Anime & Manga > Vampire Knight
Ricorda la storia  |       
Autore: Carlos Olivera    22/07/2012    8 recensioni
"Mi chiamo Eric Flyer.
Sono nato il dodici gennaio 1945 a Tokyo, in Giappone.
Io odio i vampiri.
Perché li odio? Perché sono dei mostri. Si ritengono un gradino al di sopra della catena evolutiva, ma per come la vedo io sono solo un vicolo ceco dell’evoluzione che prima sparirà, e meglio sarà per tutti.
Ma non è solo per questo.
Io odio i vampiri perché… anch’io sono come loro. Sono anch’io una creatura della notte."
Il cacciatore di vampiri Eric Flyer, vamprio egli stesso, arriva in Europa per indagare su alcuni efferati omicidi che convolgerebbero altri suoi simili.
Ma la verità è molto più complessa e spaventosa, e legata ad un'antica leggenda dimenticata: quella del leggendario vampiro Valopingius.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaien Cross, Kaname Kuran, Nuovo Personaggio, Seiren
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PROLOGO

 

Mi chiamo Eric Flyer.

Sono nato il dodici gennaio 1945 a Tokyo, in un paese distrutto dalla guerra. Come lo era il mio del resto.

Mia madre era italiana, figlia di una nobilissima famiglia, il cui unico errore fu quello di innamorarsi della persona sbagliata.

Non ho mai conosciuto mio padre.

Era un ufficiale dell’esercito americano, un giovane come tanti, giunto in Italia per combattere i crucchi, onorare l’America, e forse anche alla ricerca di qualche bella italiana da castigare a dovere.

Si chiamava Theodor Flyer; ho preso da lui il mio cognome.

Mi hanno sempre detto che mio padre fosse sinceramente innamorato di mia madre, e io voglio crederci. Ad ogni modo, quando era impegnato sulle colline di Montecassino, una pallottola vagante gli passò il cranio da una parte all’altra proprio un attimo prima che lui e i suoi prendessero ad esultare per la vittoria.

Nel frattempo però lui e mia madre Serena avevano già avuto modo di conoscersi… intimamente.

Il guaio è che mia madre non era un essere umano.

Mia madre era un vampiro.

E per nostra disgrazia, suo padre era Augusto Lorenzi da Cassino, il bigottismo e l’ipocrisia della spocchiosa e arrogante nobiltà vampirica incarnati.

Mia madre dovette scappare dall’Italia con un esercito di assassini alle costole e riparò in Giappone, dove stava un suo amico, tale Hiroki. Ora è lui che cerca di fare la parte del padre nei miei confronti, ma della cosa non è che mi importi più di tanto.

Io odio i vampiri.

Perché li odio? Perché sono dei mostri. Si ritengono un gradino al di sopra della catena evolutiva, ma per come la vedo io sono solo un vicolo ceco dell’evoluzione che prima sparirà, e meglio sarà per tutti.

Ma non è solo per questo.

Io odio i vampiri perché… perché anch’io sono come loro. Sono anch’io una creatura della notte, anche se i geni di mio padre mi rendono più umano dei miei simili.

All’età umana di tredici anni fui rimandato in Italia per ordine di mio nonno in cambio della salvezza per me e per mia madre, a sedici scoprii la verità sul conto di mio padre.

Quando avevo diciassette anni quel sant’uomo di mio nonno si fece pizzicare a cercare di mettere sottosopra gli equilibri di potere dei vampiri di tutta Europa, ovviamente a suo vantaggio e anche se è riuscito a fuggire il buon nome della nostra famiglia andò in pezzi come un cristallo.

Come le acque si furono calmate, il consiglio dei nobili mi rispedì in Giappone, dove mia madre intanto si era rifatta una vita. Ma non ci rimasi a lungo.

Ormai avevo deciso quale sarebbe stata la mia vita, e andai a bussare alla porta della locale associazione dei Cacciatori.

Non avevo certo in mente di scatenare una guerra, ma più miei simili avrei ammazzato più mi sarei sentito sereno; avevo accumulato tanta di quella rabbia dentro di me, che quello mi parve l’unico modo in cui poterla sfogare.

Quei tipi fecero i salti di gioia nel vedermi; un vampiro che li aiutava a cacciare altri vampiri. La maggior parte furono estasiati dall’idea, altri un pochino meno.

