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Autore: CaskaLangley    07/02/2007    6 recensioni
A volte per lui, Riku brillava ancora più forte del sole.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kairi, Riku, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts
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MANY SUNSHINES

MANY SUNSHINES

#12, Girasole ~ Amore Adorante

you will be allright
cause there's no one like you in the universe

[ Muse, Invicible ]

"Kairi, Kairi!"

Lei aveva distolto l’attenzione dalla sabbia e l’aveva rivolta a lui, che subito le aveva detto: "Lascia perdere queste scemenze, vieni!"

Kairi, alla parola scemenze, si era sporta con le braccia sulla sua montagnola di sabbia, temendo che Sora volesse distruggerla. In realtà, casomai, Sora si sarebbe seduto al suo fianco e le avrebbe dato una sistemata, visto che non aveva forma e cadeva tutta da una parte, ma in quell’occasione non degnò la presunta scultura di uno sguardo.

"A fare cosa?"

Lo sguardo di Sora si era illuminato: "Riku ha costruito una zattera!"

Kairi lo aveva guardato con un po’ di diffidenza, ma se non altro aveva smesso di stare avvinghiata alla precaria costruzione. Ci pensò un po’ e domandò: "Ma è sicura?"

"Certo che è sicura, ho detto che l’ha costruita Riku!"

"E che cosa volete farci?"

"Vogliamo fare un viaggio. Vieni con noi!"

"Un viaggio dove?"

"In giro per il mondo."

"E’ un po’ lontano…"

"Stai tranquilla, ci portiamo da mangiare. Dai, magari riconosci anche il posto da cui vieni!"

Kairi lo aveva scrutato per un attimo, indecisa sul da farsi, poi si era alzata: "vado a chiedere alla mamma se posso."

Sora la fermò, tenendola per un braccio: "Ma se glielo chiedi ti dice di no! Fai prima a non chiederglielo!"

Kairi allora aveva scosso la testa ed era tornata a lavorare sulla sua sabbia senza forma. Sora aveva sbuffato e l’aveva accusata di essere noiosa. Lei aveva fatto spallucce: "Se vi fate male in giro per il mondo sono affari vostri."

Riku era arrivato proprio in quel momento. Sora fece un saltello entusiasta, perché sicuramente lui l’avrebbe convinta. Riku aveva guardato dubbioso la scultura di Kairi, cercando di capire che cosa fosse, poi aveva chiesto: "Vieni?"

"No, non vengo. Sora non vuole che avvisi la mamma."

"Sora ha ragione."

"Visto?" aveva sottolineato Sora, compiaciuto, come se lo avessero lodato per un bel voto. Anche se si vergognava ad ammetterlo era chiaro per chiunque che le parole di Riku fossero come dogmi per lui, e qualsiasi cosa non ottenesse la sua approvazione era inutile, tempo perso. Lo ammirava in modo cieco, totalmente privo di prospettiva, quasi religioso, e anche se Kairi a volte lo prendeva in giro per questo, anche lei non gli aveva mai rifiutato niente. A parte salire su quella cavolo di zattera, certo.

Siccome lei non cambiava idea, Riku aveva fatto spallucce: "Vorrà dire che staremo più larghi."

"Ti mandiamo una cartolina dal mondo."

Kairi aveva sospirato divertita: "Il mondo non è un posto solo, Sora, ci sono tanti posti, nel mondo."

"E’ la stessa cosa."

A volte Kairi sapeva essere davvero odiosa. Per fortuna di solito era completamente amabile, e questo annullava qualsiasi cosa non completamente amabile facesse.

La salutarono e si avviarono alla zattera.

Col senno di poi, Sora aveva sempre dovuto riconoscere che non sembrava costruita da un bambino di undici anni. Certo, era pur sempre un mezzo di fortuna fatto di assi e corde, ma aveva una logica di fondo, era costruita in modo che tutto quanto avesse un senso. Era inchiodata, innanzi tutto, e i chiodi erano stati coperti perché non arrugginissero e loro si facessero male toccandoli. I nodi erano saldi, e il peso era ben distribuito. A bordo c’erano tre salvagenti, anche se alla fine ne avrebbero usati solamente due, ed erano stati gonfiati e accuratamente legati.

Non c’era mai stato dubbio sul fatto che Riku non fosse un bambino come tutti gli altri. Certamente, non era come Sora.

