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Autore: Hymn    16/07/2012    1 recensioni
Quel giorno, mancavano appena una manciata di settimane al mio diciannovesimo anno di età.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Risuonarono quattro colpi di cannone. I Favoriti alzarono gli occhi al cielo, sperando con tutta l'anima, se ci credevano o meno, che si trattasse delle morti dei tre ragazzi che erano con la ragazza del Dodici. Il quarto non gli importava.
Viceversa, Maximme temette per l'incolumità di Gladius e Shaw; ed entrambi loro, per quella della loro amica.
Ma la sera, quando i volti dei quattro Tributi (per loro anonimi) comparvero nel cielo, i Favoriti imprecarono, e senza aspettare altro, partirono alla ricerca dell'anello debole dell'ex terzetto (ma loro non lo sapevano, ancora), ovvero Maximme.
Invece Maximme, Gladius e Shaw si tranquillizzarono leggermente. Sapevano tuttavia che i Favoriti volevano loro, e che adesso era esclusivamente questione di ore, forse giorni. La caccia era aperta.

* * *

« Gladius. »
Lo chiamai, la voce piatta. Si girò verso di me, ero rimasto leggermente più indietro di lui. « Che succede? »
Mi guardò, leggermente preoccupato, si vedeva, dalla strana apatia che mi aveva colpito da quando avevo visto i quattro morti nel cielo. Sorrisi. « Devi promettere. »
Si fermò. « Che cosa, di preciso? »
Continuai a fissarlo; sentivo che sarei scoppiato a piangere da un momento all'altro, e non potevo permettermelo, non adesso. « Sarai tu ad uccidermi. »
Crollò il silenzio, tra di noi. Non sapevo come avrebbe reagito Gladius. Si avvicinò a me, e potei leggere nei suoi occhi odio, rabbia, dolore.
Ma solo per un breve attivo. Mi diede un leggerissimo bacio; e ma quando ci guardammo, notai solo un senso di smarrimento nei suoi occhi. « Giuralo, Gladius, non ci metto niente a cercare i Favoriti e farmi ammazzare da loro. »
Sussultò alle mie parole. Avevo sì paura, ma le avevo pronunciate con fermezza. Sapevo che gli chiedevo troppo. Poggiai la mia fronte alla sua, e le mani al suo cuore. « Non sarai mai più solo, Gladius. »
Portò le sue a stringere le mie, e avvertii che tremava. « ... Impazzirò, lo sai. »
Deglutii leggermente, un nodo in gola. « No Gladius, sarai forte. Non sarò con te, ma ci sarò, sempre. »
Si staccò da me, dandomi le spalle. Mi sentii finalmente libero di sciogliermi in un pianto silenzioso. « Solo perché ti amo. Niente di più. »
« E niente di più vorrò da te. » - da quella posizione mi era impossibile scorgere il suo volto, ma ero sicuro che stesse piangendo.
Ma quel silenzio strano che si venne a formare, durò poco. Altri colpi di cannone ci distrassero. Altri due.

