Entrato per
le porte di quella cittadina si girò indietro, per
assicurarsi che nessuno lo
seguisse, e tutto d’un tratto si ritrovò tra le
braccia una bellissima ragazza
dai corti capelli castani, con un vestito senza spalline, un corpetto
bianco e
delle frappe di pizzo nero nella gonna bianca. Aveva anche un cappello
nero a
cilindro, leggermente
calato sugli
occhi.
Impaurita,
scappava da quattro briganti che volevano rapirla. Gli chiese aiuto e
il
principe, coraggiosamente, sguainò la sua fedele spada,
facendola danzare in
aria. I ladri fuggirono in fretta sui loro cavalli.
Questa
bellissima creatura, Merlè, lo invitò nella sua
elegante e graziosa reggia, per
ufficiali ringraziamenti.
I genitori,
il re e la regina, erano belli forse quanto la figlia, lei aveva preso
i
migliori tratti di uno e dell’altra, due bellissimi occhi
profondi e neri come
quelli della madre, una squisita bocca carnosa come il padre, le gambe
snelle e
lunghe come entrambi, una simpatia ironica dalla madre e un modo unico
di
chiacchierare come quello del padre.
Al seguito di un’intensissima chiacchierata i tre si
accorsero che l’ora di
cena era orma giunta e chiesero, sempre gentilmente, ai camerieri, di
preparare
un pasto sfizioso quanto la compagnia del principe.
Dopo quella squisita cena invitarono il cavaliere a restare per la
nottata.
Questo, entusiasta, accettò l’invito.
La camera a lui affidata era appena accanto a quella di
Merlè. Dopo un faticoso
addormentamento per il lungo pensare alla principessa si
svegliò a notte fonda
sentendo un terribile
e fastidioso
ronzio. Non comprese la sua origine fino a quando non si
affacciò alla finestra
e capì solo allora che quel fastidioso rumore non era altro
che il russare
della graziosa principessa. Pensò subito al momento della
luna di miele dopo il
matrimonio, a come avrebbe fatto a dormire con lei al suo fianco. Preso
dall’agitazione legò la coperta, il lenzuolo e il
coprimaterasso creando una
fune di fuga e discese dalla finestra.
Raggiunto il bosco vi entrò con una lieve paura. Infatti,
circondato dalla
nebbia, si perse e, irato come non mai, visto la calma che lo
assecondava
solitamente, si diede alla pazza
gioia
prendendo a calci, come principe furbissimo, un albero. Peccato che
questo era
una sequoia di circa due secoli e che, al suo interno, ospitasse una
famigliola
di scoiattoli infetti dalla rabbia. Questi se ne uscirono furiosi e
presero a
mordere la gamba sinistra del principe. Riuscito a staccarli con la
forza, si
riparò in un albero cavo. Per l’ennesima volta la
sfortuna lo assistette e le
bellissime e candide nubi, che riusciva ad osservare dal posticino che
si era
riservato, diventarono enormi e non più candide ma
bensì di un grigio cinereo e
iniziarono a perdere goccioline finché non le ebbero
lasciate tutte. Finalmente
riuscì ad addormentarsi.