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Autore: xCyanide    18/07/2012    6 recensioni
La storia che sto per raccontarvi vi rattristerà, ne sono consapevole. Vi farà ripensare a quello che le persone intendono per amore e a quello che invece intendevano loro. Vi farà rivalutare la pazzia.
La storia che vi sto per raccontare parla di loro.
Di Gerard e Frank.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le notti insonni. Una delle cose più frustranti che si possano passare. Rimanere fermo a fissare il soffitto, scoprendo che la mente è davvero una delle cose più strane che possano esistere. E la mia è davvero difettosa, anche se a nessuno importa. Sto diventando pazzo?
Vedo ombre, creature che si muovono sinuose nelle tenebre, mi chiamano a loro, vogliono che diventi loro compagno. Ma sono solo i miei occhi, mi illudono che ci sia qualcuno qui con me, solamente per farmi sentire meno solo. So che tu non ci sei, ti sentirei, amore. Ormai sono abituato ad averti intorno, è proprio come se tu non te ne fossi mai andato, anche se non posso toccarti o vederti.
Forse è per quello che ho l’ansia. Perché non sei qui? E’ da ore che piango, ormai saranno le tre o le quattro, non so più che fare.
Mi rigiro nel letto, appoggiando la testa sul mio polso. Posso sentirlo, quel tu-tum continuo, è inquietante quasi. Sapere che quel suono è il segno del mio continuo vivere. Batte ogni tre secondi pressappoco, rendendomi consapevole che il sangue scorre veloce.
Rabbrividisco. Nonostante quello che facevo, sono sempre stato una persona abbastanza delicata, fragile, in un certo senso. Impressionabile. E pensare che è il sangue quello che mi scorre nelle vene, non può fare altro che mettermi in subbuglio lo stomaco.
E quelle che mi scorrono sulle guance sono proprio lacrime. Mi ricordo quando mi dicesti, ci eravamo appena messi insieme, che se avessi pianto, tu avresti asciugato tutte le mie lacrime. Che se avessi avuto paura, tu avresti portato via tutte le mie paure. E allora perché non sei qui ora? Perché non mi stringi e non fai in modo di farmi sentire meglio?
Tu non ci sei, semplice. Tu non puoi dirmi che andrà tutto bene, perché non è vero. Mi mentiresti, e non sei mai stato bravo a mentire, lo so.
Sospiro così forte che temo che qualcuno mi abbia sentito. Le lacrime non sembrano scomparire, sono sempre qui a farmi compagnia.
Una delle ombre sul soffitto muove un suo dito nella mia direzione, come a invitarmi a raggiungerla. Lo farei, oh, se lo farei. Tutti i miei problemi finirebbero se la raggiungessi, è da giorni che mi chiama, lo sento.
Ma mi giro verso il telefono che si trova sul mio comodino, la Wentz ha voluto metterlo perché , ogni volta ne avesse bisogno, potrebbe chiamarmi e spiegarmi a che ora e dove avrei fatto la nuova seduta.
Un puntino rosso, segno che l’apparecchio è spento, attira la mia attenzione. Sembra quasi un sole, brilla nell’oscurità. Chissà se anche lui non è al centro di un universo, tutto suo. Provo a immaginare altri punti intorno a lui, minuscoli. Li vedo, quasi. Gli orbitano intorno, come se fosse il loro Dio, lui li illumina, li rende importanti a loro volta. Mercurio, Venere,  la Terra, Marte, Giove… e lì, in mezzo a loro, vedo di sfuggita degli anelli, non c’è bisogno di guardarli meglio per capire a che pianeta (immaginario) appartengano. Saturno.
Rantolo, le immagini del tuo volto sorridente riempiono la mente. Sei il mio Saturno, Gee, mi avevi detto. Scuoto la testa, non dovrebbe farmi ancora così male, non so nemmeno quanto tempo sia passato di preciso, vorrei solo poter dimenticare.
Non dimenticarti, no, questo non lo farei mai. Vorrei soltanto avere il potere di non ricordare niente della nostra felicità, così da non rattristarmi ogni volta che penso a te. Ma quei giorni sono sempre qui e il ricordo è talmente doloroso che sembra una pugnalata in pieno petto.
Forse se fossi un Sole, potrei tenermi per me il mio Saturno, oppure sarei tanto occupato a proteggerlo e a tenerlo al sicuro, che nemmeno penserei a toglierli la libertà solo per amarlo.
Ma è proprio quello che ho fatto, sono stato un egoista, niente di più. Ti ho tenuto per me, non ti ho fatto conoscere altre alternative, solo per poterti avere. Non mi dovrei lamentare, allora, merito tutto quello che mi sta succedendo.
