PROLOGO
Mi chiamo Eric Flyer.
Sono nato
il dodici gennaio 1945 a Tokyo, in un paese distrutto dalla guerra. Come lo era
il mio del resto.
Mia madre
era italiana, figlia di una nobilissima famiglia, il cui unico errore fu quello
di innamorarsi della persona sbagliata.
Non ho mai
conosciuto mio padre.
Era un
ufficiale dell’esercito americano, un giovane come tanti, giunto in Italia per
combattere i crucchi, onorare l’America, e forse anche alla ricerca di qualche
bella italiana da castigare a dovere.
Si
chiamava Theodor Flyer; ho preso da lui il mio cognome.
Mi hanno
sempre detto che mio padre fosse sinceramente innamorato di mia madre, e io
voglio crederci. Ad ogni modo, quando era impegnato sulle colline di
Montecassino, una pallottola vagante gli passò il cranio da una parte all’altra
proprio un attimo prima che lui e i suoi prendessero ad esultare per la
vittoria.
Nel frattempo
però lui e mia madre Serena avevano già avuto modo di conoscersi…
intimamente.
Il guaio è
che mia madre non era un essere umano.
Mia madre
era un vampiro.
E per
nostra disgrazia, suo padre era Augusto Lorenzi da Cassino, il bigottismo e l’ipocrisia
della spocchiosa e arrogante nobiltà vampirica
incarnati.
Mia madre
dovette scappare dall’Italia con un esercito di assassini alle costole e riparò
in Giappone, dove stava un suo amico, tale Hiroki. Ora
è lui che cerca di fare la parte del padre nei miei confronti, ma della cosa
non è che mi importi più di tanto.
Io odio i
vampiri.
Perché li
odio? Perché sono dei mostri. Si ritengono un gradino al di sopra della catena
evolutiva, ma per come la vedo io sono solo un vicolo ceco dell’evoluzione che
prima sparirà, e meglio sarà per tutti.
Ma non è
solo per questo.
Io odio i
vampiri perché… perché anch’io sono come loro. Sono anch’io
una creatura della notte, anche se i geni di mio padre mi rendono più umano dei
miei simili.
All’età
umana di tredici anni fui rimandato in Italia per ordine di mio nonno in cambio
della salvezza per me e per mia madre, a sedici scoprii la verità sul conto di
mio padre.
Quando
avevo diciassette anni quel sant’uomo di mio nonno si fece pizzicare a cercare
di mettere sottosopra gli equilibri di potere dei vampiri di tutta Europa, ovviamente
a suo vantaggio e anche se è riuscito a fuggire il buon nome della nostra
famiglia andò in pezzi come un cristallo.
Come le
acque si furono calmate, il consiglio dei nobili mi rispedì in Giappone, dove
mia madre intanto si era rifatta una vita. Ma non ci rimasi a lungo.
Ormai avevo
deciso quale sarebbe stata la mia vita, e andai a bussare alla porta della
locale associazione dei Cacciatori.
Non avevo
certo in mente di scatenare una guerra, ma più miei simili avrei ammazzato più
mi sarei sentito sereno; avevo accumulato tanta di quella rabbia dentro di me,
che quello mi parve l’unico modo in cui poterla sfogare.
Quei tipi
fecero i salti di gioia nel vedermi; un vampiro che li aiutava a cacciare altri
vampiri. La maggior parte furono estasiati dall’idea, altri un pochino meno.
Ora sono
un apprendista. Viaggio da una parte all’altra del mondo in lungo e in largo,
facendo saltare la testa ad ogni succhiasangue
bastardo impazzito di Livello E mi si pari davanti.
Sono parecchi
anni che non vedo mia madre o il mio patrigno, ma nell’ultimo breve periodo che
abbiamo trascorso assieme i nostri rapporti non sono stati particolarmente
sereni.
Ho sentito
dire che da qualche tempo è tornata in Italia; a quanto pare i Livello A hanno deciso
di perdonare i Lorenzi, e hanno affidato a lei l’incarico di ricostruire la
famiglia.
Quanto a
me, in questo momento mi trovo a San Pietroburgo. Ultimamente sta succedendo
qualcosa di strano nel nord Europa, e l’associazione ha mandato me e alcuni
altri quaggiù a dare un’occhiata.
