bicchiere perché non ha guardato dove metteva le mani. Prima ha potuto toccare la sua pelle e l'ha adorata. Le sue dita vogliono già tornare a sfiorarla. Vuole sentirla presentarsi di nuovo. Non come Mai, ma come Rukia.

Per Rukia sapere di avere di fronte Lavi, lui, non Deak, le dà un inspiegabile senso di benessere. Ammette che le due facce in qualche modo coesistono. È pur sempre colui che ha scritto il suo libro preferito e ha potuto ascoltare cosa pensa al riguardo con le sue orecchie dalla sua voce. Ha potuto osservare in prima persona le sue mani, non stanno ferme un secondo, si ritrova spesso a gesticolare ma forse non se ne rende conto. A lei però piace perché così ha la scusa perfetta per poterle ammirare. Sono belle anche da toccare, quelle mani. Lavi, Deak, in fin dei conti non sono diversi, non come lei. Tra Mai e Rukia ci sono anni luce di differenza.

Si siedono ai piedi della vasca, lui si toglie cappotto e sciarpa. Una volta liberato da quegli impicci tornano ad avvicinarsi e sì, anche baciarsi, senza pensare a nulla che non sia ciò che vogliono le loro nature. In quel momento gridano cose confuse, a stento ci si riesce a stare appresso. Qualunque cosa dicano, sicuramente li stanno spingendo a baciarsi, ancora e ancora. Lavi non perde occasione di sfiorarle le gambe, su quell'unico spazio dove è rimasta scoperta un po' di pelle, senza dimenticarsi del suo viso, ovviamente. Toccare quella pelle lo fa sentire appagato e, forse non se ne rende conto, ma rendono lei felice. Essere toccata da quelle mani è ciò che più desidera la sua natura. Si è immedesimata in Harriet, da brava attrice, forse troppo. Si è resa conto di desiderare ardentemente una cosa e ha deciso di ottenerla, incurante di ciò che potrebbe comportare quell'ingenuo desiderio. Ma Lavi ha ragione. Sono scomparse molte preoccupazioni nell'istante in cui lo ha baciato. Quindi, che male c'è nel continuare?

« Le dispiace se fumo? » avvicina la mano al cappotto, ha un tono pieno di cortesia. Lei scuote il capo e in tutta calma si accende la sua sigaretta. Non si perde nemmeno un secondo i movimenti della mano e si è fermata per qualche secondo anche sulle labbra che stringono la sigaretta.

Questo non impedisce allo scrittore di tornare a strapparle dei baci. Si accarezzano a vicenda con insistenza e ha dovuto posare la sigaretta sul soppalco per potersi far sfilare il maglione senza rischiare bruciature. Lei invece rimane vestita così com'è, Lavi ha già avuto modo di verificare che sotto non indossa né gonne, né pantaloncini, solo la biancheria, ma aspetta che sia lei a togliersela. Difatti si accomoda meglio a bordo vasca, continua a fumare e la osserva, con un sorriso, mentre si toglie quell'indumento e nient'altro, mentre lui rimane mezzo nudo. Non ha niente da obiettare quando si vede afferrare la testa. Lo sposta all'indietro con gentilezza e subito le ciocche rosse si inumidiscono a contatto con l'acqua.

« Vuole rivivere quella scena, Rukia? »

« Harriet durante il rapporto si taglia accidentalmente e qualche goccia del suo sangue sporca l'acqua. Io non voglio che si ferisca, ma il colore dei suoi capelli ricordano molto il sangue. Spero che non si offenda. »

« Affatto. È grazie al sangue che viviamo. Non mi dispiace il paragone. »

« Ho pensato che ricreare quest'atmosfera sarebbe stato l'ideale per tutti e due. »

« Ha senza dubbio il suo fascino. Ma, se posso permettermi, non voglio che sia Harriet a concedersi a me. Io voglio Rukia. »

Lei sorride, si sente lusingata davvero. Lo bacia di nuovo e lascia che la mano che non tiene la sigaretta scenda con disinvoltura tra le sue gambe. Ha delle mani meravigliose quell'uomo, un po' ruvide al tocco ma proprio per questo piacevoli. Hanno dita lunghe e affusolate e sentirsele addosso le manda corpo e mente in stato quasi confusionale. Ciò che si muove dentro di lei crolla con il corpo di Rukia, ormai soggetta ai tocchi di Lavi. Non sta pensando minimamente a ciò che quell'ambiguo rapporto porterà. Si trova in un posto, dopotutto, in cui non può far altro che assecondare la propria natura e per ironia della sorte vuole proprio quell'uomo.

