Questi personaggi non mi appartengono,
ma sono proprietà di Stephenie Meyer. Questa storia è stata scritta senza alcun
scopo di lucro.
Eccomi qui…sono
tornata. Ci tenevo a ringraziare tutti voi, voi che mi avete continuato a
supportare nonostante sia passata una vita dall’ultima volta che ho postato un
capitolo, voi che mi avete sostenuto e che nonostante tutto vi siete mostrati
pronti ad aspettarmi. Lo so, ci ho messo parecchio, ma sono stata incasinata e
sono successe un bel po’ di cose nella mia vita ultimamente. Spero di riuscire
ad essere più veloce stavolta, in tutti i casi eccovi un capitolo appena
sfornato. Vi anticipo solo che il prossimo sarà un capitolo abbastanza
transitorio, mentre quello dopo ancora darà importantissimo ai fini della
storia. Grazie davvero, senza il vostro supporto non so se avrei avuto la
spinta di continuare a scrivere.
Capitolo 45
La storia di Bella (Parte
I) – pov Edward
POV EDWARD
- Edward stai bene? – mi chiese lui accorgendosi
che qualcosa non andava.
Non risposi subito, conscio che la mia voce
sarebbe risultata storpiata, poi mi grattai la gola e provai a dire qualcosa.
- Si Jake, va tutto bene, continua – lo
esortai.
- Forse è meglio se continuiamo un’altra volta.
Lo so che è dura da reggere tutta in una botta sola – mi spiegò.
- Si è dura, molto più di quello che avrei
creduto possibile, ma ho causato io tutto questo, solo ed esclusivamente io,
quindi riprendi da dove hai interrotto. Non ci muoviamo di qui fin quando non
avrai finito – gli dissi serio come non lo ero mai stato.
Dovevo sapere tutto, anche a costo di maledirmi
dopo, ma dovevo sapere.
- Come vuoi. Dopo la nascita i bambini
crescevano a vista d’occhio, erano entrambi molto svegli ed erano quasi simbiotici.
Se uno dormiva la notte, l’altra dormiva il giorno e viceversa. Più passavano i
giorni e più ti somigliavano. Bella mi aveva fatto vedere un sacco di foto di
te e mi bastava guardare quei due per ripensare a te e a volte credimi non era
facile. Ci sono stati momenti in cui sarei volentieri venuto a Jacksonville per
spaccarti la faccia. Anche Bella si rendeva conto della somiglianza e ogni
giorno cercava di individuare in loro un particolare comune a lei, ma non era
facile, erano la tua fotocopia. È stato in questo periodo che io e lei ci siamo
uniti sempre di più finchè una sera, non so bene nemmeno come successe, ma ci
baciammo. Provammo a stare insieme, ma non durò più di due mesi – mi raccontò e
mi irrigidì subito.
Era un tasto dolente quello, pensare a lei che
stava con qualcuno mi faceva impazzire di gelosia, era sempre stato così, anche
prima che io e Bella ci mettessimo insieme. Era come se solo a me fosse stato
concesso vederla, toccarla, sentirla mia in ogni modo possibile.
- Tralasciamo questo punto, non mi va di sapere
cosa avete fatto. È già fastidioso così – riuscii a dire e mi stupii io stesso
di averlo fatto.
Era stato come ammettere di essere ancora
geloso di lei, ma poco mi importava in quel momento. Sapevo che non erano
andati a letto insieme perché Bella era stata chiara nel diario, ma la cosa mi
infastidiva lo stesso.
- Come vuoi mister gelosia – mi schernì Jake.
- Non è divertente – lo rimproverai.
- Infatti. Proprio per questo ti consiglierei
di darti una svegliata, sai com’è, Bella è una ragazza bellissima e lì fuori
farebbero a gara per conquistare il suo cuore e non è detto che lei continui a
non permetterlo a nessuno – iniziò a dirmi.
Mi resi conto che aveva ragione, ma allo stesso
tempo non era un discorso che mi premeva di affrontare adesso, erano altre le
cose che volevo e dovevo sapere.
- Lo so Jake, lo so benissimo, ma adesso
continua – lo esortai.
