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Autore: _KyRa_    22/07/2012    10 recensioni
Osservava la sua figura leggermente ondulata su quella superficie cristallina, mentre la sua mente ripercorreva ogni singolo attimo, facendole venire improvvisamente voglia di mandare tutto al Diavolo.
“Stai pensando se farti un bel bagno fresco o dire addio a questo mondo?”
Quell'improvvisa domanda la spaventò. Si voltò nella direzione di quel suono e notò che un ragazzo dal volto già visto sostava di fronte a lei, poggiato con la schiena al muro del ponte. Tra le dita della mano destra teneva una sigaretta a metà, mentre la sinistra era rifugiata nella tasca dei suoi jeans.
La scrutava con ironia, osò pensare con sarcasmo, ed un lieve sorriso sostava sulle sue labbra rosee.
“Il bagno non era fra le mie ipotesi, ma potrei farci un pensierino.”
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Turning points'
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ciao

One
Bravery or cowardice





Cinque mesi prima...





L'aereo sta per prepararsi all'atterraggio, pertanto preghiamo i signori viaggiatori di allacciare le cinture di sicurezza.”

Si era data un'occhiata attorno e non aveva visto null'altro che facce intontite da tutte quelle ore di viaggio.

Non che si aspettasse di incontrare lo Spirito Santo, ma per lo meno aveva sperato di intravedere anche solo un semplice sorriso; ne aveva tanto bisogno.

Con un lieve sospiro, si strinse attorno al ventre la cintura.

Non mancava molto; la sua nuova vita l'attendeva da lì a qualche minuto: era una magra consolazione ma le fece momentaneamente accantonare il macabro pensiero del suicidio. Buttarsi da un aereo in volo poteva essere una buona idea, certo, ma lei era troppo codarda per farlo.

Si sentiva svuotata della sua anima; si sentiva come un pesce fuor d'acqua, come un fiore senza il suo profumo. Sentiva male al cuore. Premendosi una mano sul petto, si rese conto di quanto labile fosse la vita umana. Bastava un niente a stroncarla.

Affondò le unghie nell'imbottitura del sedile, mentre delle goccioline di sudore tracciavano linee irregolari sulla sua tempia.

Se solo avesse potuto cambiare l'andamento di quegli avvenimenti così inaspettati e sbagliati, sarebbe stato tutto molto più semplice e meno doloroso da affrontare. E ce l'aveva a morte col destino, il quale aveva deciso di farle del male, di complicarle la vita.

Finalmente sentì la terra sotto i piedi e poté dare un'occhiata, attraverso l'oblò, al paesaggio notturno di Amburgo. Quella era la sua nuova casa, un luogo che non le avrebbe mai permesso di dimenticare, ma per lo meno si sarebbe trovata abbastanza lontana dalla sua città, dall'altra parte del mondo, che le faceva rivivere solo brutti momenti.

Entrò in aeroporto con il suo piccolo borsone contenente il minimo indispensabile in fatto di vestiario. Ricordava di non aver nemmeno controllato cosa vi avesse buttato all'interno, ma ciò non le importava più di tanto. Ora voleva solo fumarsi una sigaretta e trovare un albergo dove riposare.

Quando poté respirare l'aria tedesca serale, prese a frugare nella tasca della sua giacca in pelle nera, alla ricerca del pacchetto di sigarette. Non appena lo trovò, ne tirò subito fuori una, impaziente di sentirsi inebriare da un po' di sana nicotina, che di sano non aveva decisamente nulla. In quel momento non poteva chiedere altro per estraniarsi almeno per un attimo.

Si incamminò, con il borsone sorretto dalla mano libera. Nonostante la strada fosse illuminata semplicemente dai lampioni, il buio predominava, tanto da farla sentire un po' più calma, per quanto fosse possibile.

Avvistò a qualche passo da lei un ponte che sovrastava un piccolo torrente dalle acque ferme e tranquille. Proprio come avrebbe voluto essere lei. Vi si avvicinò, fino a quando non si sedette sulla sponda, ricoperta di erbetta umida e pungente. Il borsone se lo poggiò al fianco e, osservando il vuoto attorno a lei, continuò a fumare, sovrappensiero.

Le immagini della notte precedente sfrecciavano come razzi davanti ai suoi occhi, mozzandole il respiro.

Non poteva essere accaduto realmente; era stato solamente un brutto sogno che avrebbe trovato una fine da lì a qualche attimo. Più ci pensava e più non riusciva a capacitarsene.

