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Autore: Artemis Black    17/07/2012    4 recensioni
[Andrew Garfield]
"Non avrei mai immaginato che le nostre vite, fino ad allora così intrecciate, potessero distanziarsi tanto rapidamente. Se l'avessi saputo prima, le avrei tenute più strette, senza permettere a forze invisibili di separarci..." Non lasciarmi, Kazuo Ishiguro. La storia parla di come dal nulla possa comparire la tua ragione di vita, quella che ti salva appena in tempo prima di cadere totalmente nelle tenebre. Così un giorno, Kimberly Rae detta Kim, incontra Andrew Garfield. Forse era destino, forse no… ma i due faticheranno a dirsi addio, per poi… [momentaneamente sospesa]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTO SECONDO
Era la seconda settimana che mia madre doveva lavorare fino a tardi e a me non piaceva affatto. Odio stare da sola in casa fino a mezzanotte!
Fortuna che c’era la tv a tenermi compagnia, anche se non la guardavo.
Solo perché un lavoro non bastava a pagare tutte le spese della casa. Che rabbia!
Ed io non potevo aiutare più di tanto. Mia madre diceva che dovevo solo studiare e divertirmi. Era tutto ciò che dovevo fare all’età di 17 anni.
Se poi venisse a sapere che in pratica ho zero amici e pochissimi conoscenti, si immischierebbe e comincerebbe a trovarmi amiche che io non voglio.
Io ce li ho dei veri amici, sono i miei libri.
Loro non mi tradiscono mai, mi sono sempre di compagnia e tutti hanno bellissime storie da raccontare. I libri sono meglio delle persone.
La mia camera è sorretta da libri! Al posto di un armadio gigante che tutte le ragazze vorrebbero, io mi sono fatta comprare una libreria enorme. Occupa tutta la parete opposta al letto. Niente tv, un computer portatile poggiato sullo scrittoio antico che avevo trovato in un mercatino delle pulci a 50$. Praticamente regalato!
Sopra al letto avevo alcuni poster dei più celebri film: Orgoglio e Pregiudizio, Casablanca, Pretty Woman, Marie Antoinette, Psycho, Assassinio sull’Orient Express, Brave Heart, Il Miglio Verde, Thelma e Louise e per finire… Harry Potter.
Uno dei libri più belli del genere fantasy che io abbia mai letto!
E per finire un mini armadio e una cassettiera con sopra uno specchio e alcuni libri.
Sentii qualcuno infilare la chiave nella porta, mi alzai dal divano in cucina e andai a vedere chi era: mia madre.
“Oh, ciao tesoro, aiutami con la spesa” mi disse mentre mi dava alcune buste.
Poggiai il tutto sul tavolo della cucina e cominciai a riporre le cose al loro posto.
“Allora, come è andata a scuola?” mi chiese.
“Niente di nuovo, quello di chimica ancora mi odia. “ dissi.
“Vuoi che ci vada a parlare?” chiese preoccupata.
“No, non mi interessa prendere un A in chimica. Posso farne a meno.” Dissi.
“Ah… ok, e con le tue amiche?” chiese.
“Mamma…” la guardai scorbutica.
“Dai, è impossibile che una brava e intelligente ragazza come te non ha amici!” disse alzando le braccia.
“Appunto, sono un livello troppo alto per tutti quei deficienti che sono in quella scuola. Sono un super genio incompreso!” dissi sorridendo. Un sorriso amaro.
“Contenta tu… e i tuoi libri.” Disse.
“Io me ne vado a letto.” Aggiunse con aria stanca.
“E non mangi?” gli chiesi.
“No, non ho fame.” Rispose lei, poi si chiuse in camera.
E io che gli avevo preparato una gustosa passata di verdure! Mi c’erano voluti secoli per frullare tutti quei vegetali!
Buttai tutto nel lavandino e misi la lavastoviglie in funzione. Aspettei fino a quando non ebbe finito e poi tornai in camera mia.
