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Autore: 3lo_2ofi    18/07/2012    1 recensioni
Immaginatevi i personaggi che abbiamo amato, dopo anni, circa dieci.
Giappone, due Clan diversi ma una passione in comune. Le auto.
Come i buoni e i cattivi. In questo periodo della storia delle corse in Giappone sono i cattivi a regnare. Ma Rui, una bionda tutto pepe e ambizione vuole cambiare le cose, arrivando a chiedere aiuto persino a Ciel, arrogante e orgogliosa. Entrambe faranno di tutto per sopportarsi e per vincere coloro che vogliono controllare il Giappone su quattro ruote.
Una sfida dietro l'altra a tutta velocità. Ma non ci vuole solo quello, ma firbizia e macchinazione di tutto quello che gli sta attorno.
Riuscite a immaginarvi la Inazuma competitiva come sempre ma su quattro ruote?
Se ci riuscite aprite questa storia e godetevela, e se non ci riuscte provate a leggere e cambiate idea.
Spero di avervi incuriosito almeno un poco. Buona lettura e commentate!
Genere: Azione, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un gran grido risuonò nelle mie orecchie: “Abbiamo vinto!”
Ed in effettivo era cosi, avevano vinto.
Erano tutti intorno alla Ferrari di Fidio.
Il mio sguardo si spostò velocemente verso Kan che lanciava una lattina contro Hiroto, lattina piena, che non mancò di bagnare la maglietta e i pantaloni di birra.
Kan alterato saltò sulla sua Subaru e spari a una velocità inverosimile.
Hiroto preso da una straordinaria furia raccolse la lattina e la lanciò in direzione di dove era sparito il ragazzo.
-Stronzo!- gli gridò dietro prima di raggiungere i suoi colleghi, coloro che avevano gareggiato.
Gazel e Burn avevano pareggiato contro Ichinoise e contro Goenji. Osamu aveva perso contro Domon, Ichirota aveva vinto di pochissimi millimetri da Midorikawa, e infine Hiroto aveva perso contro Fidio.
Avevano un’espressione da funerale dipinta in volto e dal labbiale nessuno ce l’aveva con Hiroto perché aveva perso, ma tutti erano arrabbiati con Kan.
Tornai con lo sguardo sui festeggiamenti. Notai uno sguardo da parte di Rui. Da quando aveva scoperto la mia storia non mi aveva più rivolto parola, in nessun caso. Nessuna frecciatina, nessun commento e nessuno sguardo.
Questo m’irritava. Ero venuta in Giappone per lasciarmi alle spalle la mia vecchia vita, tra cui mio padre, mia madre e mia sorella, ed ora ero qui, di nuovo alle prese con la frustrazione a giocare con una bionda che per oggi non mi aveva ancora insultata.
-Dobbiamo festeggiare!- disse Endou stringendo calorosamente la mano a Fidio che sorrise annuendo.
-Ragazzi!- disse Rui attirando l’attenzione di tutti, -Questa sera, discoteca!- gridò lei mentre tutti fischiavano o applaudivano per la sua decisione.
-Alle undici davanti alla discoteca JapanDance.- gridò ancora mentre il gruppo si dileguava ognuno in direzione della propria macchina.
Io feci lo stesso. Oggi avevo lasciato a casa Angeline, solo perché sapevo quanto la odiassero, e in effettiva non avevano torto, ma lei mi serviva.
Non a molto, a dire la verità, ma quando lei era vicina la gente stava ancora più lontana di quanto non lo facesse normalmente.
Salii in macchina ma prima di avviare il motore Rui mi raggiunse e mi costrinse ad abbassare il finestrino, appoggiò le mani sulla portiera e si abbassò al mio livello.
-Venite stasera al JapanDance?- domandò fissandomi.
-Non credo.- risposi io fissando Edgar in attesa di una sua risposta.
-Magari vengo e cerco di convincere Ciel.- sorrise a Rui e lei rispose.
-Lascia stare allora, non so quanto puoi fare con questa testa di c.. occio..- rispose lei.
-Si hai proprio ragione ma tentar non nuoce.- lei sorrise ancora.
-La volete smettere di parlare come se io non fossi presente?- domandai alquanto irritata.
-Allora verrete?- domandò ancora Rui guardandomi malissimo.
-Che cosa non capisci bionda?- domandai io fredda e tranquilla.
-Io ho un nome!- disse lei incrociando le braccia al petto.
-Certo, ma ricordarlo richiede uno sforzo e dell’impegno, quindi..- presi tra le
dita la chiave, pronta per girarla e metterla in moto.
Rui 0 - Ciel 1
Mi guardò seria, e io feci un ghigno in sua direzione.