- Restammo insieme solo due mesi, non ci
spingemmo oltre i baci perché arrivammo a renderci conto che quello che ci
teneva uniti era amore fraterno e che restare insieme avrebbe rovinato tutto,
era quasi incestuoso per noi finire a letto insieme. Ci siamo accorti che stare
insieme era un modo sbagliato per cercare di risolvere la situazione e così è
finita. Da allora, però, ci siamo uniti ancora di più diventando quasi due
facce della stessa medaglia. Nel frattempo i gemelli crescevano un giorno per
due, svegli e vivaci come non mai e più loro crescevano più Bella diventava
irrequieta. Sapeva che durante la gravidanza aveva preso la scelta sbagliata
cioè quella di non dirti nulla e se prima quella scelta gli sembrava azzeccata
adesso che vedeva i bambini, che li coccolava, che gli stava accanto, che li
aiutava a crescere si accorgeva di aver sbagliato. Spesso la sera, dopo che li
metteva a letto, ci mettevamo entrambi sul divano a guardare la tv e in quei
momenti la vedevo crollare come argilla. Si lasciava andare al pianto e si
accusava di essere egoista perché ti stava tenendo lontano da qualcosa che tu
forse avresti potuto volere, che stava tenendo lontani loro da te. Diceva che
quegli erano gli anni che un genitore non vuole perdersi e lei te li stava
facendo perdere. Sul fronte lavorativo, invece, le cose andavano un po’ meglio.
Aveva trovato un altro lavoro sempre in una redazione di giornale e lì pian
piano iniziavano a farle scrivere qualcosa. Nulla di eccessivo, anche perché
era un giornale poco conosciuto, ma se la cavava alla grande considerato che
spesso lavorava a casa per non allontanarsi dai bambini. A livello emotivo,
però, stava avendo un crollo, un crollo che la gravidanza gli aveva fatto
superare. Ha ripreso con i tranquillanti, ma in piccole dosi e solo in casi di
estrema necessità. Lo faceva di nascosto, ma io sapevo che li usava perché la
controllavo sempre anche quando lei non se ne accorgeva. Non ne ha mai più
fatto un abuso vista l’esperienza orribile che aveva avuto durante la
gravidanza, ma ogni tanto uno la aiutava e non gli ho mai fatto pesare troppo
la cosa. I giorni passavano e così le settimane e i mesi e più l’orologio
girava più lei sentiva la mancanza di tutti voi. Voleva condividere con te, con
la tua famiglia quanto di bello la vita gli avesse dato, ma non riusciva a
farlo. Capisco se tu la consideri egoista, fidati, a volte, l’ho considerata
così anche io, ma per la gioia di un figlio, per proteggerlo da qualunque cosa
possa ferirlo un genitore sarebbe disposto a fare qualunque cosa. Ci sono cose
della vita di Bella, del suo privato più intimo che non ha permesso nemmeno a
me di conoscere, ma qualcosa l’ha sempre turbata più del dovuto – provò a
spiegarmi con calma.
- Che vuoi dire? – domandai curioso.
- Tante piccole cose, piccoli segreti che non
ha mai voluto confessarmi. Ad esempio durante le feste di Natale per un giorno
intero spariva senza dire dove andasse. L’ha fatto da sempre, da quando la
conosco praticamente, tutti i singoli anni. Non so bene cosa facesse o dove
andasse e non ho mai insistito per saperlo perché capivo che era qualcosa di
intimo, ma credimi mi sono cervellato per tanto tempo pur di capirlo. Alla fine
ci ho rinunciato – mi raccontò perso chissà in quali pensieri.
Quando Jake mi raccontò dell’episodio mi venne
subito in mente ciò che avevo letto nel diario di Bella. Lì aveva scritto che
andava a trovare “l’uomo dei bucaneve” e ricordavo perfettamente che queste
visite erano state fatte tutte nel mese di Dicembre. Coincidenza? No, di sicuro
c’era sotto qualcosa e quell’uomo di cui aveva scritto Bella nel suo diario non
era altro che il motivo della sua assenza ingiustificata agli occhi di Jake.
Quello che, però, mi premeva di sapere adesso
era solo una cosa. Chi diavolo era “l’uomo dei bucaneve”? E cosa c’entrava con
Bella? Perché lei andava a trovarlo tutti gli anni?
Cercai di non mostrarmi irrequieto agli occhi
di Jake, in fondo lui non sapeva nulla della mia lettura al diario di Bella e
non doveva certo scoprirlo.
Non dissi nulla e lui riprese a parlare
perdendosi in altri ricordi.
- Quando i piccoli erano grandi abbastanza per
iniziare a parlare non faceva altro che fargli ripetere la parola “papà” e non
puoi immaginare i lacrimoni che gli uscivano fuori tutte le volte che i bambini
pronunciavano quella parola. Era davvero qualcosa di speciale, credimi.
Comunque le cose andavano decisamente meglio. Bella si stava realizzando a
livello professionale e anche a livello genitoriale, fino a quando, un giorno,
tua sorella non le ha fatto una chiamata, un chiamata che l’ha scombussolata
profondamente – mi raccontò.
- Gli ha detto che ero tornato, non è vero? –
provai a ipotizzare.
