Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Audrey Shadows    22/07/2012    2 recensioni
Mel ha quasi 18 anni, è una ragazza alta, con lunghi capelli neri, e occhi verdi che con il cattivo tempo diventano grigi.
Aveva poco più di 17 anni quando le venne diagnosticata la leucemia.
Improvvisamente, a differenza del carattere forte che l’aveva sempre contraddistinta, smette di lottare e si abbandona alla chemio e ai sintomi postumi che essa causa.
Iniziò a dividersi tra l’ospedale di LA e casa sua, nella quale aleggiava una forzata allegria.
Solo una cosa ancora le lascia un briciolo di speranza: la musica.
In particolare 4 ragazzi, che continuano a farle battere il cuore, pompando sangue nelle vene.
I Tokio Hotel.
Quando li vide la prima volta di innamorò immediatamente; sognava di poterli incontrare, andare ai loro concerti, farsi delle foto con loro etc….
Sognava che Bill un giorno potesse ricambiare il suo amore.
Poi era arrivata quella cazzo di malattia.
E la sua vita era finita, ancora prima che potesse cominciare.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La flebile luce del giorno filtrava dalle tende tirate e le note di “novembre rain” dei Guns n’ Roses si spandevano per la stanza.
Fuori pioveva, Mel lo sentiva dallo scroscio contro i vetri. Casualità; ma non era novembre, era pieno luglio e faceva immensamente caldo dentro quella stanza.
Si alzò a fatica, sentendo come mille spade che le perforavano il corpo.
Ancora pensava all’incontro del giorno prima, a come erano stati gentili, anche se era palese che i gemelli avrebbero preferito starsene da qualche altra parte.
Gustav era stato dolcissimo, le aveva parlato e aveva scherzato con lei; Georg si era mostrato ben disposto a intavolare un qualsiasi tipo di conversazione.
Bill … Bill era ancora più bello che sulla foto di una copertina patinata. Aveva occhi nocciola talmente profondi, da rischiare di annegarvicisi.
Il viso cosparso da uno strato di barba incolta, i piercing e quelle labbra … quelle labbra: il labbro inferiore più carnoso del superiore.
Poi Mel aveva immaginato le sue labbra sulle proprie, e lì era avvampata.
Anche Tom era bello, i rasta color ebano, con una ricrescita sul biondo scuro, incorniciavano il suo viso alla perfezione.
I tratti decisi, gli occhi nocciola profondi quanto quelli del fratello.
Ma Mel era venuta a duro contatto con la realtà.
I gemelli erano inevitabilmente cambiati, da quello che poteva notare.
Una volta suoi giornali venivano descritti come “semplici ragazzi di campagna, che si divertivano con poco, anche con solo macchinine radiocomandate” ; di certo non erano gli stessi ragazzi.
Bill indossava una camicia bianca Armani, e una giacca in pelle (probabilmente eco) nera; Jeans di una non ben definita marca che non riusciva a leggere.
Tom aveva una giacca Luis Vuitton bordeaux, una maglietta nera sotto. Jeans scuri e scarpe nike.
Di certo non si trattavano male.
Ma c’era passata sopra; di certo non era nella posizione di poterli criticare.
Era immersa nei suoi pensieri quando il bussare alla porta della sua stanza la ridestò.
-avanti- un fascio di luce illuminò la stanza; mel non riuscì a capire chi fosse il suo visitatore, i suoi occhi erano abituati al buio.
-io … Sono Bill- la voce vellutata del cantante le inebriò i sensi, non facendole più capire un emerito tubo.
-ehm accomodati- disse poso incerta risistemandosi sul letto; non sarebbe riuscita a tirare le tende.
Bill si addentrò in quel buio, cercando di non rompersi l’osso del collo, e a tentoni arrivò alla finestra.
La luce pervase la stanza e gli mostrò il volto ancora più pallido della ragazza.
-Ciao … io credo … volevo darti questo- Bill si sedette sulla sedia occupata ieri da Gustav, e porse un pacchetto a Mel.
La ragazza, incerta, prese il pacchetto e se lo rigirò tra le mani.
-è per me?- chiese in un soffio
Bill annuì in risposta.
-Non dovevi … cioè …-
-Volevo scusarmi per come mi sono comportato ieri…- Bill ebbe il coraggio di guardarla negli occhi –forza, aprilo- le sorrise incoraggiante.
Mel sorrise a sua volta e iniziò a scartare.
Era una scatola relativamente pesante, colorata.
Aprì il coperchio e dentro, poggiato su un pezzo di velluto nero, c’era un braccialetto. Lo prese.
Era color argento, sottile; le due estremità congiungevano in una placchetta dove vi era inciso qualcosa.
“whatever happen, believe in you, believe in life, believe in tomorrow” .
Nessuno le aveva mai detto nulla di più bello, anche se sembrava un’enorme presa per il culo nella sua situazione.
-Bill … grazie- lo guardò negli occhi; sentiva di avere gli occhi lucidi e non ebbe le forze per impedirsi di piangere.
A Bill si strinse il cuore a vederla così felice per uno stupido bracciale.
-non c’è di che- e le sorrise.
Falso.
Sapeva bene che non poteva comprarsi le persone con degli stupidi regali, ma ormai era abituato.
Dentro di sé sentiva l’impellente bisogno di urlare e allontanarsi da quella vita, che a dirla tutta era diventata veramente mediocre.
-Che c’è?- chiese poi timida la ragazza, interrompendo i suoi pensieri –hai bisogno di parlare? So che non mi conosci, ma … forse potrebbe aiutarti- ipotizzò.
LEI voleva che LUI le parlasse dei suoi problemi?
Quando era lei ad aver bisogno di qualcuno che le stesse vicino?
-Io … non so cosa mi prenda- EGOISTA.
-A volte vedendoti ballare, in alcuni video me lo sono chiesta anche io- e ridacchiò; Bill fu contagiato da quella risata cristallina.
-ok, a parte gli scherzi … non sai cosa ti prende, perché?-
-Sono circondato da persona false, falsi amici che mi dicono cosa devo fare, come dovrei vestirmi, dove dovrei mangiare e la gente cool da frequentare … e il fatto è che mi sono sempre battuto per non omologarmi, per pensare con la mia testa, per non sottostare alle regole di nessuno. Ci ho pure scritto una canzone, cazzo!- Bill si meravigliò dello slancio con cui aveva aperto il suo cuore e la sua anima tormentata a quella ragazza. Omise il fatto che gli mancava Tom. Il Tom che lo capiva con un solo sguardo, che lo supportava. Gli mancava il loro rapporto.
-e allora urla Bill. Urla finché non ti senti te stesso- gli disse semplicemente la ragazza.
Bill sapeva che doveva ritrovare sé stesso, riscoprire la vita e apprezzarla nelle sue innumerevoli sfumature.
E il primo passo era aiutare quella ragazza.
-magari quando esco di qui- sorrise timido –o mi affibbiano un ordine di restrizione e mi toccherà stare lontano dall’ospedale-
-vorrai tornare?- chiese Mel speranzosa.
-ogni volta che mi vorrai qui- rispose Bill sorridendo.
Mel si illuminò in un sorriso, e improvvisamente il suo viso apparve meno scavato e smunto.