* * *

Maximme ed Eljas alzarono gli occhi al cielo, increduli. Altri due morti. Sei morti in poche ore. Seppero che, almeno in parte, doveva essere il tiro mancino degli Strateghi.
Erano in sette, adesso. Quanto ancora sarebbe durato quel gioco?
Il ragazzo nel frattempo si era rimesso dalla brutta contusione che si era procurato, ad aveva ripreso la totale mobilità del braccio che si era danneggiato.
Furono entrambi contenti, anche se Maximme sapeva che per lei era finita. Aveva con se la borraccia di Ashlynn.
La girò tra le mani, e la osservava. « Non dovrai bere da questa borraccia. »
Eljas la guardò, senza capire. Lui aveva la sua, perché avrebbe dovuto bere da quella? « Aspettami qui. »
Tornò dopo diversi minuti, con in mano dei fiori dalla colorazione violacea. Li guardò, sospettoso. Aveva notato che la ragazza li sorreggeva attraverso diversi centimetri di stoffa. « Si tratta di Anemone pulsatilla. »
Maximme iniziò a pestare con un rametto quei fiori che aveva raccolto, aggiungendovi via via un po' d'acqua. « Possono causare la morte, specie se chi li assume è già in stato di debolezza. »
Il ragazzo la guardò. Forse aveva capito dove la ragazza voleva arrivare a parare con i suoi discorsi. « Mi stai dicendo che... »
Maximme alzò lo sguardo, e lo piantò nel suo. « Se dovessi morire, lascia la mia roba alla mercé dei Favoriti. Se morirò, non sarà né per mano tua, né per mano di Gladius e Shaw. »
Eljas abbassò lo sguardo, il volto contratto in una smorfia. « Moriremo insieme, allora. »
Maximme si fermò, e controllò se il colore di quell'infuso fosse abbastanza chiaro. E soprattutto, inodore. Sembrò soddisfatta del risultato. Versò il suo preparato all'interno della borraccia di Ashlynn, e agitò. Sentirono il liquido vorticare all'interno delle pareti del contenitore, e associarono quel gorgoglio alla morte.
Infine, lo ripose nella sua borsa. « Molto bene, almeno non sarò da sola. »
Si alzò, scuotendosi le mani. Tese la destra a Eljas, per aiutarlo a rialzarsi. « Direi che morire per salvare altra gente è un'ottima cosa, non credi? »
Il ragazzo sorrise leggermente; non era mai stato troppo altruista, ma non sapeva far altro che nuotare. « Direi che hai perfettamente ragione. »
Si guardarono ancora negli occhi.
« Dove pensi che potrebbero essere i Favoriti? »
Maximme si fece pensierosa. « Non so, ma potremmo attirarli qui. »

* * *

Jessy alzò lo sguardo, nella direzione indicata da Sebastian. Lea fremeva di rabbia. « Del fumo. »
Si guardarono. Poteva essere una trappola, ma dubitarono che si trattasse dell'arciere del Nove. Dopotutto non era così stupido, e lo avevano capito.
Erano rimasti in sette. Loro tre; il ragazzo del Dodici ed il suo amichetto del Nove; la ragazza dell'Undici, ed il ragazzo del Quattro, che avevano già incontrato.
« Non mi importa chi sia, andiamo. »
Lea si alzò, e senza aspettare risposta, iniziò a correre verso la direzione indicata dal Favorito. Sebastian e Jessy sospirarono leggermente, e si gettarono al suo "inseguimento". Due di loro non avrebbero di certo vinto, ma non potevano comunque sopportare che Tributi provenienti da altri Distretti che non fossero l'Uno ed il Due potessero vincere gli Hunger Games. Era successo poche volte, e non doveva succedere più.
« Lea, aspettaci! »
Le furono al fianco in pochi secondi di corsa serrata.
Non dissero niente, ma si inoltrarono nel bosco, verso la direzione del fumo.

