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Autore: Pandaroo    23/07/2012    1 recensioni
Ispirata alla canzone "Walking on Air" di Kerli Koiv una storia soprannaturale e allo stesso tempo romantica. Per soli sognatori convinti!
Sirdan è un giovane elfo dell'inverno. Siamo a Faysnow, dove il gelo è sovrano. Una leggenda dice che sul monte più alto abitassero Maranwè e Merenwen, gemelle regine dei ghiacci e delle nevi. Tarì prova a far cambiare idea al suo innamorato, ma invano. Dopo aver chiesto consiglio a Fingolfin il giovane si incammina con la preoccupazione di Eril e il ghigno beffardo di Beren. Lui ci sarebbe arrivato. Lassù. Dove volano gli uccelli. Tra le nuvole più bianche. Nell'aria.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ovviamente era Tarì ad aver diffuso quel calore, e chi avrebbe potuto altrimenti? La giovane elfa era la migliore amica di Sirdan da che lui ne aveva memoria, compagna di giochi e avventure fin da infanti, complice di marachelle e segreti inesprimibili. Erano cresciuti insieme a Faysnow, e si erano giurati tempo addietro eterna amicizia, nel bene e nel male, quasi fosse un patto suggellato a sangue, tanto era intenso. Tarì col tempo si era fatta molto bella, tanto che era una delle elfe più ricche di pretendenti nel paese. Aveva i capelli scuri, lunghi e lisci, con qualche boccolo sul fondo, del colore della terra fertile, così invitanti al tatto. Quante volte Sirdan vi si era perso, accarezzandoli anche solo di sfuggita, infilando le dita tra le ciocche e scorrendo quella morbida seta lungo tutto il palmo, e il bello era che a Tarì non sembrava dare per nulla fastidio, a differenza di altre. Il suo viso era allungato e perfetto, il naso dritto e la bocca carnosa. Quella bocca così bramosa di attenzione ma che mai era stata violata da alcuno, nemmeno dai più belli e aitanti, poiché questo era il suo volere, di lasciarla pura e immacolata fino a che non fosse stato il momento propizio. Del suo viso però la parte più bella erano certamente gli occhi, scuri come pece; quegli occhi che nascondevano ogni cosa, così similmente a quelli di Sirdan e al tempo così diversamente. L’elfo non poteva nemmeno lontanamente immaginare cosa celassero, quali sentimenti offuscati e indistinti potessero nascondersi dietro quelle iridi oscure. Tarì si sedette appunto accanto a lui, con quel portamento che solo lei sapeva avere, e si strinse a lui molto forte. Aveva una presa solida ma delicata, che però straniva Sirdan perché non ne vedeva assolutamente il bisogno. Questo era il motivo di molte discussioni tra i due.
<< Io non capisco la tua paura, Tarì… >>
<< Di che stai parlando Sirdan? Io non ho paura di nulla! >> disse con fare scherzoso l’elfa senza mai guardare in basso.
<< Parlo ovviamente della tua paura del vuoto, degli spazi aperti e immensi, di quella sensazione che ti percuote quando l’aria ti riempie violentemente i polmoni … hai presente? >> disse Sirdan mentre osservava nuovamente il paesaggio indicandolo all’amica. La valle, così bianca, punteggiata di cespugli sempreverdi. Le colline, ricche di boschetti appartati. Le sei montagne figlie di Monte Alto. Sirdan avrebbe tanto voluto gettarsi in quel burrone con la sua migliore amica per mano, e volare sopra a tutto quel candore per farle vedere il suo mondo, in altre parole tutto ciò che vedeva solo lui attraverso occhi curiosi e affamati di particolari che nessuno notava. Ahimè, però l’amica non sarebbe stata contenta di ciò.
<< D’accordo, mi hai beccata! Comunque non ci vedo nulla di male! Tutti hanno paura
di qualcosa! >>
 