-Dove sei stato?- Tom lo accolse con un tono non molto gentile.

-Sono stato da Mel …- azzardò Bill.
-ti sei completamente dimenticato che avevamo appuntamento con Morine??- gli chiese scontroso.
Solamente ora Bill si ricordò di quell’inutile appuntamento.
Morine era la loro manager di pubbliche relazioni a LA.
Avrebbero dovuto discutere di eventuali appuntamenti.
-sì … scusami- disse alla fine il ragazzo; Tom lo guardò con disappunto, per poi notare qualcosa che qualcosa non andava.
-su, adesso che hai fatto?- chiese spazientito.
-niente che tu possa capire- quella frase arrivò come una pugnalata al cuore di Tom.
Dovette ammettere che fece parecchio male, sentì come se il suo cuore fosse andato in mille pezzi.
“niente che tu possa capire” ma stava scherzando, giusto?
Lui, il suo gemello omozigote, non poteva capire?
Nonostante avesse voluto prendere a legnate il fratello, se lo lasciò scivolare accanto come se non fosse successo nulla.
Rimase in mobile in mezzo a quel salotto, con lo sguardo perso nel vuoto.
Sentì salire le lacrime agli occhi, e un doloroso magone gli attanagliò la gola. Tirò un pugno ad un cuscino, ringhiando, e lasciando scorrere quelle lacrime.
Era arrivato al punto di perdere suo fratello?
Non si rispose, lo preferì. Uscì di casa sbattendosi la porta alle spalle.
A Bill era costato parecchio pronunciare quella frase a suo fratello. Aveva capito che se voleva tornare sé stesso, doveva prima ritrovare Tom.
E qual miglior modo per fargli capire che si erano allontanati, se non ferirlo?
Sperò che il suo sguardo non l’avesse tradito, lo aveva sempre tenuto puntato ai piedi per quella ragione.
Dovevano ritrovarsi, ricongiungersi, tornare yin e yang.
Bill si lasciò cadere sul materasso esausto.
Gli veniva da piangere, ma non doveva. Lo stava facendo per riappropriarsi delle loro vite, dei loro veri “sé stessi”.


Mel se ne stava tranquilla nella sua camera d’ospedale; l’indomani sarebbe tornata a casa, e Bill le aveva promesso che sarebbe andato a trovarla.