Si alzò, dopo aver buttato la sigaretta ormai consunta in acqua, e si avvicinò al fiume, scrutandolo pensierosa. Osservava la sua figura leggermente ondulata su quella superficie cristallina, mentre la sua mente ripercorreva ogni singolo attimo, facendole venire improvvisamente voglia di mandare tutto al Diavolo.

Stai pensando se farti un bel bagno fresco o dire addio a questo mondo?”

Quell'improvvisa domanda la spaventò. Si voltò nella direzione di quel suono e notò che un ragazzo dal volto già visto sostava di fronte a lei, poggiato con la schiena al muro del ponte. Tra le dita della mano destra teneva una sigaretta a metà, mentre la sinistra era rifugiata nella tasca dei suoi jeans.

La scrutava con ironia, osò pensare con sarcasmo, ed un lieve sorriso sostava sulle sue labbra rosee.

Il bagno non era fra le mie ipotesi, ma potrei farci un pensierino.” rispose, con lieve diffidenza nel tono.

Da dove sbucava quel ragazzo? E soprattutto, cosa voleva da lei?

Non so se ti conviene; la Germania è famosa soprattutto per il suo clima gelido.” continuò con semplicità quello strano tipo, per poi aspirare un altro po' di nicotina. Lei lo scrutò ancora per qualche attimo, dubbiosa. Non aveva decisamente voglia di farsi prendere in giro.

Chi sei?” gli domandò quindi, senza abbandonare quell'espressione diffidente.

Tom, e tu?” A quell'affermazione sentì come un pugnale conficcarsi nella sua schiena. Aveva stretto le dita in due pugni e la mandibola sembrava volesse formare un tutt'uno con la mascella, mentre un gran magone le impediva di respirare. Doveva esserci un errore; quello era uno scherzo progettato da un destino alquanto crudele. “Qualche problema?” le domandò nuovamente il ragazzo, dopo aver gettato la sigaretta a terra, posandoci poi un piede sopra.

Tanti, rispose una vocetta nel suo cervello, ma le sue labbra non si mossero secondo il suo volere.

No, nessuno.” tagliò corto, voltandosi quindi nella direzione opposta alla sua, dove il fiume scorreva lento e silenzioso.

Beh, non mi hai risposto.”

Quella voce stava diventando particolarmente fastidiosa.

Perché ti interessa saperlo?” domandò Ingie, voltandosi di nuovo nella sua direzione, sull'attenti. I ragazzi invadenti non le erano mai piaciuti.

Perché a te è interessato sapere il mio?” sorrise lui, come stesse spiegando un semplice problema di matematica. Presa in castagna, non poté più tergiversare.

Ingie.” lo accontentò quindi, per poi dargli nuovamente le spalle e sedersi per la seconda volta sull'erba.

Sei sempre così acida, Ingie?” le si avvicinò il ragazzo, particolarmente interessato a scrutarla nella sua interezza.

Odiava anche essere scrutata.

Senti, non sono dell'umore.” sbuffò la mora, facendo ben attenzione a non incrociare quello sguardo così detestabilmente indagatore. “Evapora.” aggiunse, come non fosse stata abbastanza chiara l'antifona. Eppure, quel ragazzo tanto curioso quanto irritante sembrava volesse a tutti i costi darle noia.

Hai uno strano accento. Sei americana?” si informò, ignorando spudoratamente la sua provocazione.

Exactly.

Di dove?”

New York.”

E da una città così bella, sei venuta fin qui?”

Ho i miei buoni motivi.” Si fermò qualche istante ad osservarlo in viso. Quella sensazione di averlo già visto da qualche parte continuava a trapanarle il cervello, così decise di togliersi quel madornale dubbio, poiché da sola non sarebbe giunta molto lontano. “Tu non mi sei nuovo, pigtail.”

Pigtail?

Equivalente di treccina.”

Carino. Comunque forse mi hai visto suonare la chitarra in una band famosa. Mai sentito parlare dei Tokio Hotel?”

Oh, ora ricordava dove l'aveva visto. Era quel ragazzo tremendamente pomposo, famoso per le sue scappatelle, che si divertiva a far morire di crepacuore donzellette adoranti con un semplice sorriso o un assolo con la chitarra elettrica in uno dei suoi chiassosi concerti. A volte il mondo femminile, nonostante ne facesse parte, le incuteva timore.

Ne ho sentito parlare.” lo accontentò, senza esternare troppo interesse. “E allora che ci fa una famosa rockstar, causa di tanti infarti, in giro per Amburgo, senza il fidato armadio a cinque ante al fianco?”

A quest'ora non mi vede nessuno. Inoltre capita anche a me ogni tanto di estraniarmi dalla solita routine.”

Lamento di un giovane ribelle, prigioniero della fama?”

