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Autore: _Maisha_    17/07/2012    2 recensioni
Catlewood. La scuola in cui ogni creatura vorrebbe essere convocata. Fortuna toccata a Christine, una ragazza semplice, che mai lo avrebbe pensato. Ma anche in una scuola perfetta, dove si troveranno amici e amori, si celano pericoli e terribili segreti.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno al passato
 
Quindici anni prima.
 
Il sole splendeva su Aughelwick come non mai quel giorno, ma il gelo continuava a dominare su tutta la cittadina, noncurante dei tiepidi raggi che vi si abbattevano. 
L’enorme monte Pruinam era ancora ghiacciato, quest’anno era stato più freddo del solito e le ripercussioni erano state gravi per tutti. Il monte era l’unico modo per uscire dalla città poiché Aughelwick era un paesino speciale. A vederlo sembrava una di quelle cittadine sperdute in luoghi desolati, dimenticati da Dio, circondato com’era dal monte da un lato e dal lago dall’altro. Quest’ultimo poi, più che un lago sembrava un piccolo mare. 
Una delle tante leggende del luogo narrava che il lago fosse la dimora di un poseido, un’ enorme creatura marina di fattezze umanoidi creduta estinta da duemila anni, feroce predatrice di uomini. Si dice, sempre nella stessa leggenda, che il poseido crei inizialmente dei vortici, poi ,quando le navi si ribaltano e gli uomini cadono in acqua, li divora ferocemente. Ecco spiegato perché nessuno si era mai avventurato nella distesa azzurra per scoprire se ci fosse una fine o no. Quindi, il monte era l’unica via d’uscita. Ma c’era un meccanismo piuttosto particolare per attraversarlo. Non bastava armarsi di buona volontà a scalarlo, no, il monte era magico. Come Aughelwick e tutti i suoi abitanti del resto. Certo, vi erano maghi scadenti e maghi ottimi, tutto dipendeva dalla convocazione o meno in una Scuola. 
Solo lì si poteva ottenere una bacchetta. Senza di questa essere nato mago era piuttosto inutile, ci si poteva limitare solo a qualche incantesimo per spostare oggetti, curare piccole ferite o aggiustare cose rotte; nulla in confronto a quello che può fare una bacchetta. La gente, quindi, per vivere svolgeva professioni del tutto umane, come il contadino, il commerciante, il giornalaio. Molti si trasferivano in città normali, abitate da umani, dimenticando per sempre le loro origini magiche. 
In paesini come Aughelwick le convocazioni erano poche. Annualmente uno o due ragazzini venivano scelti. Alcuni anni non vi furono convocazioni. Per i ragazzi convocati ogni anno vi era una festa, si mangiava, si beveva, si ballava. Era un addio poiché sarebbero tornati, se lo avessero fatto,  dopo 7 anni, ormai maghi esperti, per salutare la famiglia e attraversare per l’ultima volta il monte Pruinam, andando incontro al loro futuro. 