« Stia pure tranquillo. Ho i vestiti di Harriet, ma sono senza dubbio Rukia. Una donna qualunque che voleva vedere i suoi capelli affogare. »

« Spero che sia una visione soddisfacente. »

« Quanto le sue mani che si stanno facendo sempre più impazienti. »

« Allora non mi faccia attendere oltre. » l'invito è chiaro.

Rukia lo accontenta, ma non subito. A Lavi la cosa sembra non dispiacere. Dopotutto restare a toccarla ancora un po', mentre la sigaretta si consuma, rimane una cosa piacevole oltre ogni immaginazione. E vederla così assorta dal momento, dalle sue mani, lo fanno sentire addirittura importante. Gli viene da chiedersi se con altri uomini abbia provato una cosa del genere e spera di no. Le sembra davvero felice, come se fosse soddisfatta solo di lui. Improvvisamente ciò che si muove dentro di lui, oltre a desiderare il suo corpo, vuole essere indispensabile. Sente un attaccamento verso quella persona che rappresenta una totale novità, per lui. Si sente incredibilmente attratto da lei. Adesso non è al cinema e non sta guardando nessun lungometraggio a luci rosse. Ha davanti Rukia, non Mai. E gli piace, gli piace molto. È bello vedere quale persona interessante e piacevole si nasconda dietro tutti quei ruoli presi in prestito. Si sente simile a lei. Forse per questo non se ne vuole separare.

È strano cedere così presto alla voglia di averla, se ne rende conto. Fino a pochissimo tempo fa se ne stava ancora a casa a guardare i suoi film. Eppure, ora che ci pensa, non si è mai ritrovato a masturbarsi davanti allo schermo pensando a lei. Si rendeva perfettamente conto che il carattere che vedeva non era suo, c'era solo la faccia di Rukia. Ora vede tutto di lei. E, senza vergogna, pensa che si toccherebbe volentieri adesso, pensando a lei.

Ma non c'è alcun bisogno di arrivare a tanto. Il semplice toccarsi non è certo paragonabile al corpo di quella donna che si muove sopra di lui, e se la prende comoda, sono movimenti profondi, non si lascia sfuggire niente. Lavi ha ancora i capelli affondati nell'acqua, ci trova delle carezze estasianti, perfette per un momento simile. Sente le sue mani strette con forza.

Un'ora, un minuto. Non sa quanto tempo stia passando e non gli interessa nemmeno. Il tempo in quel luogo è puramente relativo. Non sa definire con certezza in quale momento ha deciso di alzare finalmente la testa, lasciare che le spalle si bagnassero, che le gocce d'acqua cadessero sulla fronte e sul petto. La guarda, lei lo asciuga con dei baci, in un attimo si sistema sopra di lei e riprendono a fare l'amore, con l'acqua che di tanto in tanto ricade anche su Rukia. Fanno l'amore senza pensare a cosa stia succedendo fuori.

Non immaginano, ad esempio, che Kanda si è svegliato di malumore. E chi non lo sarebbe a quell'ora di notte? Inizialmente voleva ignorare il campanello, si era rigirato tra le coperte con un grugnito. Solo quando hanno cominciato a bussare con insistenza si è deciso ad alzarsi, prendere di corsa una vestaglia ed aprire per dirgliene quattro. Non ha neanche il tempo di legarsi i capelli e i ciuffi che in quel momento gli ricadono davanti servono solo ad irritarlo di più. Sa inoltre che solo ad una persona verrebbe in mente di disturbarlo a quell'ora, e infatti. Biondo. Con quello sguardo del cavolo che gli sembra una presa in giro e quel piercing alla lingua che luccica su riflesso di non sa che cosa e lo sta accecando.