Mi lavai e mi misi il pigiama. Sdraiata sul letto cominciai a pensare a quell’Andrew.
Non si era fatto vedere per una settimana, chissà che gli era successo, chissà come stava.
Un momento, stop.
Perché mi stavo preoccupando di un tizio che per poco non mi uccideva?
Scacciai via quei pensieri dalla testa e mi addormentai.
E sognai Andrew.
 
“Allora ragazzi, fate 5 giri di campo e poi lo stretching.” Disse il professore di ginnastica.
Io ero un intellettuale, non potevo mettermi a correre di prima mattina. Avevo la forza di un bradipo addormentato!
“Rae, comincia a correre!” urlò il professore.
Le ragazze cheerleader mi guardarono dall’alto in basso e cominciarono a ridacchiare.
“Oche.” Dissi quando gli passai vicino.
“Cosa hai detto scusa?” mi chiese una di loro.
“Belle gonne!” urlai. Loro rimasero di stucco e sussurrarono un “Sfigata”.
Continuai a correre alla velocità della lumaca, senza curarmi di quelle oche starnazzanti.
“Ehi Kim, cosa ci fai qui?”
Io ero tra le nuvole e quando Andrew apparve dal nulla, mi spaventai tanto da cadere a terra per aver inciampato sui miei stessi piedi.
La mia figura da stupida goffa l’avevo fatta. Sentii le cheerleader passare affianco a noi e ridere come galline.
“Tutto bene?” chiese Andrew porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi.
“Sisi…” dissi “Possibile che ogni volta che sto con te rischio di morire?” gli dissi
Lui cominciò a ridere.
“Non è colpa mia se ti butti ai miei piedi ogni volta che mi vedi.” Disse ammiccando.
“Spudorato!” dissi sgranando gli occhi. Continuai a correre senza voltarmi, mi aveva fatto infuriare.
“Chiedo venia.” Disse affiancandomi.
“Mi dispiace signorino, ci vorrà di più che delle semplice scuse!” dissi altezzosa.
Stavo per caso imitando una madama del 400?! O mio dio, no!
“Ehm scusa… insomma volevo dire” fui interrotta da Andrew.
“No, hai ragione. Che ne dici se dopo scuola andiamo a fare un giro?” mi chiese.
La mia mente calcolatrice già stava pensando in che squallido modo mi avrebbe persuaso a buttargli le braccia al collo e sedotto per portarmi a letto con lui.
“Dimmi la verità, c’è un secondo fine?” gli chiesi alzando il sopracciglio.
“La verita' non e' cio' che si direbbe una buona, gentile e fine fanciulla.” Mi disse e poi mi mise in mano un foglietto ed ancdò via.
Ero ancora intontita dopo ciò che aveva detto e aprendo la mano scoprii che mi aveva appena lasciato il suo numero di telefono.
Santi numi! Avevo in mano il numero di un ragazzo che mi aveva appena citato Wilde.
-Oh cara, Kim non lasciartelo sfuggire!- mi dissi.
“Rae, muoviti!”
Il professore mi destò dagli allori e mi spronò a continuare a correre. Gli dissi che non mi sentivo bene e mi rispose di filare negli spogliatoi.
Rientrai a scuola e mi andai a cambiare. Non puzzavo ma decisi di fare la doccia comunque, stavo per uscire con un ragazzo! Ancora non ci credevo.
Anche se non ero quel tipo di ragazza, che appena uno gli sbatte le ciglia, gli si risvegliano gli ormoni e comincia a dare di matti andando in giro a raccontarlo alle amiche e a spettegolare su quanto sia sexy e quanto le sue labbra siano di un rosa intenso.
Preferisco sapere quanto sia intelligente e cosa aspira a fare nella vita, cosa gli piace fare nel tempo libero e che libri gli piacciono.
