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Autore: smilefromhell    18/07/2012    5 recensioni
Jacqueline, una ragazza che aveva soltanto bisogno di essere salvata dai suoi ricordi, una ragazza che aveva bisogno di dimenticare tutto. Una ragazza che trovò una persona che riuscì a fare questo e altro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO.

-“Daniel cos’hai intenzione di fare?” la voce di mia madre echeggiò per tutta la casa.
Urlò contro mio padre come non aveva mai fatto.
La mia camera era grande e tutta buia, non avevo il coraggio di uscire da sotto le coperte.
Avevo ormai otto anni ma ero ancora terrorizzata di mettere i piedi giù dal letto quando non c’era la luce. Avevo paura che qualcuno mi prendesse le caviglie e mi trascinasse chissà dove.
Non era nessun tipo di mostro, nessun uomo nero, nessun assassino.
Era mio padre, solo lui.

Quell’uomo che aveva reso la mia infanzia un inferno, quell’uomo che faceva soffrire me e mia madre, quell’uomo che avrei voluto morisse.
E’ troppo pensare così all’età di otto anni? Per me non lo era, lui mi aveva resa così.
Mesi e mesi passati in quella casa, fra urla e rumori, fra sofferenze fisiche e psicologiche.
Pensavo che fossi impazzita a volere la morte di mio padre.
Ora sono qui, una strana ragazza di diciassette anni che ha voluto riempire un diario intero di pensieri che non è mai riuscita a raccontare né alla madre né allo psicologo.
Forse un giorno farò leggere tutto ciò ai miei figli se mai ne avrò, oppure no?
Non lo so, poi si vedrà, ora ti saluto caro Josh, continuerò a scrivere domani se ne avrò il tempo. Grazie di ascoltarmi quando nessuno lo fa.-