-Hai proprio una faccia da schiaffi.- mi disse lei, e io senza aggiungere altro, sempre ghignando, misi in moto l’auto e partii, lasciando sul suolo due strisce nere, complici della mia partenza.
-Allora verrai?- mi domandò Edgar dopo cinque minuti di assoluto silenzio.
-Eppure non credevo di parlare in arabo.- dissi secca.
Edgar mi guardò confuso.
-Devo tradurre la mia frase? Non pensavo avessi tre anni.- conclusi io, e quando lo vidi girarsi a guardare fuori dal finestrino capii che era finito lo scambio di battute.
Arrivati a casa non perse tempo a scendere dalla mia auto prima ancora che abbi finito di parcheggiare, sbatté la porta forte, cosa che sapeva mi faceva alterare un tantino, e si avviò a passo svelto verso l’entrata.
Spensi il motore della mia auto e con una calma degna di chi non ha niente da fare tutto il giorno, scesi chiudendo delicatamente la portiera e dirigendomi, sempre molto lentamente, verso l’entrata.
La porta di casa era spalancata, e come entrai notai lo sguardo che Edgar ed Angeline si stavano lanciando. Fin troppo intimo per me.
Misi le chiavi sull’armadietto nero vicino alla porta d’entrata e andai a versarmi un po’ del mio Whisky in un bicchiere largo e basso, con un fondo spesso.
Mi sfilai la giacca lasciandola cadere sul divano e poi la seguii immediatamente.
I due si stavano ancora guardando, e solo dopo un paio di minuti si resero conto della mia presenza in casa.
Edgar mi fissò con uno sguardo truce.
Ghignai in sua direzione concentrandomi subito dopo sul mio bicchiere.
-Ed mi ha detto che andate a una festa.- disse Angeline raggiungendomi sul divano, mentre lui spariva.
-Allora non ha capito un cazzo di quello che ho detto.- dissi semplicemente accavallando le gambe elegantemente.
-In che senso Ciel?- domandò allora lei fissandomi confusa.
Per un attimo pensai davvero di parlare un’altra lingua.
-Nel semplice senso che io non ho intenzione di andarci.- dissi poi guardandola con i miei occhi grigi.
-Lo fai andare da solo?- domandò ancora.
-Dio, quante domande! Chiedilo a lui se vuole andarci da solo, altrimenti sei ben libera di andarci con lui. Io non ho intenzione di mettere piede in quella discoteca. Non ho intenzione di andare dove i tirapiedi di quella bionda sono passati.- dissi ancora io.
Mi fissò intensamente, come a volermi leggere dentro, ben sapendo che era una battaglia persa in partenza.
Si alzò dal divano chiamando a gran voce Edgar.
Subito lui si presentò all’inizio delle scale, lo vedevo nel riflesso della televisione.
Si misero d’accordo su tutto, l’orario di partenza e quello di ritorno.
Salirono in camera assieme e io non li vidi più, finché non uscirono dalla porta salutandomi, in cambio ebbero un breve movimento della testa da parte mia.
Lavai il bicchiere da me utilizzato e salii in camera per una doccia ed un cambio.
Lasciai i vestiti sparsi per la camera, e m’infilai sotto il getto freddo della doccia.
Il gelo dell’acqua mi fece contrarre tutti i muscoli, quelli della schiena per primi, e mentre mi lasciavo congelare da esso, i miei pensieri vagavano.
Mi concentrai, per la prima volta da anni, più sul mio futuro che sul mio passato.
La mia famiglia, i Prideson, è molto ricca, possiede molte case e molte terre, e , siccome io sono la figlia più grande, e soprattutto perché l’altra mia sorella è morta, dopo la morte di mio padre spetterà tutto a me.
Il primo pensiero che mi saltò in mente la prima volta che ci avevo pensato, era il fatto di vendere ogni singola terra, ogni singola casa. Ma poi avevo ricordato quando a mia sorella piacessero le nostre proprietà, e anche quel mio piccolo desiderio si dissolse come per magia.
Quando finii di pensare iniziai a lavarmi con un buon sapone alla menta, come quello che mi aveva regalato Angeline al mio tredicesimo compleanno, da allora lo acquistavo sempre.
Uscii dalla doccia avvolgendo il mio corpo in un candido asciugamano bianco, e con un altro presi a frizionarmi i capelli.
Arrivai in camera mia, e come feci per entrare nel mio armadio sentii il telefono squillare.
Mi avvicinai e quando vidi il nome; Rui sullo schermo il primo pensiero fu di non rispondere, e cosi feci.