- Esatto. Voleva che Bella tornasse a casa e
che entrambi chiariste la situazione e gli raccontò del fatto che eri spento,
che guardavi continuamente le vostre foto e che dormivi nella camera che i tuoi
avevano sistemato per Bella tutte le volte che lei restava a dormire da voi. Ha
cercato di mostrarsi forte alla notizia, ma io sapevo che dentro stava morendo
e lo si capiva già da come evitava tutte le chiamate da parte di qualcuno della
tua famiglia. Si manteneva a distanza da loro quasi come se avessero la peste
e, forse, in fondo era come se l‘avessero davvero. Loro rappresentava te e tu
per lei eri una malattia dalla quale ancora non era riuscita a curarsi del
tutto. Gli ho sempre detto che tu per lei eri come la droga, la sua qualità
preferita di eroina e credimi lo penso sinceramente. Pian piano la vedevo
sempre più sulle nuvole e quando le facevo qualche domanda si metteva a sognare
ad occhi aperti raccontandomi di come sarebbe stata la vostra vita assieme se
solo foste tornati insieme. Un giorno ha pure chiamato a casa e gli hai
risposto tu. È rimasta in silenzio, ma ha sognato la tua voce tutte le notti a
seguire per non so quanto tempo svegliandosi spesso in preda agli incubi –
continuò lui come se stesse leggendo quella storia da un libro.
- È assurdo – riuscii a dire quando lui fece un
attimo di pausa.
- Cosa? – mi chiese curioso.
- Tutto ciò che ho fatto dopo la morte di James
l’ho fatto per permettere a lei di vivere una vita più serena, una vita che io
non potevo darle, non in quel momento almeno. E invece? Invece le ho fatto
passare anni di inferno, quando la realtà era che potevamo affrontare quel
dolore insieme, uniti come lo eravamo sempre stati – gli spiegai.
- Hai fatto degli errori, tutti noi ne
facciamo, ma sei ancora in tempo per recuperare – mi disse lui con il chiaro
intento di consolarmi.
- Non lo so Jake, inizio a credere che forse
certi errori non si possono recuperare. Conosco Bella da sempre e siamo stati
tutto l’uno per l’altra da quando i nostri occhi si sono incontrati. Sono stato
il suo migliore amico, un fratello, un confidente, un porto sicuro, un
fidanzato, tutto ed è per questo che non so se tutti questi anni possono essere
cancellati. Io non l’ho delusa solo come fidanzato, ma l’ho fatto come ogni
singola cosa sono mai stato per lei – gli confidai vergognandomi a dire quelle
cose a voce alta.
Non era facile.
- È proprio per questo che dico che non è
tardi, che potete recuperare. Voi due non siete due semplici persone che sono
state insieme, voi avete passato la vostra vita l’uno accanto all’altra, vi
siete protetti e aiutati a vicenda, vi siete confidati a vicenda, avete
litigato e fatto pace, urlato e sorriso, odiato, amato. È troppo forte il
vostro legame e io me ne sono reso conto il giorno in cui vi ho visti insieme.
Il giorno in cui siamo arrivati a Jacksonville per il matrimonio di Alice e tu
sei arrivato. In quel momento ho capito davvero che legame avevate ed è stato
allora che mi sono reso conto del perché Bella sia stata così male, del perché
lei non sia riuscita a scindere il legame che vi univa. Edward non è tardi, non
è mai tardi per fare la cosa giusta – mi rivelò sorridendomi appena.
Non sapevo cosa rispondergli, cosa dirgli e per
questo chinai il capo e restai in silenzio per un po’, rompendolo solo quando
mi resi conto che quella situazione stava diventando imbarazzante.
- Cosa è successo dopo? – domandai.
- I bambini crescevano e le responsabilità di
lavoro di Bella aumentavano e gli veniva più difficile far coincidere lavoro e
bambini. Spesso li lasciava a me quando non lavoravo e quando entrambi non
potevamo tenerli, Bella, li affidava alla signora Brawn, una cinquantenne che
viveva al piano di sotto. Era vedova e i suoi figli abitavano lontano. Un
giorno si offrii di tenere lei i bambini, diceva che gli tenevano compagnia e
si sentiva meno sola. La conoscevamo da quando ci eravamo trasferiti e sapevamo
di poterci fidare. I bambini la adoravano. Quando compierono tre anni, però,
Bella decise di mandarli all’asilo, non voleva approfittarsi oltre della gentilezza
della signora. Pensava che fosse facile, che non ci sarebbero stati problemi e
fondamentalmente all’inizio non c’è ne furono, non per i dirigenti almeno. Lo
stesso, però, non poteva dirsi per i genitori dei bambini che frequentavano
l’asilo - iniziò a raccontare Jake e vedendo la sua espressione mi resi conto
come quello che avrebbe raccontato di lì a breve non mi sarebbe affatto
piaciuto.
