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Autore: Pervinka    22/07/2012    3 recensioni
Un paio di occhiali da sole dimenticati sul tavolo di un bar con vista sul mare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo ottavo

“Vedrai in che bel posticino ti porterò!”

Alessandro è elegantissimo. In smoking.

“Ho pensato proprio a tutto!”

Sì, infatti. Anche al mio vestito. Lungo, rosso fuoco, scollatura a cuore, senza spalline. Tempestato di brillantini che neanche una Winx... Ah, sì c'è anche lo spacco. “Lo abbinerai ai tuoi sandali” mi ha detto. Peccato che i sandali in questione siano fuxia. Tutto un dire insomma.

“Ho prenotato nel ristorante più elegante della città! Sei emozionata?” Mi comunica con un sorriso largo fino alle orecchie.

“O-mio-Dio-non-sto-più-nella-pelle.” Rispondo con tono monocorde, la fronte appoggiata al finestrino.

Quando arriviamo mi apre perfino lo sportello.

Il maitre ci indica il tavolo e ci lascia la carta dei vini. Sceglie Alessandro, dopo aver strabuzzato gli occhi, essere sbiancato e dopo aver emesso uno stridulo: “Accidenti!”

Per sé ordina una pasta in bianco, giusto perché un'insalata non sarebbe sufficiente.

Il maitre, che in realtà si aspettava che Alessandro ordinasse anche per me, mi guarda con espressione interrogativa.

E io ne approfitto: “Antipasto caldo e freddo, per primo linguine allo scoglio, allora... l'aragosta no perché è troppo complicata...”

“Possiamo portargliela già pulita, signorina.”

“Ottimo, allora anche l'aragosta. Un po' di insalata mista e... un tartufo bianco affogato al caffè. Direi che può bastare.”

Chiudo il menù; e con i gomiti appoggiati sul tavolo, e le mani incrociate sotto al mento, mi rivolgo ad Alessandro. “Allora Ale, raccontami, cos'hai fatto di bello in quest'ultimo mese?”

Deglutisce un paio di volte e si allenta il papillon. “Ehm...i-io... ma Rebecca, tu non hai mai mangiato così tanto!”

“Sarà per via del jet-lag.”

“Ma sono passate due settimane!”

“Non me n'ero accorta. Dai su, racconta.”

“N-non ho fatto altro che pensare a te.”

“E poi? Sei andato al lavoro qualche volta?”

“Certo, tutte le mattine.”

“Non mi dire.”

“Sono anche uscito un paio di volte.”

A buttare la spazzatura forse. “E dove sei andato di bello?”

“In quel nuovo locale, hai presente... ci potremmo tornare insieme una volta!”

“No.”

“Torna con me, Rebecca...”

“No.”

“Perché?”

“Smettila Alessandro.”

“E-e poi, sono anche andato al cinema.”

“Ah, sì?” Ti prego non nominare Gary, ti prego non nominare Gary, ti prego non nominare Gary... ripeto a me stessa come un mantra.

“Ho visto un film con quel tipo mascherato... Gerard qualche cosa.”

Appunto.

L'appetito mi passa completamente, ma continuo a mangiare imperterrita a occhi bassi.

“Non eri tu che stravedevi per quel tipo?”

“Più o meno.”

“Come mai sei diventata triste?”

Perché vorrei essere dappertutto tranne che con te, perché sono arcistufa di questa conversazione, ma soprattutto perché domani sarebbe dovuto arrivare Gary e invece non può venire.

“No, ti sbagli, non sono triste.”

Squilla il cellulare. Rispondo. Non me ne importa niente se sono in un ristorante elegante e il cellulare andrebbe tenuto spento.

“Ciao Rebecca...”

Oddio

“Gary!”

“Sai mi annoiavo e... avevo voglia di sentirti.”

“Anch'io, tanto.”

“Dove sei? Sento della musica.”

“Sì, sono in un ristorante.”

“Con chi?”

“Con... un vecchio amico, lui... ha insistito tanto.”

“Torna a casa presto.”

“Certo.”

“Un bacio.”

“Anche a te.”


 

“Dice che è al ristorante, e che tornerà presto.”

“Sarà una bella sorpresa per lei.”


 

Sono quasi le undici, quando usciamo dal ristorante.

“Rebecca, perché non torni con me?”

“Non mi sembra il caso, Ale.”

“Ma noi siamo stati insieme sette anni...”

“Noi,” dico calcando la parola, “non siamo mai stati un noi.”

Ferma la macchina davanti al mio palazzo.


 

“Eccola! Scappo, ci vediamo domani.”


 

“Hai un altro?”

“Sì, Ale.”

“Ma adesso sei qui.”

Sto iniziando a spazientirmi e mi guardo intorno cercando una scusa per uscire dalla macchina.

Vedo una donna uscire dal portone, la luce del lampione che la colpisce sul viso mi inganna, sembra Evelyn.

“Scusa Ale, devo andare prima che si richiuda il portone, non ho le chiavi con me.”

In pratica scappo, più veloce che posso, ma lui mi segue a ruota.

Mi butto contro il portone, prima che si chiuda, la luce è spenta nell'ingresso, ma in cima alle scale mi sembra di vedere un'ombra.

“Non puoi lasciarmi, Rebecca! Verrò in America con te!”

“Dio! Che ppalle!” Urlo esasperata mentre accendo la luce. Un lampo, e l'ombra che avevo visto prima diventa Gary.

“Sono innamorata di un altro! Sono innamorata di Gary!” Continuo a urlare in faccia ad Alessandro, ma il mio braccio indica in cima alle scale “Sono innamorata di l...”

Non può essere.

Gary qui. Che guarda la scena con un'espressione nera come un temporale. Mi volto a guardarlo. Dio quanto è bello. Anche quando è arrabbiato. Ma perché è arrabbiato? Non è contento di vedermi? Ho appena detto che lo amo...

“Rebecca! Spiegami chi è quest'uomo”

Dicono all'unisono Gary e Alessandro. Rispettivamente in inglese e in italiano.

Gary... che non ha capito una parola di quello che ho detto.

Vorrei correre da lui, ma il vestito troppo lungo me lo impedisce. Così è Gary che viene verso di me. E finalmente mi abbraccia.

Alessandro continua a sbraitare.

“Voglio sapere chi è questo!”

Gary mi sta accarezzando il viso. “Cosa sta dicendo?” Sussurra.

“Niente, non ascoltarlo.”

“Mi interessa quello che ha da dire.”

“Perché?”

“Sembra riguardarti.”

“Vuole sapere chi sei.”

“Allora hai ragione, non mi interessa.”

“Bene. Entriamo in casa allora.”

Prendo le chiavi dalla mia pochette.

“Avevi detto di non avere le chiavi!”

“Ti ho mentito Alessandro. E adesso se non ti dispiace...”

Apro la porta del mio appartamento.

“Sveglierai i tuoi genitori!”

Scendo un paio di scalini e prendo il viso di Alessandro fra le mani. Fissando gli occhi nei suoi, gli dico con voce glaciale: “Abitano due piani sotto. Non ho intenzione di gridare così tanto.”


 

  
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