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Autore: ladyblack89    17/07/2012    1 recensioni
In the Jail è una ff molto vecchia, forse tra le prime che scrissi. E' molto leggera e spero che vi piaccia. Non vi fate ingannare dai primi capitoli, che possono sembrare troppo fluff e vuoti, il bello arriverà. :) Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5 –  L’idea


 
Lei era bella.

Giovane, bionda.

Ed era una sua vecchia conoscenza.

“Che ci fa qui?”

La donna si lisciò attentamente la gonna blu cobalto, senza staccare gli occhi per guardarlo.

-Sei cresciuto, tesoro. -

-Non chiamarmi così! - urlò Bill senza preoccuparsi di chi poteva sentirli.

-Che ci fai qui? - chiese sprezzante alla donna seduta sul suo sgabello - Che vuoi da me? -

La bionda alzò lo sguardo dal vestito e fissò dolcemente il ragazzo mentre un’aria densa di paura e attesa si creava tra i due.

-Sono venuta a trovarti. Sono sempre tua madre. - proferì con voce calma e sempre più suadente, un sorriso dolce dipinto in viso.

-No, Simone! Tu non sei mia madre! - sparò a raffica il moro sbraitandole contro - Tu sei solo una puttana! Mi hai abbandonato! -

Il volto della bionda si pietrificò.

I suoi bellissimi occhi, così identici al diciottenne, si spalancarono mostrando un leggero velo di amarezza e rabbia.

-Eh già, dimenticavo. Io sono solo la sgualdrina che ti ha messo al mondo. - proferì riabbassando lo sguardo.

Le mascelle del moro s’irrigidirono nuovamente, in meno di un’ora. Fissò con aria truce la sua genitrice e poi si avvicinò piano alla sua branda, rintanandocisi sopra.

Poi, semplicemente, disse:

-Vattene. -

Simone non credette alle sue orecchie. Senza dire una parola si alzò dallo sgabello e, con una dignità strana per lei, si avviò verso la porta della cella.
-Ero venuta a dirti che tuo padre ti ha citato nel suo testamento.- ammise atona e fredda.

Detto ciò scomparve.

Strane lacrime rigarono silenziose il volto di Bill che, steso composto sul lettino, aveva iniziato a ricordare il genitore.

Adorava suo padre... ed ora non c’era più.

Pianse a lungo e, di tanto in tanto, soffocava i singhiozzi, che uscivano spontanei, affondando il volto nel cuscino.

“Mio padre. Papà perché non ci sei più? Chi ti ha portato via da me?”

Un'altra goccia segnò di nero le sue guancie morbide mentre si rigirava stancamente nel letto.
 
 
***
 
 
-Una fuga?-

-Shhh! Parla piano deficiente! - lo sgridò Tom dandogli una pacca forte sulla testa.

Si erano riuniti in quattro, com’era solito fare loro, in un angolo del cortile. Quel giorno era prevista l’ora d’aria e il rasta e alcuni amici avevano approfittato dell’occasione.
-E come avverrebbe ‘sta fuga? - chiese Georg, accendendosi la sua solita sigaretta.

-Il piano è ancora in fase d’ideazione. - tagliò corto Tom.

Andreas, che aveva sentito tutte le parole, corrugò le sopracciglia in u
n’espressione indefinita.

-Qualche cosa da obiettare, Andy? - fece scocciato, sbuffando sonoramente.

-No. Niente. Solo, questa prigione è una delle più sorvegliate del Nevada. Non so come farai. - terminò sereno.

Tom, avvicinandosi all’amico, gli arrivò a due centimetri dal volto.

-Tu non devi preoccuparti di nulla. - proferì, accarezzandogli il volto arrossato - Penso a tutto io. -

-Se penserai a tutto tu come hai già fatto per la rapina alla banca, allora stiamo freschi! - ribatte divertito e calmo l’altro amico Gustav, che si era appoggiato svogliatamente alla parete del cortile.
Tom grugnì e, alterato, si allontanò dal gruppo di amici.