« Yo, Kanda. » Shinji gli rivolge uno dei suoi sorrisi soliti, quelli che Yu ha imparato a conoscere e li definisce irritanti. Sono poche le cose che trova vagamente sopportabili. L'unica cosa che sopporta di Shinji, è che non va a scocciarlo tutti i giorni. Il fatto che si sia presentato a quell'ora un po' lo preoccupa. Passino la mattina e il pomeriggio, al massimo il tramonto, ma a quell'ora di notte non fa mai improvvisate. A meno che non sia accaduto, o stia per accadere, qualcosa di importante. O pericoloso. O tutte e due le cose.

« Perché non mi offri un caffè? » l'altro si mette comodo, come fosse casa sua. Kanda come al solito non tradisce le aspettative, è ordinato. Ma l'arredamento è anche molto povero. Se non fosse per le sculture qua e là, Shinji direbbe che è una casa davvero triste.

Il padrone di quella modesta casa schiocca la lingua, fa una smorfia, si rende conto di aver bisogno anche lui di carica. Opta per un tè e, dato che non vuole perdere tempo, usa la macchinetta per fare il caffè a Shinji. Non si spreca mai troppo per gli altri. Anzi, è già tanto che offra un caffè, seppur fatto con una macchinetta del cavolo comprata in un negozio dell'usato perché costava poco.

Shinji fa le cose al contrario anche quando prende il caffè. Raccomanda a Kanda, come del resto ogni volta, di mettere prima lo zucchero, un cucchiaino, e poi il caffè. Sa bene che sono poche le persone che lo fanno. Prima si mette il caffè e poi lo zucchero, ma a lui piace fare così. Perché, molto più semplicemente, è in grado di dimenticarsene velocemente. Se non mettesse lo zucchero prima, si scorderebbe di metterlo poi e di bere un caffè completamente amaro non ne vuole sapere. Gli viene il cattivo umore per tutta la giornata.

L'altro non dice una parola. Aspetta che l'ospite inaspettato ed indesiderato finisca la sua tazzina mentre lui si dedica al tè in tutta calma. È un tipo a cui piace il silenzio, Kanda. I piccoli, quasi impercettibili rumori che sembrano di poco conto, a lui piacciono molto.

« Mi manda il boss. Ha una richiesta da farti. »

Posano entrambi le tazze. Si guardano negli occhi. Il biondo sorride, ma non per beffarsi di qualcuno. Non si riesce a definirlo, per cui sorgono domande spontanee.

« Di che cosa si tratta? »

« Vuole cambiare l'orologio. »

« Sta scherzando? Fa parte della storia del giardino. Cambiare la stella è come demolire questo posto. »

« Allora usiamo il termine “rinnovare”. Ormai quella stella, per quanto ci si possa affezionare, è troppo vecchia. Comincia ad essere pericolante e non vuole far correre rischi ai frequentatori. »

« Cos'ha a che fare questo con me? »

« Il boss vuole che tu realizzi la più grande scultura di vetro che tu abbia mai realizzato. Ti affida il nuovo orologio dell'Hortum Septentriones. Vuole che sia interamente di vetro, lascia a te la decisione del design, purché sia grande quanto l'orologio attuale e che mantenga la forma di stella a dieci punte. Ti lascia carta bianca su eventuali decorazioni e accorgimenti. Sei tu l'artista, dopotutto. »

« Ma cos'è, scemo? Mette via una scultura di ottone pericolante per metterne una di vetro? Se si dovesse rompere, altro che feriti. » non è preoccupato per la collettività, Kanda. Non si sente così generoso. Ma ci sono tante ragioni per cui non vuole accettare il lavoro. In primis, perché è contento di quello che ha e del suo lavoro. Inoltre, realizzare una scultura di quelle dimensioni lo distoglierebbe troppo dal lavoro quotidiano, richiedendo un dispendio di forze e risorse eccessivo. Infine, se dovesse rompersi, considerando il materiale fragile, non se lo perdonerebbe mai.