Mi richiamò ben dodici volte, lasciando sempre un commento molto carino e gentile quando la segreteria telefonica entrava.
la tredicesima volta risposi al primo squillo.
-Che vuoi?- domandai io.
-Quindi è vero che non sei venuta.-
-Lo avevo detto.- dissi gelida.
-Si ma non ti credevo.-
-Dovresti aver capito come sono.-
-Una gran testa di cazzo?-
Rui 1 - Ciel 1
-Allora, che cosa vuoi?- domandai io stancandomi già di parlare con lei.
-Devi venire al Pub Ice, mi devi aiutare.-
-E cosa ti fa credere che io voglia aiutarti?-
-Senti, se non vuoi venire per me va bene, ma faresti un favore a tutti se tu portassi il tuo culo qui. Ti aspettiamo.-
Mi attaccò cordialmente il telefono in faccia.
Lasciai cadere il mio asciugamano all’entrata della cabina armadio e mi concessi un po’ di tempo per vestirmi.
M’infilai un semplice intimo di cotone bianco.
Subito dopo un paio di pantaloni stretti e neri, delle scarpe nere ed eleganti, e una maglietta verde smeraldo a maniche corte, sopra ad essa un giacchetto nero e leggero, ed infine la giacca di pelle nera.
M’infilai il dannato anello di famiglia e con un’altra frizione dei miei capelli li asciugai.
Andai verso la porta e non feci in tempo a raggiungerla quando il telefonino cominciò a squillare nuovamente.
-Dove sei?-
-Dammi un attimo.-
-E se non volessi?-
-Se non vuoi aspettare ti attacchi e fai tutto da sola.-
Chiusi la porta di casa alle mie spalle e scesi di fretta i gradini, entrai in auto e partii subito.
Fortunatamente il bar che stavo cercando già sapevo dov’era, altrimenti avrei dovuto sentire la sua voce ancora una volta, e se potevo evitare di sentirla una volta in più non facevo altro che farmi del bene.
Arrivata al Pub non ci feci caso e parcheggiai vicino alla Mustang della bionda, mi affrettai ad entrare e guardandomi intorno notai la sua chioma, accompagnata da un’altra rossa come il fuoco, una verde ed altre due, che per colpa della poca illuminazione del bar non riconobbi.
Mi misi seduta e guardai in faccia tutti.
-Ce l’hai fatta ad arrivare vedo.- disse lei sarcastica.
-La tua puzza si sente fino a casa mia.- risposi acida.
Rui 1 - Ciel 2
-Ti ricordi di loro?- domandò indicandomeli uno ad uno.
-No.- risposi secca.
Ricordavo che erano quelli con la quale avevamo gareggiato, ma da li ad aver voglia di ricordarmi i loro nomi ne passava!
-Lui è Midorikawa,- disse indicando quello dalla testa verde.
-C’è Hiroto,- continuò indicando quello dalla testa rossa, il più vicino a lei, e non potei fare a meno di vedere una scintilla passare nei suoi occhi acquamarina.
-Poi ci sono Burn e Gazel.- disse indicandomi il secondo rosso con la faccia da stronzo, e quello dai capelli bianchi, con degli strani riflessi azzurri.
-Lei è la testa di cazzo.- ricordò loro Rui.
-Mi piacerebbe sapere perché mi hai fatto venire qui.- dissi io.
-Per ricordare loro la tua brutta faccia.-
Rui 2 - Ciel 2
-Mettiamola così biondina, io non ho tempo da perdere.- dissi fredda fissandola male.
-Perché vuoi farmi credere che hai di meglio da fare?- domandò ridendo.
-Sicuramente ho di meglio da fare che rimanere qui con te.-
Rui 2 - Ciel 3
Lei mi guardò quasi arrabbiata, poi prese finalmente il discorso che voleva intraprendere.
-Ho incontrato Hiroto e Midochan alla festa,- iniziò lei, ed io pensai che non aveva perso tempo, era già in confidenza con loro. -Ed ho pensato di invitarli ad entrare negli Inazuma.- disse schietta.
Mi voltai verso il bancone e mi feci portare cinque birre.
Mi guardarono straniti e io osai dire che offrivo io.
-E poi?- domandai incalzandola per invitarla a continuare.
-Bhè.. Siamo qui.. E nessuno sa cosa fare.- disse lei lanciando occhiatine piene di malizia ad Hiroto.
Mi sentivo quasi di troppo.
-Bene, e perché sono qui?- domandai ancora io.
-Perché sei tu quella che parla bene.- disse allora lei abbassando la testa.
Presi un respiro e un sorso di birra e iniziai.