Ricordavo che Bella nel diario aveva scritto di
non aver potuto mandare i gemelli all’asilo e, forse, stavo per scoprire
perché.
Guardai Jake e lo esortai a continuare a
parlare e così fece.
- Bella li accompagnava tutti i giorni e quando
non poteva lei ci andavo io. Fin qui niente di strano se non che un giorno,
all’uscita, corsi a prendere i bambini. Ero in ritardo di una decina di minuti
visto che avevo avuto un imprevisto in officina, allora facevo ancora quello di
mestiere. Quando arrivai trovai i gemelli che giocavano insieme ad altri tre
bambini i cui genitori di sicuro erano in ritardo come me. Insieme a me entrò
la mamma di uno di quei bambini, quando Lizzie mi corse incontro mi chiamò zio
Jake e quella donna mi guardò strano. Dissi ai piccoli di andare a prendersi il
giubbotto e rimasi fermo lì. Mi si avvicinò quella donna e credimi se ti dico
che bastava guardarla per leggere nel suo sguardo tutta la cattiveria che
aveva. Mi domandò come mai i bambini non mi chiamassero papà e le spiegai che
non lo ero e allora mi chiese come mai il padre non venisse mai a prenderli. Stavo
per risponderle quando Ej mi raggiunse e sentendo le parole della signora
rispose al mio posto dicendo che loro un papà non c’è l’avevano. Erano ancora
piccoli e Bella non aveva spiegato loro niente di te, è stato in seguito a
questo fatto che raccontò loro della bugia del papà che lavorava lontano – mi
spiegò cercando di raccontare ogni particolare.
Si fermò un attimo come se gli facesse schifo
raccontare quella storia e iniziavo a capire il perché.
- Che successe poi? Avanti Jake non farmi stare
con il dubbio – lo esortai a continuare.
- Da allora Bella iniziò ad essere additata.
Aveva solo 23 anni allora e due bambini di tre anni da crescere, non aveva una
famiglia a cui appoggiarsi, ma iniziava a fare carriera. Non era certo la mamma
ideale per chi non la conosceva e soprattutto non lo era per quelle trentenni
in carriera e ricche sfondate come erano quelle madri. Bella non fece caso a
tutte le dicerie che uscirono fuori sul suo conto e credimi ne uscirono tante,
cose orribili, mamme che la guardavano dalla testa ai piedi come fosse chissà
quale mostro e altre, invece, che la guardavano con pietà considerando i
gemelli i responsabili della rovina della sua vita. Non so perché reagirono
così, insomma, siamo in tempi moderni, ma quelle donne erano davvero subdole.
Credo che fossero solo invidiose, vedevano in Bella quello che forse avrebbe
voluto essere loro. Donne che si erano costruite qualcosa da sole e non per via
di un matrimonio di interesse come era il loro. Sono fermamente convinto che è
questo che vedevano in lei. Comunque, sta di fatto, che aizzarono i figli
contro i piccoli e i gemelli spesso e volentieri tornavano a casa con i
lacrimoni, soprattutto Lizzie, dicendo che a scuola venivano presi in giro e
molti bambini non volevano neppure giocare con loro. La loro fortuna era che
erano in due, uniti in modo indissolubile e questo li ha aiutati parecchio. Un
giorno, mentre Bella era a lavoro, le arrivò una chiamata dalla direttrice che
le chiedeva di correre a scuola perché Ej aveva litigato con un bambino. Mi
chiamò e corsi a scuola il prima che potei. Lei era già lì e aveva parlato con
le maestre – mi raccontò.
- Perché mai Ej avrebbe dovuto litigare con un
bambino? È un tipo tranquillo – dissi più a me stesso che a lui.
- Lo è, ma sa diventare molto “pericoloso”
quando qualcuno gli tocca i suoi punti deboli – mi fece notare Jake.
- Lizzie e Bella – dissi a voce alta
consapevole che fossero quelli i suoi punti deboli.
- Esatto. Quel bambino aveva preso in giro sua
sorella ripetutamente e lui si limitò a difenderla. Da lì nacque una lite.
Furono convocati i genitori di entrambi i bambini per capire bene cosa fosse
successo. Ej aveva iniziato la lite e se non fossero intervenute le maestre con
ogni probabilità quei due si sarebbero presi a botte. Bella chiese a Ej perché
si fosse comportato in quel modo e lui gli spiegò che quel bambino aveva preso
in giro Lizzie e le aveva fatto lo sgambetto facendola cadere a terra, lui si
era arrabbiato e gli era andato contro. “Mia sorella non si tocca” si era giustificato
senza giri di parole. Aveva solo tre anni, ma il piccolo ha sempre avuto in
chiaro le sue idee e i suoi modi di vedere. Vuoi o non vuoi si è sempre sentito
l’unico maschio di casa – mi spiegò perdendosi completamente nei ricordi.