Ora sono un apprendista. Viaggio da una parte all’altra del mondo in lungo e in largo, facendo saltare la testa ad ogni succhiasangue bastardo impazzito di Livello E mi si pari davanti.

Sono parecchi anni che non vedo mia madre o il mio patrigno, ma nell’ultimo breve periodo che abbiamo trascorso assieme i nostri rapporti non sono stati particolarmente sereni.

Ho sentito dire che da qualche tempo è tornata in Italia; a quanto pare i Livello A hanno deciso di perdonare i Lorenzi, e hanno affidato a lei l’incarico di ricostruire la famiglia.

Quanto a me, in questo momento mi trovo a San Pietroburgo. Ultimamente sta succedendo qualcosa di strano nel nord Europa, e l’associazione ha mandato me e alcuni altri quaggiù a dare un’occhiata.

A quell’epoca però, non avevo la benché minima idea di quello che sarebbe successo in quei giorni.

 

Era come un incubo, un incubo terrificante dal quale si sarebbe tanto voluta svegliare.

Quegli esseri erano piombati dal nulla nella tranquillità della sua casa, facendo strage della sua famiglia, e lei, che in quel momento era uscita un momento per andare in cantina, era fuggita terrorizzata per le strade della città, praticamente deserte a quell’ora della sera e con un tempaccio simile, dopo aver visto da una finestra i suoi genitori e il suo fratellino venire sbranati come animali.

Non sapeva se quei mostri si fossero accorti o meno di lei, ma in ogni caso confidava nel favore del buio e nel fragore della tormenta di neve per riuscire a far perdere le sue tracce.

Dove andare o cosa fare non erano cose delle quali si preoccupava: voleva solo fuggire, fuggire lontano, ma per quanti passi mettesse tra sé e ciò che aveva visto quelle immagini terrificanti intasavano la sua mente.

Di tanto in tanto gridava aiuto, usando quel po’ di fiato che la corsa le lasciava, ma la sua voce veniva completamente oscurata dal fischiare del vento, e in ogni caso nessuno avrebbe osato aprire le serrande con una tempesta di tale forza ad imperversare sui tetti della città.

Le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi, ghiacciando quasi istantaneamente a causa del freddo pungente; erano lacrime di disperazione, ma anche un sintomo della follia nella quale scene tanto orribili l’avevano fatta sprofondare.

L’ultimo frammento di lucidità che le rimaneva continuava a ripeterle di scappare, scappare senza guardarsi alle spalle, nella speranza di essere il più lontana possibile quando quei lupi rabbiosi si fossero messi alla sua ricerca.

Il freddo era insopportabile, soffiava un forte vento gelido e i fiocchi di neve erano come un nugolo di punte di metallo che le trafiggevano il viso, la sola parte scoperta del suo corpo.

Più passava il tempo più correre si faceva difficile, a causa della neve alta, che rendeva le strade scivolose, e della fatica, fino a che la sua fuga non si trasformò in una procedere lento e disperato; alla fine, però, anche la forza della disperazione, la sola cosa in grado di farla andare avanti, cominciò a venire meno, sopraffatta da forze più grandi di lei, e la piccola Katyusha, dopo aver trovato un ramo sconnesso sulla sua strada, cadde esausta sulla neve.

Avrebbe voluto rialzarsi, riprendere a correre, ma le gambe ormai erano completamente prive di forza, e si immobilizzarono del tutto nel momento in cui la ragazzina sentì quei versi animaleschi avvicinarsi sempre più, accompagnato da rumori come di rapide falcate.

Il respiro le si paralizzò, e i suoi occhi si riempirono di terrore nel momento in cui vide quei quattro mostri sbucare dalle tenebre come i lupi mannari che tante volte aveva visto nei suoi incubi di bambina.

Anche se all’apparenza potevano sembrare umani, in realtà di umano non avevano niente.

Abbigliati come rispettabili gentiluomini della società dabbene, con impermeabili marrone scuro sopra a dei completi neri da ricevimento, avevano una pelle nera e secca, come se si fossero rotolati sui carboni ardenti, mani cadaveriche armate di cinque affilatissimi artigli ricurvi e volti contornati da capelli scuri che parevano quelli di diavoli infernali, con scintillanti occhi rossi e bocche provviste di due file di denti da squali dai quali colava una saliva fangosa che scioglieva la neve come fosse stata acido.

Si spostavano a due o a quattro zampe a grande velocità, potevano correre e arrampicarsi sui muri con agilità assolutamente inumana e ringhiavano come bestie invece di parlare.

