Il caldo sole
californiano brillava nel cielo
di una domenica mattina. Nonostante fosse Dicembre inoltrato,
Malibù viveva di
belle giornate con l’assenza di neve. Le varie ville dei
milionari che si
prolungavano per il litorale erano decorate per quello che sembrava
essere il
Natale più caldo di sempre. Sulla spiaggia i turisti
prendevano il sole,
ammirando l’oceano e scattando fotografie. Tutto sembrava
rendere quella
giornata una perfetta giornata.
Le campane della
chiesetta, che si trovava
appena fuori dal lungomare californiano, avvisarono i passanti che
mezzogiorno era
ormai alle porte. I fedeli uscirono lentamente dal portone principale,
discutendo animatamente. Ogni domenica, alle dodici, il viale che
seguiva la
costa si trasformava in una passerella dove i fedeli esibivano con
grazia il
più costoso degli abiti e il più lussuoso dei
gioielli.
Una coppia, mano
nella mano, lasciava la
chiesa e si dirigeva verso il parcheggio adiacente. A differenza della
gente
che frequentava quella parrocchia, loro non abitavano sul lungomare in
una di quelle
ville da sogno, bensì in una villetta appena fuori
Malibù. Entrati nel loro
Navigator grigio vulcano si diressero verso casa.
«Quel
coro era davvero penoso» Una voce
schifata e sommessa irruppe nel silenzio della strada.
«Mancava poco che mi
alzassi in piedi e insegnassi a quei visi pallidi un po’ di vera musica».
«Sei
sempre la solita melodrammatica! Suvvia
erano lì solo per servire il Signore, non di certo per fare
i coristi di un
concerto gospel. A volte mi dimentico di chi sei amica!» Il
ragazzo biondo alla
guida del suv rise apertamente vedendo la faccia offesa che aveva fatto
la sua
fidanzata mentre parlava.
«Non
insultare Rachel e Kurt! Saranno due
regine del melodramma, ma sono due amici fantastici e ci sono sempre
per me».
«Ma
restano due regine del melodramma» rise
Sam afferrando la mano della fidanzata.
Giunsero a casa
dopo una decina di minuti e
Sam parcheggiò nel garage della villa. La loro casa, seppur
modesta, conteneva
tutti i comfort che necessitavano: un garage, un giardino con piscina e
un
seminterrato. L’etichetta indipendente che aveva assunto
Mercedes tre anni
prima come una corista si era ravveduta dal suo talento e aveva scelto
di
seguirla come solista. La fortuna, senza dubbio dovuta al talento della
ragazza,
non era tardata ad arrivare e aveva aiutato il sostentamento della
coppia.
Felici com’erano, Sam non aveva dovuto cercare un lavoro,
poiché, appena giunto
a Malibù, Mercedes lo aveva convinto ad entrare nella sua
band di supporto nei
concerti e con grande entusiasmo il fidanzato aveva accettato.
«Tesoro»
gridò Mercedes dalla scalinata che
portava al piano superiore. Un mugugno confuso la avvisò che
aveva l’attenzione
di Sam. «Stasera abbiamo un incontro per i bambini
dell’ospedale. Non te ne
dimenticare!»
«Sì
lo so. Tranquilla non me ne dimenticherò».
Ogni domenica,
come da calendario, Mercedes e
Sam andavano nell’ospedale del loro quartiere per fare
beneficenza e cantare
con i bambini del reparto di oncologia infantile. Un sorriso e una
bella
canzone sembravano essere una cura apparentemente perfetta per quei
bambini.
La diligenza e
l’impegno con cui lo facevano
era sorprendente e, per questo motivo, spesso ricevevano lettere e
regali dai
genitori di ragazzi che miglioravano grazie alla loro musica. In quei
casi, i
fidanzati ringraziavano ma ammettevano che non era merito loro,
bensì delle
cure dell’ospedale.
«Sammy
pensi che questo vestito vada bene per
oggi?» Mercedes scese le scale e si presentò in
cucina dove il biondo stava
preparando la cena per il ritorno dall’ospedale.
«Sembri
un albero di Natale» disse leggermente
disgustato dal constatare che la fidanzata era completamente ricoperta
di paillettes.
«Sono
allegre» disse Mercedes esibendo uno dei
suoi sorrisi migliori.
«No!
