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Autore: Alexiel_Slicer    19/07/2012    1 recensioni
Nella Parigi del 1780 una ragazza di nobile famiglia è costretta a vivere una vita stereotipata e programmata dagli altri ed a sposare un ragazzo che non ama, incontrerà un giovane misterioso che gli aprirà le porte di un nuovo mondo...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10
Arièl mi guidò attraverso la foresta portandomi in una piccola capanna abbandonata in mezzo alla vegetazione.
All'interno vi era un unico ambiente: il pavimento era coperto da un tappeto di foglie secce che scricchiolavano sotto il mio peso, un vecchio tavolo sgangherato ed impolverato giaceva in un angolo e accanto stava un caminetto diroccato e dalle fessure delle pareti di legno ormai marcio entrava un'arietta fredda e pungente. Il lupo si accovacciò in un angolo, mi sdraiai accanto a lui e posai la testa stanca sul suo manto morbido ed immacolato addormentandomi.
Il cinguettio degli uccelli mi svegliò, la luce del sole trapelava dalle fessure del legno illuminando la stanza e facendo risaltare alla vista il pulviscolo presente nell'aria, l'arrivo di qualcuno o qualcosa mi fece sobbalzare sull'attenti e un minaccioso ringhiò uscii involontario dalla mia bocca, la leggera porta dai cardini arrugginiti si spalancò e sulla soglia comparve Arièl.
"Sono io...dovresti affinare i tuoi sensi" disse
"Scusami, ma non puoi pretendere molto, sono...sono un lupo da neanche un giorno" le ultime parole le mormorai quasi impercettibilmente
"Ti ho portato dei vestiti puliti e del pane" e così dicendo posò tra le mie mani ciò che teneva col muso: un semplice abito bianco, una mantellina rossa e un pezzo di pane caldo avvolto in una carta color sabbia
"Un vestito? Ma non è comodo per camminare nella foresta" osservai delusa
"E' tutto quello che ho trovato" disse secco Arièl
"Va bene, grazie" dissi e mi affrettai a mangiare il mio tozzo di pane, stavo letteralmente morendo dalla fame così che mandavo giù i bocconi interi, senza masticarli "Tu non mangi?" chiesi nella foga
"Io non mangio quella roba, prima di andare in città ho cacciato un cinghiale" disse con nonchalance sdraiandosi sul pavimento e posando il muso sulle zampe anteriori
"E ora che faremo?" domandai dopo aver saziato, anche se di poco, la mia fame
"Tu che vuoi fare?" mi chiese
"Non lo so...vorrei vendicare la morte della mia famiglia...vorrei uccidere tutti quei maledetti vampiri!" sputai tra i denti con disprezzo
"Sicura? Se ci pensi ti hanno fatto un favore, voglio dire se la tua famiglia fosse ancora viva ti avrebbero costretto a sposare quel conte..." disse
lo guardai negli occhi imbambolata per dei secondi poi risposi secca "Ucciderli non era una soluzione"
"Te lo richiedo: sicura di voler uccidere ogni singolo vampiro che troverai sul tuo cammino?" mi domandò scantendo le parole una per una
"Si" risposi determinata "Non ho più niente, ho perso tutto e sono sola, pormi l'obiettivo di vendicare la mia famiglia è l'unica cosa che posso fare" continuai
"Bene se sei sicura possiamo partire verso est: c'è un vampiro che sta spargendo sangue da quelle parti" disse levandosi sulle quattro zampe
"Così presto? Io non so combattere..." mormorai impallidendo
"Non c'è bisogno di saper combattere! E' il tuo istinto da predatore, da lupo che ti guida...non mi dire che hai paura?" mi chiese sprezzante in segno di sfida
"Paura io? Mai!" esclamai sicura
"Allora andiamo" disse e varcò la porta "Spero solo che non ti pentirai della tua scelta..." mormorò infine.
Salii sulla sua schiena, mi aggrappai al suo folto pelo e si lanciò in una veloce corsa con grandi falcate.
Ai miei lati vedevo scorrere veloci gli alberi che pian piano andavano a diramarsi fino a scomparire del tutto, una volta fuori dalla foresta ci trovammo in una vastissima pianura verde con piccoli fiorellini lilla che sbucavano timidi tra i fili d'erba, in lontananza si vedevano i campi coltivati dei contadini con le loro piccole casette di pietra, dai tetti in legno e i comignoli fumanti. Anche se ero distante riuscivo a percepire l'odore della minestra di cipolle e patate portato dal vento fino al mio naso facendo brontolare il mio stomaco, Arièl continuò la sua corsa e mi lasciò dietro una di quelle casette: "Fatti offrire del cibo e quando avrai mangiato raggiungimi sopra quella collinetta, sarò li ad aspettarti" disse e se ne andò.