Riku era stato il primo a salire sulla zattera. Ci si era mosso un po’ sopra, per mostrargli che reggeva perfettamente, ma lui non ne aveva dubitato nemmeno per un attimo. Salì anche lui, e si sedettero insieme.

"C’è un posto in particolare dove vuoi andare?"

Sora aveva scosso la testa: "E tu?"

"Voglio vedere i vulcani."

"I vulcani?"

"Mh. Saliremo su un vulcano e ci guarderemo dentro, poi quando fa troppe bolle scendiamo perché vuol dire che sta per eruttare. Allora scapperemo giù e avvertiremo tutti quelli in città del pericolo."

"…Ci sono le città sotto i vulcani?"

"Sì. L’ho letto su un libro."

"Forte."

Riku gli aveva dato il suo remo, che aveva ingegnosamente costruito legando una paletta per le pulizie di casa a un bastone rigido. Si era anche portato nello zaino delle palette di sicurezza, e dell’altra corda, per riparare i guasti. Aveva pensato a tutto.

Così, avevano cominciato a remare. Dopo un po’ a Sora sembrava di essere andato così lontano che cominciò a guardarsi intorno per vedere se ci fossero già i vulcani all’orizzonte.

Solamente mare.

Non che sapesse bene come fossero fatti i vulcani, poi. Aveva sempre pensato che fossero invenzioni, come gli elfi, o le fate. Ma se Riku diceva che esistevano, beh, esistevano.

Anche la riva sembrava lontana, lontanissima, e quando le onde li faceva salire verso l’alto lui cercava di vedere se Kairi li stesse osservando dalla spiaggia, ma ovviamente non vedeva altro che pallini indistinti che si muovevano su una tela giallo ocra.

Giallo, giallo, giallo…più andavano avanti, più si lasciavano indietro l’isola, più a Sora sembrava di stare guardando il mondo al contrario. Adesso la spiaggia che conosceva così bene diventava così vasta, così difficile da capire, e il mare era diventato il punto dal quale osservarla per scrutarne i segreti.

Continuarono a navigare, parlando del mondo, o di quello che da bambini si confonde per tale. Si scambiavano nozioni su tutto quello che sapevano, e a volte Sora le sparava davvero grosse per impressionare Riku, che però non gli credeva mai nemmeno pre sbaglio, se non quando aveva ragionevoli motivi per farlo.

La zattera sobbalzava all’impatto con le onde, e Sora si era già completamente bagnato il costume, cosa che in tutta la sua ingenuità non pensava sarebbe successa. Dopo quella che gli gli era sembrata un’eternità di guardò indietro, e non vide più la riva.

L’aria stava diventando freddina e il cielo più scuro. Anche il mare era diventato più scuro. Lo disse a Riku, che con calma gli spiegò che il mare riflette il colore del cielo, quindi era tutto normale, non si doveva preoccupare. Sora, mentendo, aveva risposto che non si preoccupava affatto.

Cominciava a fare sempre più freddo, però. La pelle bagnata si riempiva di pelle d’oca ai soffi del vento, e ad un certo punto Sora pensò di voler remare verso casa, ma si vergognava troppo a dirlo a Riku, e così era rimasto in silenzio, sperando che fosse lui ad avere l’idea.

Riku però non tornava indietro, mai.

Anche se stavano tremando restava tranquillo, a guardare il mare.

"Si vede qualche pesce" gli disse "Più tardi magari riusciamo a pescarli."

"Mmmh…chissà se è troppo profondo."

"Ce la faremo. Tu sei bravo a pescare."

Lui aveva annuito animatamente, ma si era reso conto solo in quel momento che girare per il mondo in zattera significava non poter mangiare a tavola. Pazienza, si sarebbe adeguato. Solo che tremava così forte che gli facevano male i denti.

Riku se ne accorse, e tirò fuori dallo zaino una felpa.

"Non lo sapevi che in mare aperto può fare freddo?" lo aveva preso in giro, dandogliela.

No, Sora non ci aveva mai pensato. Aveva sempre dato per scontato che al mare ci fosse sempre il sole, perché a lui la mamma lo faceva vedere solo in quel modo. Riku invece pensava sempre a tutto.

Le onde avevano cominciato a portarli sempre più in alto, e diventavano sempre più veloci. Appena scendevano da una ecco che ne arrivava un’altra, che spesso li investiva, e sebbene non ribaltassero la zattera, la bagnavano e la schiacciavano verso il fondo, facendola indietreggiare.

