Capitolo
quattro.
Il giorno
seguente Bulma andò a far visita a Bardack, ma da lui non ottenne altro che un
basso grugnito.
Tentò di
parlargli di Goku, ma lui non diede alcun segno di interesse, anzi, dopo un po’
le gridò di andarsene.
Così aveva
sprecato il suo tempo, e poté ritornare solo la settimana
dopo.
Dal giudice
non era riuscita a ottenere altro che questa frase:
«Lei è
un’ottima giornalista, può scrivere la sua biografia anche con il tempo che le
ho messo a disposizione! Mi ascolti, meno tempo trascorre con quei criminali
meglio è. Presto il principe sarà morto e nessuno ne parlerà
più.»
Ma lei ne
voleva parlare!
Più lo
conosceva e più capiva che anche Vegeta aveva un’anima, e voleva che anche gli
altri lo capissero.
Lui aveva
sofferto per tutta la sua vita, non aveva ricevuto altro che dolore e odio, e
dolore e odio aveva donato.
Quella sera
Muten le telefonò in albergo:
«Bulma, non è
che riusciresti ad avere il permesso per intervistare
Freezer?»
La ragazza
sentì gelarsi il sangue nelle vene:
«Stai
scherzando?? Non ho la minima intenzione di farlo, e poi come puoi solo pensare
che me lo permettano? Lo tengono lontano da tutti, isolato dal resto del mondo
fino al giorno dell’esecuzione!»
«Ma, con i
tuoi contatti potresti arrivare dovunque…» insistette
Muten.
«E’ escluso.
Accontentati della biografia su Vegeta.»
«Ok, io ci ho
provato. Sarebbe stato un bel colpo però, riuscire a parlare con Lord Freezer in
persona.»
«Io non avrei
mai il coraggio di parlare con un mostro del
genere!»
«Ma se sei
riuscita a parlare con Vegeta in persona! Nemmeno lui è uno stinco di santo,
anche lui deve incutere un bel po’ di timore…»
«Meno di
quanto pensi. E’ così giovane… e gli si legge una tale tristezza negli occhi…»
mormorò la giornalista.
«Eh?! Bulma,
ti sei bevuta il cervello?? Vuoi dirmi che quell’assassino ti fa
pena?»
«Io… non lo
so, Muten. Vegeta ha fatto del male a tante persone, per tutta la sua vita, e me
ne rendo conto, però…»
«Però
cosa?»
«Vedo in lui
anche tanto dolore.»
«Non dire
sciocchezze, Bulma! Non lasciarti coinvolgere emotivamente e porta a termine il
tuo lavoro. Ci sentiamo!»
Quasi un mese
più tardi…
«Salve!» una
voce squillante e allegra lo destò dal suo stato di dormiveglia. Vegeta non
dormiva mai veramente, non ci riusciva più.
Ma prima
ancora di sentire la sua voce, il principe si era accorto della presenza di
Bulma dal buon profumo che emanava e che si poteva sentire per tutta l’ala della
prigione.
Un profumo di
fiori e di miele, dolce e fresco, come il vestito che indossava quel
giorno.
Quello era
l’ultimo giorno in cui si potevano vedere.
Una settimana
più tardi Vegeta sarebbe stato giustiziato.
Freezer
invece sarebbe morto fra due giorni.
«Come mai ti
sei messa in ghingheri?» le chiese Vegeta.
«Ehm… ma che
dici, ho messo la prima cosa che ho trovato!» rispose Bulma arrossendo, sapendo
di essere stata smascherata.
In realtà
quella mattina si era svegliata presto e aveva eseguito un trattamento di
bellezza per apparire al meglio agli occhi del
Sayan.
Aveva
intenzione di farlo sentire bene, di non fargli pensare al giorno
dell’esecuzione che incombeva, di metterlo di buon
umore.
«Ti ho
portato delle brioches e della frutta!»
«Davvero ti
permettono di darmi da mangiare?»
«Sì» sorrise
Bulma.
«Non lo sai
che se dovessi recuperare abbastanza forze, c’è il rischio che io riesca ad
uscire di qui e ammazzare tutti?» le disse minaccioso avvicinandosi alla parete
che li separava, con l’intento di spaventarla.
«Sì» rispose
ancora lei, restando tranquillissima.
«E non hai
paura di morire?»
«E tu?»
chiese lei senza staccare gli occhi da lui e cercando di captare ogni minima
reazione. «Tu hai paura di morire?»
«No» rispose
freddamente Vegeta, chiudendosi ancora in se
stesso.
«Muoviti a
chiedermi quello che devi chiedermi, non ho voglia di parlare
oggi.»
Quel giorno
lei gli chiese i dettagli della sua vita nell’esercito di Freezer quando ancora
era un bambino.
