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Autore: Andrewthelord    19/07/2012    1 recensioni
Agghiacciante cross-over tra il film “Fracchia la Belva Umana” e l’anime “Kaitou Saint Tail” (Lisa e Seya).
È arrivato in Giappone il più importante dipinto del novecento italiano, un Osvaldo Paniccia originale. Non solo Saint Tail (Seya), anche la Belva Umana (Paolo Villaggio) è sulle sue tracce. Riusciranno Asuka jr (Alan) e il Commissario Auricchio (Lino Banfi) ad impedire l’ennesimo furto? E Giandomenico Fracchia (Paolo Villaggio) verrà ancora utilizzato dal suo sosia per i suoi loschi piani?
Non si tratta, come potrebbe sembrare, di una fan fiction nonsense, ma di una vera e propria storia in cui i personaggi sono loro stessi e non delle caricature.
Sono ben graditi i commenti, anche brevi!
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Un’intera parete, ricoperta da un soffice velluto rosso, ospitava il piccolo quadro di Osvaldo Paniccia, piccolo per dimensioni ma grandissimo per quotazione. Si trattava della sala più grande, quella destinata agli esemplari più preziosi della scultura cinese. Un enorme, quanto unico nel suo genere, vaso Ming se ne stava appollaiato in un gracile piedistallo, proprio di fronte agli occhi del commissario Asuka senior.

«Grazie per essere con noi. Ci affidiamo a lei, Commissario Auricchio!», e si inchinò leggermente, come richiede il saluto giapponese.

Il commissario Auricchio (a.k.a. Lino Banfi) era un uomo piccolo e tarchiato, sui cinquant’anni, affetto da seri problemi di calvizie. Vestiva in borghese, come tutti gli uomini della polizia italiana di alto grado. Nei suoi occhi l’orgoglio di una professione rischiosa e la stanchezza di anni e anni di caccia senza riscontri.

«Grezie.  Faremo del nostro meglio per difendere il vostro quedro.» Disse il commissario italiano, accennando un dubbioso quanto goffo inchino.

«Ci risulta ci siano concrete possibilità», ammise con preoccupazione l’agente della polizia giapponese, «che Saint Tail si presenti nuovamente. Non voglio assolutamente dubitare della moralità dei mecenati vostri connazionali», si schernì Asuka sr., «ma i nostri precedenti ci chiedono di aumentare le misure di sicurezza».

«In realtè», replicò in accento pugliese Auricchio, «più che per il quedro, io sono qui per un’importente indegine dell’Interpol per catturere quella fetecchia assoluta che ci perseguita…». Il commissario iniziò ad ansimare pericolosamente. Dal fondo della stanza sopraggiunse di corsa un ragazzo alto e cappellone, con la faccia spaesata. Un ragazzo che gli amanti del cinema italiano riconosceranno come De Simone, braccio destro di Auricchio e vice-commissario.

«Commissario… ha dimenticato le pillole!» disse sottovoce De Simone al suo capo. Un telefono squillò. «Con permesso», Asuka sr aprì il cellulare e si girò per rispondere.

«Brutto disgrazieto!», sbraitò sottovoce, ma ancora perfettamente udibile, Auricchio. «Sarenno anche chezzi miei! Lo sai io che ne penso dei dottori!». E, malauguratamente, si appoggiò al piedistallo. Sì, purtroppo. A quel gracile piedistallo con quel famoso quanto inestimabile vaso Ming, che si ruppe in mille pezzi.

Asuka sr sentì il rumore e si girò di scatto, ma Auricchio, che nel frattempo aveva tirato un calcio a De Simone e aveva percorso quattro metri di lato a sinistra tossì con forza, nascondendo con un guizzo da maestro il grave danno che aveva inferto allo storia dell’arte ceramica cinese.

«Non sa davvero quanto siamo onorati di averla qui con noi», Asuka sr si inchinò di nuovo, «lei è l’unico poliziotto al mondo in grado di rivaleggiare con la terribile Belva Umana!».

De Simone spalancò improvvisamente la bocca, con un’apertura angolare che non era mai riuscito a raggiungere nemmeno dal dentista. Auricchio strinse i punti, pensò ad un “Porca puttena maledetta” e colpì con un pestone il pavimento, ottenendo, come unico risultato, che una scheggia acuminata del vaso Ming gli si infilasse in una scarpa squarciandogli un piede.

«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH»

«O Santi Numi», gridò anche Asuka sr. «il vaso Ming!».

De Simone cercò di salvare il salvabile: «Vede… Il Commissario Auricchio non vuole che si parli di questa faccenda». «Quale faccenda?» chiese Asuka sr. “A questo punto meglio si accorga del veso…” pensò disperato Auricchio, che trovò comunque la forza di parlare. Anzi, di gridare, a suo modo.

«DE SIMONE!!! MALEDETTO STRONZONE DISGRAZIETO!!! NON DIRE CHEZZETE! IO NON VOGLIO CHE NON SI PARLI!!!» fu costretto Auricchio.

«Allora racconti!» intimò Asuka senior.

Nella mente del commissario italiano l’onta subita tornò lucida. Nella sua anima il peso dell’umiliazione di quella sera terribile, la più terribile della sua carriera, era più viva che mai. La sera in cui la Belva Umana, il criminale più efferato del mondo, la persona più ricercata per l’FBI, la fece franca, di nuovo, sotto il suo naso.

 

   
 
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