Aggirai la casa e mi trovai di fronte ad una possente donna dai capelli corvini e gli occhi neri che mi scrutava dubbiosa "Vi serve qualcosa?" mi domandò
"Se potreste offrirmi qualcosa da mangiare ve ne sarei infinitamente grata" mormorai timidamente
la donna mi analizzò e infine disse "Venite dentro".
La seguii e una volta dentro casa mi trovai in una grande stanza rettangolare con una tavolo di legno al centro su cui erano poste delle scodelle in ogni posto, mentre sul fuoco scoppiettante vi era una grande pentola resa nera dall'usura del fuoco, da cui proveniva un odorino invitante. Mi fece sedere davanti ad una delle scodelle e con una grande mestolata la riempì, poi prese un fiasco di vino e riempì il mio bicchiere, mangiai con appettito e bevvi tutto d'un fiato, quando finii in casa piombarono cinque marmocchi con le guance tonde sporche di terra e i vestiti incrostati di fango, uno di loro quando mi vide mi fece un grande sorriso mostrandomi le gengive prive di denti, a quel gesto ricambiai anch'io il sorriso pensando che mi sarebbe piaciuto avere dei bambini e vivere in una casetta modesta come quella, magari insieme a Tom...scacciai subito dalla mente quel pensiero, non dovevo più pensare a lui, mi aveva solo illuso e abbandonata al mio destino, però nonostante quello custodivo, ancora, gelosamente il suo fermaglio tra i capelli.
"Vi ringrazio immensamente! Siete stata davvero gentile con me, non so come sdebitarmi..." dissi alzandomi in piedi
"Non vi preoccupate è stato un piacere per me aiutarvi" rispose la donna con un sorriso bonario
"Vi ringrazio ancora" e così dicendo raggiunsi la porta e prima di uscire accarezzai teneramente la testa riccioluta di quel bambino.
Fuori l'aria era tiepida e i raggi del sole colpivano i campi di grano dorati facendoli risplendere, salii la collinetta e come mi aveva detto trovai Arièl seduto all'ombra di una piccolo albero.
La notte avvolse la campagna francese dando inizio al canto dei gufi, mentre le case dei contadini si illuminavano, in groppa ad Arièl raggiunsimo il paese vicino e lasciandomi all'entrata mi diede le indicazioni di come raggiungere il posto in cui  avrei trovato il vampiro da eliminare.
"Devo trovare l'osteria dell'allodola"  dissi fra me e me e dopo aver girovagato a vuoto per dei minuti mi imbattei in un'insegna di ferro battuto con incisa l'immagine di un uccello, un'allodola, mentre sotto vi era scritto a caratteri cubitali "osteria", feci un grande respiro e vi entrai.
All'interno regnavano l'odore del vino e il rumore di fragorose risate sguaiate e di conversazioni urlate. Mi guardai intorno in cerca di qualche giovane dalla bellezza infernale, ma vidi solo uomini grossi, bassi e sporchi, così mi accomodai ad un tavolo che stava nell'angolo più appartato del locale. Restai li, in silenzio per degli interminabili minuti sotto gli occhi curiosi dei clienti e dello stesso proprietario, un uomo si avvicinò a me con un orrendo sorriso sul viso quadrato e dalla fronte troppo larga, mi bastò un'occhiata per farlo rabbrividire e allontanare, poi la porta di spalancò: davanti l'uscio c'era un giovane alto e prestante, dai lineamenti angelici e i capelli che sembravano fili d'oro, era lui la mia preda.
Il ragazzo entrò con una smorfia che gli increspava le labbra carnose e si sedette in un tavolo di fronte al mio, dopo essermi accertata che si fosse accorto della mia presenza uscii dall'osteria. Dopo aver girato l'angolo avvertii la sensazione di essere seguita, annusai l'aria e percepii il puzzo di cadavere, allora mi addentrai in un vicolo buio e, improvvisamente, mi fermai trovandomi di fronte ad un vicolo cieco.
"In trappola" disse ghignando il giovane vampiro
"Non credo" dissi ricambiando il ghigno. 
  
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