A quell’epoca
però, non avevo la benché minima idea di quello che sarebbe successo in quei
giorni.
Era
come un incubo, un incubo terrificante dal quale si sarebbe tanto voluta
svegliare.
Quegli esseri erano piombati dal nulla nella
tranquillità della sua casa, facendo strage della sua famiglia, e lei, che in
quel momento era uscita un momento per andare in cantina, era fuggita
terrorizzata per le strade della città, praticamente deserte a quell’ora della
sera e con un tempaccio simile, dopo aver visto da una finestra i suoi genitori
e il suo fratellino venire sbranati come animali.
Non sapeva se quei mostri si fossero accorti o
meno di lei, ma in ogni caso confidava nel favore del buio e nel fragore della
tormenta di neve per riuscire a far perdere le sue tracce.
Dove andare o cosa fare non erano cose delle
quali si preoccupava: voleva solo fuggire, fuggire lontano, ma per quanti passi
mettesse tra sé e ciò che aveva visto quelle immagini terrificanti intasavano
la sua mente.
Di tanto in tanto gridava aiuto, usando quel
po’ di fiato che la corsa le lasciava, ma la sua voce veniva completamente
oscurata dal fischiare del vento, e in ogni caso nessuno avrebbe osato aprire
le serrande con una tempesta di tale forza ad imperversare sui tetti della
città.
Le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi,
ghiacciando quasi istantaneamente a causa del freddo pungente; erano lacrime di
disperazione, ma anche un sintomo della follia nella quale scene tanto orribili
l’avevano fatta sprofondare.
L’ultimo frammento di lucidità che le rimaneva
continuava a ripeterle di scappare, scappare senza guardarsi alle spalle, nella
speranza di essere il più lontana possibile quando quei lupi rabbiosi si
fossero messi alla sua ricerca.
Il freddo era insopportabile, soffiava un
forte vento gelido e i fiocchi di neve erano come un nugolo di punte di metallo
che le trafiggevano il viso, la sola parte scoperta del suo corpo.
Più passava il tempo più correre si faceva difficile,
a causa della neve alta, che rendeva le strade scivolose, e della fatica, fino
a che la sua fuga non si trasformò in una procedere lento e disperato; alla
fine, però, anche la forza della disperazione, la sola cosa in grado di farla
andare avanti, cominciò a venire meno, sopraffatta da forze più grandi di lei,
e la piccola Katyusha, dopo aver trovato un ramo
sconnesso sulla sua strada, cadde esausta sulla neve.
Avrebbe voluto rialzarsi, riprendere a
correre, ma le gambe ormai erano completamente prive di forza, e si
immobilizzarono del tutto nel momento in cui la ragazzina sentì quei versi
animaleschi avvicinarsi sempre più, accompagnato da rumori come di rapide
falcate.
Il respiro le si paralizzò, e i suoi occhi si
riempirono di terrore nel momento in cui vide quei quattro mostri sbucare dalle
tenebre come i lupi mannari che tante volte aveva visto nei suoi incubi di
bambina.
Anche se all’apparenza potevano sembrare
umani, in realtà di umano non avevano niente.
Abbigliati come rispettabili gentiluomini
della società dabbene, con impermeabili marrone scuro sopra a dei completi neri
da ricevimento, avevano una pelle nera e secca, come se si fossero rotolati sui
carboni ardenti, mani cadaveriche armate di cinque affilatissimi artigli
ricurvi e volti contornati da capelli scuri che parevano quelli di diavoli
infernali, con scintillanti occhi rossi e bocche provviste di due file di denti
da squali dai quali colava una saliva fangosa che scioglieva la neve come fosse
stata acido.
Si spostavano a due o a quattro zampe a grande
velocità, potevano correre e arrampicarsi sui muri con agilità assolutamente
inumana e ringhiavano come bestie invece di parlare.
Katyusha li vide
mentre, avvicinandosi, sembravano già pregustare il loro prossimo pasto,
schiumando e sbavando ancor più vistosamente.
Quello più alto, forse il capo, se davvero
avevano una qualche struttura sociale, reclamando forse il suo diritto di
servirsi per primo, avvicinatosi più degli altri corse fulmineo verso di lei,
afferrandola e costringendola a piegare la testa da una parte, in modo da
poterle azzannare il collo come avrebbe fatto un vampiro.