“Jacqueline, vuoi smetterla di rintanarti nel tuo mondo? Non esci mai. A proposito, oggi vado a fare shopping, e vorrei che tu venissi con me” disse mia madre irrompendo improvvisamente in camera mia.
“Ma’, lo sai che mi fa schifo fare shopping, e poi si usa bussare” sbuffai.
“Jay, tesoro mio, vorrei solo che tu fossi una ragazzina normale come tutte le altre. Stai sempre tappata in camera a disegnare, leggere e scrivere a quel tuo diario “Josh”.”
“Ma a me piace!” sorrisi in modo irritante.
“Io voglio solo il tuo bene, devi uscire e farti degli amici. Su, ti compro quello che vuoi” alzò leggermente la voce.
Silenzio.
Il silenzio era il mio modo per farla andare via, e così fu.
Sorrisi compiaciuta e posai il mio diario sotto il cuscino.
Neanche il tempo di scendere dal letto che sentii di nuovo il suo passo che si dirigeva verso camera mia, perfetto.
Miss non-so-che-fare-quindi-rompo-a-mia-figlia avrà qualche altra bellissima notizia.
“Ah, comunque stasera esco con un uomo. Ordini la pizza o ti lascio qualcosa nel frigo?” disse frettolosamente, come se volesse andarsene prima che io cominciassi ad arrabbiarmi.
“Non so neanche se avrò fame quindi presumo che deciderò quando sarà ora. Buon shopping e buon appuntamento se dopo non ci vediamo” bofonchiai.
“Come sarebbe a dire se dopo non ci vediamo? Torno a casa per prepararmi, tu dove vai?” si allarmò.
“Pensavo di andare in biblioteca a restituire l’ultimo libro di Harry Potter, nulla di che” mi scocciava quando voleva farsi i fatti miei.
“Okay, ciao” mi mandò un bacetto.
Che palle, un altro tizio da ‘accogliere’ in casa? Ne ha uno nuovo ogni mese, è una cosa insopportabilmente insopportabile.
Ho sempre voluto mamma tutta per me, ma lei si è sempre comportata come se non le importasse nulla di ciò che volevo. Sono gelosa di quegli uomini, molto.
Sospirai.
Decisi di continuare il dipinto su cui lavoravo da una settimana tanto per non pensare a cos’avrei dovuto dire stanotte a quel tizio.
Inquadrai il dipinto con le mani mettendole a forma di rettangolo, come se stessi filmando.
Non era uno dei migliori tra quelli del mio vasto repertorio ma non faceva nemmeno schifo.
Una tigre che lecca la testa del suo cucciolo. Banale ma tenero, dopotutto.
Stavo rifinendo gli occhi del piccolino, quando un rumore improvviso mi fece sobbalzare e tracciai una rigaccia sul muso della tigre.
Porca di una miseriaccia ladra, chi diavolo è che fa questo baccano alle due del pomeriggio?
I rumori improvvisi non hanno mai smesso di scatenarmi agitazione a causa di quello che ho passato tempo fa, ma cercai di scacciare quei brutti pensieri dalla mia mente e provai a vedere come avrei potuto aggiustare il dipinto.
Nulla da fare. Completamente, totalmente, irrimediabilmente rovinato.
Merda, devo buttarlo. Questa tela mi era costata un mese di paghette.
Sospirai una seconda volta e mi rassegnai al fatto che sarei rimasta una sfigata a vita.
Tutte a me.
Mi guardai allo specchio: avevo della tempera schizzata in faccia.
Provai a togliermela con una mano ma mi resi conto dopo che anch’essa era sporca.
Almeno il colore copriva un po’ il mio viso brutto e spento.
Capelli neri, lunghi e lisci senza un taglio preciso. Lentiggini sulle guance. Sorriso spento. Occhi verde scurissimo. Pelle bianca come il latte.
Odiavo tutto ciò.
Sospirai per una terza volta e mi buttai di faccia sul letto.
Mi addormentai di sicuro perché quando riaprii gli occhi erano le sette di sera.
Quel libro non sarebbe mai più arrivato in biblioteca vista la mia straripante dote della pigrizia.
Sentivo qualcosa di strano vicino al braccio, guardai e vidi un bigliettino.
“BUONA SERATA TESORO, BACI MAMMA”
La sua scrittura era brutta e incomprensibile, ma ciò che ogni tanto mi
lasciava scritto era veramente dolce, apprezzavo molto.
Mi riguardai allo specchio: peggio di prima. Occhiaie e tempera seccata in faccia, oltretutto ne avevo lasciata un po’ sul cuscino. Che impiastro che sono.
Decisi di farmi una doccia anche se non ne avevo voglia, successivamente scesi le scale e andai a sedermi sul divano rosso in salotto.
Accesi la televisione.
Fico, stanno dando Jersey Shore.
Stranamente mi annoiavo, quindi decisi di andare ad esplorare il frigo scolorito e pieno di calamite per vedere se poteva offrirmi del buon cibo.
Macchè, niente di niente.
Mi rassegnai e tornai a vedere Jersey Shore.
Erano le undici di sera quando la porta si aprì ed entrò mamma con un uomo messo in tiro. Camicia bianca perfettamente stirata infilata nei pantaloni neri ed eleganti, scarpe lucide che sembrava dicessero apparteniamo-a-un-damerino-del-cazzo, e cravatta rigorosamente a rombi, neanche fosse appena tornato da una conferenza lavorativa.
Sembrava Ken. Denti bianchissimi, occhi azzurri e capelli pieni zeppi di gel unto.
Che schifo, pensai.
“Gabriella, questa è tua figlia?” disse Ken con un’aria da allora-è-lei-la-tua-mocciosa?
“Sì Maurice, lei è Jacqueline” disse mamma tutta felice.
Accompagnai un cenno di capo con un sorriso finto.
Lui mi sorrise. Che sorriso odioso.
“Beh, buonanotte Gabriella, ci sentiamo” disse Ken.
Si diedero un bacio a stampo, poi lui chiuse la porta.
“Andiamo Jay, non è un uomo perfetto? Ha pure un figlio che ha un anno in più di te, potrebbe essere un’occasione per fare amicizia” era evidentemente imbarazzata.
“A primo impatto non mi è piaciuto. E grazie per avermi ricordato che non ho amici” mi alzai e andai in camera mia. Sbattei la porta.
Ogni volta che mamma esce con qualcuno io passo la notte in bianco pensando e ripensando a come sarebbe stato fra qualche settimana quando avrebbe finalmente capito che non è quello giusto.
Mi addormentai, rassegnandomi un’altra volta, perché dopotutto non ne potevo nulla.
  
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