Gli abitanti di Aughelwick, invece, passavano il monte  solo due volte l’anno; una volta in autunno ,per le provviste invernali, e una volta in estate per godersi le vacanze. Questo perché attraversare il varco costava una vera fortuna. Innanzitutto occorreva fare un’offerta Schmileon per passare. Di quest’ultimo si diceva fosse un troll che abitava il monte da circa 500 anni, ma nessuno ne era stato mai certo, gli ultimi avvistamenti risalivano alla metà del 1600 circa. Tutti,ciò nonostante, preferivano portare la loro offerta davanti alla grotta dove si diceva abitasse il mostro per poi scappare a gambe levate senza nemmeno assicurarsi che, siccome spesso consisteva in cibo, fosse divorata da altre bestie. Oltre al sacrificio per il troll, la vera tassa erano i cinquanta lebani d’oro a testa da pagare. 
A chi? A una delle sole due donne che riuscivano ad aprire il varco in tutta la città. Era un processo complesso, bisognava arrivare in cima e usare le pietre sacre, impossibili da utilizzare senza particolari abilità magiche. A volte però capitavano occasioni speciali, in cui nemmeno quelle due donne chiedevano il loro dovuto salario. Come qualche migrazione di massa a causa di catastrofi naturali o quando c’erano le convocazioni. Quel giorno era uno di questi. 
Un piccolo gruppo di persone si stava dirigendo verso il monte a passo spedito, trainando grossi bauli. Tre ragazze di circa 15 anni seguivano una donna bassa, magra e vestita di nero che ogni poco esclamava –Mi seguite ragazze?-
Le tre fanciulle non le rispondevano perché mancava loro il fiato per la troppa fatica; quelle grosse valigie pesavano come se fossero riempite di rocce e il camminare in modo così rapido non dava certo sollievo. Mentre le ragazze continuavano a sbuffare e a respirare affannosamente, la donna improvvisamente si fermò. Erano arrivate all’inizio del sentiero che conduceva in cima al monte. Una salita ripidissima e coperta di ghiaccio era impossibile da attraversare, figuriamoci con quei bagagli. La donna si voltò lentamente e scrutò le ragazze con i suoi occhi piccoli e scuri. 
-Bene ragazze, saliamo.- 
- Ma non ci vede? È impossibile salire!- a parlare fu una ragazzina con due trecce bionde, un grazioso vestitino a pieghe verdi sotto un pesante cappotto di pelliccia e profondi occhi azzurri, Mary Kate, conosciuta tra le coetanee per arroganza e acidità, insomma, la classica persona che sembra buona dall’aspetto, ma in realtà non lo è. 
-Mary, la parola impossibile deve sparire dal tuo e dal vostro- disse indicando le altre due - vocabolario.-
Facendo un cenno con la mano le invitò ad avvicinarsi alla staccionata che delimitava il sentiero e una volta assicuratasi che fossero tutte vicine sfoderò la bacchetta.  Tutte le ragazze ebbero un fremito. Vedere una bacchetta per la prima volta in azione era speciale quasi come dare il primo bacio. La donna accorgendosene sorrise compiaciuta e puntando la bacchetta verso il ghiaccio esclamò: - Pagos- 
Il ghiaccio si sciolse velocemente lungo tutto il sentiero e le ragazze la guardarono allibite.
- Niente è impossibile per una bacchetta, e se volete avere la vostra siete pregate di muovervi, l’incantesimo non reggerà a lungo.-
Tutte e quattro sorrisero all’unisono e le tre fanciulle dissero in coro -Grazie signora Nisiov- 
-Di nulla, ma ripeto, sbrigatevi-.