Mi resi conto che con molta probabilità se ci
fossi stato io tutto questo non sarebbe successo. Ej era solo un bambino, non
era lui che doveva prendersi cura della sua famiglia, non ancora almeno.
- E quindi cosa successe? – domandai curioso.
- L’altro bambino disse che non era vero.
Lizzie allora mostrò il ginocchio sbucciato che si era provocata con la caduta,
ma ovviamente era la parola dei gemelli contro quella del bimbo. Non ti serve
che ti dica che era il figlio di una delle famiglie più prestigiose che
frequentava l’asilo, i gemelli, invece, erano figli di una donna che faceva
sacrifici enormi per riuscire a portare dei soldi a casa e far vivere in modo
dignitoso i suoi figli. Bella ovviamente si schierò dalla parte di Ej, si scusò
con i genitori per il comportamento del bambino, ma era certa che Ej avesse
agito in quel modo perché davvero il bambino aveva fatto cadere la sorella. Fu
allora che la madre del bambino iniziò a dare di matto dicendo che con ogni
probabilità era stato lo stesso Ej a far cadere la sorella per poi dare la
colpa a suo figlio. Disse che il piccolo era un bambino violento e del resto la
colpa non era certo dei bambini, ma di lei che non sapeva educarli. Se ne uscii
fuori con una frase del tipo: “è questo che succede quando i figli vengono lasciati
allo sbaraglio”. A quel punto Bella non c’è la fece più, chiese alla direttrice
di fare qualcosa, ma lei scrollò le spalle e fece passare tutto sotto silenzio.
La famiglia era molto ricca e offriva molte donazioni alla scuola, quindi,
tutto passò liscio come l’olio per il bambino, mentre tutta la colpa ricadde su
Ej. Ovviamente il bambino fu giustificato con il fatto che aveva solo tre anni,
non capiva bene e tutto si risolvette, ma Bella decise quello stesso giorno di
ritirare i bambini dall’asilo. Quella era stata la goccia che aveva fatto
traboccare il vaso – mi raccontò tutto d’un fiato Jake.
- È semplicemente vergognoso tutto questo –
dissi letteralmente sconvolto da quello che avevo sentito.
Faticavo perfino a crederci.
- Non è ancora finita. Quando qualche giorno
dopo Bella tornò in quella scuola per firmare i moduli del ritiro incontrò
fuori la madre di quel bambino insieme ad un'altra. Quando videro Bella
iniziarono a parlottare tra loro, così lei si avvicinò e disse loro che
potevano pure smettere di fare comunella, tanto non l’avrebbero rivista mai più
né lei né i gemelli. Quella allora prese a ridere sguaiatamente e iniziò a
provocarla facendola sentire una persona di infima categoria per poi concludere
dicendo che in quell’asilo privato non c’era spazio per dei figli bastardi –
continuò Jake.
- Ti prego, dimmi che non è vero. Non può
averlo detto – dissi alzando leggermente il tono di voce e stringendo i pugni
fino a farmi male alle nocche.
I miei figli non erano dei bastardi.
- L’ha fatto invece, ma si è beccata un pugno
in faccia da Bella, la quale le ha urlato che nessuno poteva permettersi di
offendere i suoi figli e che il figlio di lei aveva evitato di passare per
quello che realmente era solo perché suo marito aveva sganciato un assegno. Da
quel giorno in poi Bella non ha più voluto mandare i bambini da nessuna parte.
Li teneva lei quando non lavorava oppure li lasciava a me. Quando nessuno di
noi poteva tenerli aveva ripreso a lasciarli dalla signora Brawn, questo fino a
quando qualche mese dopo non ha preso il posto a Vogue. Da allora è riuscita a
gestire sempre tutto e i bambini sono rimasti con lei e con me – mi spiegò
serio.
- Ma è una cosa assurda, cioè voglio dire non
siamo mica ai tempi delle pietre – provai a dire del tutto sconvolto.
- Lo so, ma al mondo esiste ancora gente
ignorante e purtroppo all’ignoranza non c’è medicina. Comunque qualche tempo fa
Bella ha avuto la sua rivincita su quella donna – mi disse.
- Davvero? E come? – domandai curioso ed
eccitato allo stesso tempo.
Non sapevo cosa fosse successo, ma se Bella
aveva avuto la sua rivincita non potevo che essere orgoglioso di lei. Cazzo
quella donna aveva dato dei “bastardi” ai miei figli.