La ragazzina pensò che fosse davvero la fine,
e gridando chiuse gli occhi, consapevole in sé che ormai non c’era più nulla in
grado di salvarla.
Se non che, all’improvviso, l’aria fu riempita
del rumore di uno sparo, e subito dopo essere stato trafitto dietro la testa il
mostro emise un ruggito assordante prima di trasformarsi in cenere, lasciando
dietro di sé solo i propri vestiti.
I suoi compagni, colpiti e infuriati, girarono
gli sguardi alle loro spalle, e altrettanto fece Katyusha,
che lottando con la paura trovò la forza di aprire gli occhi.
Dal nulla, semi-nascosta dalla tormenta, era
comparsa la figura di un giovane uomo che indossava un impermeabile blu lungo
fino alle caviglie, aperto sul davanti e furiosamente mosso dal vento.
Doveva avere sedici o diciassette anni, la
pelle insolitamente scura, i capelli nero corvino leggermente lunghi e
scompigliati dal vento, il corpo robusto e ben costruito, occhi neri che
trasudavano determinazione, ma che allo stesso tempo erano lo specchio di
un’anima fredda e all’apparenza senza remora alcuna, messa ulteriormente in
risalto da quella sua espressione leggermente malevola, ma non per questo
minacciosa.
Vedendola, i mostri superstiti si girarono
nella sua direzione, ringhiando con maggiore rabbia e bestialità. La donna li
guardò con aria di sfida.
«Bestie dall’aspetto umano. Vampiri. Voi che
avete perso il vostro raziocinio mutandovi in bestie cacciatrici di sangue,
avete perso il vostro diritto di esistere».
Uno di loro, di colpo, gli corse contro a
bocca spalancata, usando la sua grande velocità per tentare di saltarle
addosso.
Dapprincipio lui non si mosse, non fece
neppure una piega, ma un istante prima di essere ghermito evitò elegantemente
il balzo del mostro con un leggero spostamento di lato; il suo impermeabile ondeggiò
più di prima, rivelando una selva di lunghi paletti di un metallo luccicante,
forse argento, assicurati alla cintura dei calzoni, ed il giovane, recuperatone
uno, lo conficcò con forza nella schiena del nemico prima ancora che questi
tornasse a terra dopo il suo balzo felino.
Quello urlò da spaccare i timpani, per poi
divenire a sua volta cenere.
I due superstiti a quel punto parvero
spaventarsi a morte, ma per uno di loro non vi fu il tempo di fare alcunché
perché l’uomo, con la medesima rapidità e scioltezza di movimento dimostrata un
attimo prima, recuperò dall’interno dell’impermeabile una coppia di machete
lunghi e scintillanti, la cui lama sembrava quasi arroventata, poiché solo
sfiorandola i fiocchi di neve che cadevano dal cielo parevano mutarsi
istantaneamente in aria.
«Che siate vampiri decaduti o ex-umani vi spedirò dritti all’inferno!» disse lanciandosi
contro di loro e decapitandone uno con un solo, rapidissimo fendente.
A quel punto l’unico rimasto urlò con tutta la
sua forza, sprigionando dal suo corpo una specie di muro di vento che
sollevando la neve e riuscendo persino a sventrare l’asfalto sottostante
investì in pieno il giovane, scagliandolo in aria; lui roteò su sé stesso e
ritornò a terra, ma nel frattempo il mostro si era già dileguato, spiccando un
salto altissimo che lo aveva portato a sovrastare anche i palazzi più alti.
«Nagisa!» disse il
giovane, e un secondo dopo un nuovo sparo riecheggiò tutto intorno, ed il
fuggitivo esplose letteralmente, al punto tale che di lui non rimasero neppure
gli abiti.
Katyusha
assistette all’intera scena con lo stupore e l’incredulità dipinti sul viso, e
quando finalmente tutto ebbe fine vide quel giovane avvicinarsi a lei, ma non
ne ebbe paura, neppure quando, inginocchiatosi, furono faccia a faccia.
La sua espressione cruda e fredda aveva fatto
posto ad una un po’ più gentile, ma pur non sentendo di averne paura la
ragazzina non riusciva a trovare la forza per parlare.