Percorsero l’intero sentiero in due ore, pochissimo, in confronto alle sei ore previste nelle due giornate annuali. Arrivate in cima si gettarono a terra, esauste, non facendo caso all’erba ghiacciata che bagnava vestiti e bauli. 
Intanto la Nisiov con la bacchetta stava tracciando un simbolo su un cumolo di terra stranamente fresca circondata da piante intrecciate, anche queste stranamente non gelate.
Sembrava una piccola v, leggermente obliqua. Sotto di essa vi era disegnato primitivamente ciò che sembrava un grosso edificio con alte torri. Un castello. 
Si levò improvvisamente una voce piuttosto acuta. -Signora Nisiov, che significa?- 
La donna sussultò, tracciando una lunga linea sul castello che aveva disegnato. 
Lanciò un’occhiataccia alla ragazza e stizzita rispose: - Dovresti sapere dove stai andando, Jenny. Quella è una lettera dell’alfabeto runico, l’iniziale del posto che vi aspetta.-
-Oh, capisco, grazie.- Jenny Rotes era sempre stata un po’ “lenta” a capire le cose; non che fosse stupida, ma sembrava che non ragionasse, trovandosi a fare spesso domande sciocche e invadenti, come in questo caso, distraendo la Nisiov, che con pazienza rifece tutto daccapo. 
Dopo aver finito di disegnare altre immagini e simboli e averli circondati tutti con un cerchio, anch’esso disegnato nel terreno,la donna si diresse verso una parete di roccia coperta da piante rampicanti che, stranamente, a un certo punto si diradavano, lasciando scoperta una parte perfettamente circolare di muro umidiccio. 
Al centro dello spazio scoperto vi era una piccola rientranza, dove, dopo averla pulita accuratamente dal muschio che vi si era formato, la Nisiov poggiò la punta della bacchetta.
D’un tratto il piccolo buco iniziò ad ampliarsi sia in dimensioni che in profondità, svelando il contenuto che vi era nascosto. Cinquanta pietre di una gran varietà di colori erano perfettamente allineate nella cavità che all’interno irradiava una strana luce bianchiccia. 
La strega, abituata a quel fenomeno, prese, senza pensarci troppo, quattro pietre sacre sotto lo sguardo stupefatto delle tre ragazzine ancora sedute a terra. Dopo aver gettato loro uno sguardo quasi altezzoso, la donna dispose i quattro sassi colorati nel cerchio che aveva disegnato per circondare e racchiudere insieme tutti i simboli. Le ragazze non videro mai una meraviglia simile, era proibito a chi avesse meno di 20 anni attraversare il monte e per loro fu una piacevole sorpresa poterlo fare così tanti anni prima. 
Dal terreno coperto di ghiaccio era sbucata un’arcata di pietra bianca, lucente, simile a perla; ma non era questa la meraviglia, lo spazio all’interno dell’arcata brillava di tantissimi colori, quasi vi fosse un arcobaleno.
- Ragazze- disse la Nisiov- so che questo è il vostro primo viaggio, state unite e cercate di seguirmi.- 
Le tre ragazze fecero cenno di si con la testa e felici, ma al contempo spaventate entrarono nella luce dopo la signora Nisiov.  Si trovarono in una sorta di corridoio che affacciava su innumerevoli luoghi, no, a guardare meglio erano tutti castelli.
- Ragazze questi sono tutti i castelli che hanno caratteristiche comuni, il vostro è uno degli ultimi, non cercate nemmeno di entrare in un’altra porta, potreste non tornare più.- 
Le tre ragazze deglutirono in modo così forte che sentì anche la Nisiov, che le guardò preoccupata. Quello sguardo non dava loro sicurezza, anzi. Così si strinsero l’una all’altra più forte che poterono, tenendo sempre con l’altra mano il loro pesante bagaglio. Dopo  minuti e minuti di cammino nel corridoio latteo, giunsero alla fine. 
Un’ ultima porta si trovava davanti a loro. Chiusero gli occhi e si prepararono all’impatto con l’ambiente esterno. Per loro fortuna atterrarono morbidamente sull’erba, lievemente bagnata dalla rugiada. Quando si misero in piedi e si ricomposero si accorsero però che la Nisiov non c’era. Urlarono più volte il suo nome ma non ricevettero nessuna risposta. 
Poi Christine, che fino a quel momento non aveva aperto bocca urlò: - ragazze, qui c’è qualcosa.- 
Una piccolo foglio ingiallito era poggiato sul prato. Jenny lo prese. Era scritto in nero con una calligrafia semplice, linare, come quella di un bambino.
-Ragazze, è da parte della Nisiov, dice che dobbiamo seguire il sentiero e saremo arrivate, lei non è potuta andare oltre.- -Muoviamoci.- disse Mary Kate con tono altezzoso. 
Jenny e Christine si guardarono e alzarono le spalle, ormai erano abituate a quel suo tono. Le tre giovani si misero sul sentiero che conduceva a luogo per il quale avevano tanto viaggiato, erano felici, il peggio era passato, o almeno così credevano. 
Mentre canticchiavano una canzoncina allegra ,infatti, non molto lontano, qualcosa si stava risvegliando, qualcosa di oscuro, di malvagio e le sue vittime sarebbero state proprio quelle ragazze. Gli sembravano forti, coraggiose, facevano al caso suo. L’essere però non aveva ancora abbastanza forza, ancora debole dopo anni di sonno, preferì non pensarci e godersi il risveglio. Una volta tornato alla sua forma originaria avrebbe potuto dedicarsi alla caccia.