- Qualche mese fa in ufficio di Bella la sua
seconda assistente ha abbandonato il lavoro a causa di un trasferimento e visto
che il posto era vacante sono venute delle persone per fare i colloqui. Una
mattina si è presentata in ufficio di Bella proprio quella donna. Quando vide
che il suo posto di lavoro dipendeva da una scelta di Bella non hai idea la
faccia che ha fatto. La signora aveva appena divorziato dal marito che era
scappato in un altro Stato insieme ad una nuova fiamma lasciandola sola con un
bambino a carico. La donna non aveva le giuste competenze per svolgere quel
lavoro, ma Bella non disse a lei che il motivo per cui non veniva assunta era
quello, ma mentii. Le disse che in quella rivista non c’era spazio per mamme
single che avevano a carico dei figli, c’era già Bella e una donna in quella
situazione bastava e avanzava. Ricordo ancora l’espressione di lei quando, una
volta tornata a casa, mi raccontò tutto, un’espressione della serie: “toccatemi
tutto tranne i miei figli” – mi rivelò con espressione che sembra un misto di
soddisfazione e orgoglio, un’espressione che doveva essere lo specchio della
mia.
- Dopo quest’esperienza, quanto successo
all’asilo intendo, è cambiato qualcosa nei bambini? – domandi preoccupato.
- No, erano troppo uniti perché cambiasse
qualcosa, ma iniziarono a fare qualche domanda in più sul papà. Fu allora che
Bella inventò quella bugia sul fatto che lavorasse lontano, che poi non era
nemmeno una vera e proprio bugia. Bella ha sempre cercato di non fare mancare
loro nulla, gli ha fatto da mamma e papà allo stesso tempo, ma non era facile
soprattutto per due bambini come loro che sono vulcani di energia e che
facevano mille domande. Ad un certo punto, però, hanno smesso. Pur essendo
piccoli capivano che l’argomento rendeva triste la mamma e quindi evitavano
categoricamente, anche se, comunque, ogni tanto il discorso usciva fuori – mi
spiegò.
Mi resi conto che doveva essere stato difficile
per Bella, forse le vere e proprie difficoltà per lei era nate soprattutto
quando i bambini avevano iniziato a capire, quando doveva inventare mille scuse
pur di non rivelare che razza di comportamento aveva avuto il loro padre. E io
non mi ero curato di tutto questo, ero partito sparato a zero dandogli contro,
senza capire che era stato difficile per lei, che aveva dovuto affrontare una
situazione più grande di lei e l’aveva fatto da sola, solo con l’aiuto di un
amico che conosceva da poco rispetto alla sua famiglia che, invece, gli era
stata vicina da una vita.
Nonostante questo, però, aveva tirato su dei
figli perfetti e c’è l’aveva fatta da sola nonostante tutte le difficoltà che
la vita gli aveva messo di fronte.
- Cosa è successo dopo? – domandai per farmi
finire di raccontare tutto.
- Successe che lasciò il suo vecchio lavoro al
giornale dopo essere stata assunta nella direzione di Vogue. È stata messa in prova
per un mese, ma ha superato quel periodo brillantemente e finalmente la sua
carriera giornalistica è iniziata a pieno ritmo. Da allora le cose nella sua
vita sono andate meglio, ha cercato di imparare a convivere con la tua assenza
e nonostante questo facesse male c’è l’ha fatta. Ha pensato solo ai bambini
senza tralasciare nulla. Ha perfino pensato al documento di tutela nel caso gli
succedesse qualcosa, ma questo lo sai già – mi disse sorridendomi.
- Si, su questo so tutto, non serve che ti
soffermi nei dettagli – gli risposi.
- Beh c’è davvero poco altro da dire. In quel
periodo ha iniziato ad aprirsi di più al mondo, ogni tanto usciva con delle
colleghe di lavoro e si destreggiava tra i vari corteggiatori trovando ad
ognuno un difetto solo per non voler ammettere che nessuno di loro eri tu. Nel
frattempo anche io ho ricevuto una promozione e avendo più tempo con i bambini
era più semplice. Quando lei non poteva restavano con me. Ovviamente i momenti
di tristezza non mancavano. Ricordo che, un giorno, Rosalie le mandò un’e-mail
con le foto del compleanno di Sarah. Pianse come non faceva da tempo, c’eravate
tutti, compreso tu che ti spupazzavi la piccola e piangendo ricordo che mi
domandò perché i suoi bambini non potevano essere fortunati come Sarah. Non
seppi risponderle anche perché sapevo che nonostante io e lei cercavano di
essere una famiglia per i gemelli, non potevamo mai paragonarci ad una vera
famiglia come lo eravate tutti voi. La sera, in compenso, li faceva
addormentare raccontandogli la vostra storia e modificandola nella parte finale
per renderla una fiaba. I bambini la adoravano. Ci sei stato sempre Edward,
anche se non fisicamente. Loro ti hanno sentito, lei ti sentiva – mi rivelò
mettendomi una mano sulla spalla.