Io voglio diventare attrice, voglio lavorare nel mondo del teatro. Voglio poter esprimermi su un palcoscenico e poter interpretare qualche personaggio di Shakespeare.
E’ per questo che ho deciso che cercherò una buona compagnia teatrale o magari, riuscirò  a farmi ammettere in qualche college famoso, qui a New York.
Ma questo è ancora un sogno da cominciare a realizzare… ho ancora un anno e mezzo da passare in questo liceo.
Mi vestii e cercai di sistemarmi i capelli rossicci ribelli: non erano ne lisci ne ricci… mossi forse non troppo. La giusta piega per dei capelli insulsi.
 
La campanella suonò e la classe si riversò nei corridoi. Io rimasi pietrificata sul mio sgabello nell’aula di biologia. La professoressa mi guarda preoccupata da sopra i suoi occhiali grandi e fuori moda, come li avevano definiti delle ragazze in fondo all’aula.
“Tutto bene, Rae?” mi chiese. Aveva all’incirca 55 anni e molte esperienze passate che portava scritte nel suo volto, colpito dagli anni ma straordinariamente bello.
“Un ragazzo mi ha chiesto di uscire dopo la scuola.” Dissi tutto d’un fiato.
Non so sinceramente perché l’avevo fatto, ma mi fidavo in qualche modo dell’unica professoressa che più mi stava simpatica.
“Oh tesoro” disse e si avvicinò a me “Va e goditi la giornata!” aggiunse incitandomi.
“Ma non so come comportarmi! E’… è la prima volta che qualcuno si interessa a me ed io che sono sempre pronta a dare una risposta, a calcolare tutti i miei piani, adesso mi ritrovo con questo maledetto mal di pancia e una confusione in testa perché non so come comportarmi!” gli dissi.
Lei prese uno sgabello e si misi di fianco a me.
Mi indicò la finestra, la primavera era alle porte e piccoli boccioli rosa stavano nascendo su di un albero.
“Prendi la vita così com’è, non calcolare tutto perché alla fine non sarà mai come l’avrai pianificato. Sii te stessa e vedi che andrà bene, e se non andrà… beh, allora è un ragazzo sciocco e poco intelligente per te!” mi disse dandomi una leggera pacca sulla spalla.
“Ed ora vai, ti starà aspettando!” mi disse.
“Si, si certo… ehm, grazie.” E corsi fuori dall’aula.
Nel frattempo la professoressa Smith rimase in aula ad osservare l’albero in fiore.
Si toccava spesso la fede che aveva all’anulare sinistro e sorrideva amareggiata: credevo alle sue parole, sapevo che dovevo sbattermene dei miei piani e vivere alla giornata.
Anche la Smith avevi molti programmi… poi però, perso il suo bene più prezioso mentre era frustrata nel trovare una soluzione a tutto. Il marito era morto per un tumore l’anno precedente.
 
Uscii fuori dalla scuola e aspettai sulle scalinate dell’entrata.
Controllai il cellulare ma non avevo il coraggio di mandargli un messaggio.
“Ehi, Kim!” sentii qualcuno chiamarmi alla mia destra.
Era Andrew.
Il cuore prese a palpitarmi forte, le mie guance diventarono leggermente rosate e sul mio viso si stampò uno stupido sorriso sbilenco che non riuscivo a togliermi.
Lo raggiunsi e lo salutai.
“Allora, vieni con me?” mi chiese divertito.
“Dove?” ero curiosissima.
“Al porto!” disse ridendo.
“Cosa diamine ci andiamo a fare?” chiesi divertita.
“A divertirci!” disse lui sorridendo.
Salimmo su di un autobus per andare fuori Manhattan, poi proseguimmo a piedi.
Ci prendemmo degli yogurt, buonissimi, continuando a camminare senza sosta fino al porto.
Ridevamo e scherzavamo. Lui mi raccontava di come adorava fare i scherzi ai suoi vicini di casa e io gli raccontavo le gaffe di mia madre.