« Di questo non devi preoccuparti. Apporterà le dovute precauzioni perché nessuno si avvicini troppo alla tua opera né rischi di romperla. Sarà protetta anche dalla pioggia, dai temporali, dalla neve, dai venti troppo forti. Lo sai che tipo è il capo. Quando si tratta di te, usa la massima cura. Le tue sculture sono marchi di garanzia per lui ormai. Fanno parte del giardino quasi quanto il manifesto e la stella, per questo ti affida questo incarico. »

« E se rifiutassi? »

« Certamente sarebbe un problema, ma il boss è ottimista. Come me. E poi, perché non dovresti accontentarlo? Ti ha dato questa casa e la possibilità di lavorare, senza preoccuparti d'affitto e bollette. Mi pare una ragione più che sufficiente, no? »

« Ha una scadenza, questo lavoro? Non voglio mettere il mio banco in secondo piano per un'opera del genere. »

« Se tu ci dedicassi tutto il tuo tempo libero, quanto tempo impiegheresti? »

Kanda ci pensa su. Approssimativamente riesce a dare una data. « Se lo faccio tutti i giorni, in ogni momento che sono libero... direi tre mesi. »

« Bene. Allora lo vuole entro marzo. Certo, non che tu debba spaccarti la schiena, ci tiene alla tua salute. Se di tanto in tanto vuoi dei momenti per te, puoi concederteli tranquillamente. »

« Non ho ancora detto che accetto il lavoro. »

« Hai detto “ancora” però. Ottimo segno. » sorride, Shinji, è il sorriso di chi sa di aver già vinto. Yu non lo sopporta, soprattutto perché su molte cose ha ragione. Il “boss”, come lo chiama lui, è stato un benefattore. Gli ha dato casa e lavoro e gli permette di vivere normalmente nel posto che forse preferisce di più al mondo. Ma ha una brutta sensazione, Kanda. Forse si sente solo sotto pressione e il suo orgoglio non lo vuole ammettere. Pensa anche che se lo facesse, sarebbe un'ottima pubblicità per il proprio banchetto, ma poi sbuffa. Se si fosse trattato di una statua normale un discorso simile l'avrebbe fatto, ma adesso si parla della stella, del simbolo per eccellenza del giardino. Praticamente metterebbe la faccia su quel lavoro. Sarebbe disposto a tanto per un uomo del genere?

Ci pensa a lungo. Rivolge uno sguardo ad Alma, la sua statua preferita. L'unica che non metterebbe mai in vendita, solo esposta. Chissà perché poi la lascia sotto gli occhi di tutti durante il lavoro, lui che è notoriamente geloso delle proprie cose. Eppure non può farne a meno, vuole che tutti la guardino. La sua natura gli ordina di fare così. E anche adesso, gli dice che è ora di fare altro. Noia? Forse. Non cambia il fatto che Yu non riesce a resistergli. Lui che è notoriamente un tipo molto, troppo controllato.

« D'accordo. Accetto il lavoro. » dice alla fine. « Digli però che non lo aggiornerò giorno per giorno sul progetto. Manterrò la grandezza ma per quanto riguarda la forma voglio libertà assoluta. Rimarrà una stella, ma come dico io. »

« Non ci si poteva aspettare niente di diverso da te, Kanda. » dice Shinji con un sorriso. « Tuttavia, tornerò volentieri a scroccare caffè da te. A proposito, mi verseresti un'altra tazza? »


~ Ore 07.05 ~


Quando Grimmjow si sveglia, la prima cosa che fa è guardarsi allo specchio. Non per vedere se ha brufoli, occhiaie o altro, solo per constatare di essere vivo. Gli piace sorridere davanti al proprio riflesso e dirgli “sono ancora vivo, ben ti sta”. Non ha neanche paura d'invecchiare. Grimmjow ama la vita ed ogni giorno non può che essere felice di essere al mondo, di sapere di esistere e di riuscire a farcela, in un modo o nell'altro.

