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Autore: ladyblack89    17/07/2012    1 recensioni
In the Jail è una ff molto vecchia, forse tra le prime che scrissi. E' molto leggera e spero che vi piaccia. Non vi fate ingannare dai primi capitoli, che possono sembrare troppo fluff e vuoti, il bello arriverà. :) Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 – Pensieri
 


Il prigioniero 707 aveva rubato cose, picchiato a sangue persone e deturpato monumenti pubblici e nazionali. Tuttavia, ancora, non aveva ucciso nessuno. Era dentro quella prigione perché cinque anni prima aveva avuto la brillante idea di rapinare una banca nello Stato del Nevada.

Era già ricercato ma era riuscito sempre a scappare. Solo quella volta gli era andata male.

Era stato tirato a forza fuori dalla banca, dove aveva preso in ostaggio tutti i presenti. Tra calci e pugni volati, alla fine era stato ammanettato e portato via per la felicità di tutti i cittadini.

Il piano del furto aveva portato via, tra ideazione e progettazione, più di tre mesi ma, tuttavia, per grande sfortuna e rammarico di Tom, non era andato come sperava.

E ora era lì: in una cella a rimuginare sui suoi trascorsi e su una remotissima probabilità di mettere su una buona carreggiata la sua vita. Comunque, tra i tanti pensieri, ce n’era ancora uno che lo stava assillando: il prigioniero 708.

Jane lo stava sfidando e lui, ovviamente, avrebbe accettato il gioco.

Erano trascorsi alcuni giorni da quel, ormai famoso, scherzo delle banane. Tuttavia, Tom non aveva ancora risposto al gioco.

“Uhm… forse potrei…ma sì perché non tentare.”

Un ghigno si stampò sul volto felice del rasta che scese velocemente dalla sua brandina e si avvicinò alle sbarre della cella.

-John, John. Vieni qua! -

Un anziano e magro custode gli andò incontro. Era stanco e vecchio, ormai si vedeva, e quasi senza forza si trascinava con i suoi piedi. Vestito nella sua divisa, era il prototipo del custode modello: buono, gentile e fiero di tutti i suoi anni di lavoro da buon cittadino americano.

-Che c’è? - domandò bonario.

-Ehm, dovrei andare in bagno . -

-Uhm, ok - disse mentre estraeva dal grosso mazzo di chiavi che aveva in mano, quella della cella – Però fa presto, giovanotto. - lo intimò calmo.

-Certo. -
 
***
 
Bill si rigirò nel suo letto. Molti pensieri gli affollavano la mente.

“Uffa… ma perché Tarzan non ha risposto alla mia provocazione? Che si sia già arreso? E poi perché io me la prendo tanto?”

Sbuffò sonoramente e pensò un attimo alla dolce melodia che aveva sentito suonare, qualche giorno prima, dal suo vicino di cella.

Era come un ricordo.

 Come qualcosa già sentito.

Ma lui non ricordava dove l’avesse udita prima. Aggrottò le sopracciglia mentre la sua mente vagava ma, del ricordo di quella musica, nessuna traccia.

Fece per alzarsi ma un’ombra veloce di qualcuno passò davanti alla sua cella.

“Quello è Tarzan.”
 
 
***
 
La prima ora del lunedì era dedicata alle visite.

La sala che ospitava i parenti dei detenuti era bianca e spoglia. C’erano soltanto molte sedie e tavoli bianchi sparsi qua e là.

Di solito, i prigionieri che ricevevano più visite erano quelli che avevano commesso reati minori o che, per scherzo del destino, erano finiti là. I carcerati più importanti, invece, non ne ricevevano nessuna.

Erano stati talmente bravi a nascondersi al mondo o ad allontanare i loro amici che, ormai, nessuno andava da loro.

E questo era il caso del moro.

Sospirò triste dondolandosi sulla sua sedia bianca.

“Tutti hanno qualcuno che li viene a trovare. - rimuginò abbattuto - Solo io, non ho nessuno.”

Girò la testa per cercare la capigliatura che voleva vedere e la trovò.

Il prigioniero 707, o Tarzan come l’aveva soprannominato, stava seduto a un tavolino rotondo.

Ma non era da solo, di fronte a lui, infatti, una bella biondina, in top rosa e jeans blu scuri, gli stava bisbigliando, sicuramente, qualcosa di dolce.
“E quella chi è? - si domandò nella mente senza neanche accorgersene - Sarà la sua ragazza.”

Una scarica di gelosia, mista a invidia, gli percorse tutto il corpo. I suoi occhi, improvvisamente, diventarono cupi e oscuri come la pece.

Guardò nuovamente la dolce coppietta che, nel frattempo si era estraniata dal mondo intero, mentre la sua mascella s’irrigidiva fino all’inverosimile. Grugnì qualcosa e si alzò di scatto.

-Ehi, tu. Dove vai? Non puoi uscire! - lo allertò una guardia afferrandogli, prontamente, il braccio destro mentre tutte le persone nella sala li osservavano.

Bill grugnì qualcosa all’uomo in divisa che, dopo qualche secondo, lo portò via fuori da quella opprimente sala.

 
***
 
Appena ritornato in cella, notò che qualcosa non andava.

Una figura femminile, longilinea e bionda aveva occupato il suo spazio vitale. La sconosciuta gli dava le spalle mentre Bill era smanettato e rinchiuso nella cella.

-Bella gabbia, Bill. -

Il moro trasalì al suono di quella voce.

“Non può essere…”

Avvertì un’altra scarica invadergli il corpo.

Ora, però, non era di strana gelosia o invidia.

Piuttosto era simile al timore e all’ansia perché, come aveva imparato nella sua breve vita, il passato torna sempre a tormentarti.





NDA: Ecco qua anche il cap 4, vi è piaciuto? :) Ora le cose iniziano a prendere forma o, comunque, si procede nella storia. Lo stile, rileggendolo, mi sono accorta che è un po' diverso. Forse ero migliorata un po'. XD Se avete da ridire, commentate pure. :)
   
 
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