Sora cominciava ad avere seriamente paura, mentre Riku aveva sbottato, seccato: "Così ci rimanderà a riva."

Sora cominciò a pregare perché questo accadesse, ma la riva era troppo lontana, ormai. Si avvolse nella felpa di Riku, che però divenne presto inutile perché il mare gliela inzuppò subito. Chissà se Riku aveva pensato a portarsi dietro un impermeabile. Glielo chiese e lui, ovviamente, lo tirò fuori subito.

"Lo tenevo per quando peggiorava il tempo, ma pazienza."

"Peggiorare?"

"Magari più tardi piove, chi lo sa."

Sora si sigillò nell’impermeabile, raggomitolandosi. Riku era ancora in costume da bagno e si vedeva che aveva freddo, ma non lo dimostrava in nessun modo. Lui avrebbe voluto tanto essere alla sua altezza, ma non ce la faceva.

Poi un’onda sbalzò forte la zattera, che finì per metà sott’acqua. Sora urlò per lo spavento, e si tenne il più forte possibile alle corde. Anche Riku si stava tenendo. Arrivò un’altra onda che li coprì completamente, e quando Sora riuscì ad alzare la testa e respirare l’acqua gli era finita nel naso e gli sembrava di stare soffocando. Cominciò a tossire, e prima che si riprendesse arrivò un’altra onda che sbalzò la zattera così tanto che finì con la testa sott’acqua. Si tenne fortissimo, terrorizzato, e quando miracolosamente riuscì a risalire abbandonò tutto il coraggio e urlando cercò di muoversi verso Riku con gli occhi chiusi, solo che così aveva ancora più paura di cadere, e quando li colse una nuova onda, anche se più debole, scoppiò a piangere. Per fortuna era difficile accorgersene in quelle condizioni, e questo gli fece un po’ di forza.

All’improvviso, nel buio e con gli occhi che gli bruciavano per il sale, sentì Riku stringerlo forte e dirgli di stare tranquillo. Lui annuì e tirò su col naso, ma così sentì ancora tutta l’acqua salirgli al cervello. Sentì, perché continuava a non guardare, che Riku gli aveva messo il salvagente.

"Mettilo anche tu" lo scongiurò, ma lui non gli diede retta e gli chiese che gusto ci sarebbe stato, così.

Sora cercò di convincerlo, ma sentì un’ondata fortissima andargli a sbattere contro, e lo sbalzò via. Si ritrovò sott’acqua e riuscì a chiudere la bocca solo dopo aver inghiottito molto. Per fortuna nuotava da quando era piccolissimo, praticamente era cresciuto trattenendo il respiro, e una volta riuscito a mettere per un attimo da parte la paura era anche riuscito a risalire a galla.

Tossì in modo dolorosissimo e si guardò intorno, anche se il sale gli bruciava gli occhi, e non vide Riku.

Lo chiamò forte, con tutto il fiato che gli rimaneva, riuscì addirittura ad avere la presenza di spirito di tapparsi il naso e chiudere bene la bocca quando arrivò un’altra onda, e usò la corda che teneva legato il salvagente per avvicinarsi alla zattera.

"Riku!" chiamò ancora, terrorizzato e disperato.

Lui riemerse proprio al suo fianco, e si aggrappò al suo salvagente. Sora ebbe paura di essere trascinato a fondo, ma se l’alternativa era di lasciare Riku solo preferiva rischiare.

Cercò di tenerlo stretto, ma in realtà era ancora una volta Riku che stava tenendo stretto lui, anche se era quello nella situazione peggiore. Respirava male e continuava a tossire, ma riuscì a farsi forza e a cercare il suo salvagente, che era ancora legato alla zattera. Aveva perso lo zaino, purtroppo, ma non era un buon momento per pensarci. Quando fu al sicuro dentro la sua ciambella e Sora stava ormai piangendo come una bambina, allungò una mano e se lo tirò vicino. Che umiliazione farsi vedere così da lui. Che umiliazione tremenda. Avrebbe voluto che il mare lo inghiottisse in quel momento.

Riku lo strinse, tenendogli un braccio attorno alle spalle, e gli urlò: "Tieni gli occhi chiusi. Ti stringo più forte quando devi trattenere il respiro, va bene?"