Poi si volta, vede Ichigo, ancora dormiente, accanto a lui. Ed anche quella è una vittoria. Riesce a badare a lui nonostante le complicazioni che porta la porfiria. In parte il merito va anche a Shinji che gli passa volentieri le medicine a prezzi scontatissimi ma, insomma, è lui a tenerlo a bada. È lui che lavora, fa la spesa per entrambi, lo chiama quasi con ossessione al telefono per assicurarsi che non sia rimasto coinvolto in un incidente o abbia attaccato briga con qualcuno. Capita spesso che Ichigo scateni delle risse, ma non lo fa di proposito. È per via delle allucinazioni provocate dalla porfiria. Risponde male al vuoto credendo di parlare con qualcuno, magari vicino ad un passante che pensa di essersi beccato degli insulti ingiusti e da lì scatta la rissa. Per Ichigo è dannatamente facile finire nei guai senza volerlo. Lo guarda più volte e non sa dire cosa prova per lui. Non si sente il suo tutore, un padre od un fratello maggiore, solitamente tipi così li lascerebbe al loro destino. E allora, perché con Ichigo si preoccupa a tal punto?

Forse perché quel ragazzo un po' tanto sfortunato è l'unico che lo vede come una sorta di guida. Se ripensa alle dinamiche del loro primo incontro gli viene effettivamente da chiedersi chi avesse bisogno di chi all'epoca. Forse tutti e due avevano solamente bisogno di appoggiarsi a qualcuno. Solo che la cosa è sfuggita di mano. Dentro di sé Grimmjow sente il bisogno opprimente di averlo vicino per sentirsi ancora importante, lui che di solito se ne va sempre per fatti suoi. Ci ha pensato, molto spesso. Di mollarlo da qualche parte. Ma poi, per qualche motivo, lo tiene stretto a sé. È geloso di lui, in una maniera quasi patologica. Se pensa che qualcun altro possa occuparsi di lui gli sale il nervoso. È convinto che nessuno potrà mai sostituirlo e questo lo sa anche Ichigo, ecco perché resta con lui. Lo sa, no?

Sono ormai giorni che gli chiede con insistenza di tornare al giardino. Inizialmente era contento, sapeva che quel posto gli sarebbe piaciuto, era una notizia grandiosa. Addirittura, è riuscito a stringere altre amicizie. Eppure ci sono giorni in cui Ichigo non si sente contento, lo guarda un po' demoralizzato e gli chiede di tornare il giorno dopo. Come se aspettasse qualcuno che non si è fatto vivo.

Quando succede, Grimmjow se lo chiede sempre. Chi cazzo si aspetta di vedere?

Inutile chiederglielo, non risponderebbe mai. Forse è una delle tante visioni. Ma è strano. Non sarebbe così ossessiva. Non avrebbe quella faccia delusa.

Allora se lo chiede. Ichigo, io non ti basto più?

Non ci vuole nemmeno pensare. Si è preso cura di lui per mesi, gli è stato col fiato sul collo sempre, l'ha protetto, l'ha mantenuto, e così lo ringrazia? Distraendosi con fantasie a lui ignote? No, pensa Grimmjow. Il suo orgoglio non lo accetta. Si sente un re e sapere che qualche sconosciuto potrebbe soffiargli il posto lo manda in bestia.

Nel momento in cui Ichigo si sveglia e gli sente mormorare “Grimmjow...”, si rasserena. È lui che chiama, lui che cerca. Sospira e torna a sorridere. Deve ancora nascere l'essere umano in grado di stare con Ichigo senza impazzire. Fino ad allora, sarà lui il suo re. È un ruolo troppo prezioso per il suo ego. Non vuole perderlo. È una di quelle cose che lo fa sentire vivo e che gli do una ragione per andare avanti, svegliarsi ogni mattina, guardare lo specchio e fargli le smorfie. “Alla faccia tua, come vedi sono sempre qua e ce la faccio benissimo”. Anche se bada a quel ragazzo tanto sfortunato.

Dice ad Ichigo di mangiare quello che vuole per colazione, in frigorifero ci sono degli avanzi. Lui si allontana, in modo da non perderlo d'occhio comunque, ed afferra il telefono per comporre velocemente un numero. È un'altra cosa che fa ogni mattina. Tanto, a qualunque ora chiami, lui è sempre disponibile.