« Ci siamo. »
Maximme stava letteralmente soffocando a causa del fumo, ma stava facendo finta di rilassarsi, e lo stesso Eljas. Non avevano intenzione di farsi ammazzare come nulla fosse, comunque. Avrebbero cercato di opporre un minimo di resistenza.
« Ehi, sfigatelli... Non sapete accendere un fuoco senza affumicarvi? »
Si voltarono, e videro i Favoriti. Se lo aspettavano, ma (ri)trovarseli così vicino era comunque un esperienza sconvolgente. Sapevi che stavi per morire, in pratica. E le eccezioni erano poche. Si alzarono di scatto, affiancandosi. Lo sguardo non era tanto sul ragazzo, né sulla ragazza con lo stiletto. Erano più che altro preoccupati della ragazza che aveva scagliato il pugnale. « La tua amichetta è morta, eh bella? »
Fu proprio Lea a parlare, indirizzando parole cariche di odio a Maximme. Tuttavia la ragazza non era intenzionata a lasciarsi trattare a pesci in faccia. « Oh beh, anche il tuo amichetto penso abbia fatto una bella fine. »
Tutti videro i pugni di Lea contrarsi. « Almeno lui è morto combattendo, non preso alla sprovvista, sei piuttosto codarda, sai? »
Maximme sapeva che le provocazioni, adesso, erano pericolose. E non tardò ad accorgersene; Lea le se scagliò addosso, rapida come non mai. « Tu, brutta stronza, non osare!! »
In una manciata di secondi furono a terra; Eljas fece per correre in direzione di Maximme ed aiutarla,  ma non fece in tempo che Sebastian gli si piazzò davanti. Jessy era scattata ad afferrare i loro bagagli. Almeno parte del piano era andata a buon fine.
« Dovevi pensi di andare, pescatore? »
Eljas lo squadrò, accigliato. « E tu che vuoi da me, scostumato del Distretto Uno? Siete così dediti ad ogni sorta di stronzata che siete diventati dei mostri nel tempo! »
Ovviamente si riferiva più che altro a Capitol City, ma lo stile di vita del Distretto Uno era comunque molto simile.
« Chi cazzo credi di essere, eh nanerottolo? La scorsa volta ti è andata be... »
Non fece in tempo a rispondere, che Eljas gli aveva sferrato una potente ginocchiata nello stomaco, obbligandolo a chinarsi. Con un ulteriore pedata, lo fece cadere all'indietro, dopo avergli prepotentemente spaccato il naso. Sangue caldo uscì a fiotti dalle narici di Sebastian, imbrattando l'erba su cui andò a schiantarsi con un sonoro tonfo; in quanto ad agilità, Eljas era molto più agile di Sebastian, essendo appunto abituato a nuotare. La sua rapidità nelle reazioni e nei movimenti l'aveva favorito molto.
Un altro colpo di cannone.
La scena per qualche secondo si fermò, con Eljas che fissava attonito il corpo di Sebastian, immobile, di fronte a sé. Lea e Jessy si voltarono contemporaneamente, gli occhi sgranati per la scena.
Il calcio, il violento calcio di Eljas aveva fatto sì che le ossa del naso, o meglio, la cartilagine, riuscisse grazie all'impatto a spaccare letteralmente le ossa del volto, causando al Favorito una morte cerebrale praticamente istantanea. « NO! »
L'urlo delle due Favorite riportò l'attenzione di tutti alla carneficina che di li a poco si sarebbe svolta; Eljas, noncurante di Jessy, si lanciò contro Lea, tentando di staccarla dal corpo di Maximme, che già sembrava soffrire delle ferite da taglio lungo le braccia, causate da un pugnale (questa volta innocuo, per modo di dire) che la ragazza del Due si era nascosta nello scarpone. Grazie all'intervento di Eljas la ragazza dell'Undici riuscì ad allontanarsi dalla Favorita.
Tuttavia in quel modo Eljas si era esposto in modo troppo diretto. Riuscì ad evitare qualche fendente di Lea, ma non aveva fatto i conti con Jessy.
Era sì la più debole del gruppo, ma in quel momento era in posizione fin troppo favorevole per un attacco a sorpresa.
Rapido, crudele, e letale.
La lama dello stiletto, affilata come un rasoio, letteralmente trapassò da parte a parte il busto di Eljas.
E nuovamente, il tempo sembrò fermarsi nello spiazzo.
Il ragazzo abbassò, rantolando, gli occhi al suo addome. Vide la lama spuntare, estranea, dalle sue membra. E, contemporaneamente dalla sua bocca iniziò a sgorgare, lentamente, del sangue. Cadde in ginocchio, ed incrociò lo sguardo di Maximme.
Non era impaurito. Sapeva che qualcuno avrebbe vendicato la sua morte. « Fuggi. » - dalla sua bocca non uscì alcun suono. Maximme riuscì a rialzarsi, ma barcollò all'indietro, perdendo di nuovo l'equilibrio.
Si afferrò al fusto di un albero, e proprio mentre gli occhi di Eljas roteavano, ormai privi di vita, ed un colpo di cannone risuonava nell'aria, iniziò a correre nel bosco.
Lea si lanciò dietro di lei, in un inseguimento folle.
Jessy invece era rimasta sul luogo dello scontro, uno scontro sanguinolento, troppo breve. Liberò nauseata il cadavere di Eljas dalla lama dello stiletto, gettandola lontano. Il forte odore di sangue le faceva bruciare occhi e bocca. Il suo stomaco minacciava di rivoltarsi; il fumo che si alzava dalla catasta di legna verde, l'odore del ferro, tutto minava il suo sangue freddo.
Si inginocchiò vicino a Sebastian, guardando il suo viso, i suoi lineamenti.
Nonostante il sangue che già stava raggrumandosi, rimanevano comunque dei lineamenti dolci. Strano ma vero, nonostante il suo essersi offerto volontario, non apprezzava gli Hunger Games. Gli pose una mano sugli occhi, chiudendogli le palpebre.
Si avvicinò poi a Eljas, e gli incrociò le mani, a coprire lo scempio che aveva commesso, che lo aveva privato della vita. E come aveva fatto a Sebastian, permise alle palpebre di coprire gli occhi del ragazzo.
Ma la cosa che più le diede fastidio, era l'espressione del ragazzo. Sorrideva, così come i suoi occhi.
Poi, di nuovo, un colpo di cannone. Pochi secondi dopo, vide Lea uscire dal bosco. Aveva un braccio insanguinato.
« Quella stronza. Ha tirato fuori dal niente un coltello, e mi ha ferito alla spalla. Ma ormai è morta, la signorina. Andrà a far compagnia all'altra stronza sua compagna. »
Jessy osservò Lea, inquieta. Non sapeva più che pesci prendere con lei.
E non sapeva più se, effettivamente, voleva che fosse lei la vincitrice.
« Controlla nello zaino cosa c'è. »
Jessy annuì, ma fece cenno all'amica... A Lea, di allontanarsi. Quella zona, per lei, era diventata un inferno sceso in terra. Non che gli Hunger Games, già di per sé, non fossero un inferno.
La ragazza tirò fuori una borraccia, un sacco a pelo, e un po' di carne secca. Sorrise.
« Beh, abbiamo acqua in più, e un po' di provviste. »