<< Certo, ma com’è possibile che tu non sopporti l’idea del volo? È incredibile che un essere così leggiadro, quale sei tu, non desideri di vivere al pari delle aquile, dei passeri e dei colibrì! Io non so che darei per poter … >>
<< … volare! Lo so Sirdan, credo che da quando ci conosciamo, in altre parole da sempre, tu non abbia fatto altro che ripetermi queste parole tutti i giorni! Lo sai che a me non piace immaginarti lì nel vuoto, in una situazione in cui da un momento all’altro potresti precipitare … ed io ti vedrei laggiù a valle, steso, insanguinato, morto … >>.
<< D’accordo! Hai reso l’idea … >> e l’elfo sorrise al pensiero che mai la sua amica avrebbe mandato giù il fatto che lui desiderasse di volare con tutto se stesso. E pensare che sua madre voleva a tutti i costi che i due si sposassero quando avessero avuto l’età adatta per farlo. Avevano litigato molto quel giorno lui ed Eril. Lei era convinta che Tarì, vista la grande amicizia che li univa da sempre, fosse l’elfa più adatta a lui sia caratterialmente che fisicamente, che non ne esistessero altre al mondo in grado di capirlo e sostenerlo, di convivere con le sue stranezze e con i suoi comportamenti introversi e, talvolta, addirittura asociali. D’altra parte Sirdan la pensava in modo completamente differente. Per lui Tarì era una bellissima elfa, con un gran carattere e molto carisma, sapeva farlo ridere quando era necessario e c’era sempre se lui aveva bisogno una mano, e questo nessuno poteva negarlo. Comunque era solo un’amica, che mai avrebbe occupato il posto della magia nel suo cuore. Nessuno avrebbe mai potuto farlo, desiderava troppo imparare tutto ciò che c’era di magico da sapere per poter, un giorno, realizzare il suo sogno di diventare maestro in quest’arte privilegiante i puri di cuore. La discussione era rimasta tra loro e alla fine la madre di Sirdan aveva ceduto alle solide motivazioni del figlio, tanto che in breve Tarì fu promessa sposa a un altro. La voce della migliore amica lo risvegliò dai suoi ricordi.
<< Dimmi un po’, che stavi facendo qui tutto solo? >>
<< Guardavo il paesaggio e mi beavo della sua bellezza … >>.
<< Effettivamente oggi Hege è più brillante del solito non trovi? >>
<< Già! Riflette che è una meraviglia! Sembra un Sole venuto in visita sulla nostra Terra … >>.
<< Poetico, amico mio … come al solito sai essere fin troppo poetico e romantico! >>
E con un sospiro Tarì si abbandonò sulla spalla del suo migliore amico come fosse un morbido cuscino. Tarì in realtà pensava ben altro di Sirdan rispetto al romantico e al poetico. Per lei Sirdan era tutto il suo mondo. Era il Sole quando si svegliava e la Luna quando si addormentava. Era nella brezza che la investiva quando metteva un piede fuori dall’uscio ed era nel fuoco scoppiettante del forno dentro casa sua. Era nel piccolo ritratto sul suo comodino ed era parte della sua famiglia. Sirdan rappresentava il suo passato, presente e futuro, senza il quale lei non avrebbe potuto vivere. Era perdutamente innamorata del suo migliore amico, ma aveva sempre paura di essere avventata con lui, di affrettare troppo le cose, di ferirlo in qualche modo o di comportarsi in maniera troppo brusca per il carattere di Sirdan. Aveva paura con un solo gesto di perderlo per sempre. Perciò stava sempre nell’ombra, aspettando un segno che mai arrivava, fremendo invano per quel propizio momento in cui entrambi si sarebbero dichiarati e avrebbero coronato il loro sogno d’amore. A Sirdan non interessava l’amore puro, piuttosto quello artificiale, creato con un incantesimo, perché solo la magia era padrona assoluta del suo cuore, che aveva creato una barriera impenetrabile intorno a quell’organo di modo che alcuna ragazza potesse scalfirlo o conquistarlo attraverso semplici sentimenti. E il destino, oltre a quella sua lotta quotidiana con l’amore, le aveva offerto anche un’altra complicazione: il suo fidanzato. Beren era uno dei più begli elfi del paese, ma gli mancava l’intelligenza e l’acume che caratterizzavano Sirdan. Dimostrava la sua forza a ogni occasione, per farsi valere e per primeggiare sugli altri, ma non aveva la capacità di sognare e di inseguire un obiettivo specifico. Il suo unico desiderio era di essere il più forte di tutti e che gli elfi notassero e condividessero la sua supremazia sul villaggio. Ovviamente era tutta una finta, perché in realtà Beren era solo un gran codardo, che se la prendeva con i più deboli e si nascondeva dietro ai più forti. Non le piaceva per niente, in pratica lo odiava sotto ogni aspetto, e comunque il suo cuore ormai apparteneva da anni a un altro elfo. Un elfo che le sedeva al fianco proprio in quel momento sul ciglio di un burrone che, alla sua presenza, magicamente non la terrorizzava più nonostante l’immensa altezza e la vastità di vuoto che lo riempiva.
<< Giochiamo all’eco come da piccoli? >> disse Sirdan all’improvviso destando Tarì dai suoi pensieri. L’elfa, pensierosa, si chiese il motivo di quella richiesta. Forse l’amico aveva solo voglia di divertirsi un po’.
Lei si alzò e gli prese la mano per aiutarlo ad alzarsi. Poi si guardarono con intesa e si voltarono verso Oda, la montagna che risponde.
<< Cosa le diciamo Sirdan? >>. L’elfo, scherzosamente, gonfiò il petto e finse austerità.
<< Oggi, signorina, l’argomento di cui tratteremo saranno le stelle. Bisognerà quindi pronunciare solo parole riguardanti questi astri luminosi! >>.
<< Oh! Certo, maestro! >> rispose Tarì con un inchino profondo, stando al gioco dell’amico. << Cominci pure lei! >>.
Sirdan prese fiato e poi diede inizio ai giochi.
<< LUCE! >> uce … uce … uce … rispose Oda.
<< FUOCO! >> oco … oco … oco … disse la montagna per risposta a Tarì.
<< COSTELLAZIONE! >> - << NOTTE! >> - << PUNTINI!!! >>
One … one … one …
Otte … otte … otte …
Ini … ini … ini …
Buongiorno …
A quell’ultima parola i due elfi si fermarono. Si guardarono. Infine scoppiarono a ridere, facendo riecheggiare la valle delle loro risate rumorose.
<< Deve essere stata Iselin! >> disse Sirdan quand’ebbe ripreso fiato.
<< Già! Sarà il caso di risponderle … >> disse Tarì preparandosi a un nuovo urlo. Sirdan la fermò tappandole la bocca con un palmo.
<< No zitta, lasciala riposare. Per oggi abbiamo giocato abbastanza. Ora si è fatto tardi. È quasi buio. Ti va di andare a prendere qualcosa di caldo da bere alla Locanda? >>.
Tarì annuì, sempre con la mano di Sirdan davanti alla bocca. E allora lui le sorrise da dietro la sua testa.
<< Allora, per aver accettato di non fare più l’elfa sciocchina, per oggi chiaramente, ti meriti un regalo! >>. Dopodiché pronunciò a bassa voce Flos Floris all’orecchio dell’amica. Poi tolse la mano dalla sua bocca stringendola a pugno e le chiese di soffiare su di esso. Non appena quel piccolo vento caldo dalla bocca di Tarì andò a sfiorare la sua pelle, la mano si aprì e ne tirò fuori uno stupendo fiore rosso.
<< E’ bellissimo Sirdan! Che fiore è? Non ne ho mai visti di simili! >> disse Tarì prendendo quei morbidi petali tra le dita con un bagliore impareggiabile negli occhi.
<< Qui non possono crescere fiori così belli, e questo è solo tuo! Se vuoi puoi dargli un nome, ma bada! Sarà un nostro segreto, amica mia! >> disse Sirdan facendo l’occhiolino. << E ora andiamo alla Locanda prima che faccia troppo buio … >>.
 