Katyusha li vide mentre, avvicinandosi, sembravano già pregustare il loro prossimo pasto, schiumando e sbavando ancor più vistosamente.

Quello più alto, forse il capo, se davvero avevano una qualche struttura sociale, reclamando forse il suo diritto di servirsi per primo, avvicinatosi più degli altri corse fulmineo verso di lei, afferrandola e costringendola a piegare la testa da una parte, in modo da poterle azzannare il collo come avrebbe fatto un vampiro.

La ragazzina pensò che fosse davvero la fine, e gridando chiuse gli occhi, consapevole in sé che ormai non c’era più nulla in grado di salvarla.

Se non che, all’improvviso, l’aria fu riempita del rumore di uno sparo, e subito dopo essere stato trafitto dietro la testa il mostro emise un ruggito assordante prima di trasformarsi in cenere, lasciando dietro di sé solo i propri vestiti.

I suoi compagni, colpiti e infuriati, girarono gli sguardi alle loro spalle, e altrettanto fece Katyusha, che lottando con la paura trovò la forza di aprire gli occhi.

Dal nulla, semi-nascosta dalla tormenta, era comparsa la figura di un giovane uomo che indossava un impermeabile blu lungo fino alle caviglie, aperto sul davanti e furiosamente mosso dal vento.

Doveva avere sedici o diciassette anni, la pelle insolitamente scura, i capelli nero corvino leggermente lunghi e scompigliati dal vento, il corpo robusto e ben costruito, occhi neri che trasudavano determinazione, ma che allo stesso tempo erano lo specchio di un’anima fredda e all’apparenza senza remora alcuna, messa ulteriormente in risalto da quella sua espressione leggermente malevola, ma non per questo minacciosa.

Vedendola, i mostri superstiti si girarono nella sua direzione, ringhiando con maggiore rabbia e bestialità. La donna li guardò con aria di sfida.

«Bestie dall’aspetto umano. Vampiri. Voi che avete perso il vostro raziocinio mutandovi in bestie cacciatrici di sangue, avete perso il vostro diritto di esistere».

Uno di loro, di colpo, gli corse contro a bocca spalancata, usando la sua grande velocità per tentare di saltarle addosso.

Dapprincipio lui non si mosse, non fece neppure una piega, ma un istante prima di essere ghermito evitò elegantemente il balzo del mostro con un leggero spostamento di lato; il suo impermeabile ondeggiò più di prima, rivelando una selva di lunghi paletti di un metallo luccicante, forse argento, assicurati alla cintura dei calzoni, ed il giovane, recuperatone uno, lo conficcò con forza nella schiena del nemico prima ancora che questi tornasse a terra dopo il suo balzo felino.

Quello urlò da spaccare i timpani, per poi divenire a sua volta cenere.

I due superstiti a quel punto parvero spaventarsi a morte, ma per uno di loro non vi fu il tempo di fare alcunché perché l’uomo, con la medesima rapidità e scioltezza di movimento dimostrata un attimo prima, recuperò dall’interno dell’impermeabile una coppia di machete lunghi e scintillanti, la cui lama sembrava quasi arroventata, poiché solo sfiorandola i fiocchi di neve che cadevano dal cielo parevano mutarsi istantaneamente in aria.

«Che siate vampiri decaduti o ex-umani vi spedirò dritti all’inferno!» disse lanciandosi contro di loro e decapitandone uno con un solo, rapidissimo fendente.

A quel punto l’unico rimasto urlò con tutta la sua forza, sprigionando dal suo corpo una specie di muro di vento che sollevando la neve e riuscendo persino a sventrare l’asfalto sottostante investì in pieno il giovane, scagliandolo in aria; lui roteò su sé stesso e ritornò a terra, ma nel frattempo il mostro si era già dileguato, spiccando un salto altissimo che lo aveva portato a sovrastare anche i palazzi più alti.

«Nagisa!» disse il giovane, e un secondo dopo un nuovo sparo riecheggiò tutto intorno, ed il fuggitivo esplose letteralmente, al punto tale che di lui non rimasero neppure gli abiti.

Katyusha assistette all’intera scena con lo stupore e l’incredulità dipinti sul viso, e quando finalmente tutto ebbe fine vide quel giovane avvicinarsi a lei, ma non ne ebbe paura, neppure quando, inginocchiatosi, furono faccia a faccia.