* * *

« Siamo... Siamo in quattro. »
Lo disse con voce distrutta. Lo osservai. E mi venne in mente che, a momenti, forse poche ore, la mia vita sarebbe terminata.
Però ero... Più o meno contento. Me ne andavo per mano sua. E non l'avrei mai più abbandonato.
Sicuramente una scena simile agli Strateghi piaceva molto. I due innamorati, di due Distretti diversi, obbligati a piegarsi di fronte alla volontà della Capitale.
Sorrisi leggermente, e andai vicino a Gladius.
Gli presi le mani, guardandolo negli occhi. Ricambiò il contatto visivo, gli occhi immersi in una tristezza allucinante.
« Andiamo, dai. »
Lasciai i nostri corpi uniti, esclusivamente per una mano, e iniziai a camminare.
Non sapevo bene perché, ma ripercorremmo le stesse strade che già avevamo percorso. La mia mente stava cercando di tornare indietro, ai momenti più piacevoli passati nell'Arena. La canzone che avevo cantata dall'albero; la mia caduta rovinosa, Maximme che mi fasciava la caviglia.
Io e Gladius in quella specie di anfratto roccioso. I dialoghi notturni riguardo la vita nei nostri Distretti.
Sentivo la mano di Gladius premere sulla mia, la sua pelle ruvida sulla mia.
Tornammo al fiume. Non so quanto tempo passò, forse un paio d'ore.
Due belle ore. Due ore in cui godemmo veramente della presenza dell'altro. Non ci furono baci, non ci furono singoli abbracci. L'unico contatto era quello saldo delle nostre mani.
Infine, senza veramente accorgercene, tornammo alla Cornucopia, la dove tutto era iniziato.
« Sarebbe bello poter tornare ai nostri Distretti, insieme. »
Lo guardai. « Lo so. Sarò sempre con te, Gladius. »
Osservammo il nostro riflesso nella superficie dorata della Cornucopia. « Non vedrò mai più con gli stessi occhi il nero della notte, adesso. »
Sorrisi, e lui fece altrettanto. Non erano sorrisi di gioia, non erano smorfie di dolore mascherate.
Era qualcosa di diverso, ma non sapevo definire bene cosa. E neanche lui. Forse era la consapevolezza che, morte o meno, io sarei comunque rimasto impresso nella sua anima. Avrei lasciato traccia del mio, seppur breve, percorso insieme a lui.
« E allora, quando ti sentirai solo, pensa che il nero della notte è un mio abbraccio. »
Adesso sul mio volto erano comparse lacrime amare. Era tutto quasi perfetto. Se non fosse stato per i due colpi di cannone che, a breve distanza l'uno dall'altro, risuonarono nell'Arena.
Anche Gladius cominciò a piangere. « Non voglio farlo. »
Lo guardai, le lacrime agli occhi, lo sguardo duro. « O te, o gli Strateghi. Scegli. »
« Non c'è una terza possibilità? »
Strinsi la sua mano, e la portai al suo cuore. « Non mi perderai. Non mi perderai MAI. »
Urlai l'ultimo mai, e l'eco risuonò nell'Arena, ormai vuota.
Vidi il tremito che scosse il corpo di Gladius, notai il dolore nel suo volto.
Sperai di non avergli chiesto troppo. Sapevo che era troppo. Ma era così che volevo morire. Non per mano degli Strateghi.
Sarei morto per mano di qualcuno che amavo.
« Fallo. Adesso. »
Mi allontanai da lui, e aprii le braccia. Lo spazio necessario affinché la sua freccia incrociasse il mio corpo, sottraendogli la vita.
Nient'altro. Lo vidi incoccare, lentamente, una freccia. Vidi le sue lacrime rigargli di sale il volto, cadere a terra. Iniziò a prendere la mira.
Sorrisi leggermente. « Non sbagliare, non credo che reggerei altra tensione. »
Lo vidi fare una smorfia, e ritrovò per qualche istante la sua ironia. « Non fai te il lavoro sporco, adesso. »
Ridacchiai.
Nuovamente alzò l'arco; e nuovamente tese la corda. La freccia era incoccata. « Ti amo, Shaw. »
Mi lasciai andare nel momento esatto in cui, con un urlo disperato, lasciò andare la freccia. « Ti amo, Gladius, e ti amerò sempre. »
Non seppi se tutte le parole riuscirono ad uscirmi dalla gola.
Per qualche secondo fui consapevole della freccia che, rapidamente, si stava avvicinando a me.
Avvertii per una microscopica frazione di secondo la mia pelle lacerarsi, all'altezza del cuore. E poi, buio.