~ Ore 07.17 ~


Il fumo scompare subito, mescolandosi nell'arredamento atipico della stanza numero nove. È lì, sdraiato per terra, da circa un'ora ed è già la seconda sigaretta che si accende. Inizia ad esagerare, se ne rende conto. Gli fa male, lo sa benissimo, ormai lo scrivono pure sul pacchetto. “Il fumo uccide”. Sì, lo sanno tutti. Eppure, che strano, ciò non serve a smettere. “Tanto prima o poi moriremo comunque”, così si sente dire e, in tutta onestà, lo pensa anche lui. È una frase che farebbe incazzare chiunque, ne è ben conscio. Sarebbe come dire che è inutile mettersi la cintura di sicurezza in macchina, tanto moriremo comunque. L'essere umano è proprio strano, pensa Lavi. Si fa continuamente del male ma quando è a tanto così dal restarci secco prende ogni precauzione possibile. E lui non fa eccezione. Ormai ricorda vagamente il giorno in cui ha preso in bocca la prima sigaretta. Forse aveva sedici anni, forse diciassette, era estate, comunque, verso agosto, il suo mese di nascita, ecco perché non ricorda se aveva già compiuto gli anni o no. Gliel'avevano offerta e lui, ingenuamente, aveva accettato. Senza pensare a niente.

Era iniziato così il percorso che avranno fatto gran parte dei fumatori. Cominci con una ogni tanto. Poi diventa una alla settimana. Una ogni tre giorni. Una ogni due. E senza che te ne rendi conto, esaurisci un intero pacchetto in una giornata. Ci pensa e ci ripensa, Lavi, ma anche percorrendo tutta la sua vita, non riesce a smettere di fumare. Anche il solo stringere quella piccola sigaretta a sé lo rilassa. Quando, per esempio, finisce di scrivere, o dopo il caffè -sempre se Tyki non se lo è già bevuto prima- la sigaretta è d'obbligo. Ha un sapore più, come dire, incisivo. Fa male, lo sa perfettamente. Ma non riesce a smettere e non ci mette nemmeno la buona volontà. Non ce la fa proprio. Lo aveva proposto a Tyki, anche lui accanito fumatore. Ma eccoli lì, con le loro sigarette. L'essere umano è proprio incomprensibile.

Rukia dorme accanto a lui con la coperta avvolta fin sulle spalle. Erano troppo stanchi per rivestirsi. Se ripensa al rapporto durato fino a poche ore fa, quasi si eccita di nuovo. Ora che la guarda, si sente soddisfatto. Non vede l'ora che si svegli per poter parlare con lei, solo parlare, guardarla e parlare, accarezzarle quella pelle liscia e parlare. È bello parlare con lei, quanto farci l'amore. Spera che quella non sia l'unica volta, ma è fiducioso ed ottimista di suo, Lavi. Si sente attratto da lei e sente che la cosa è reciproca.

Viene distratto dalla visione a causa della vibrazione al cellulare. Sul tappeto è più simile al ronzio di una zanzara, ma ciò lo sprona ad afferrarlo al volo. Legge il nome di Grimmjow Jaegerjaques sul display, con la cornetta che si abbassa e si rialza aspettando un suo cenno. Accenna un sorriso e risponde, dirigendosi davanti alla finestra senza far troppo rumore. Parla sottovoce per non rischiare di svegliare Rukia. « Sì, pronto? »

« Dove sei? » a sentirlo, si sarà sicuramente appena svegliato. Un classico.

« Al giardino. Mi sono fermato da Kaien stanotte. »

« Sei da solo? »

« Adesso no. »

« Chi c'è? »

Non devono fare discorsi di chissà quale segretezza, che ci sia o meno altra gente accanto a Lavi non fa differenza. Grimmjow lo vuole sapere e basta, e Lavi non ha nessun motivo di tenere dei segreti con lui. Dopo Tyki, è una delle persone con cui si sente più in sintonia. A volte, quando si incrociano all'Hortum Septentriones, si ignorano. Poi si rivedono e si raccontano a vicenda vita, morte e miracoli di ciò che succede attorno a loro. Trova che quel ragazzo dalla tintura di capelli ambigua sia una delle persone più intelligenti che abbia mai incontrato. Proprio così, intelligenti.