- È una situazione assurda, giuro. Potevamo
avere la vita più magnifica che due esseri umani potevano desiderare, invece,
abbiamo mandato tutto alla malora – dissi più a me stesso che a lui.
Ci eravamo rovinati la vota senza un vero,
reale motivo.
- Lo ripeteva spesso anche lei, questo. Ricordo
che una volta, durante quel periodo, è venuta a Jacksonville con il chiaro
intento di rivelarti tutto, ma qualcosa l’ha bloccata vedendoti. Non so bene
cosa, non me ne ha voluto parlare, ma deve aver visto qualcosa che le ha fatto
cambiare idea – mi spiegò e subito ripensai a ciò che lei aveva scritto nel
diario.
Sapevo perfettamente perché se ne era andata.
Diceva che nel mio sguardo aveva capito che non ero ancora pronto, che non
avevo superato nulla del passato.
- Se solo lo avesse fatto. Se solo quel giorno
fosse stata più coraggiosa – rivelai a me stesso consapevole che in passato
anche io aveva mancato di coraggio.
Si, l’avevo fatto proprio nel momento in cui
arrivato in aeroporto l’avevo vista con Jake ed ero scappato via senza andarle
incontro. Ero stato uno stupido. Chissà quante sofferenze ci saremmo
risparmiati entrambi se quel giorno fossi stato più coraggioso e meno codardo.
- Poi ci fu la promozione per lei. Divenne
vicedirettrice e i suoi orari divennero improponibili. Lavorava come un mulo,
ma riusciva comunque a equilibrare lavoro e figli. C’è sempre riuscita. Ricordo
che fu allora, una volta iniziato ad inglobare il lavoro, che mi disse che si
era accorta che non ti amava più, che si sentiva legata a te solo per via dei
bambini. Non ci ho mai creduto, ma non l’ho dato a vedere. Facevo finta di
crederci, solo quando è tornata a Jacksonville per il matrimonio di Alice ha
ammesso di aver mentito, che non era vero che non ti amava, che il suo
sentimento era sempre rimasto intatto. Credo lo facesse per proteggersi, per
auto convincere se stessa della cosa. E poi, un giorno, è arrivato l’invito al
matrimonio. Non voleva venire, ma quando Alice e Jasper sono andati in ufficio
pregandola di andare, non se l’è sentita di rifiutare. “Quella è la mia
famiglia” mi disse “ci sono sempre stati quando ne avevo bisogno, adesso devo
esserci io per loro”. Non scorderò mai quelle parole. Abbiamo preso l’aereo e
siamo arrivati a Jacksonville. Tante volte, durante quelle due settimane,
avrebbe voluto dirtelo, ma alla fine non c’è l’ha fatta. Quando si era decisa a
farlo, la sorella di Tanya le ha fatto diciamo il lavaggio del cervello e ci ha
rinunciato. Lo sai che Bella è sempre stata così. Lei pensa sempre prima agli
altri e solo dopo a se stessa. Quanto al resto della storia credo che tu lo
conosca già – concluse lui bevendo l’ultimo sorso di birra.
Provai a dire qualcosa, ma le parole sembravano
morirmi in gola, non riuscivo a parlare, ad esprimere a parole quelle che
provavo, il turbinio di emozioni che si era impadronito del mio corpo. Ero
sconvolto per quanto avevo sentito, stavo male per tutto quello che avevo
causato a Bella, mi sentivo in colpa per averla trattata in quel modo curandomi
solo del mio dolore e poco del suo.
Mi ero comportato come un’idiota, come un
emerito stronzo. Aveva ragione Alice, quando qualche tempo prima, dopo aver
scoperto di Boston, mi aveva accusato di essere un essere ignobile ed
egocentrico. Si, aveva ragione. Ero stato accecato dal risentimento di tutta
quella situazione che non mi ero curato degli altri, ma solo di me, come se
tutto il mondo girasse intorno a me.
Restammo in silenzio per un po’, poi Jake,
vedendo che non ero intenzionato ad aprire bocca riprese a parlare.
