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Autore: betacchi    20/07/2012    3 recensioni
L'Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. -Alessandro Manzoni.
[ #1: «E perché mai, ditemi, dovrei tra tutti fidarmi di voi?»
#2: «Spezzarli, farli tutti cadere sotto il mio controllo: in onore di Ares, tingeró i nostri campi di sangue, il sangue di chi si oppone alla grande sovrana del Peloponneso.»
#3: «Maestro, m'insegni la sua arte.» ]
Genere: Generale, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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#2:
{Fandom: Axis Power Hetalia;
Characters: Sparta - Carilao.}

A chaska, che mi ha dato retta quando le ho detto di ruolare con me, e che so che farà uno Sparta stupendo.
No, non prendere spunto da questo qui -e davvero, io non ti sto consigliano di farlo. Perché io sono modesta. (?)
Scrivere ti voglio bene sarebbe da bimbeminchia, ma una volta mi dissero che lo sono, quindi:
ti voglio bene.






| Mi odino pure, purché mi temano. |

Accio.



Solo un ragazzo. Era solo un ragazzo.
«Giovane, tu e le tue pazzie non siete ammessi, nella Gherusia
Con che tono osavano rivolgersi a lui! Arroganti e ignoranti ciccioni, ecco cos'erano. Vecchie glorie del passato, noiosi e annoiati vecchi, gheronti, così li chiamavano. Gheronte. Che titolo altisonante, che era; che assurdo indice di potenza, che inutile carica.
A lui non servivano. Lui desiderava solo ed unicamente guerrieri, tra le sue fila. I politici, i gheronti, potevano anche andare a discorrere da quell'idiota di Atene, da quel poltrone filosofo che dei suoi assurdi pensieri faceva dell'arte.
«Lascialo parlare, lascialo: son curioso ora di conoscere le sue motivazioni.»
Un dei peggiori esseri che avesse mai visto camminare nella sua città: un re. Che sanguisuga attaccata al potere! Odio, null'altro che odio provava nei suoi confronti. E l'esser ascoltato proprio da un essere come lui lo rendeva nervoso, desideroso come non mai di alzare la sua pesante lama bronzea contro di lui.
Per di più, il sorrisetto divertito che mostrava nell'osservare il suo atteggiamento fiero, il suo corpo provato troppe volte dagli aspri litigi con i suoi numerosi fratelli, i capelli castani mossi dalla brezza leggera che soffiava nella Gherusia, quell'espressione di scherno che altro non desiderava che deriderlo aumentava quel malsano e insensato sentimento d'ira che provava nel posare gli occhi su quell'essere.
Cosa c'era di esilarante nella sua figura? Quale delle sue cicatrici provocava il riso di quel vecchio barbuto?
«Siete noiosi.» esclamò, la voce atona come mai prima di quel momento.
Sì, tutte quelle inutile dispute politiche per lui erano solo motivo di noia. La guerra, la battaglia, la conquista: quelle le attività che stimolavano il suo interesse. Da quando erano nato, da quando il Divino Ares gli aveva conferito la nomea di conquistatore di terre, da quando molti oracoli gli avevano predetto il suo futuro di dominatore del Peloponneso, da quel momento il suo unico e solo pensiero era quello di combattere.
Combattere, conquistare, essere il migliore.
«Noiosi?!»
Qualche vecchio si alzò indignato, seguito da alcuni dei suoi compari. Andassero a bere, quei noiosi esseri chiamati politici! Andassero a parlare con gli ateniesi, diventassero cittadini di quell'inutile città. Vivessero lì, attendendo con timore la sua venuta. Perché loro, quelli che scuotendo il capo si allontanavano dalla Gherusia, loro sarebbero stati i primi a morire, quando finalmente sarebbe riuscito a conquistare l'intera Grecia.
Traditori!