<< Grazie Sirdan! Ti voglio bene >> fece Tarì estasiata per la bellezza del regalo aggrappandosi all’avambraccio dell’amico.
 
*°*
 
Una volta alla Locanda ordinarono due infusi, uno alla malva e uno al mirtillo. A Sirdan piaceva tanto prendere infusi che lo calmassero, che gli dessero in ogni momento la pace dei sensi, cosa che lo aiutava molto anche durante i suoi esercizi di magia. Invece a Tarì piacevano i sapori forti, fruttati, che esaltavano il suo spirito giocoso e talvolta infantile, in particolare quando era in compagnia del suo migliore amico. Si sedettero vicino a una finestra che dava sul sentiero principale di Faysnow, dove alcuni elfi rientravano frettolosi a casa propria per potersi preparare alla cena. Ormai solo un sottile strato di nevischio lo copriva quasi per intero, tanto era il tempo che non nevicava nel villaggio. In realtà al momento sembrava solo una fresca primavera, forse non era così impossibile che crescessero fiori insoliti o che vi fosse il Sole caldo in fondo.
<< Tarì, tu non sei un po’ preoccupata per il fatto che a Faysnow non nevica più da giorni? >>
<< Effettivamente, ora che mi ci fai pensare, un po’ mi preoccupa. Comunque c’è chi ci sta lavorando a Snowfactory se non mi sbaglio … Non credo dovremmo essere noi quelli in ansia, perciò rilassati e goditi la tua malva prima che sia troppo calda per i tuoi gusti! >> fece l’elfa sorridente all’indirizzo dell’amico che, sbuffando, era tornato a sorseggiare il suo infuso.
Ed ecco l’ennesima persona che era convinta non ci fosse nulla di strano nel fatto che non nevicasse più da giorni. Perché solo lui si preoccupava dell’incolumità dei Nevici in tutto il paese? Perché nessuno si accorgeva della gravità della situazione?
All’improvviso Tarì lo spinse sotto il tavolo con forza, facendolo quasi strozzare con l’infuso che stava cercando di finire tra un pensiero e l’altro.
Tossicchiando cercò di guardare cosa avesse fatto agitare l’amica fino a quel punto: perché mai voleva nasconderlo?
La risposta non si fece attendere. Sirdan, incurante del potenziale pericolo, aveva tirato fuori di nuovo la testa da sotto il tavolo, e subito aveva incrociato a pochi centimetri dal suo naso gli occhi di Beren.
Quello sguardo geloso e arrabbiato non prometteva nulla di buono e, al momento, Sirdan poteva cavarsela solo deglutendo l’ultimo sorso d’infuso alla malva che non era riuscito a godersi poco prima.
   
 
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