Non è mica una sfilata di moda. Puoi
venire anche in tuta. I bambini non prestano attenzione a come sei
vestita, ma
a come canti» rispose serio Sam.
«E va
bene! Va bene se metto un jeans e una
felpa?»
«Perfetto»
disse Sam prendendo il viso di
Mercedes tra le mani e baciandola «Sarai
bellissima».
«Allora
vado a cambiarmi. Tra dieci minuti ti
voglio in garage, chiaro?» disse abbandonando la cucina. Sam
alzò gli occhi al
cielo; sapeva che la sua fidanzata non ce l’avrebbe mai fatta
a prepararsi in
tempo.
Come immaginato
da Sam, Mercedes arrivò in
garage con quindici minuti di ritardo.
«Era
ora!» disse ridendo.
«Non
trovavo le mie scarpe gialle!» sbuffò
Mercedes.
Entrarono in
macchina e viaggiarono per una
ventina di minuti finché il grande cartello stradale li
avvisò che erano giunti
a destinazione.
Come di norma
entrarono nel reparto di
oncologia infantile e raggrupparono i bambini in cerchio. Cantarono
Somewhere Over The Rainbow, Human Nature e Pure
Imagination. Alla fine,
Mercedes
fece un assolo mentre i bambini la guardavano estasiati. D’un
tratto, quando
era pronta per esplodere nell’acuto dell’ultimo
ritornello, la porta si aprì e
la figura di una donna statuaria con in braccio una bambina di circa
due anni
irruppe nella stanza.
«Diamine
finalmente! Ho cercato in tutto l’ospedale
per trovarvi!»
Mercedes smise
di cantare e Sam bloccò le
corde della chitarra che continuavano a tintinnare.
«C-coach
Sylvester» dissero all’unisono con
un’espressione che non nascondeva il loro completo stupore.
«Bambini,
scusateci un attimo. Mi servono
Oprah e il suo spogliarellista. Fuori!» disse in tono
autoritario.
Mercedes e Sam
la seguirono fuori e, trovato
un posto indiscreto, iniziarono a parlare.
«Coach
cosa ci fa qui a Malibù?» chiese
Mercedes nervosa. Sam non riusciva a togliere gli occhi di dosso alla
piccola
creatura che Sue aveva in braccio. La fidanzata gli pestò un
piede per
riportarlo alla realtà.
«Quella
testa riccioluta di Will Shuester mi
ha chiesto un favore e ho deciso di accontentarlo per una buona
volta» spiegò
Sue «Dovevo portare lei a fare una visita e Will mi ha detto
che facevate
volontariato qui così...»
«Come
sta il signor Shue? Bene? E con Emma va
tutto apposto? Il Glee club è ancora in piedi?»
Sam sembrò tornare alla realtà
appena sentì il nome del professore di spagnolo. La
Sylvester lo guardò
scioccata.
«Metti
un freno alla lingua, Evans! Non sono
mica un quotidiano che sforna notizie su Will Shuester! Sono qui per
consegnarvi questa».
Frugò
in maniera decisa nel borsone che aveva
in spalla e dal quale estrasse diversi oggetti prima di afferrare un
pezzo di
carta accartocciato in una pallina. La lanciò a Sam che
l’afferrò.
«Se mi
scusate... Ho una visita da fare! A mai
più direi» sorrise Sue. La piccola fece ciao con
la manina alla coppia man mano
che si allontanava con la madre.
I ragazzi
esitarono un po’, ma poi
assottigliarono la lettera per renderla tale e l’aprirono.
Note dell'autrice: Eccomi quiii! Be' sono un po' scoraggiata perché nessuno si degna di recensirmi, ma mi sono detta che non me ne deve fregare nulla e non devo perdere la speranza, quindi questo è il nuovo capitolo! Manca poco alla lettera che sconvolgerà le vite delle New Directions. Vi ho dato un aiutino dicendovi che la lettera è da parte di Will :)
Spero che continuiate a seguire la mia storia, perché ci metto davvero tanta passione. Alla prossima.
_baby agron
Ps_Non pubblicherò il prossimo capitolo molto presto perché devo partire per andare a vedere Dianna a Giffoni *sviene, muore e resuscita* quindi non avrò il tempo di scrivere.. però spero di prendere ispirazione da Miss Agron in persone, come mi succede ogni giorno <3