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Autore: Tods    20/07/2012    5 recensioni
"A boy like that /Who'd kill your brother/Forget that boy/And find another"
E' un classico. La ragazza sbagliata che si innamora del ragazzo sbagliato.
Credevo che West Side Story fosse l'ultimo remake di Romeo e Giulietta. Ma devo ammettere che la mia vita ci si avvicina parecchio.
"I have a love and it's all that I have/Right or wrong, what else can I do?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Secondo

Due settimane dopo, non era cambiato niente. Dopo la “terribile notizia” (per Becky sembrava peggio di una minaccia di morte, ve l’assicuro) tutto sembrava tornato alla normalità. Anzi, avevamo addirittura smesso di parlarne. Come se non fosse vero.
Alla stazione, il giorno della partenza,  c’erano tutti (mamma, papà, Becky, e la vicina rompiscatole vedova a cui era morto un figlio, sempre che l’avesse avuto davvero e non se lo fosse inventato). La scuola distava un paio d’ore da casa, ed era praticamente a ridosso della ferrovia. Anche con due fette di prosciutto davanti agli occhi, una volta scesa dal treno, sarebbe stato impossibile perdermi. E poi la mamma sapeva (era scaltra e subdola, quella donna, ed in più sapeva ricattarti come nessuno) che non sarei scappata. Aveva detto che se l’avessi fatto non mi avrebbe comprato l’auto. Così io e Becky avevamo convenuto che l’auto fosse una priorità (veniva addirittura prima della mia felicità/salute mentale).
-Dai Becks, non vado in guerra, vado a scuola.-le dissi per la millesima volta, asciugandole le lacrime. Un altoparlante richiamò la mia attenzione. Annunciavano per l’ultima volta che il mio treno stava per partire.
-Buon viaggio, Christa!-disse la mamma, anche lei in lacrime, sventolando un Kleenex. Sembrava uno di quegli addii ultrafinti di quei vecchi film drammatici. Una roba di cattivo, oserei dire pessimo, gusto. Papà mi aiutò a issare la valigia sul treno. Salii le scale di corsa.
-Au revoir, mes amis!- urlai, sventolando la mano con fare teatrale. Papà mi salutò con un cenno del capo. Mentre il treno partiva con uno strattone, mi sedetti al mio posto ed incollai il viso al vetro del treno. Vidi Becky piangere, ancora, e lessi il labiale di mio padre. “Buon viaggio, Jamila”.
Rimasi con la faccia contro il vetro praticamente finchè la stazione non fu che un puntolino all’orizzonte. Poi mi rilassai sul sedile, e mi addormentai.
 
Fui risvegliata dalla voce del capotreno (un uomo di età indefinita con una pancia innaturalmente tonda e degli occhiali spaventosamente brutti) che annunciava che saremmo arrivati a destinazione nel giro di cinque minuti. Spalancai la bocca in un immenso sbadiglio, poi mi rassettai i capelli con un gesto. Vidi il mio riflesso nel finestrino opposto: avevo un aspetto terribile. Dovevo aver pianto nel sonno, perché il mascara mi si era sciolto sulla faccia. Tra le mani stringevo ancora la compilation che mi aveva fatto Becky, stracolma di canzoni di cui mezzo paese ignorava l’esistenza (cosa che a noi faceva più che piacere) ma che erano diventate ormai colonna sonora della nostra amicizia. Roba melensa. Roba da Becks.
Il treno si fermò dolcemente, e vidi la stazione, ed alle spalle, la mia nuova scuola. Fui colta da una forte nausea. Non ero mai stata così lontana da casa. Quasi quasi mi mancava la mam…
I miei occhi si posarono sul ragazzo che faceva ciao-ciao con la manina appena fuori dal treno. Feci una smorfia. Fantastico. Cominciamo bene.
-Hai bisogno di aiuto con i bagagli, Christa?-mi chiese, avvicinandosi alla scaletta. Il mio bagaglio pesava più o meno come un’elefantessa incinta, ma non gli avrei mai dato quella soddisfazione.
-No, so badare a me stessa.-trascinai la valigia giù dal treno con stizza.
-Non saluti nemmeno il tuo fratellino?
Mandai gli occhi al cielo. Diamine, che spaccone. Ma non gli faceva male al cervello essere così stupido? Ignorai completamente le sue braccia aperte ed il suo sorriso a 32 denti. Lui aggrottò le sopracciglia e sbuffò.
-Okay, Miss Cimitero Infestato, come vuoi. Mi sei mancata anche tu in questi,ehm, anni.
Detestavo il suo finto sarcasmo. Era solo un modo per mascherare la sua prepotenza. Ci mancava solo che passasse dalla modalità fratello maggiore alla modalità nonnina orba…
-Dio, Christa, come sei cresciuta…!-disse, portando una mano alla bocca. Oh no. No, No.-E guarda che culone che hai messo su!
Ecco, volevo ben dire. Gli avrei volentieri spaccato quel suo brutto muso, ma la valigia mi aveva messo k.o. entrambe le mani.
-Bene, ho la schiena a pezzi, ci muoviamo, o aspettiamo che nasca l’elefantino?-mio fratello fece una faccia stranissima. Oh, giusto. Quella dell’elefantessa incinta l’avevo solo pensata. Pff. Poco male.
Presi a trascinare la valigia (la mamma diceva che il trolley non era abbastanza di classe per una signorina come me) in direzione della scuola. Lui mi sfilò il manico dalle mani, con un sorriso:-Dai, stupida, smettila. Lo so che mi vuoi bene.
Feci una smorfia:-Se ne sei convinto…-cercai di restare seria, ma mi veniva da ridere, in realtà. Mmm. Non farlo. Non ridere. Accidenti, Christa! No. No. Non ridere. Dai. Troppo tardi.
Mi scompigliò i capelli con una mano.
-Aah, la mia sorellina…
 