- Questo è tutto, adesso sai la verità, tutta la
verità, tutto quello che c’era da sapere, una verità che avrei preferito tu
sapessi prima. Quando
quella sera ti sei presentato nel suo ufficio dopo che avevi scoperto la
verità, Bella mi ha raccontato cosa vi siete detti, cosa tu le hai detto e credimi
quella volta ero decisamente arrabbiato con entrambi. Con te perché non ti eri
curato di capire i motivi reali del suo comportamento e con lei perché non ti
aveva detto nulla di ciò che aveva passato. Le ho detto che ti avrei parlato
io, ma lei me l'ha impedito. Non voleva che tu sapessi tutto quello che ha
passato, non voleva farti soffrire con il suo dolore, ma era giusto che tu
sapessi queste cose, finora ho rispettato la sua volontà ma quella di stasera è
stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Credimi, raccontandoti la
verità non mi aspetto che questa cambi le cose, neanche lei dopo stasera se
l'ha aspetta, ma era necessario che tu sapessi tutto quello che è successo –
prese a dire guardandomi fisso negli occhi.
- Jake… – provai a dire, ma lui mi interruppe.
- No Edward, aspetta. Fammi finire. Non voglio
sapere cosa pensi, né se qualcosa in te è cambiato dopo aver parlato, non sono
io che devo saperlo, quindi non dire nulla. Non mi sono mai intromesso nella
vostra storia, ma visto che, ormai, ti ho detto tutto ti dico anche un’ultima
cosa. Io lo so che tu la ami e che se non l’hai ancora perdonata non è certo
per mancanza di amore, ma sta attento a non tirare troppo la corda. Bella è una
persona complicata, dovresti saperlo meglio di chiunque altro. È capace di dare
anima e corpo a qualcuno, ma quando arriva a prendere una decisione credendoci
con tutta se stessa allora è la fine perché non torna mai indietro. Non farla
arrivare al punto di prenderla questa decisione, non permettere che decida
davvero di buttare una pietra sopra alla vostra storia perché se così sarà non
tornerà indietro. Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che la
rabbia, con il tempo, scompare, ma l’odio, quello vero, è difficile da
estirpare – concluse Jake serio più che mai.
- Ho fatto un sacco di…- provai nuovamente a
dire.
- Edward no, davvero, non dire nulla. Rifletti
su quello che ti ho detto e prendi la decisione che credi sia quella più
giusta. Non sprecare le parole adesso, non servirebbe – mi disse per poi
controllare l’ora – cavolo sono già le tre del mattino, conviene tornare a
casa. Domattina devo essere al lavoro molto presto e tu hai un aereo da
prendere – continuò lui sorridendomi.
- Si, hai ragione. È meglio tornare a casa –
riuscii solamente a dire.
Nel silenzio più tombale ci dirigemmo verso
casa. Quando raggiungemmo il pianerottolo, Jake si dileguò nel suo
appartamento, mentre io entrai in quello di Bella.
Regnava il silenzio più assoluto, del resto era
molto tardi. Controllai i bambini e notai che erano entrambi a letto che
dormivano placidamente, poi mi diressi in camera di Bella che stranamente
trovai socchiusa segno che era uscita dalla stanza dopo che io e Jake eravamo
andati via.
Ciò che vidi mi fece stringere il cuore. Bella
era rannicchiata
in modo orizzontale al centro del letto in posizione fetale. Mi avvicinai
cercando di non fare rumore e mi resi conto come le sue guance erano ancora
rigate dalle lacrime e le lenzuola bagnate segno che doveva aver pianto come
una fontana. Mi sedetti sul letto facendo attenzione a non svegliarla e le
asciugai le lacrime dal viso con estrema delicatezza, poi mi soffermai ad
osservarla.
Era bellissima e mi maledissi per averla fatta
soffrire così tanto, lei non meritava tutto quello che le avevo fatto passare.
Le avrei chiesto scusa, anche in ginocchio se
sarebbe stato necessario.
Con questi pensieri in testa le diedi un
delicato bacio tra i capelli e poi mi alzai dirigendomi nella mia stanza.
Qualcosa era cambiato dentro di me e, forse, l’amore, quello vero
poteva bastare per superare tutto e tornare ad essere felice. O almeno lo
speravo.
…Adry91…
SPOILER:
- Non lo so questo,
ma se hai ragione tu devo ammettere che ha uno strano modo di amare, un modo
che non rispecchia il mio. Non voglio un uomo che mi ami così. Voglio un amore
che mi divori completamente, è questo il mio sogno – gli rivelai.
- Credo tu lo abbia
già trovato – mi disse.
- Io credo, invece,
che dovremmo cambiare discorso. Diciamo che al momento Edward è l’ultima
persona di cui vorrei parlare – provai a dire sperando che acconsentisse.
Un grazie a tutti voi
che avete recensito, a quelli che hanno messo la mia storia tra i preferiti e
nelle seguite. Un altro grazie di cuore anche a coloro che mi hanno inserita
tra gli autori preferiti. Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento
e recensite. Un bacio.