Una sottospecie.”

Era incredibile come gente che possedeva ogni cosa riuscisse comunque a scovare un lato sdrucciolevole della sua vita perfetta. Ingie lo aveva sempre considerato come un atto di puro egoismo, un capriccio da rockstar viziata, vittima della noia e del troppo avere.

Non ne avete mai abbastanza.” commentò, scrutando distrattamente l'acqua riflettente la luce lunare.

Di cosa?” domandò Tom, confuso.

Di possedere. Volete, volete e quando avete vi sentite ancora vuoti. Siete troppo abituati ad ottenere tutto e subito per ricordarvi che la gente comune si suda ciò che vuole.”

Probabilmente il ragazzo si stava domandando cosa diavolo quella strana tizia avesse mangiato per cena o chi fosse il suo analista.

Perché mi dici questo?” chiese infatti.

Così; mi sento sufficientemente triste ed avvilita per inoltrarmi in discorsi filosofici.”

Ed il motivo di tanto avvilimento?”

Di certo non lo vengo a dire a te.”

Tu però me l'hai fatta, la ramanzina, senza nemmeno conoscermi. Ad esempio, sei sul serio convinta che io sia uguale a tutti gli altri personaggi famosi, come dici tu, viziati?”

Non siete molto differenti l'uno dall'altro.”

È qui che ti sbagli, dolcezza.”

Evita diminutivi con fine recondito, Kaulitz.

Come parli complicato.”

Per un ragazzo dal quoziente intellettivo limitato come il tuo, è capibile.”

Senti, da quanto non fai sesso?” Istantaneamente, la mano esile di Ingie planò decisa sulla guancia ispida del ragazzo, rimasto interdetto. “Ma sei una strega!” esclamò dolorante, le mani premute sul viso arrossato. Mai una ragazza si era permessa di tirargli uno schiaffo, prima di allora.

Così impari a farti gli affari tuoi!” si difese con tenacia la mora, la rabbia che cresceva sempre più. Non era un bel momento per lei e dover sopportare ulteriori stupidaggini da parte di un ragazzino immaturo era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.

Scusami tanto se ho fatto una semplice domanda!”

Indelicata e di cattivo gusto, oserei dire!”

Voi ragazze ed il vostro nauseante senso del pudore...”

Senti, ma che vuoi da me? Perché non te ne vai altrove ad inquietare l'animo di un'altra povera vittima?”

Perché ammetto di trovare questa situazione alquanto interessante.”

Io invece comincio ad averne abbastanza, quindi sloggia.” Tom, in risposta, ignorò spudoratamente il suo invito e si sedette sull'erba, affianco a lei. Ingie gli scoccò un'occhiata tutt'altro che amichevole. “Non ti avevo detto di levare le tende?” domandò, con fare scocciato.

Mi è venuta voglia di un'altra sigaretta.” rispose il chitarrista, con un sorriso sornione in volto.

Ingie aveva da sempre detestato i tipi sfacciati ed insolenti, e se già la pazienza non poteva essere annoverata fra le sue doti, quella sera non era nemmeno intenzionata a provare ad averne. La sua testa era tormentata da altri pensieri, molto dolorosi, ed una spina nel fianco come quella seduta accanto a lei non rappresentava l'esatto prototipo di antistress.

Lo osservò qualche istante con la coda dell'occhio, mentre era intento ad accendersi la seconda sigaretta.

Il suo viso godeva di lineamenti dolci e delicati. La sua pelle era più curata rispetto a quella di un normale ragazzo della sua età e la sua abbronzatura era lieve ma del tutto naturale. Il naso dritto si affacciava su un paio di labbra carnose e seducenti, forate a sinistra da due anellini metallici.

Doveva ammetterlo: raramente un ragazzo così attraente – quanto irritante – aveva incrociato il suo cammino.

Decise di tornare a concentrarsi con lo sguardo sull'acqua limpida che scorreva a pochi passi da lei, stringendosi le ginocchia al petto con le braccia, come a volersi proteggere dalla brezza notturna, nonostante non fosse quello il suo vero problema.

A dire il vero, aveva il bisogno di proteggersi da altri avvenimenti molto più grandi di lei, tanto da sfuggire al controllo. Ma ormai, la sua intera vita stava sfuggendo al suo controllo.

Sei una tipa stana.” esordì improvvisamente Tom, senza guardarla, intento ad aspirare nuove quantità di fumo.

Non sei il primo che me lo dice.” rispose lei, quasi senza pensarci.

Tom si voltò nella sua direzione e strinse appena le palpebre, provando ad interpretare ciò che l'inchiostro nero era andato a marchiare sulla pelle del collo di Ingie.

