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Autore: Karyon    17/07/2012    0 recensioni
Partecipa all “Last night a DJ saved my… fanfiction!”(un nome più lungo no, eh? xD) del Collection of Starlight.
[Argus Gazza/Umbridge].
Argus odiava la magia, perché non poteva usarla.
Argus odiava la magia, perché la sognava ogni maledetta notte.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partecipa all “Last night a DJ saved my… fanfiction!”(un nome più lungo no, eh? xD) del Collection of Starlight.
Pairing: Argus Gazza/Umbridge [Cardigans and chains].
Note di servizio: Sì, non dite niente. Lo so, è terribile.
Povero Gazzuccio ç_ç No, mi spiego: secondo me essere un mago senza magia dev’essere qualcosa di terribile. Voglio dire: un nato Babbano è considerato speciale nella sua famiglia, come Lily, mentre i Mezzosangue sanno di esserlo per metà… ma un Magonò è qualcuno che si sentirà quasi sempre in difetto, perché manca di qualcosa che hanno tutti intorno a sé e nella sua famiglia. Vivere in mezzo alla magia e non possederla… terribile.
Capisco la cattiveria di Gazza, molto di più di quella della Umbridge-rospo, e capisco la sua volontà di vendetta, sebbene io non la condivida.
Bon , un altro amore non corrisposto (perdonatemi!) e neanche tanto Crack XD
Lo so che il dialogo è OOC, ma comunque quei due hanno sicuramente parlato molto; o meglio, la Umbridge lo chiamava come aiutante per beccare i vari studenti in flagranza di reato!
 
I must no tell lies
 
A modo mio avrei bisogno di carezze anch'io.
Avrei bisogno di pregare Dio.
Ma la mia vita non la cambierò mai mai,
a modo mio quel che sono l'ho voluto io.

Lucio Dalla – In piazza Grande.
 
“Non devo dire bugie”.
Gazza aveva scoperto in modo alquanto fortuito in che modo la nuova arrivata al Castello aveva usanza di punire gli studenti.
“Non devo dire bugie”, inciso sulla pelle.
Era la cosa più deliziosamente sadica che avesse mai sentito e gli piaceva!
La verità era che Gazza faceva quel lavoro per unico senso di dovere nei confronti del preside Silente, mentre non provava alcun tipo d’interesse per quegli stupidi ragazzini che non facevano altro che insudiciare tutto senza rispetto per nessuno.
E poi c’era la questione “Magia”: quella con l’iniziale maiuscola, quella che la sua famiglia possedeva a fiotti escludendo, però, la pecora nera della Casata.
Argus odiava la magia, perché non poteva usarla.
Argus odiava la magia, perché la sognava ogni maledetta notte.
L’unica consolazione che aveva nella vita era quella di poter strapazzare un po’ quei maghetti che non si rendevano conto della propria fortuna. Gazza sperava, giorno dopo giorno, di potersi vendicare pezzo a pezzo della propria esistenza misera e, nel frattempo, d’ acquisire un po’ di quel potere.
Dopotutto non chiedeva molto.
Nonostante il netto e continuo rifiuto di Silente però, quell’anno c’era qualcosa di diverso – eccezionale da un certo punto di vista: Dolores Umbridge.
Gazza aveva capito che erano anime affini dalla prima parola che la ministra aveva proferito durante il banchetto: c’era un’ autentica malvagità nella sua voce sottile e dolce.
Poi, giorno dopo giorno, l’aveva vista inventarsi nuovi stupefacenti metodi per assoggettare quegli stupidi e per punirli; fino ad arrivare al castigo più cattivo, nella sua semplicità.
“Non devo dire bugie”.
In tutta sincerità, Gazza non sapeva se Potter era un bugiardo o meno – si fidava abbastanza del giudizio positivo di Silente – , però sapeva che avrebbe voluto lui stesso applicare quella formula sulla pelle di ogni insulso maghetto di quella scuola, solo per sentirsi – almeno una volta – superiore a tutti loro.
E Dolores Umbridge aveva esaudito quel suo recondito e profondo desiderio.
«Argus, chiuda la porta e mi ascolti».
Dopo aver capito che lui era sostanzialmente dalla sua parte, Umbridge aveva deciso di sfruttare la sua profonda conoscenza del Castello e la sua arguzia per controllare meglio tutti quei piccoli ribelli scapestrati che osavano rivoltasi al Ministero.
Argus Gazza sembrava essere felice di accondiscendere quel simpatico piano.
«Buonasera, signora» replicò lui, facendo qualche passo in avanti ma senza osare sedersi; fissava la Umbridge e il movimento delle sue mani con molta attenzione, si beveva le sue parole di perfidia con gusto, ma sapeva di non poter andare oltre: era un Magonò, un mago senza magia, e sapeva che il suo stato – nel mondo magico – equivaleva a essere peggio di un Babbano.
Lui stesso se lo diceva, lui stesso odiava la sua natura.
Per quanto avrebbe desiderato sedersi di fronte a lei e ragionare per ore sul modo per torturare quegli studenti, magari aiutandola con la sua bacchetta, sapeva che non poteva farlo, mai nella vita.
Così Gazza inghiottiva il rospo e serrava il cuore, pronto a ricercare nei ragazzi e nel loro odio una nuova ragione di vita.
 
 
 
 

   
 
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