È il classico tipo che prima fa e poi pensa. Agisce di pancia, come se avesse un buco allo stomaco da riempire di corsa. Ma proprio questo lo distingue dalla triste massa che spesso circonda Lavi. Grimmjow è perfettamente cosciente di avere qualcosa dentro di sé che lo manovra secondo i propri desideri e l'asseconda. Capisce al volo cosa lo rende felice e cosa no e sa che non si può resistere. Non ci sono leggi morali o costrizioni che tengano. Ha una mentalità affascinante, che supera i classici e discutibili concetti di bene e male. La sua morale lo porta ad essere una spanna sopra agli altri, gli conferisce carisma e fascino e Lavi non riesce ad essere indifferente di fronte ad una cosa del genere. Grimmjow sarebbe il protagonista perfetto per un suo romanzo. Non può che ammirarlo.

« Si chiama Rukia. » risponde solamente. Se dicesse Mai Shirafune comprometterebbe la sua riservatezza, anche se Grimmjow non è il tipo che ricorda i nomi di tutti gli attori che incrocia sullo schermo. Lui non legge nemmeno i titoli di coda o le locandine del film, ad esempio. Se il titolo ispira, magari se lo guarda. Perché agisce di pancia, lui.

« Te la sei fatta? » non usa nemmeno mezzi termini. Spesso fa esclamazioni che fanno sorridere Lavi. Non lo trova volgare, solo sé stesso. Non si fa influenzare da galatei o buone maniere, parla come gli viene e, per quanto ciò vada contro le buone maniere, Lavi lo accetta senza problemi. Perché sa che non può fare a meno di comportarsi così. È più forte di lui. Non può fargliene una colpa.

« Devo dire che non mi capitavano da tempo incontri così stimolanti. »

« Cioè, gli intellettuali che incontri alle gran serate non ti soddisfano? »

« La definizione di intellettuale è alquanto soggettiva, non credi? »

« Diciamo di sì. Quando ci vediamo? »

« Mi va bene anche subito. Puoi portare Ichigo, se vuoi. Sai che non mi dà fastidio. »

« Lo farei, ma sai com'è fatto. Si sente a disagio ad incontrare persone come te. Dice che non gli ispiri fiducia. Ho provato a fargli leggere un tuo libro, ma dice che non riesce a leggere più di due pagine. »

« Non deve sentirsi in imbarazzo se non è un mio ammiratore. Non mi offendo. »

« Si tratta pur sempre di lui. »

« Ti aspetto allora. Con o senza Ichigo. »

« E quella Rukia? »

« Immagino che se ne andrà subito. »

Grimmjow chiude la comunicazione poco dopo, sorridente. Ichigo sta ancora mangiando e lo sente parlare da solo, sta insultando qualcuno. Incredibile ma vero, è addirittura divertente.

Lavi ha detto che può portarselo appresso senza problemi ma, sinceramente, nemmeno lui ha granché voglia di farglielo incontrare. Ichigo non digerisce granché i libri di Lavi e, anche se lui dice che non è un problema, lui pensa che sia imbarazzante. O forse, semplicemente, è geloso, come al solito. Anche del rapporto che ha con Lavi. È mostruosamente intelligente quell'uomo, fa quasi paura. Ha un'etica del tutto diversa da quella degli altri e questo lo attira come una calamita. La sua vicinanza non può che affascinarlo, si sente affine a lui e non sa spiegarsi bene perché. Soprattutto quando, banalmente, gli offre una sigaretta. Gli sorride in una maniera che difficilmente riesce ad interpretare. È un sorriso complice quello che gli si stampa sul viso e lo guarda come se lo stesse coinvolgendo in qualche grossa azione. È anche parecchio chiacchierone ma a lui piace starlo a sentire. Gli piace vedere quando si interrompe per pochi secondi per prendere una boccata di fumo e poi riprende a parlare come se nulla fosse senza perdere il filo del discorso. Si trova d'accordo con lui su tante cose e hanno entrambi un'interpretazione singolare della discrezione. Si confidano a vicenda ogni sorta di cosa ma spesso, al giardino, si ignorano completamente. Non perché si vergognino della rispettiva conoscenza, ma semplicemente perché sanno scegliere bene i momenti in cui poter stare in compagnia e parlare, finalmente, scoprire a vicenda quanto i rispettivi io siano alla costante ricerca di qualcosa, come una sigaretta da condividere o un'argomentazione di poco conto che, poi, sfocia sempre in qualcosa di più grande. E riesce a starci appresso, Grimmjow. Molti a vederlo lo prendono per un rozzo che non leggerebbe mai i libri di Lavi. Lui non si offende per quelle frasi, tanto chi se ne frega di cosa dice la gente. Lui ha letto tutti i suoi libri, li apprezza davvero. Gli piace notare che qualcuno affamato come lui c'è ancora. E vuole tenersi stretto conoscenze del genere, anche se sa che Lavi, come lui, ha dentro di sé qualcosa che si muove e che non vuole essere incatenato. Devono continuare a girare.