La sua espressione cruda e fredda aveva fatto posto ad una un po’ più gentile, ma pur non sentendo di averne paura la ragazzina non riusciva a trovare la forza per parlare.

In quella, quasi come se quei mostri fossero stati la causa della furia della natura, la tormenta passò, lasciando il posto da una romantica nevicata invernale.

Alla fine, dopo molte esitazioni, Katyusha riuscì a pronunciare un grazie; appena ebbe finito di parlare il giovane le passò una mano davanti al volto, e immediatamente la colse una stanchezza incontrollabile, come se non avesse dormito per giorni, e senza rendersene conto si ritrovò con la testa placidamente appoggiata fra le sue braccia.

«Come… come ti chiami?» domandò prima di addormentarsi «Ti prego… dimmelo…»

«Eric.» rispose lui subito prima che chiudesse gli occhi «Eric Flyer».

Pochi minuti dopo una macchina grigio perla di grossa cilindrata con le insegne del governo russo raggiunse il luogo dello scontro, illuminando il ragazzo e la bambina con i propri fanali, e ne scesero due uomini di corporatura robusta, uno dei quali piuttosto avanti con gli anni.

Il giovane, alzatasi da terra con Katyusha addormentata in braccio, si girò verso di loro.

«Perché ci avete messo tanto?»

«Non è stato facile trovarvi.» disse l’anziano «Purtroppo, noi non possiamo contare sui tuoi sensi di vampiro.»

«Ad ogni modo.» disse con un pizzico di ironia il giovane, un ragazzo di bell’aspetto con corti capelli neri e occhi azzurri nascosti dietro ad un paio di occhiali «Pare proprio che il nostro intervento fosse del tutto inutile.»

«I Livello E sono stati eliminati, ora bisognerà cancellare le tracce e riparare i danni.»

«La questione adesso è di nostra competenza.» disse il vecchio «Da questo momento in poi si occuperà di tutto la nostra squadra d’intelligence».

Il giovane si avvicinò dunque al ragazzo e le mise Katyusha tra le braccia.

«Riscrivete i suoi ricordi e affidatela a persone di fiducia. Le servirà una nuova famiglia.»

«Non c’è problema. Lascia fare a noi».

Subito dopo che la macchina se ne fu andata, da un vicolo laterale sbucò fuori una ragazzina dell’età apparente di sedici anni che indossava un abito gotico di colore nero; aveva i capelli biondi tagliati piuttosto corti e gli occhi marroni, e la sua era un’espressione enigmatica, gentile ma senza emozioni apparenti; in mano teneva un enorme fucile anticarro ancora fumante, ma nonostante quell’arma dovesse pesare diverse decine di chili non sembrava avere alcun problema a maneggiarla.

«Ben fatto, Nagisa.» disse il giovane rinfoderando i suoi due machete

«Grazie, mio signore.» rispose lei con vocina sommessa appena percettibile

«La nostra missione qui è finita. Possiamo tornare a casa.»

«Come desiderate».

 

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!^_^

Lo so, forse potrà essere considerato leggermente egocentrico realizzare una fan fiction dedicata espressamente al personaggio che ho creato per la Round Robin di Ly.

Ma vi assicuro che l’ho fatto in assoluta buonafede.

La verità è che io, questa fiction, l’avevo in mente già da diverso tempo, seppur, lo ammetto, leggermente diversa da come sarà alla fine, così come il personaggio di Eric. Quando poi ho visto l’idea di Threats of Fate mi sono detto “perché non usare il mio pg?” e così ho fatto.

Però mi mancava il pensiero di questa fic, e mi spiaceva lasciarlo inutilizzato. Così l’ho ripreso in mano, l’ho rimaneggiato cambiandone i protagonisti (inizialmente Eric doveva essere solo un comprimario, e i soliti Kaname, Yuki e Zero i protagonisti) e l’ho riproposto per farne una sorta di prequel, ambientato circa due anni prima del capitolo Extra che ho scritto per la Round Robin.

Spero che mi perdonerete^_^.

Non c’è nessun secondo fine, lo giuro.

E poi, io ho il brutto vizio di creare personaggi terribilmente complicati, con una coscienza ingarbugliata e difficile da comprendere. Forse questa mini-fic (stiamo parlando di 8-10 cap al massimo) aiuterà un pochino.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Vampire Knight / Vai alla pagina dell'autore: Carlos Olivera