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Autore: ladyblack89    17/07/2012    1 recensioni
In the Jail è una ff molto vecchia, forse tra le prime che scrissi. E' molto leggera e spero che vi piaccia. Non vi fate ingannare dai primi capitoli, che possono sembrare troppo fluff e vuoti, il bello arriverà. :) Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3 – Tarzan e Jane
 
 

I suoi occhi color nocciola si aprirono all’istante.

Riguardò le grate della sua cella, pensando di star ancora sognando, e si avvicinò alle sbarre metalliche. Sette caschi di banane erano stati sistemati alla sommità di quelle. L’odore del frutto in questione lo fece star male.

-Ehi guardia! -

-Sì, Tom? - rispose una di quelle avvicinandosi alla cella occupata - ...Ma che diavolo?>

Strabuzzò gli occhi a quella strana visione.

-Banane? E chi ce le ha messe qua? - s’interrogò, grattandosi il mento.

-Eh, se lo sapessi te lo direi. -

In tutti quegli anni di carcere uno scherzo più stupido non gli era mai capitato. Perché era uno scherzo, vero?

Certo, all’inizio, quando era il “nuovo arrivato”, molti si prendevano gioco di lui. Ma non era stato difficile dimostrare che con Tom Kaulitz non si poteva scherzare.
“Che ci sia ancora qualcuno che non ha capito? Qualche idiota vuole essere conciato per le feste?” meditò stringendo forte i pugni.

Alla guardia che cercava di togliere di mezzo quelle banane, se ne aggiunse un’altra e, quando ebbero finito, i due custodi se ne andarono.

“Se scopro chi è stato giuro che lo lascio secco.”

Non che le banane gli avessero dato particolarmente fastidio, ma era il gesto provocatorio in sé che lo mandava in bestia.

Dalla cella accanto alla sua si udì poi un fischiettare. Il rasta si girò verso la parete comunicante e digrignò i denti.

“Ora so chi è stato.”
 
 
***

 
La mensa della prigione era un enorme sala, adornata da monotone panche e tavolini d’acciaio. A quelle si aggiungeva un lungo bancone, dove gli addetti alla cucina mettevano nei piatti dei carcerati il cibo del giorno.


Delle risate canine giunsero da altri ragazzi seduti a quel tavolo.

-Smettila,  Andreas. Tanto lo schifo che ci danno è sempre quello. - gli rispose il rasta alzandosi per prendere un vassoio di plastica.

Il gruppetto di giovani formato dal prigioniero 707 - Tom - , Andreas e altri due coetanei, si avvicinò al freddo bancone. Presero tutti la solita tovaglietta di carta, le posate di plastica - che regolarmente non tagliavano -, un panino e un bicchiere vuoto. Poi, sempre in fila, allungarono i vassoi verso gli addetti che li riempirono di cibo.

“…il solito schifo.” pensò Tom sconsolato mentre posava gli occhi sul suo vassoio. Quel giorno c’erano veramente la pizza e il gelato. Tutto quel lusso si poteva avere solo di sabato. 
Il rasta, spinto dagli amici, tornò verso al suo posto.

 
***

 
Entrò senza battere ciglio nella sala.

“Speriamo che oggi diano qualcosa di decente, almeno.” pensò mentre, incurante degli sguardi e delle risatine che gli stavano lanciando, si avvicinava a prendere uno degli ultimi vassoi.
Proseguì verso il bancone del cibo e una signora grassottella e rugosa, sulla cinquantina, gli riempì il piatto.

Senza dir niente, cercò con lo sguardo un posto vuoto ma, ovviamente, tutti i tavoli erano stati occupati.

-Ehi, bella, che ne dici di mangiare con noi? -

Un prigioniero mulatto con uno stuzzicadenti in bocca agitò le braccia muscolose nella sua direzione.

Bill inarcò un sopracciglio, scettico, girandosi verso quel tizio.

Contro ogni aspettativa però si aprì un sorrisino deliziato sul suo bel volto.

Con fare sinuoso, gli si avvicinò, ammirandolo con uno sguardo da gatta e le labbra maliziosamente socchiuse.

Se non fosse stato per il cavallo fin troppo basso dei pantaloni, si sarebbe potuto dire che era una ragazza... o una gatta dalle sembianze umane, fin troppo provocante per essere vera.
Con leggiadria posò il vassoio sul tavolo, chinandosi per guardare vicinissimo, in viso, quel teppistello da quattro soldi.

-Ti piacerebbe? -

Il sorriso deliziosamente sexy si trasformò in un ghigno puramente sadico, mentre con tutta la tranquillità del mondo gli assestava una ginocchiata lì dove non batte il sole.
Lanciando uno sguardo di ghiaccio all’intera tavolata riprese il suo vassoio e si allontanò sicuro di sè.

Il prigioniero urlò forte, dolorante.

Lo schiamazzare di tutti quelli che avevano assistito alla scena si placò improvvisamente. Nessuno aveva mai visto un tipo così cinico e, soprattutto, con degli occhi così minacciosi, anche se non pareva proprio. E’ vero che tutti erano dei farabbutti lì dentro, ma un personaggio così strano, non si era mai visto. C’era da avere paura adesso?