Il sole era calato ormai e le tre ragazze erano esauste dopo il lunghissimo cammino. Credevano di essersi perse, di aver sbagliato strada. Mentre parlavano tra di loro arrivarono alla fine del sentiero. Nel senso che la strada si interrompeva completamente per dar spazio a un burrone altissimo, che terminava con un enorme lago.
-E ora?- chiese Jenny -dov’è la Scuola? Dove siamo capitate?- 
-Calma Jenny- disse Christine- sono convinta che non c’è nulla di sbagliato.- 
- Ed ecco il nostro genio all’opera, voglio vedere come te la cavi stavolta.- a parlare ovviamente fu Mary Kate, che aveva stampato un ghigno sulla faccia.
- mmh, Mary, sempre gentile tu, eh?-
- Sempre, mia dolce Chris- rispose la bionda con aria stizzita.
-Allora, direi che dobbiamo arrivare in fondo al burrone- 
-Ma c’è l’acqua sul fondo, non vedi Chris?- 
- Vedo Jenny, vedo, ma credo che l’unico modo per arrivare sia mostrare coraggio, o comunque dimostrare che ci teniamo davvero a raggiungere la nostra destinazione. Sapete che “quelli” ragionano in un modo particolare. Resta il fatto che dobbiamo saltare.-
-Saltare?- dissero insieme Mary e Jenny- sei pazza?- 
-No, non sono pazza, fidatevi- 
- Io non mi fido di una contadina.- Disse Mary Kate in tono aspro. – dovrei affidare la mia vita a te?tzè neanche per sogno.- 
- Come vuoi Kate. Jen, tu che fai?- 
- Io vengo con te.-  disse Jenny regalando a Christine un sorriso che servì da tranquillante. Affrontare un salto del genere con qualcuno era sempre meglio che affrontarlo da sola. 
-Allora Jen, al mio 3 saltiamo.- Disse Christine avvicinandosi al precipizio. 
- Ok - rispose timorosa Jenny seguendola sul bordo del burrone.
-Allora, uno, due e t…-
-Aspettate!- Le interruppe Mary – vengo anche io, siamo state chiamate insieme e a questo punto moriremo anche insieme- 
Chris e Jenny la guardarono torve. Non era stata d’aiuto.
-Ah, scusami per prima Chris-
-Figurati- Rispose la ragazza con non troppa convinzione - ma ora dobbiamo saltare.- 
-Siamo pronte- esclamarono le altre due in coro.
-Uno, due, tre.- 
-Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhh- gridarono tutte e tre all’unisono. 
Gli sembrò di cadere per tempo interminabile. L’impatto con l’acqua fu duro, e in più si accorsero che il liquido le stava trascinando a fondo, come se fossero risucchiate da una qualche strana forza. 
Pur nuotando con tutte le loro forze, cercando di combattere contro la forza misteriosa, tutto fu inutile, la discesa negli abissi era inevitabile. Si guardarono terrorizzate e capirono che era finita. 
Jenny Rotes, Mary Kate Suset e Christine Talound stavano per morire a soli 15 anni.
Stavano quasi per lasciarsi andare alla corrente, quando sbucarono fuori dall’acqua. Tornarono a respirare.
Inspiravano ed espiravano come forsennate, tossendo per cacciare via l’acqua inghiottita. Si trascinarono a riva. 
Erano in un altro luogo. 
Di fronte a loro un enorme lago di acqua verdognola, ma limpida. Meraviglioso, ma quasi letale. 
La spiaggia ,invece, era formata da sottili ciottoli di tutte le nuance del marrone e alcuni strani animali vi camminavano, sembravano un misto tra granchi, lumache e uccelli. Quatto piccole zampe da rapace, un corpo tondo e coperto da una corazza, proprio come un granchio e una piccola testa retrattile con delle antennine. Come se non bastasse erano completamente blu. 
-Cosa-diavolo-sono-questi-cosi- esclamò Mary, scandendo tutte le parole e sputacchiando ancora acqua. 
-Ehm, non ne ho assolutamente idea- rispose Christine. 
-Zampe da uccello, corpo da granchio e faccino da lumaca… che ne dite di gralucelli?- esclamò Jenny entusiasta per l’idea avuta. 
-Jen, non mi sembra il caso di trovare un nome a questi, cosi- Rispose Mary con tono distaccato e scandendo l’ultima parola- 
-ragazze su, invece di mettervi a pensare a questi “gralucelli”-prese a dire Christine facendo il segno delle virgolette con le mani- perché non cerchiamo aiuto e cerchiamo di capire dove diavolo ci troviamo?--Mi sa che hai ragione, mettiamoci in marcia- disse Jen facendo scomparire dal volto il sorriso avuto fino ad allora. Abbandonata la spiaggia popolata dagli animaletti blu, le ragazze iniziarono a camminare lungo un sentiero stretto e polveroso che sembrava essere l’unica via possibile da percorrere. Dopo aver percorso circa un kilometro in totale silenzio si arrestarono di colpo. Tutte e tre scoppiarono a piangere contemporaneamente dall’emozione, erano arrivate. Davanti a loro un enorme castello circondato da alberi. Sulle torrette di una strana pietra gialla, come le mura, si poteva vedere una Bandiera con raffigurato un albero e una luna piena.
Finalmente avevano trovato Castlewood.













*ANGOLO AUTRICE*

Ok, non è una gran cosa, lo ammetto... ci ho messo un sacco di tempo soprattutto perchè non trovavo mai il tempo di scrivere. Comunque non vi spaventate, la storia più in là diverrà più emozionante. Credo. Buahahah xD
Che poi con chi sto parlando? Non la leggerà nessuno.
Se tu, anima pia e disperata, stai leggendo, recensisci. Ne ho bisogno.
Tenchiùù *occhi dolci*
  
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