-Prima di tutto sia ben chiaro che non ho nessuna voglia di stare in giro fino all’alba, quindi vi dirò come stanno le cose una volta sola, non lo ripeterò, quindi aprite bene le orecchie e usate le vostre testoline bacate.- dissi prendendo un altro sorso di birra.
-La prima cosa che vi voglio chiedere è: Perché state con Kan?- domandai io fissando i quattro truce.
-Bhè penso che..- disse quello dai capelli verdi, ma un’occhiata da parte del ragazzo dai capelli chiari lo fece stare zitto.
-Allora?- domandai fissandolo male.
-Stare con lui ti da in ogni caso potere.- disse allora quello che ricordavo essere Gazel.
-Oh ti da potere. Ma quanto te ne toglie? Sei libero di fare tutto quello che vuoi e quando vuoi? Cosa succede se arrivi in ritardo quando lui ha dato un orario preciso? Quante volte sei stato minacciato di essere ucciso?- domandai io e mi sentii potente. Il saper parlare e convincere le persone era una dote non da tutti, io, essendo figlia di un politico di molto successo, ne ero capace.
-Bhè..- disse lui con la testa alta e lo sguardo fiero.
-Avete mai detto al vostro “capo”,- dissi imitando le virgolette sull’ultima parola. -qualcosa che avreste voluto fare? Avete mai dato un consiglio al vostro Boss?- domandai ancora io e questa volta fu Burn a rispondere.
-No, era solito prendere lui le decisioni.- disse svelto lanciando un’occhiata a Gazel.
-Ma davvero eh?- dissi sarcastica.
-Certo che è vero!- disse una voce scombussolata. Mi girai dalla parte del primo rosso e lo guardai confusa.
-È sicuramente ubriaco.- dissi io a Rui e lei sorrise e annuì.
-E io devo perdere tempo?- domandai indicandolo.
Lei mi guardò seria e io continuai.
Avevo tutti gli occhi su di me, tranne quelli di Rui che ogni tanto scattavano verso Hiroto e quelli del ragazzo appena nominato che facevano continuamente il giro del tavolo.
-Nella Inazuma ogni idea prende forma, ogni consiglio viene calcolato, elaborato, modificato se ce n’è bisogno, ma rimane in ogni caso quello. E il merito non se lo prende il capo, ma va alla squadra, perché la Inazuma è una squadra, fatta di persone con idee diverse, e comportamenti diversi, ma siamo tutti pronti a sacrificarci,- forse anche la capacità di mentire l’avevo presa da mio padre. -per un compagno, perché è questo l’importante, collaborare. La Inazuma collabora. Unitevi a noi e collaborate con noi.- dissi io guardandoli tutti, un per uno negli occhi.
C’era Hiroto che per quel poco che aveva capito era sicuramente convinto dalle mie parole. Midorikawa che non reggeva il mio sguardo, ma dai suoi gesti rilassati e complici capii che forse c’era una possibilità di riuscire a coinvolgere anche lui. Ma Burn, lui mi fissava a testa alta, lanciando occhiatine a Gazel, che aveva lo sguardo annoiato e pericoloso.
Mi concentrai su di lui, perché se fossi riuscita anche solo a mettergli le idee in confusione il rosso avrebbe accettato, e quindi poi ci avrebbe aiutato a convincere anche Gazel, e noi avevamo bisogni di più piloti possibili.
-Pensateci un attimo..- dissi io ma venni interrotta dal fastidioso suono di qualcuno che picchia un pugno sul tavolo.
Il liquido nei nostri bicchieri vacillò e io fissai gli occhi si Gazel che aveva osato sfidarmi.
-Sono tutte palle.- disse ad un certo punto lui gelido.
-Cosa ti fa credere che siano tutte palle?- domandai io.
Mio padre mi aveva insegnato che quando qualcuno ti accusa di stare mentendo, tu non devi negare, perché sarebbe la conferma, devi solo stuzzicarlo, sfidarlo, per fargli capire che sei sincera, nel caso che invece stai mentendo, devi fare le stesse cose, in ogni caso crederà che tu dica la verità. Io non stavo mentendo, la Inazuma era così per davvero, solo io non volevo essere come loro, per una mia ideologia di vita.
-Ti sei studiata il discorso a casa oppure lo inventi sul momento?- domandò lui.
Queste erano le risposte che più odiavo, ma che ero brava a giocarmi.
-Non c’è bisogno di studiare o di inventare una cosa quando quella è reale. Ficcatevi in testa che la Inazuma è diversa, nessuno in quella squadra vi chiederà sacrifici, saranno invece pronti a sacrificarsi per voi.- dissi io fissando solo lui.