Bill continuò nella ricerca di un posto vuoto e si avvicinò a un tavolo occupato.

-E’ libero qua?-

-Ehm, veramente no… - rispose un po’ timoroso un prigioniero.

Il moro, in un solo sbatter di ciglia, lo trafisse con lo sguardo e quello gli cedette immediatamente il posto.
 
 

***
 

 
Tom lo guardava, stranamente interessato.

proferì tutto a un tratto facendo saltare in aria tutti gli amici che si stavano ingozzando in silenzio.

-Ma come non lo conosci? - gli fece Andreas dopo aver tossicchiato un po’ - Quello è il “moro”. Dicono che l’hanno catturato durante una retata della polizia nella sua villa a Malibù. -

-Ah… vedo che sei informato bene, Andy. -


Il volto del biondo avvampò all’istante. Era risaputo in fatti che fosse una checca e che, da gay che si rispetti, gli piacevano solo i detenuti più belli e tra questi c’erano Tom e ora, a ben vedere, anche il nuovo arrivato.

Il rasta gli lanciò un’occhiata complice e divertita e poi, senza finire il suo gelato e senza dir nulla, si alzò e se ne andò.

 
***
 

 
Aveva mangiato tutto quel giorno. Il menù del sabato gli piaceva e l’aveva messo di buon umore.

“Buon umore per uccidere.” riflette tutto pimpante mentre con la lentezza di una tartaruga rientrava nella sua cella, giocando con la mano destra lungo le sbarre.

-Ed eccoci di nuovo qui. - bisbigliò a sé, appoggiando le mani sui fianchi - Sarà meglio far qualcosa... -

Decise di avvicinarsi allo specchio. Un piccolo quadrato, mezzo graffiato che gli avevano concesso.

Bill odiava invecchiare e ogni giorno passava le ore davanti a qualsiasi superficie riflettente per vedere se qualcosa di nuovo e minaccioso fosse comparso sul suo bellissimo viso.

Aveva una personalità strana. Quasi divisa in più pati.

Se da un lato era buono, educato e un po’ dandy; dall’altro era freddo, spietato e cinico. La sua cattiveria, che fuoriusciva nei momenti più impensabili, era bilanciata dal suo essere gentile e allegro. Rideva e scherzava con tutti, ma poi, quand’era solo, cadeva in strani stati d’angoscia e di dolore, forse dovuti alla morte misteriosa di suo padre. Non avrebbe saputo dirlo. Sta di fatto che aveva qualcosa che non andava, almeno così gli avevano detto in tanti.

Il riflesso dello specchio gli regalò l’immagine più perfetta di sé ma gli fece notare anche un qualcuno agganciato con le mani alle sbarre.

-Ehi, tu. -

Bill si voltò e fissò a lungo il suo interlocutore. Era alto quanto lui. Aveva dei capelli buffi e dei vestiti sicuramente fuori moda. Gli gettò un’occhiata disgustata prima di tornare al suo specchio.

-Che fai? Non mi guardi più? - domandò sprezzante - So che sei nuovo di qui. -

-E allora? Hai qualcosa in contrario Tarzan? - rispose acido Bill, voltandosi, del tutto ora, verso l’ospite.

-Tarzan, lo vai a dire a qualcun altro. -

-Altri con le liane in testa non ce ne sono qui. - proseguì, avvicinandosi alle grate.

I loro occhi s’incontrarono.

Quattro iridi nocciola si fissarono, per attimi, che parvero essere eternità. Era come una lotta a chi abbassava per primo lo sguardo, ma nessuno dei due voleva cedere. Fu Tom a rompere quell’insostenibile silenzio.

-Carissimo vicino di cella alias “Jane”, vedi che lo scherzo delle banane non mi è piaciuto. - sibilò in un sussurro facendo brillare il piercing sul suo labbro.
Il moro spalancò gli occhi.

“Come ha osato chiamarmi?”

Ci mise qualche secondo a captare tutte le parole appena uscite dalla bocca del rasta. Poi, senza controbattere, sbuffò scocciato. Tornò al suo specchio e riprese ad aggiustarsi i capelli come se nulla fosse.
 

 
***
 
 
Lo stava fissando, da qualche minuto buono. Il misterioso vicino ora aveva un volto. E anche bello a quanto pare.
“Ma che penso? Bah, avere Andreas sempre intorno mi fa male.”

Tom sospirò e si appoggiò di nuovo alle sbarre della cella del moro. Lo guardò sistemarsi e spazzolarsi i capelli corvini più volte. Era rimasto lì, inchiodato al pavimento, e non sapeva nemmeno perché. Voleva parlargli ancora. Così, senza una valida ragione.

“…e perché poi? Ah, sì. Devo fargli pagare lo scherzo delle banane.”

Sorrise compiaciuto e si allontanò. Tornato nella sua cella, si mise a pianificare qualche buon scherzetto da fargli.






NDA: Eccomi qua, sono che questi capitoli sono un po' così, campati in aria, ma, se vi piacciono, continuate! Il seguito migliorerà. Come sempre, se avete critiche o cose da farmi notare, dite pure. :)
   
 
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