~ Ore 07.32 ~


Rukia si è rivestita velocemente e si è separata da Lavi dopo una lunga serie di baci. Hanno parlato poco a causa di questo e lui ha un impegno, per cui rimandano ad un'altra occasione. Le ha chiesto con un tono quasi apprensivo quando la può rivedere di nuovo. Si sono promessi a vicenda di rincontrarsi lì e di organizzare nuovamente un incontro come quello. Per lei è strano. Ha fatto l'amore con lui, hanno superato una sottile quanto delicata barriera eppure si danno ancora del lei. Forse non smetteranno mai di farlo ma non le dispiace.

È la prima ad uscire dalla stanza, si copre per bene e gli sorride un'ultima volta, prima di voltarsi. Lui è appoggiato davanti allo stipite della porta, rivestito, e sorride a sua volta. Solo quando la vede in prossimità delle scale la ferma.

« Stasera ha degli impegni? »

« No. »

« Vorrei invitarla a cena. C'è un ristorante molto carino che sono sicuro le piacerà. »

« Fuori dal giardino? »

« Ha paura, Rukia? »

« No. Non ho paura. »

« Non ha bisogno di mentire. Non a me. Conosco bene quella sensazione. Lei teme che fuori da qui i rapporti tra noi possano cambiare e magari peggiorare, dico bene? »

« Posso intuire che anche lei l'abbia pensato? »

« Sì. Ma voglio portarla a cena fuori comunque. Mi consideri pure pazzo, ma sono sicuro che anche fuori da qui l'attrazione che sento per lei non può cambiare. »

Rukia resta a fissarlo per un po'. Le emozioni che ha provato durante tutta la notte non possono lasciarla indifferente. Non riesce a dimenticare niente di quell'uomo, soprattutto le sue mani. L'hanno stretta per tutto il tempo, abbracciata e accarezzata, anche mentre dormivano. Prova ad immaginarle in un posto lontano dall'Hortum, magari ad un ristorante sconosciuto ma molto carino, che stringono le sue a propria volta. No, si dice. L'effetto di quelle mani non cambia, in qualunque posto si trovino.

« Forse siamo entrambi pazzi, Lavi. »

Lui sorride. « Mi scriva l'indirizzo. Passerò a prenderla alle sette. »

Escono insieme dalla locanda ma lui resta fermo davanti alla porta ad aspettare Grimmjow, è questione di pochi minuti prima che arrivi. Rukia prende invece la propria strada e, prima di superare il cancello, guarda con un sorriso l'orologio. Continua a girare, fa un piccolo cigolio che le piace. È un rumore che non sentirebbe mai se quell'affare fosse esposto da un'altra parte. Fa parte del giardino, dopotutto, e non è un essere umano. Non è mutabile come loro.

Non bada a Kanda, a pochissimi passi dalla stella. Sta appuntando su dei fogli tutto ciò che può servirgli per il lavoro. Il fondatore si è già premurato di fornirgli le misure esatte ma andare sul posto a controllare non può che fargli bene. Però, innegabile, un po' si sente schiacciato da quella maestosità e dall'idea che deve fare qualcosa di altrettanto grande.

Guarda l'orologio per una quantità quasi infinita di minuti. Poi sorride.
Sente il sapore della sfida. E la sua natura non può proprio perdere.

   
 
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