Sebbene lui
non fosse molto loquace aveva raccolto abbastanza dati e la stesura della
biografia era a buon punto.
Il Sayan le
raccontava i soprusi subiti con una calma che faceva venire i brividi, quasi
quelle torture non fossero state inflitte a lui ma a qualcun
altro.
Nei primi
anni in cui combatteva per Freezer, Vegeta era stato restio ad uccidere; lui
aveva sempre amato combattere, come ogni Sayan, ma non era ancora abituato a
fare stragi di innocenti e l’idea non gli piaceva: non era quello che gli era
stato insegnato.
«E cosa ti
avevano insegnato allora?»
«Fino all’età
di cinque anni ho avuto un precettore che aveva anche il compito di insegnarmi a
combattere. Non era molto forte, ma insegnava bene: diceva che un vero guerriero
Sayan non si sporca le mani di sangue debole, ma lotta solo contro nemici
potenti e brama lo scontro con avversari sempre più forti. Solo così diventerà
sempre più forte. Ma questo a Freezer non interessava: si serviva di noi Sayan
come mercenari e basta.»
«Eri molto
legato al tuo precettore?»
Vegeta
sbuffò:
«Per niente.
Io non sono mai stato “legato”, come dici tu, a
nessuno.»
Pareva che la
domanda di Bulma l’avesse divertito molto, come se gli avesse chiesto una cosa
veramente ridicola.
«Non c’è
nessuno in particolare che ti manca? Un famigliare, un
parente?»
«No» rispose
seccato Vegeta, e le voltò le spalle.
Bulma capì
che lui non le stava mentendo, non aveva veramente mai avuto una figura
importante che lo seguisse o che significasse qualcosa per lui, nel corso della
sua vita.
Era sempre
stato completamente solo.
«Vegeta»
disse con voce spezzata. «Io non voglio che tu
muoia.»
Il Sayan si
voltò a guardarla, stupefatto dalle sue parole.
«Perché? Non
mi conosci nemmeno.»
«Ti conosco
più di molte altre persone. In questi giorni ho saputo cose su di te che i
giudici non immaginano neanche e di cui non si interesseranno mai, ma io so che
tu non meriti di morire!»
Lui
continuava a guardare quegli occhi colmi di lacrime come se lei gli avesse detto
qualcosa di straordinario, e infatti era così.
«Non puoi
aiutarmi, lo sai.»
«Lo so…»
singhiozzò lei. «Ma voglio che tu sappia che a questo mondo c’è una persona che
avrebbe voluto far parte della tua vita, e quella persona sono
io.»
«Non piangere
per me, Bulma» mormorò Vegeta avvicinandosi alla parete che li divideva. «Non
merito le tue lacrime.»
«A te è stata
negata la possibilità di vivere una vita come tutti gli altri!» esclamò
lei.
«E io l’ho
negata a centinaia di altre persone» ribatté lui. «Merito di
morire.»
«No, no…» lei
scosse la testa, incapace di accettare quell’idea.
«Ma ti sbagli
anche riguardo un’altra cosa. Tu sei già entrata nella mia vita, anche se per
poco tempo, e ti ringrazio per questo.»
In quel
momento giunse la guardia per portar via Bulma.
«Aspetti un
attimo» supplicò lei. «Vegeta, devo farti una domanda, e voglio che tu sia
sincero: hai paura di morire?»
Lui la fissò
negli occhi, non sapendo se mentire o dire la
verità.
Poi
scelse:
«Sì.»
Bulma aveva
ricevuto un permesso per assistere all’esecuzione del principe Vegeta, ma
naturalmente non ci sarebbe andata.
Non ne aveva
la forza.
La correzione
della bozza della biografia fu affidata ad altri suoi colleghi, ma la
giornalista volle scegliere il titolo dell’opera: “Il principe
infelice”.
Lei trascorse
il resto della settimana a letto, a piangere, con i suoi migliori amici e i suoi
genitori che si chiedevano perché fosse tanto
disperata.
Era solo per
la morte di un meschino assassino?
Cos’era
successo tra loro nell’arco di un mese?
Possibile che
si fosse legata ad un essere mostruoso, in così poco
tempo?
Lei non voleva parlarne; si chiuse nel suo dolore, pensando a quanto fosse ingiusta la vita… o forse fin troppo giusta.
FINE.
NdLefteye: finale triste? deludente?
Ehm... scusate, lo so, non è il mio genere, ma ci voleva.
Per chi ama gli happy ending, però, ho in serbo un finale alternativo, ma non so quando lo potrò pubblicare^^
Ringrazio tutti quelli che hanno seguito la storia, scusate se è molto breve, spero che vi sia piaciuta lo stesso e che vi abbia trasmesso qualche emozione (seppur negativa).
La vostra,
LeftEye