Il ventilatore ronzava fastidioso, mentre la segretaria ossuta dall’aria nevrotica cercava nel cassetto la chiave della mia camera e l’orario delle lezioni. Mio fratello mi stava addosso come un’ombra. Ed io che avrei voluto fingere di non conoscerlo!
-Oh, signorina, deve scusarmi.-aveva una nocetta flebile e tremolante-ma la sua chiave non è al momento reperibile, dovrebbe ripassare per l’ora di cena, se non le spiace.- No, guardi, preferisco dormire nel refettorio. O nei corridoi. Ho sentito che non cambiano la moquette da trentasei anni.
Mi porse l’orario delle lezioni, e poi rimise il naso nelle sue scartoffie, aggiustandosi una ciocca di capelli che le ricadeva sulla fronte.
Guardai l’orologio: le dodici e un quarto. Bene, perfetto. Il mio stomaco brontolò.
-Adesso poggi le tue cose nella mia camera, e poi andiamo a pranzo.-disse lui, risoluto. Dato che non avevo opzioni migliori (a dire il vero sistemarmi nel corridoio non mi sembrava più un’idea così malvagia) lo seguii nei dormitori dei ragazzi del terzo anno. Brulicava di gente che correva verso la sala mensa. Un sacco di tipi dall’aria odiosamente snob (ovvero la stessa che aveva lui) salutarono mio fratello. Camminammo un bel po’, fino ad arrivare nel corridoio D, dove c’era la sua camera.
-Accidenti Jad, ma sei sicuro che la tua camera sia in questa dannatissima scuola?-avevo mormorato.
Bussò piano, ed un ragazzo piuttosto carino venne ad aprirci.
-Oh, eccoti, finalmente. E tu devi essere Christa…-mi sorrise, e ricambiai, arrossendo lievemente. Oh, Jad, ma chi è questo figone?
Mi tese la mano e l’afferrai subito, forse troppo in fretta (non volevo sembrare una sgualdrina/gatta morta al primo figone che mi si parava davanti!)
-Piacere, sono Liam.-mi fece l’occhiolino. Oh, merda. Cari ormoni, smettetela, vi prego, ho una certa dignità. All’improvviso spuntò un altro ragazzo, molto diverso da Liam. Era biondo, con gli occhi azzurri, ed aveva un sorriso abbacinante. Mio dio, Jad, ma conosci tutti i figoni del pianeta, o è una mia impressione? Mah, mi fa piacere, fratellino.
Lui però sembrava alquanto scocciato.
-Loro sono i miei amici. Niall è irlandese, ed è il mio nuovo compagno di stanza, mentre Liam lo è stato fino allo scorso anno…-non prestai minimamente attenzione alle sue parole, persa nei sorrisi di quei due ragazzi stupefacenti.
-Andiamo a pranzo?-fece Niall ed io mi ritrovai ad annuire come una deficiente.
-Per di qua.-disse mio fratello, con aria scocciata. Gli dava fastidio che familiarizzassi troppo con i suoi amici? Oh, che meraviglia. Non potevo chiedere di meglio.
-Arrivo, Jad.-era strano, quel soprannome. Solo io lo chiamano così. In teoria ‘Jad’ non era nemmeno una parola. Era solo una sillaba, l’unica che riuscissi a pronunciare quando avevo si e no due anni. Aveva un nome troppo difficile, per la miseria. Così, da ormai tutta la mia vita, lo chiamavo Jad. Era come un alter ego per lui. In fondo non l’odiavo. In fondo era sempre e comunque mio fratello, in fondo…