“Ti piacciono i libri, giusto?” chiesi.
“Si, molto. Leggo appena posso ma devo dire di avere una libreria alquanto piccola.”
“Oh, io invece ho una libreria da parete che occupa tutta la mia stanza!” disse fiera.
“Davvero? Me la devi far vedere!” chiese lui.
“Certo, ehm quando vuoi.” Risposi.
Lo avevo invitato a casa mia. Wow, gran bel passo avanti Kim!
“Eccoci… allora adesso dobbiamo fare qualcosa di… ecco, illegale.” Disse lui serio.
“Cosa? Aspetta, aspetta, che vuoi fare?” dissi.
Mi disse di abbassare la voce e seguirlo.
Scavalcammo una recinzione e ci avviammo verso un garage enorme dismesso.
“E’ proprietà privata?” chiesi quando entrammo in quell’enorme magazzino aperto.
“No, è dismesso e non ci viene più nessuno” disse lui.
Appoggiò il suo zaino su una scrivania di ferro piena d’attrezzi da lavoro ed andò alla fine del magazzino.
“Che fai? Cioè… perché siamo qui?” chiesi poggiando anche il mio zaino.
Lui tolse un grande telone da dei contenitori enormi di ferro che di solito si vedono sulle barche.
“Ti faccio vedere come passo la maggior parte dei miei pomeriggi!” disse lui.
Saltò sopra quelle casse e cominciò a fare salti mortali, carpiati e varie piroette.
Si tolse la felpa e me la lanciò, stava per saltare da una cassa ad un’altra… solo che in mezzo c’era il vuoto.
“Oddio che vuoi fare?” dissi terrorizzata.
“Saltare!” disse lui
“Ma sei a più di due metri da terra e potresti romperti l’osso del collo!” gli urlai.
Troppo tardi, aveva già saltato.
Mi coprii gli occhi e mi girai di spalle.
“Non voglio guardare!” urlai.
Sentii un tonfò ma non avevo il coraggio di guardare se era riuscito ad atterrare o no.
Poi sentii qualcuno avvicinarsi e farmi pressione ai fianchi.
“No, dai, ti prego smettila! Ahahahahahahaha!” dissi sena fiato.
Mi aveva sorpreso alle spalle e mi stava facendo morire di solletico.
“Dai, basta!” dissi ridendo. Lui rideva insieme a me.
Mi girai e i nostri occhi si incontrarono pericolosamente, come la distanza ravvicinata delle nostre bocche.
Mi teneva stretta a sé con le sue mani poggiate sui miei fianchi. Sentivo il suo respiro irregolare e le sue mani calde su di me.
Le mie guance arrossirono violentemente ed abbassai lo sguardo da quegli occhi di uno stupendo color nocciola.
“Allora, ti piace il parkour?” chiese scostandosi.
“No. Per niente.” Dissi.
“Ok, allora ti faccio cambiare idea!” disse.
Mi prese in braccio con la forza e portò su di una di quelle cose.
“Andiamo! Seriamente, io non mi butto da qua.” Dissi incrociando le braccia.
“Lo faresti per me?” chiese lui avvicinandosi e facendomi il labbruccio.
“Non vale! Se me lo chiedi così devo accettare… ho un debole per i labrador!” dissi sarcastica.
“Kimberly Rae come hai osato paragonarmi ad un labrador?” chiese lui.
Io risi come una matta alla sua espressione.
Poi mi costrinse a fare un semplice salto da una cassa ad un’altra.
“ok, questa è la mia massima agilità… per il resto, inciampo sulle mie stesse scarpe perciò!” dissi.
“Non ci credo.” Disse lui riprendendosi la felpa.
“Ne hai avuto la prova stamattina!” feci la linguaccia.
Lui rise, ed io mi sciolsi alla vista di quel riso così soave e innocente. E terribilmente sexy.
Mi stavo lasciando andare in apprezzamenti poco casti, ma in fondo era lui che istigava, no?!
