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Autore: ladyblack89    18/07/2012    1 recensioni
In the Jail è una ff molto vecchia, forse tra le prime che scrissi. E' molto leggera e spero che vi piaccia. Non vi fate ingannare dai primi capitoli, che possono sembrare troppo fluff e vuoti, il bello arriverà. :) Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9 – La telefonata d’aiuto


 
“Dicono che la pioggia non è altro che la valle di lacrime degli angeli. Se è così allora, mio padre starà piangendo molto adesso.”

Pioveva ininterrottamente da tre giorni nello Stato del Nevada.

C’era stata anche una forte grandinata che aveva reso gelido tutto il cortile e gli alberi fuori dalla prigione. Il gelo improvviso aveva lasciato, dopo il suo passaggio, una leggera coltre di neve e di ghiaccio sulle strade.

“Papà dove sei?”

Sospirò teatralmente lasciandosi cadere senza forze sullo sgabello della sua piccola cella. Si guardò allo specchio per minuti indefiniti senza sapere cosa o chi realmente fosse riflesso in quella superficie.

“Chi sono io? Che mi è successo?”

Capitava che avesse delle crisi d’identità o dei semplici momenti d’instabilità.

Qualcosa di molto simile alla depressione ma più leggera come forma. In questi periodi mangiava poco, rifiutava aiuto ma, cosa ancor peggiore, era che non voleva vedere nessuno.

Neanche chi si era dimostrato con lui un buon amico.

Non voleva vedere neanche Tom.

Il rasta, dal canto suo, ci stava - stranamente - male e, data l’imminente fuga, aveva bisogno di aiuto.

Aveva bisogno di lui.

Lacrime calde e silenziose scesero piano dal suo volto già rigato di nero.

“La mia matita è andata a puttane.” realizzò tristemente mentre col palmo della mano sinistra si asciugava le gocce d’acqua nera.

-Bill. -

Il moro girò lo sguardo mostrandosi con due occhi annacquati e sofferenti.

Tom si bloccò. Gli si formò un nodo allo stomaco.

“Poverino, sono giorni che sta così.”

-Senti, come stai? Sono tre giorni che non parli. Tutto ok? -

-Sì, sì, tutto ok. – mentì, tirando su col naso e sorridendo appena.

-Beh, dai, che se tu non ridi e non fai qualcosa chi le porta le banane a questo qui? - puntualizzò indicandosi, nella speranza di strappargli un sorriso.

Bill sorrise per qualche istante.

“Che scemo.”
 
 
***
 
Ore 12:54

Texas

Bar Coyote

-Ehi, Rick c’è al telefono una che ti vuole. - gridò scocciata una cameriera bionda tinta sulla sessantina mentre serviva ai tavoli sparsi per il piccolo locale country.

L’omone trentenne, con quasi tre taglie in più del dovuto, si avvicinò, barcollando, verso telefono blu posto tra le porte dei bagni per i clienti.

-Sì, chi è? Qua è Rick Fair che vi parla. - si presentò allegramente al suo misterioso interlocutore.

-Ciao Rick. -

-Gee, piccola. Come stai? - s’informò interessato afferrando da un vassoio vacante una patatina fritta fumante.

-Qua tutto bene fratellone. E tu? Come stai? Ho bisogno di un favore. -

-Uhm, io tutto ok. Solita vita da schifo: lavoro, lavoro e sempre lavoro. Che favore, sorellina?-
 
 
***
 
 
Aveva ripreso a suonare la sua chitarra.

Era stato Bill ha chiederglielo qualche ora prima e lui, non appena aveva visto quegli occhi tristi, non aveva saputo dirgli di no.

Non che Tom Kaulitz fosse uno dal cuore tenero. Questo era assodato.  Aveva una dignità e una reputazione da mantenere lì dentro. Tuttavia, c’era un ma.

E questo si chiamava Bill Trumper, il prigioniero 708.

Non sapeva perché ma, quando gli era vicino, non si sentiva minacciato come tutti gli altri detenuti. Anzi, si sentiva quasi al sicuro. Certo il pensiero era assurdo se si contava che Bill aveva dei precedenti non molto rassicuranti ma, infondo, in quella prigione, chi è che non gli aveva?

Sfiorò con un tocco quasi magico le corde della sua chitarra e si perse a guardare davanti a sé.

Il moro gli stava di fronte, seduto su una sedia girata in modo che lo schienale gli facesse da appoggio alle braccia.

“Che bella melodia e poi com’è bravo.”

Arrossì lievemente e risvegliandosi dal suo torpore vide gli occhi penetranti del rasta fissarlo insistente.

“Oh mamma, mi sta guardando. E ora che faccio?”

Scostò gli occhi un po’ qua e là, sperando che quello la smettesse.

-Ti piace questa musica? Si chiama Rette Mich - lo informò di punto in bianco, facendolo girare.

-Eh, sì, è un bel nome. Eppure mi sembra di averla già sentita.> affermò convinto.

-Strano. Non è una melodia famosa.

L’ha composta mio padre quando ero piccolo. - spiegò aggiustandosi meglio la chitarra sulle gambe.

-Ah, capisco. Che tipo è? -

-Mio padre dici? - lo fissò il rasta.

-Sì, lui. Era buono con te? -

Bill si morse il labbro, giocherellando con la sedia.

-Uhm, insomma. Il tuo invece?

-Mah, era un tipo. - tagliò corto rabbuiandosi all’istante.
 
 
***
 
 
-Bene ragazzi… - terminò Rick, attirando l’attenzione di tutti gli amici seduti al suo tavolo - …sapete cosa fare.

Mia sorella Gee e i suoi amici devono essere liberati. - continuò impavido, gesticolando come un politico davanti a una folla - Ognuno sa quello che deve fare, e ora al lavoro, gente! -





NDA: Siamo arrivati al clou della storia. +_+ Manca pochissimo ormai. eheh!


Ladyblack
   
 
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