Due lettere. Due lettere perfettamente identiche, intrecciate tra loro, a qualche millimetro al di sotto dell'orecchio sinistro della mora.

Per che cosa stanno le due acca?” gli venne spontaneo chiederle.

Ingie si sentiva sempre più violata, tanto che le mani cominciarono a pruderle.

Non siamo così in confidenza, per rivelazioni simili.”

Mi hai tirato uno schiaffo da Guinnes, direi che di confidenza te ne sei presa abbastanza.”

Quello te lo sei meritato, a prescindere dal grado di confidenza!” Tom si limitò a sorridere appena, come soddisfatto da tale reazione. Se c'era una cosa di cui andava terribilmente ghiotto era la provocazione; adorava indisporre chi gli si presentava di fronte, lo trovava assai divertente. “Smettila di fissarmi, mi urta il sistema nervoso.” aggiunse la ragazza con risolutezza. Il chitarrista, invece, non poté fare a meno di sbuffare contrariato.

Mio Dio, quante cose ti urtano.”

Ma quella strana – se non assurda – conversazione venne interrotta dallo squillo sonoro del cellulare di Ingie.

Quest'ultima, come violentemente scossa e riportata nel mondo reale, si affrettò a recuperarlo, con una strana vertigine di paura allo stomaco. Non appena lesse il nome Luke sullo schermo, chiuse gli occhi addolorata e così anche la telefonata, ancora prima di rispondere.

Doveva uscire dalla sua vita, così come l'aveva fatto con i suoi genitori e tutto il mondo che la circondava a New York.

Scappi da qualcuno.” constatò a quel punto il ragazzo accanto a lei.

Non che questo debba interessarti.” ribatté scocciata la mora, mentre riponeva il cellulare in tasca. Un brivido di fastidio le percorse la colonna vertebrale, nel sentire la lieve risata da parte del chitarrista.

D'accordo.” la accontentò, tornando ad osservare il fiume davanti a sé, mentre la sigaretta si consumava lenta tra le sue dita. Sì, stava scappando per l'ennesima volta, come una codarda. Ma non aveva intenzione di tornare indietro. Avrebbe cambiato vita, avrebbe fatto nuove conoscenze, avrebbe dimenticato il passato, benché non fosse per niente facile. “Bene, direi che è giunta l'ora di andarmene, per la tua felicità.” annunciò all'improvviso il ragazzo, mentre schiacciava sull'erba la sigaretta consunta.

Sia ringraziato il Signore, esclamò la mente di Ingie.

Buon ritorno al paese dei Vip.” rispose ironica, senza guardarlo.

Grazie. È stato un piacere conoscerti, per quanto tu sia stramba.”

Ciao, ciao, pigtail.”

Poté nuovamente udire la sua risatina divertita, per poi osservarlo allontanarsi da lei con un'andatura apparentemente barcollante.

Se lei era stramba, lui non era decisamente da meno.

Lo scrutò ancora qualche istante, fino a che non sparì dalla sua vista, permettendole di tornare a concentrarsi quindi sul fiume, davanti a sé. L'acqua era cristallina e quasi provò un indecente senso di invidia nei suoi confronti, poiché invece lei navigava nel buio, nella melma, ormai da giorni. Avrebbe potuto porre una fine a tutto quanto, se solo l'avesse voluto, o meglio, se solo avesse avuto il coraggio. Ma, ovviamente, mancava di quest'ultimo.

Un tuono in lontananza, la fece sobbalzare appena. Sollevò lo sguardo verso il cielo ormai buio e notò che delle enormi nuvole si erano addensate sopra la sua testa, segno che da lì a poco avrebbe preso a diluviare.

La solita fortuna.

Con un gran sospiro, si sollevò dall'erba divenuta gelida ed afferrò la valigia, la quale aveva sostato affianco a lei per tutto il tempo. Non sapeva dove andare, ma un posto per la notte, con un po' di buona volontà, l'avrebbe trovato. Si avviò lungo la strada asfaltata che, piano piano, aveva cominciato ad inumidirsi con qualche piccola goccia di pioggia e fece saettare gli occhi da una parte all'altra di quella via, alla ricerca di un hotel. Le goccioline aumentavano sempre di più, accumulandosi fastidiosamente sulle sue ciglia e rendendo così la sua vista più appannata, mentre i suoi capelli cominciavano a gonfiarsi appena.

Odiava la pioggia. Così come il vento e la nebbia. Odiava tutto ciò che non le permetteva di osservare il mondo in modo chiaro e nitido. Odiava tutto ciò che le nascondeva i dettagli più rilevanti. Odiava tutto ciò che la confondeva.