-Sapete una cosa? Sono stufa di non essere presa in parola, quindi è questo che vi dico ora e mi aspetto che voi mi ascoltiate e che prendiate la vostra scelta, senza fretta.- dissi io finendo la mia birra.
-Noi vi stiamo offrendo un posto dove poter stare a proprio agio, un bel posto, con gente che non vi sfrutta o vi minaccia, dove potete dare il massimo di voi senza essere schiacciati a terra da qualcuno di più bravo, non ci sarà bisogno di sentirvi male dopo aver fatto male alla gente, perché non ci sarà bisogno di farle del male. Starete senza pressioni. Vi ritroverete in una grande famiglia. Quindi questa è la mia domanda: volete o no, venire a far parte della Inazuma, dove tutti vi accoglieranno come fratelli, o preferite rimanere con Kan, facendovi schiacciare dalla sua voglia di potere?- domandai alzandomi dalla sedia e uscendo dal bar, lasciando sul bancone i soldi per le birre e la mancia.
Mi appoggiai al muso della mia macchina, e poco dopo li vidi uscire, uno ad uno. Gazel era quasi confuso, lo vedevo dai suoi movimenti, Burn era certo di aver preso la sua scelta, ma senza Gazel non sarebbe andato da nessuna parte, mi chiedevo proprio che cosa legasse quei due. Midorikawa era convinto di venire a far parte della Inazuma. Hiroto era convinto dalla prima volta che gli era stato proposto, ma era troppo ubriaco per dare una risposta.
Lo vidi entrare nella macchina vicino alla mia, la Mustang della bionda.
La guardai e lei si avvicinò a me dopo aver chiuso la portiera della sua macchina.
Mi offrì una sigaretta che accettai, l’accessi e iniziai a fumarla con lei, si appoggiò al muro davanti al muso della mia auto. Si portò la sua sigaretta alla bocca ed inspirò profondamente.
-Ti ringrazio di essere venuta. Se fossi stata una di loro ... Bhe non avrei accettato perché sei stata tu a parlare.- disse strafottente.
Rui 3 - Ciel 3
-Se tu fossi stata nella squadra avversaria non avrei mai provato a convincerti ad unirti alla mia.- dissi gelida.
Rui 3 - Ciel 4
-Ma devo essere sincera.- disse lei. -Sei in gamba, sia con la tua macchina che con le parole. Se non fossi tu mi potresti anche essere simpatica.- disse lei.
-Se non fossi tu mi staresti sicuramente simpatica.- dissi io.
Rui 3 - Ciel 5
-Direi che è ora di sparire, per questa sera ho un ospite.- disse lei sogghignando maliziosa.
-Molto poco interessante.- dissi io e spensi la sigaretta sotto i piedi.
-Ciao Ciel.- disse lei salendo in macchina.
Mossi leggermente la testa in segno di saluto e salii in auto.
Partii prima di lei e me ne andai a casa.
Quando arrivai Edgar e Angeline non erano ancora tornati, sicura di non volerli vedere sbronzi mentre facevano chissà quali porcate sul divano o in uno dei loro letti, mi diressi in camera mia.
Andai in bagno e mi lavai i denti. Appoggiai i vestiti che avrei utilizzato anche l’indomani sulla sedia e, in reggiseno e mutande, mi coricai sotto le coperte.
La luna quel giorno era splendete, mi ricordava una notte d’estate, dove mia sorella ed io eravamo fuori a guardar le stelle e a trovare disegni immaginari collegando i puntini.
Non l’avevo mia più fatto, e non l’avrei mai più fatto.
Non facevo più niente di quello che avevo fatto con mia sorella, l’unica cosa che facevo era gareggiare. Perché a volte quando l’adrenalina investiva il mio corpo mi dimenticavo di tutto, della mia vita passata, della mia vita presente e di quella che mi attende in futuro. Ed è cosi terribilmente bello dimenticarsi di tutto.
Chiusi gli occhi lasciando che la luce della luna mi accarezzasse la pelle pallida. Quando la mia mente fu privata di ogni pensiero sentii le braccia prudenti e confortanti di Morfeo farsi avanti, e cullarmi con delicatezza e rispetto. Solo lui era consapevole di tutte le meraviglie e gli orrori che vivevo nel mondo dei miei sogni, nel mondo dove tutto, in ogni caso, era scelto da me.





Carissimi lettori o lettrici ci dispiace immensamente per questa assenza prolungata! Ma finalmente siamo tornate ad aggiornare la fic xD
Speriamo che il capitolo sia stato di vostro gradimento e promettiamo che la prossima volta aggiorneremo prima.
A presto e commentate.
  
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