* * *

« NO! »
Inizio a correre, avvicinandomi al corpo di Shaw, che ho privato della vita. Vedo che, tuttavia, se ne è andato con un sorriso sulle labbra. Gli afferro il collo, prima che crolli rovinosamente a terra.
Non estraggo la freccia, non ho il coraggio. La lascio dov'è, ma decido di ignorarla. Per un momento mi rispecchio nei suoi occhi, nei suoi bellissimi occhi.
Ma non resisto, e con le dita impedisco alle telecamere di rubare la mia immagine riflessa nelle sue iridi verdi, nel nero della sua pupilla, che quasi sembra chiaro, rispetto ai suoi capelli. Passo un dito sui suoi zigomi, asportando quel velo di sale lasciato dal suo pianto. Gli accarezzo i capelli, che adesso sono corti. Poi osservo il mio polso, e ci trovo il suo braccialetto. Porto le mie labbra su quel semplice pezzo di cuoio, e ce le poggio, dando un leggero bacio.
E poi, bacio la sua fronte, poggiandovi la mia. Lascio che le mie lacrime cadano e righino nuovamente il suo volto. Ignoro la voce che, falsamente gioiosa, mi dichiara vincitore. Penso alla sua famiglia. Penso al Distretto Dodici. Penso al dolore dei suoi amici.
Credo sia paragonabile al dolore che provo io, all'altezza del cuore.
D'improvviso, sento un fruscio sulla pelle, un tocco. E sono sicuro che Shaw non mentiva, lui sarà con me, per sempre.

__________

NdA: Ok, la mia prima long è conclusa.
Adesso mi odierete. Tuttavia spero vi sia piaciuta, so che non è niente di speciale, ma ci tenevo a iniziare con qualcosa che mi ha appassionato.
Come vedete, ho tratto diversi spunti dalla narrazione della Collins. E niente. Alla prossima, e grazie a tutti voi lettori.
May the odds be ever in your favor.
Hymn
   
 
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