-Christa, smettila di sbavare, torna tra noi! Il mondo è qui. Occhio, altrimenti inciampi, non guardare il culo a quello lì, non ti avvicinare a quello là, non accettare caramelle gommose da quell’altro lì, non…-aspetta, rimangio tutto. Jad è un pezzo di merda, caso chiuso.
-Ehi! Per di qua!-disse Liam a mio fratello, che era rimasto indietro. Si era fermato a salutare un mucchio di persone sorridenti. Sentii una fitta di bruciante invidia. Jad frequentava i ‘tipi giusti’, per così dire. Quelli con cui io non avevo mai avuto a che fare nella mia vita ( e con cui intendevo non parlare più dello stretto necessario, sia chiaro) e che qualunque altra ragazza della mia età avrebbe considerato una chiave per il successo (io non sono un’arrivista arrampicatrice sociale, per mia fortuna). La cosa che mi urtava i nervi, quindi, non erano i suoi amici in sé e per sé, ma il semplice fatto che perfino in quel caso, mio fratello era migliore di me.
Misi la mano in tasca e strinsi la patente. Jad l’auto non l’aveva. (Okay, in teoria al momento non l’avevo nemmeno io, ma almeno i miei me l’avevano promessa)
Con quella magra consolazione, mi sedetti attorno al piccolo tavolo che gli amici di mio fratello avevano occupato. Sentivo gli sguardi di tutti addosso. Soprattutto quelli delle ragazze del primo e del secondo anno. Tipo le barbie della mia città, Shandi e Mandi, che in due racimolavano a stento mezzo cervello. Mandi era un anno avanti a me, capelli biondi, lunghi e lisci, occhi azzurri, sorriso smagliante. Shandi aveva la mia età, ed era la versione con gli occhi verdi di Mandi. A guardarle sembravano gemelle, ma non erano nemmeno parenti. Frequentavano solo lo stesso corso di danza classica al quale la mamma aveva sempre desiderato che partecipassi. Temo desiderasse diventassi la versione olivastra di Mandi-e-Shandi. Roba da brivido.
Un ragazzo fischiò al mio passaggio, e mio fratello, non fosse stato per Fig-Liam e Fig-Niall gli avrebbe fatto saltare tutti i denti. Capite? Con un fratello così sarebbe stato a dir poco impossibile uscire con un ragazzo (forse perfino più difficile che trovarlo).A dir poco. Mandai gli occhi al cielo.
Al tavolo ci aspettava già una ragazza, con i capelli rossi e gli occhi scuri. Era davvero molto graziosa, ed aveva il viso cosparso di lentiggini. Sembrava…simpatica. Le ultime parole famose.
-ZAYN!-trillò-Oh, orsacchiotto…-sotto il mio sguardo orripilato (orripilato è limitativo, in realtà)ficcò la lingua in gola a Jad. Bene.

*
Spazio autrice (lalala)
Eccomii!
E' passato parecchio, lo so, ma sono stata davvero
occupatissima, e poi volevo che fosse assolutamente 
perfetto <3
Suppongo vi foste fatti un idea di chi era il fratellino di
Christa...ahaha il caro vecchio Zayn!!
Detesto le cose banali, perciò dato che tutti fanno FF sulle sorelle di
Lou o di Liam, io ho deciso di variare (?) 
ahahah  lo ammetto, Christa mi fa scompisciare!
Cosa ne pensate? voglio commenti su tutto!
Cosa vorreste che succedesse?
C:
'The rest is still unwritten'
Len.

  
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