In quella, quasi come se quei mostri fossero
stati la causa della furia della natura, la tormenta passò, lasciando il posto
da una romantica nevicata invernale.
Alla fine, dopo molte esitazioni, Katyusha riuscì a pronunciare un grazie; appena ebbe finito
di parlare il giovane le passò una mano davanti al volto, e immediatamente la
colse una stanchezza incontrollabile, come se non avesse dormito per giorni, e
senza rendersene conto si ritrovò con la testa placidamente appoggiata fra le
sue braccia.
«Come… come ti
chiami?» domandò prima di addormentarsi «Ti prego… dimmelo…»
«Eric.» rispose lui subito prima che chiudesse
gli occhi «Eric Flyer».
Pochi minuti dopo una macchina grigio perla di
grossa cilindrata con le insegne del governo russo raggiunse il luogo dello
scontro, illuminando il ragazzo e la bambina con i propri fanali, e ne scesero
due uomini di corporatura robusta, uno dei quali piuttosto avanti con gli anni.
Il giovane, alzatasi da terra con Katyusha addormentata in braccio, si girò verso di loro.
«Perché ci avete messo tanto?»
«Non è stato facile trovarvi.» disse l’anziano
«Purtroppo, noi non possiamo contare sui tuoi sensi di vampiro.»
«Ad ogni modo.» disse con un pizzico di ironia
il giovane, un ragazzo di bell’aspetto con corti capelli neri e occhi azzurri
nascosti dietro ad un paio di occhiali «Pare proprio che il nostro intervento
fosse del tutto inutile.»
«I Livello E sono stati eliminati, ora
bisognerà cancellare le tracce e riparare i danni.»
«La questione adesso è di nostra competenza.»
disse il vecchio «Da questo momento in poi si occuperà di tutto la nostra
squadra d’intelligence».
Il giovane si avvicinò dunque al ragazzo e le
mise Katyusha tra le braccia.
«Riscrivete i suoi ricordi e affidatela a
persone di fiducia. Le servirà una nuova famiglia.»
«Non c’è problema. Lascia fare a noi».
Subito dopo che la macchina se ne fu andata,
da un vicolo laterale sbucò fuori una ragazzina dell’età apparente di sedici
anni che indossava un abito gotico di colore nero; aveva i capelli biondi
tagliati piuttosto corti e gli occhi marroni, e la sua era un’espressione
enigmatica, gentile ma senza emozioni apparenti; in mano teneva un enorme
fucile anticarro ancora fumante, ma nonostante quell’arma dovesse pesare
diverse decine di chili non sembrava avere alcun problema a maneggiarla.
«Ben fatto, Nagisa.»
disse il giovane rinfoderando i suoi due machete
«Grazie, mio signore.» rispose lei con vocina
sommessa appena percettibile
«La nostra missione qui è finita. Possiamo
tornare a casa.»
«Come desiderate».
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Lo so, forse potrà essere considerato leggermente egocentrico realizzare una fan fiction dedicata espressamente al personaggio che ho creato per la Round Robin di Ly.
Ma vi assicuro che l’ho fatto in assoluta buonafede.
La verità è che io, questa fiction, l’avevo in mente già da diverso tempo, seppur, lo ammetto, leggermente diversa da come sarà alla fine, così come il personaggio di Eric. Quando poi ho visto l’idea di Threats of Fate mi sono detto “perché non usare il mio pg?” e così ho fatto.
Però mi mancava il pensiero di questa fic, e mi spiaceva lasciarlo inutilizzato. Così l’ho ripreso in mano, l’ho rimaneggiato cambiandone i protagonisti (inizialmente Eric doveva essere solo un comprimario, e i soliti Kaname, Yuki e Zero i protagonisti) e l’ho riproposto per farne una sorta di prequel, ambientato circa due anni prima del capitolo Extra che ho scritto per la Round Robin.
Spero che mi perdonerete^_^.
Non c’è nessun secondo fine, lo giuro.
E poi, io ho il brutto vizio di creare personaggi terribilmente complicati, con una coscienza ingarbugliata e difficile da comprendere. Forse questa mini-fic (stiamo parlando di 8-10 cap al massimo) aiuterà un pochino.
A presto!^_^
Carlos Olivera