Mi alzo lentamente dal letto, dirigendomi verso il piccolo bagno. Barcollo un pochino nel buio e, nonostante i miei occhi siano abituati,  fatico a trovare l’interruttore della luce. La lampada mi acceca, devo chiudere le palpebre e stringere, in modo di far passare niente. Quando mi rendo conto di poter finalmente riaprirle, mi guardo allo specchio, attentamente. Ho gli occhi gonfi e rossi, le lacrime sono arrivate fino al mio collo, attraversandolo e tracciandone il contorno.
Apro l’acqua del rubinetto e la prendo, cercando di sciacquarmi la faccia. Chiudo gli occhi di nuovo e mi beo della sensazione fredda sulla pelle, proprio ci voleva. Prendo un respiro profondo e mi asciugo il volto, spingendo con l’asciugamano sulle guancie, così da provare qualcosa, anche il dolore va bene. La stoffa rovinata mi graffia e mi irrita la pelle, ma sorrido, perché è okay così.
Sento un rumore provenire dalla porta e mi irrigidisco. La mia mente mi convince che, una volta girato, tu sarai davanti a me e correrai ad abbracciarmi, dicendomi che è tutto uno scherzo di cattivo gusto che hai organizzato con Bert. Il cuore mi batte forte quando spalanco gli occhi.
Mi trattengo dal lanciare un urlo, non sei tu, amore. Mi ero solo illuso, niente di più. Guardo attentamente l’uomo che ho davanti, sentendo il respiro mozzarsi un attimo.
-Chi… chi sei? – chiedo, attaccandomi al lavandino, in modo da creare spazio tra me e quella… cosa.
Fa un risata con una voce che farebbe accapponare la pelle a chiunque, toccandosi quella specie di maschera che porta per coprirsi il volto. Sembra una di quelle anti-gas, quelle che si usavano in tempo di guerra, nera. –La domanda che dovresti pormi non è questa, ragazzo.
Mi guardo intorno, in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa che potrebbe servirmi per proteggermi. –Che vuoi?
-Oh, già cominciamo a ragionare – dice, sempre con quel tono divertito. Si avvicina lentamente, facendomi scoprire che è tutto completamente vestito di nero. Niente che mi possa fare capire cos’è, niente. –Ho una proposta per te.
-Vai via – sussurro, disperato. Le lacrime hanno ricominciato a rigarmi le guance, ma queste sono lacrime di terrore.
-Non posso – si oppone. –Mi hanno mandato da te, non posso – mi spiega. –Non vuoi sapere di cosa si tratta la mia proposta?
-Poi te ne andrai? – domando, scettico.
-Forse – patteggia.
-Parla.
-Potrei decidere di concederti un'altra possibilità – comincia, parlando talmente piano che devo metterci tutta la forza di volontà che possiedo per avvicinarmi lentamente -ma tu dovresti ripagarmi – fa un attimo di pausa, forse per darmi la possibilità di realizzare cioè che mi sta chiedendo. –Dovresti solo darmi la tua anima – spiega. - Accetti?
-Un’altra possibilità per cosa?
-Per riavere ciò che ti è più caro – intende davvero Frankie? Posso riaverti? –So che ti stai dannando, ragazzo, devi solo promettermi di regalarmi la tua anima, poi io ti farò stare di nuovo con Frank Iero.
-Come sai il suo nome?
-Io so tutto, Gerard – incrocia le braccia sul petto. –Allora?
-Cosa… cosa dovrei fare? – un specie di strana emozione si sta impossessando di me, e il mio cuore batte ancora forte, ma stavolta di gioia.
-Ucciditi – si avvicina a me e mi posa una mano sulla guancia. Rabbrividisco al contatto, ma mi ha intrappolato, dato che sono incastrato tra lui e il lavandino. La stoffa di pelle del guanto che porta si accartoccia contro la mia pelle. Contando, mi rendo conto che la sua mano è davvero grande, mi prende la mascella e la tempia. –Non è poi così difficile.
-Gli ho promesso che non l’avrei fatto.
-Lo sapevi che le promesse esistono per essere infrante? – mi domanda. –Ti do una settimana per pensarci, ragazzo, vedi di fare la scelta giusta – lascia andare la mia faccia, girandosi lentamente di spalle.
-Io… - comincio, per fermarlo, ma non faccio in tempo a finire che vedo il suo corpo scomparire nel buio. Se n’è andato, mi ha lasciato da solo.
Con il cuore ancora a mille, corro in camera, guardando dalla piccola finestrella che è vicino al letto, cercando di trovarlo di nuovo: magari è fuori. Ma no, l’unica cosa di cui mi rendo conto è che finalmente si sta facendo giorno.
Rabbrividendo, me ne torno a letto.
Forse riuscirò a dormire.
O forse no.
O forse potrei contemplare l’idea di dormire per sempre.




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xCyanide's Corner
Allora, partiamo dal presupposto che questo è il mio capitolo preferito insieme a quello finale, ed è quello su cui ho lavorato di più. Ma credo che ci sia comunque qualcosa che manca, non so.
Spero piaccia anche a voi e grazie per recensire o anche solo leggere.

Alla prossima,
xCyanide

  
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