Ecco cos'erano, vigliacchi, poltroni non amanti della propria polis. Quelli erano i famosi gheronti?
"Che esseri inutili." pensò il giovane, osservando con disprezzo quelli che abbandonavano quel luogo di politica.
«Ah! Giovane, eccoci: noi siamo i tuoi guerrieri.»
Quel re, la sanguisuga, accompagnato dal suo solito sorrisetto di scherno, si alzò, seguito poco dopo dal suo compare. Perché -a quanto pareva- un solo re non era sufficiente: due, qual'altro numero perfetto! Che se uno sbaglia, ecco l'altro pronto a correggerlo; che se uno ruba, ecco l'altro pronto a denunciarlo. E dopo di loro, gli altri che erano rimasti seduti, si alzarono, come mossi da un senso di dovere. E tutti, nessuno escluso, puntarono gli occhi su di lui. Cosa volevano sapere?
«Guerrieri, dite? Siete disposti a rischiare le vostre vite, per la mia gloria?»
La sua gloria. Null'altro l'attendeva, null'altro se non gloria. Lo sapeva, ne era certo: sarebbe diventato l'essere più potente della Grecia, avrebbe schiacciato ogni nemico, distrutto ogni altra polis che si sarebbe permessa di ostacolarlo. Avrebbe reso fiera sua madre.
La Grecia non si sarebbe più chiamata Elles, ma Sparta: tutti, nessuno escluso, sarebbe finiti sotto il suo controllo. E per fare ciò, aveva bisogno di valorosi guerrieri, desiderosi di gloria come lo era lui.
«La gloria della sacra polis di guerrieri è la nostra gloria, giovane.» affermò quell'assurdo re, prima di continuare nel suo discorso. «E tu, giovane, cosa sei disposto a fare, per noi?»
Quale assurda domanda gli stava porgendo. Non era chiara la sua determinazione? Non evidente il mantello rosso che portava con orgoglio, simbolo del guerriero senza sentimento che era?
«Spezzarli, farli tutti cadere sotto il mio controllo: in onore di Ares, tingeró i nostri campi di sangue, il sangue di chi si oppone alla grande sovrana del Peloponneso.»
Ecco, ora erano certamente più chiare, le sue intenzioni. E anche il re, quella sanguisuga annoiata, accompagnato dall'altrettanto annoiato compare, e tutti i loro amati politici, quei gheronti stanchi di vivere, tutti, sorrisero alle sue parole.
Tutti, con nuova determinazione, si affacciavano a quella che sarebbe stata la storia della Grecia: la storia della conquista spartana.
«E del sangue noi faremo vino, donandolo al grande ed unico sovrano dell'Olimpo. Giovane, che gli dèi mi fulmino! Io, nipote di Licurgo, Carliao di Sparta, seguirò i tuoi ordini.»
Un inchino, quale altro miglior segno di sottomissione, ai suoi occhi! L'inchino di quella sanguisuga di re, di quegli annoiati gheronti, quelle le prime conquiste del giovane spartano dal mantello rosso. Li avrebbe addestrati lui, gli avrebbe insegnato l'arte della guerra che per lui era cosa così semplice e chiara.
Ogni spartano avrebbe conosciuto solo la guerra e la sua arte; niente politica, niente discorsi, né arte o cultura.
«E guerra sia.»

Note dell'autrice: Salve a tutti.
Oggi posto il secondo capitolo, dato che ce l'avevo pronto. Dedicato a Sparta, polis predominante del Peloponneso. E -mi spiace per voi (?)- oggi non c'è nessun pairing, dunque, nessun fangirleggiamento particolare da particolare da parte mia.
Anche se la SpartaxAtene non sarebbe male.
Passiamo a cose importanti: le note storiche. Ho pensato di ambientare questa fic al periodo poco precedente alle Guerre per la Messenia, regione poco più a nord della città spartana.
Carilao, nipote di Licurgo, colui che la maggior parte di voi -spero- conoscano come mitico re spartano, insieme ad Archelao, sono i re che iniziano tali guerre.
Non ho altro da dire, credo. Indi per qui, vi lascio.

betacchi.

   
 
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