Improvvisamente, un'enorme scritta lampeggiante catturò la sua attenzione. Finalmente era giunta in prossimità di un albergo, dove avrebbe alloggiato almeno fino a quando non avrebbe trovato una sistemazione stabile, cosa che, più passavano i minuti, più si rendeva conto fosse alquanto complicata.

Tirò a sé la valigia e si affrettò a varcarne la soglia. Il tepore che la travolse al suo interno fu quasi destabilizzante, ma le pervase piacevolmente i sensi. Senza dubbio, il clima mutava radicalmente, se paragonato a quello di New York, nonostante anche lì, alle volte, si percepisse un freddo pungente. Ma la Germania era tutta un'altra questione.

Salve.” si avvicinò al bancone, dietro al quale sedeva una donna di mezza età, intenta a scribacchiare qualcosa di ignoto sul computer portatile. “Avrei bisogno di una camera, se ce ne sono di disponibili.” spiegò, non appena la segretaria poggiò il proprio sguardo sulla sua figura umida e semi-disperata.

Certo, di singole ne abbiamo ancora.” le sorrise amabilmente, in risposta. “Per quante notti?” le chiese successivamente.

Già, per quante notti, Ingie? Le domandò il proprio cervello, senza trovare risposta. Cosa poteva replicare? D'altronde non sapeva nemmeno lei dove il suo destino l'avrebbe trascinata; non sapeva se sarebbe riuscita a trovare un appartamento tutto suo; non sapeva se quella pazzia che aveva appena compiuto l'avrebbe portata a qualcosa di positivo. Come avrebbe potuto sapere per quante notti alloggiare in quel dannato albergo?

Ehm.” si schiarì appena la gola. “Tre notti.”

Le sarebbero serviti più di tre giorni, ne era certa, ma – avendo dato un rapido sguardo al portafoglio, durante il viaggio in aereo – si era resa conto che i suoi risparmi non le avrebbero permesso di soddisfare tutti i suoi bisogni.

Mi da la sua carta di identità, per favore?” le chiese nuovamente la segretaria, mentre controllava sulla scheda che teneva sulla scrivania quali camere fossero disponibili.

Ecco a lei.” disse Ingie, porgendole il documento, il quale venne controllato con attenzione.

Questa è la chiave. Buon pernottamento.”

Ingie afferrò la chiave e si diresse con la valigia verso l'ascensore.

Un brutto presentimento la scosse all'improvviso: nella fretta di raggiungere quella sistemazione momentanea, non aveva fatto caso al suo valore. Guardandosi attorno, aveva notato un certo lusso, una certa rappresentanza, in ogni minimo angolo dell'hotel, dettaglio che le fece sospettare fosse un qualcosa al di là dei suoi standard. Non avrebbe potuto permettersi una cifra tremendamente salata, ma non poteva fare altrimenti. Non poteva ugualmente correre per strada, nel bel mezzo della notte, con un temporale in corso, alla ricerca di un Bed & Breakfast decisamente più economico.

Non appena giunse al piano desiderato, prese ad osservare il corridoio, lungo il cui pavimento era stata adagiata una moquette rossa, un po' troppo... Nobiliare, per i suoi gusti. Finalmente trovò la sua stanza e, dopo un giro di chiave, vi fece il proprio ingresso. Accese la luce e la scrutò nella sua interezza: era tremendamente spaziosa, pulita e ben arredata. Se in un altro momento il tutto fosse stato di suo gradimento, in quel preciso istante non riuscì a tenerne conto come di una cosa positiva. Più le agevolazioni erano numerose, più il suo portafoglio si sarebbe alleggerito.

Si ritrovò a maledirsi mentalmente per la fretta che aveva avuto nel prenotare quella camera, senza prima soffermarsi sui costi.

Con un lieve sospiro, chiuse la porta e poggiò la valigia in un angolo.

D'altronde non poté non gradire tale perfezione; forse era stata la prima cosa ben fatta nel corso degli ultimi giorni e, per quanto precaria fosse tale consolazione, decise di accontentarsi e cercare di non pensare a nulla.

Si gettò a peso morto sul letto singolo e chiuse gli occhi: avrebbe trascorso un'altra nottata in bianco, ne era certa.





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Note finali

Vi lascio questo capitolo prima di partire, spero vi piaccia! Grazie, oltre ai recensori cui ho risposto, anche alle persone che hanno aggiunto già questa storia fra seguite e preferite. Non siate timidi! (: Torno la settimana prossima, spero di trovare tanti commentini (: Un bacione!


Kyra

  
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