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Autore: alysandstephanie    21/07/2012    0 recensioni
con le sue esili mani imbrattate di fango cercava di coprirsi il viso dalle appuntite pietre che avrebbero potuto sfiorarla. Inciampò.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I lacci che lo legavano alla sedia erano abbastanza stretti da non farlo scappare. Ogni volta che provava a muoversi sentiva delle fitte alle caviglie e ai polsi, ormai violacei a causa del sangue che non scorreva liberamente. Come se non bastasse una ferita al polpaccio destro gli creava un dolore lacerante che per poco non lo fece gridare. Gli unici ricordi che gli erano rimasti di quella sera erano d'esser stato spinto in una macchina da un uomo alquanto alto e muscoloso che, dopo averlo legato e imbavagliato, aveva fatto partire l'auto portando il povero Pierre in un luogo a lui sconosciuto. 
Una volta arrivati, ricordò Pierre, di esser stato portato come un sacco fino ad una cella e poi buttatovici dentro affianco ad un Pitbull tutt'altro che di docile aspetto. Il cane non creò alcun problema all'uomo, più che altro abbaiò quando si accorse che cercasse di scappare. Ricordò che un altro uomo fosse entrato nella cella e che lo avesse legato alla sedia. Poi, dopo vari nodi ai lacci, aveva preso una siringa e, senza il minimo ritegno, aveva perforato la pelle del braccio di Pierre con l'ago. Tutto da quel punto era sfocato, Pierre non ricordava più le immagini e le scene che susseguirono. Ricordò solo di essersi addormentato.
“Pierre Rousseau” disse una voce nell'oscurità facendo riprendere Pierre dai suoi pensieri. Cercò di parlare, ma aveva la bocca fasciata da una benda che copriva, a sua volta, uno strato di scotch grigio. “Primo dipartimento del P.T.A.” continuò ancora avvolto nel buio la voce. Dal timbro Pierre poté constatare essere quella di un uomo, sulla cinquantina forse. “Non avete ancora capito che ci siete solo d'intralcio” aggiunse comparendo dal buio sotto la flebile luce che la lampadina, mezza fulminata del piccolo lampadario, creava. “Noi... a dirla tutta il mondo intero, non ha bisogno di voi” l'uomo si avvicinò a Pierre con fare minaccioso. Aveva capelli corti e brizzolati, un po' sul nero e un po' sul grigio. Delle rughe profonde solcavano la sua fronte mentre i suoi occhi neri come la pece si inoltravano, quasi violentemente, in quelli azzurri del povero Pierre. Lo guardò fisso per alcuni secondi prima di prendere la benda e buttarla ad un lato della cella maleodorante. Con uno scatto violento liberò Pierre anche dello strato di scotch, provocandogli, però, un leggero gemito soffocato. 
“Chi è lei?” chiese duro Pierre cercando di non far trapelare alcuna emozione. “Se te lo dicessi, dovrei ucciderti poi” disse l'uomo sogghignando dandogli del tu. Nonostante fosse il suo rapitore, Pierre non avrebbe mai dato, ad un uomo adulto, del tu. “Mi dispiace deluderla, ma copiare le battute dei film non fa bene alla sua immagine signor...” “Ivanov” disse l'uomo. “Cognome Russo” constatò Pierre continuando a guardare l'uomo con fare beffardo. Questo voleva dire che i Russi avevano iniziato ad attaccare, non era un bene. Ivanov non parlò, continuò a fissare un punto indefinito al di là della spalla del signor Rousseau. “Dove mi trovo?” chiese Pierre mentre l'uomo prendeva una sedia e si sedeva davanti a lui. “Ancora in Francia, ma ben presto la trasferiremo” disse. “Dove?” replicò Pierre “Lei, signor Rousseau, vuole sapere troppe cose per i miei gusti” aggiunse con un ghigno divertito in viso. La paura negli occhi di Pierre, anche se non voleva farla vedere, si notava molto. 
“Perché mi avete rapito?” chiese Pierre interrompendo il silenzio inquietante creatosi poco prima. “Ricorda la sua ultima missione signor Rousseau?” chiese l'uomo. Pierre sembrò pensarci su:

“Pierre, deve andare in missione” disse un uomo davanti a lui in una stanza della base segreta del 'P.T.A.'. “Dove devo andare, signore?” chiese Pierre rispettosamente mettendosi difronte la scrivania dove vi era seduto l'uomo. Quell'uomo era il capo del 'P.T.A.' in persona e stava assegnando un lavoro al suo agente migliore. “Lei sa la leggenda islamica dei quattro tesori magici?” chiese e Pierre fece no con la testa accomodandosi ad una delle poltroncine all'altro capo della scrivania. L'uomo iniziò a raccontare “Si narra che quattro devoti dervisci, ovvero i discepoli di alcune confraternite islamiche, si incontrarono un giorno e decisero di andare per mari e per monti alla ricerca di oggetti che avrebbero permesso loro di aiutare l'umanità. Dopo varie ricerche si rincontrarono dopo trent'anni, ognuno con un oggetto magico. Il primo aveva riportato un bastone magico dall'Estremo Nord. Chiunque lo avesse cavalcato poteva istantaneamente raggiungere la sua destinazione. Il secondo aveva riportato un cappuccio magico dall'Estremo Occidente. Chiunque lo avesse calzato poteva immediatamente assumere le sembianze di qualunque essere vivente. Il terzo aveva trovato uno specchio magico nel corso dei suoi viaggi e delle sue ricerche in Estremo Oriente. Vi si poteva scorgere qualsiasi punto del mondo... ricorda Pierre, questi oggetti?” domandò l'uomo e Pierre fece di 'si' con la testa. “Il primo oggetto, il bastone, è custodito nella cassaforte del pta. Gli altri due mi aveva accennato il luogo in cui erano nascosti. ” disse e questa volta fu l'uomo ad annuire. “Ma lei ha detto che sono quattro tesori e ne ha appena elencati tre” aggiunse. Il capo fece un respiro profondo e continuò. “ Il quarto derviscio, che aveva percorso l'Estremo Sud, aveva riportato una coppa magica che guariva tutte le malattie. Pierre se quella coppa finisce in mani sbagliate l'umanità ne risentirebbe”.