Stava lentamente abbandonandosi alle braccia di Morfeo, quando qualcuno spalancò la porta con un impeto tale da scardinarla, quasi.
Questa volta Mel, seppure in preda al panico, riuscì a riconoscere il maleducato visitatore.
Tom.
Ma che avevano tutti? Se andava avanti così avrebbe comprato un lettino di pelle nera e avrebbe iniziato a fare la strizzacervelli.
-emh … Bill se ne è andato da un po’ …- disse timidamente la ragazza.
L’espressione del ragazzo non prometteva niente di buono.
-lo so- rispose secco, e forse un po’ acido –è a casa-
Mel riuscì ad incrociare i suoi occhi per una frazione di secondo. Aveva pianto.
-che è successo? Vuoi …-
-sai che cazzo mi ha detto?- Tom sentiva nuovamente le lacrime salirgli agli occhi –mi ha detto che non lo posso capire. Sai quanto cazzo fa male per me sentirmi dire che non lo capisco?- Tom aveva alzato il volume della voce e Mel era alquanto allibita per l’uscita del chitarrista; soprattutto non capiva cosa centrasse lei in tutto quello.
Ma non disse niente, capì che Tom era sull’orlo di una crisi di nervi e lo lasciò sfogare.
-Non so cosa cazzo tu gli abbia messo in testa, ma ti reputo responsabile!- Tom si lasciò andare. Diede voce a pensieri che non avrebbe dovuto nemmeno avere.
Come poteva quell’indifesa ragazza avergli aizzato contro Bill?
-e per quale motivo saresti venuto a parlarne con me? Perché non hai parlato con tuo fratello??- Mel alzò la voce; si era offesa. Come poteva anche minimamente pensare che una ragazza come lei, nelle sue condizioni, potesse dare lezioni di vita fraterna a Bill?
Da cosa si sentiva minacciato? Qualunque cosa fosse, Mel ne era profondamente offesa.
-Non so nemmeno con quale coraggio sei venuto qui per offendermi- sibilò.
Tom a quel punto rinsavì. Comprese l’errore madornale che aveva compiuto accecato dalla rabbia nei confronti del fratello.
Si sentì malissimo.
Mel in compenso aveva le lacrime agli occhi. Come poteva aver fatto una cosa simile?
-io … credo di non sentirmi molto bene …- disse poi il chitarrista in un sussurro prima di sedersi sul letto accanto a quello di Mel.
Era pallido e si premeva una mano sul cuore.
La ragazza ebbe paura, e con uno sforzo madornale si alzò dal letto per avvicinarsi a Tom.
-stai fermo qui … stenditi- gli disse addolcendo la voce –chiamo qualcuno …- e spinse un bottoncino rosso su un telecomando appeso al letto.
Immediatamente un’infermiera entrò in camera.
-è successo qualcosa?- si informò.
-questo ragazzo non si sente bene … credo sia meglio dargli un’occhiata- rispose pragmatica Mel, prima di allontanarsi da Tom e rimettersi sul letto.
L’infermiera misurò la pressione, che era a terra, e diede a Tom della semplice acqua e zucchero.
Lasciò poi la stanza dicendo a Tom di riguardarsi.
Mel era rimasta in silenzio nel suo letto, a guardare l’infermiera soccorrere Tom.
Una volta uscita guardò Tom un’ultima volta.
-Per quello che mi riguarda puoi andartene- gli disse chiudendo gli occhi.
Tom si alzò senza proferire parola. Aveva combinato un enorme, stramaledetto casino.
Si avvicinò alla porta, l’aprì e prima di uscire parlò –per quel che mi riguarda, mi dispiace- e poi lasciò la stanza.
Mel, solo a quel punto, pianse. Liberò il suo dolore psicologico.
E quello fisico non tardò ad arrivare.
Dolorosissimi crampi addominali, nausea e dolore alle ossa. L’infermiera che aveva soccorso Tom tornò e le somministrò della morfina.
Dopo qualche minuto fece effetto, Mel si sentì avvampare come se fosse avvolta dalle fiamme, e poté finalmente dormire.

Spazio Autrice: Ringrazio le carissime Aliens che hanno lasciato una loro recensione. Ringrazio anche le piccole lettrici silenziose :D le storie vivono per chi legge.
Questo capitolo è stato un po’ travagliato, sofferto. Non è certo facile parlare di una malattia simile, ancora meno se l’hai vissuta da vicino.
Tom … beh, è il solito ragazzo impulsivo, chissà … Mel lo perdonerà?
Bill e Mel diventeranno buoni amici, questo lo posso anticipare. Bill sarà un palo portante della lotta di Mel; e Mel sarà un palo portante in quella di Bill.
The G’s non scompariranno, non preoccupatevi ;) Spero che questo capitolo sia stato gradito, attendo vostri commenti :)
Un abbraccio

Catia
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Audrey Shadows