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Autore: Leyla    20/07/2012    3 recensioni
Racconto semi-demenziale, sorta d'incrocio tra Pollicina, Alice nel Paese delle Meraviglie e Sogno di una notte di mezza estate.
Perché le fate non sono proprio quegli esserini adorabili che c'immaginiamo noi!
Un commento è sempre ben accetto! ;)
Genere: Demenziale, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le strisce di luce che cominciano a disegnarsi sul pavimento a riscuotermi

Sono le strisce di luce che cominciano a disegnarsi sul pavimento a riscuotermi.

Mi trovo in una cella dalle pareti in legno, con il pavimento ricoperto di stuoie. C’è un’unica finestrella a gettare luce – ora – sull’ambiente, ed è formata da un reticolo di liane robustissime. Non appena mi hanno gettato qui dentro ho provato a spezzarle, o almeno ad allentarle – mica scema – ma probabilmente avrei più fortuna se tentassi di spostare telepaticamente l’intera maledetta quercia. E nessuno che si degni di darmi la più misera spiegazione del perché mi stiano trattando in questo modo, nonostante mi sia venuta la voce roca a forza di strillare. Non ho diritto almeno a un avvocato d’ufficio?

Neanche fossero sordi, tutti gli sbirri fatati mi hanno ignorato bellamente mentre passavano davanti alla mia porta; e alla fine mi sono arresa e mi sono accucciata sul pavimento della cella, carica di furia omicida.

Adesso, osservando la luce farsi sempre più intensa, comincio a preoccuparmi. Saranno ormai le cinque del mattino e io, in questo momento, ho tante speranze di vedere la regina Titania quante sono le possibilità di farmi crescere un paio d’ali con la forza del pensiero.

Mi riattacco alle liane che formano la porta della prigione, nella vana speranza che qualcuno abbia cambiato idea. «Ehilà» chiamo, ma nessuno mi calcola. «Non so se avete notato, ma è mattina. Oltre a liberarmi, potreste farmi la cortesia di portarmi un caffè?» Ovviamente i pochi secondini presenti m’ignorano, perfino quando mi metto a scuotere le sbarre come una scimmia ululando: «Voglio un avvocato!»

Improvvisamente, però, mi zittisco. C’è del trambusto fuori dal mio campo visivo che mi sembra provenire dal corridoio che porta al carcere.

«…non è sicuro…» rimbomba una voce, che a fatica riconosco come quella del tizio che mi ha arrestato.

Un’altra voce più bassa risponde qualcosa che non riesco a distinguere, ma il solo pensiero che qualcuno stia venendo qui mi riempie di speranza. Magari qualche fatina buona si è commossa e mi vuole aiutare!

«Aiuto!» comincio infatti a gridare. «Sono innocente! Salvatemi da questi psicopatici!»

Stavolta uno dei carcerieri m’intima di chiudere il becco, sotto la minaccia di conciarmi per le feste. Poiché non fatico a crederci, obbedisco.

Finalmente i due entrano nella prigione, e non riesco a evitare un’esclamazione di sorpresa che presto diventa indignazione.

«Tu!» sbotto, avventandomi sulle sbarre. «Se non fosse stato per te e i tuoi compari, adesso non sarei qui!»

Liam mi fissa, sembrando altrettanto stupito di vedermi. Perché è proprio uno di quegli stupidi truzzi sul coleottero che ho incontrato all’inizio di questa allucinante nottata, per la precisione il ricciolino dietro tra le due escort – che, stranamente, non sono presenti: avrei giurato fossero creature simbiotiche, tipo cozze.

Le guardie mi richiamano all’ordine, ma questa volta sono io a ignorarli. «Se invece di andare a quel dannato rave vi foste degnati di darmi un passaggio, non starei qui a marcire…» continuo a inveire, finché il capo non m’interrompe.

«Conoscete questa terrorista?» chiede sbigottito al ragazzo.

Lui pare restio ad ammetterlo – devo sembrare una pazza furiosa – ma alla fine dice: «Sì, l’ho già vista. Perché è in prigione?»

«L’abbiamo scoperta mentre cercava di attentare alla vita di Sua Maestà la regina.»

«Ma siete fuori di testa?» esclamo. «Non è vero! Sono umana e cercavo la regina per tornare normale!»

«È la verità» conferma Liam. «Ha mangiato il frutto Waka-Waka. Voleva vedere la regina per un rimedio.»

«Visto?» esplodo, trionfante.

Il capo sembra scettico, ma per qualche motivo non mette in dubbio le parole del ragazzo. «D’accordo, è sufficiente. Liberatela.»

«Alla buon’ora» brontolo, mentre un secondino apre la porta. «Avete un sacco di problemi in materia di giustizia, lo sapete?»

«Ci dispiace per il fraintendimento» dice lo sbirro per tutta risposta, imperturbabile, e poi si allontana. Mi sa che di scuse decenti non ne sentirò.

«Vieni, usciamo da qui» esorta Liam, dirigendosi fuori.

«Alt» lo blocco, seccata. «Non so nemmeno chi diavolo sei. Mi pare di avere avuto abbastanza avventure stanotte. Dimmi solo dov’è questa fantomatica regina.»

Lui apre la bocca per rispondere, ma in quel momento si riavvicina il tizio autoritario, che non ha smesso di guardarmi male. «Principe Liam, c’è qualche problema?»

Adesso sono io ad aprire la bocca. Principe Liam?

«No, capitano, va tutto bene» risponde lui. «Adesso ce ne andiamo. La porterò io stesso da mia madre.»

L’altro fa un profondo inchino. «Arrivederci, Vostra Altezza.»

Vostra Altezza? Sento gli occhi che mi stanno per cadere dalle orbite.

Liam mi fa un cenno e io, imbambolata per la sorpresa, non posso fare altro che seguirlo.

   
 
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