Pierre annuì con la testa per far capire ad Ivanov che ricordava perfettamente la sua ultima missione. “Quegli oggetti ci servono” disse il russo con fare minaccioso. “Se riusciamo a trovarli potremmo trovare la coppa facilmente e così potremmo guarire Zakhar” disse. Pierre sgranò gli occhi “Zakhar è ancora vivo?” chiese perplesso. Ivanov rise di gusto alla vista dell'espressione spaventata di Pierre. “Rousseau pensavi veramente che...” rise di nuovo senza finire la frase spaventando ancora di più il povero Pierre. Zakhar era una sorta di mostro. L'uomo più spietato e malvagio di tutto l'oriente. Era spesso stato d'intralcio al P.T.A. poiché cercava di prender possesso dei tesori del medio oriente per i suoi scopi malvagi. La prima volta che Zakhar e Pierre si incontrarono, il primo cercò di rubare il bastone dei quattro dervisci. Ma fortunatamente Pierre riuscì a proteggerlo. “Quando di risveglierà invaderemo la P.T.A. e ruberemo tutti i suoi tesori. Poi, a quel punto, il mondo sarà nostro e non avrete più via di scampo” disse ridendo malvagiamente Ivanov. “N-non è possibile” disse Pierre. “Oh si che è possibile, noi conquisteremo l'intero mondo e tutti dovranno accettare il fatto che Zakhar è il migliore” quasi gridò, preso dall'entusiasmo, il russo. “Io... io intendevo dire che non è possibile che voi abbiate la coppa, io non sono riuscito a trovarla” 
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Mathieu si offrì per accompagnare Charlotte a casa. Appena giunti al portone, la rossa ringraziò il giovane e si recò verso la sua camera. Sbagliò direzione due o tre volte, a causa dei troppi pensieri che le vagavano nella mente. Si sedette sul letto a meditare su quel che le stava succedendo, sulle decisioni che avrebbe potuto prendere. Continuava a domandare a se stessa come tutto ciò fosse potuto succedere. 
In questo periodo la sua vita le ricordava tanto la scena di un film e, a dir la verità, avrebbe di gran lunga preferito lo fosse. Dopo qualche ora, per zittire i suoi perenni dubbi, decise di leggere qualche riga del suo libro preferito: “L'Élégance du hérisson”. Spense poi la luce e si addormentò.

Sfiorò il muro, che profumava di legno. Fece un giro della stanza in cerca di una porta, ma non riuscì a trovarla. Non si vedeva molto, tutto sembrava esser coperto da una fitta nebbia. Sentì uno scricchiolio. Cercò di fare silenzio per capire da dove provenisse. Si rese conto di aver calpestato un gessetto. Le ore passavano, l’unica cosa che avrebbe potuto salvarla, sarebbe stata un’uscita. Cominciò ad agitarsi, lanciò un urlo. Stava per cadere nella disperazione, quando un foglietto cadde da una fessura della parete che Charlotte non aveva notato. 
Lo aprì, cercò di leggerlo:

“Questa è una vecchia storia,
per gli uomini che amano la gloria.
Un pirata una canzone cantava,
mentre la sua nave pian piano annegava.
Stava ormai vagando qua e là,
quando una chiave trovò più in là.
Non entrava però nel suo scrigno crudele,
il suo destino non era dolce come il miele.
Un gessetto l’aveva guidato nel suo percorso,
aveva persino sconfitto un orso!
Ma ora è tempo di andare,
se anche tu lo scrigno vorrai trovare.
Maneggia con cura il tuo gessetto,
fino a quando non vedrai un incappucciato ragazzetto.”


Alzò lo sguardo, una luce la travolse.


Si svegliò.





Salve, siamo contente che ancora quattro, o meglio due, gatti seguano la storia. Speriamo di ricevere più recensioni da ora in poi. 
Ci scusiamo, ancora una volta, per il ritardo e cerchiamo di farci perdonare con un capitolo leggermente più lungo del solito.
Ci farebbe piacere leggere qualche vostra critica, positiva o negativa che sia, perché siamo certe che ci sarà utile nel seguito del racconto.
Alla prossima,
Alice e Stefania.
  
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