Mi stava rubando la mente, il cuore, il corpo, l’anima.
Mi stavo addentrando in qualcosa di fantastico e stupendo, ma al tempo stesso rischioso e con probabili delusioni.
Decisi di fidarmi di lui. Non avevo niente (o forse tutto) da perdere.
Si era fatto tardi così decidemmo di tornare indietro. Ci fermammo in una pizzeria vicino casa mia e prendemmo due pizze a portar via.
Lo feci entrare a casa e mangiammo la pizza in silenzio. Un silenzio imbarazzante e poco rilassante.
“Allora, volevi vedere la mia libreria?” chiesi mentre pulivo il tavolo.
“Mi farebbe piacere” rispose sorridendo. Un altro balzo al cuore.
Salimmo le scale e lo condussi nella mia camera.
“Wow! E’… è bellissima” disse sedendosi sul mio letto.
“E’ tutto ciò che mi appartiene, la libreria a parte di me” dissi sedendosi affianco a me.
“Non ho mai avuto altri amici all’infuori dei libri” dissi amaramente.
Lui mi guardò con fare silenzioso.
“Che c’è?” gli chiesi. Mi stava fissando ed io non mi sentivo a mio agio con i suoi ochi che mi scrutavano centimetro per centimetro.
“Continua a parlare.” Mi disse con dolcezza.
Gli raccontai di quando andavo alle medie e di quando ero caduta in depressione. Gli raccontai di mio padre, che non era mai esistito per me e di mia madre che si spaccava in due per portare a casa la cena. Mi sfogai, raccontai tutto quello che non avevo mai detto a nessuno.
“Non sono una persona bella e neanche molto interessante.” Dissi infine.
“L'amore guarda non con gli occhi ma con l'anima.” Disse lui, citando Shakespeare.
Lo guardai stupita e le mie guance si tinsero di porpora.
Andò vicino alla libreria e prese un libro a caso: Cime tempestose.
“Mi piace questo libro… ma non ho mai letto la fine.” Disse lui rigirandoselo tra le mani.
“Lo puoi prendere se vuoi!” dissi frettolosa.
Una scusa per farlo passare nuovamente a casa mia?! Forse.
“Grazie.” Disse.
“Si è fatto tardi… i miei saranno in pensiero.” Disse.
Scendemmo le scale e lo accompagnai alla porta.
Ci salutammo sulla veranda, promettendoci che ci saremmo rivisti il giorno dopo a scuola.
Rimasi seduta fuori a guardarlo andare via.
Quando ad un tratto fece marcia indietro e tornò sotto il portico.
“Non so perché, ma lo devo fare, lo voglio fare.” Disse lui salendo i pochi gradini.
“Cosa intend-“ fui interrotta.
Mi baciò.
Uno baciò dolce, leggero come un piuma. Avevo dapprima gli occhi sgranati poi li chiusi lentamente assaporando quel bacio atteso da molto, tanto agognato, sospirato e sognato.
Mise le sue mani sulle mie guance infuocate e mi avvicinò a se con calma.
Un bacio romantico che piano piano si trasformò in qualcosa di più passionale e fugace.
Quando ci staccammo eravamo tutte e due accaldati e ansimanti.
Io sorridevo come una stupida e lui anche.
Rimanemmo così per 5 minuti, a scavarci negli occhi l’uno dell’altra.
Poi mi saltò con un bacio sulla fronte e corse via.
Il mio cuore esultava, era in piena festa.
Per una volta, avevo avuto quello che tanto avevo sognato… ero felice.

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Salve a tutti :D
Ringrazio ognuno di voi che sta leggendo questa storia, in particolare a:
Chi ha recensito
Lady_Lyoko 
Eruanne

a chi l'ha messa nelle preferite e nelle seguite
Lady_Lyoko
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, e recensite se trovate qualche errore :)
See you soon,
Artemis Black
  
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