-Fate come volete! Io intanto me la squaglio da qui! - gridò, gesticolando.
-Eh, meno male che dovevo fare silenzio. - terminò divertito Georg mentre buttava fuori un po’ del fumo della sua sigaretta.
 
***
 
Bill, dopo aver pianto si era alzato da suo letto e si era sistemato, come sempre, davanti allo specchio.

“Dio, che faccia. Sono impresentabile!” pensò mentre prendeva lo struccante dal suo beauty case.

Le lacrime che avevano segnato il suo viso stanco, scomparirono con una semplice passata di ovatta bagnata.

Non era da lui piangere ma quando qualcuno gli ricordava il padre, non poteva farne a meno.

Si aggiustò come meglio poteva e poi chiese di uscire dalla cella.

 
***
 
Ringhiò battendo furiosamente i pugni contro le mattonelle bianche del bagno.

Si era rifugiato lì, dopo che i suoi amici gli avevano dato tutto il loro “appoggio”.

“Ma perché me la prendo tanto? Solo l’unico qua che vuole fuggire da qua?” si lamentò mentalmente.

Tom girò con forza la maniglia d’acciaio del rubinetto e si passò velocemente un po’ d’acqua fresca sul viso.

“Se loro vogliono stare qui… che ci rimangano! Fuggirò da solo!”

Non si accorse che la porta del bagno si aprì, ma poco dopo, comprese.

La figura alta e magra del moro gli stava davanti, appoggiata alla parete piastrellata.

“Ha pianto.” realizzò il rasta notando i suoi occhi gonfi e arrossati.

-Scusa mi servirebbe il lavandino. - proferì distaccato.

Era la seconda volta che i due si squadravano a vicenda. Stavolta però, non c’era un’aria di sfida tra loro. A dirla tutta, non c’era proprio aria che passava in quell’angusto bagno.

-E’ tutto tuo! - se ne uscì, allontanandosi, quel che bastava, per fargli spazio.

-Comunque - iniziò dopo un paio di minuti, voltando la testa verso la piccola finestra rotta posta in alto - io mi chiamo Tom e non Tarzan. -

L’altro si finì di pulire con un pezzo di carta e mostrò il suo volto.

-Ed io sono Bill… non Jane, grazie. - puntualizzò, virgolettando l’aria al nome femminile.

-Uhm ok. -

Si guardarono nuovamente senza saper che dire; fu il moro a iniziare quella che poteva sembrare una conversazione.

-Ehm, non ti vendichi più del mio scherzo? - domandò abbassando lo sguardo a terra e appoggiandosi con le mani al lavabo bianco.

-Uhm, non c’è né più bisogno. - rispose l’altro facendo spallucce.

- Come mai? -

-Perché non mi va. - sentenziò calmo Tom mentre ammirava la figura snella del suo vicino.

“Però… è carino davvero!”

-Ah, capito. -

Bill, stringendo le mani al lavabo, non sapeva cosa dire.

Era tutto strano.

La conversazione era strana. Lui in primis, era strano.

-Io devo andare. - tagliò corto, avvicinandosi a passo svelto alla porta.

Ma qualcosa di forte lo bloccò.

-Aspetta! Ti devo dire una cosa. -

Il volto del moro, tra lo spaventato e il curioso, si fermò a pochi centimetri da Tom che poteva quasi sentire i loro respiri unirsi.

-Che c’è? – chiese, schiudendo leggermente le labbra umide che il rasta non si dimenticò di osservare per bene. Deglutì rumorosamente.

-Senti, sto... sto progettando una fuga. Ti va di unirti a me? -

Bill lo guardò tra l’incredulo e lo scettico e così rimase per alcuni minuti con il braccio ancora saldamente ancorato alla presa del biondo.







NDA: Ok, le cose stanno andando decisamente spedite ora. XD Come sempre sono capitoli leggeri, ma spero che vi piacciano. Al prossimo! ^^


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