Sora annuì disperatamente e si affidò completamente a lui. Affidò a lui tutta la sua vita.

Cercò di smettere di piangere, sforzandosi, ma riuscì solo ad abbassare il volume e singhiozzare.

Riku allora gli disse, con un tono di voce così tranquillo che sembrava non stesse succedendo niente di male: "Andrà tutto benissimo, Sora, ok? Non ti lascio andare, non avere paura."

Sora, con gli occhi chiusi e le mani artigliate alle sue spalle, rispose che non aveva paura.

E in quel momento smise davvero di averne.

*

Quando Sora aprì gli occhi la prima volta, vide solamente giallo.

Un’immensa distesa luminosa di sole.

Era la spiaggia? Gli ballava davanti come se le onde lo cullassero, ma non sentiva il rumore del mare.

Quell’immagine riempì i contorni neri, e sbattendole palpebre vide quel giallo andargli incontro, farsi avanti dolcemente. Ben presto però quella sensazione diventò sgradevole, e in un attimo si trovò travolto, impotente, soffocato dal giallo.

Quando li aprì la seconda volta, vide solo un pallino giallo al suo fianco.

Lo mise a fuoco, e capì che si trattava di un grande fiore.

Poi sentì la voce di Kairi, e le sue mani che tirando gli portavano via un po’ di coperte.

"Sora! Signora! Papà! Papà!"

Sora chiuse gli occhi, non potendosi chiudere le orecchie perché non riusciva a muoversi bene. Si sentiva come legato, buttato sul fondo dell’oceano.

Qualcuno lo tirò fuori di lì e lui, riprendendo a respirare lentamente, cercò di guardare.

Sua madre lo stava abbracciando con forza, ed era terribile, perché si sentiva affogare. Cercò di spingerla via con tutte le sue forze, finché a furia di dimenarsi non ottenne un po’ d’aria.

Sua madre continuava a toccarlo, ringraziando il cielo e ripetendogli che era uno stupido, l’aveva fatta preoccupare a morte, a morte, a morte…Sora aveva sonno. Girò la testa e vide di nuovo la distesa famigliare di giallo che si muoveva come il mare.

"Come stai, Sora?" gli chiese dolcemente Kairi.

Lui scosse la testa. Quando aprì la bocca gli sembrò di sputare acqua e si asciugò, ma non c’era niente.

"…bene…"

Kairi gli sorrise ancora, e lui si sentì bene davvero.

Stava sempre bene quando Kairi sorrideva, anche quando prendeva un voto tremendo a scuola e sua madre gli rompeva le scatole per un’ora facendolo sentire uno stupido, o quando non riceveva nessuno dei regali che voleva per le feste, o quando era semplicemente giù di corda, chissà perché.

Kairi gli faceva sempre pensare che in fondo ci fossero delle cose belle.

Dei dottori la fecero uscire e cominciarono ad appiccicargli strumenti freddi sul petto e a staccargliene degli altri. Per tutto il tempo tenne gli occhi chiusi, pensando al giallo. Onde di giallo. Petali di giallo. Matite gialle. Zattere di matite gialle legate da foglie gialle. Il sorriso di Kairi luminoso come il giallo.

Quando il giallo fuori dalla finestra si era stemperato nel buio e lui stava per chiudere gli occhi assonnato, Kairi era arrivata tenendo la mano di suo padre e lo aveva salutato.

A quel punto Sora l’aveva fermata, e come se i suoi occhi non si fossero mai aperti fino a quel momento la riconobbe. La riconobbe davvero. Riconobbe lei, e non solamente l’impressione della luce che irradiava.

"Riku?" domandò affannosamente "Dov’è Riku?"

Kairi, fortunatamente, gli sorrise.

*

"Stupida Kairi" sbottò Riku rubandogli il mazzo, che era piccolissimo, visto che gliel’aveva già rubato solo tre turni prima "Se non avesse fatto la spia a quest’ora chissà dove saremmo…"

Sora sbuffò per il mazzetto perduto e lanciò una carta a vuoto.

"Ma siamo malati?"

"Ma no, ci tengono un po’ per spaventarci…"

"Se non siamo malati perché non ci lasciano andare e fanno venire qualcuno che è malato davvero?"

"Non c’è fretta, questo posto è così piccolo…" e sospirò con rancore.

Sora osservò il campo di girasoli che colorava la visuale, e poi guardò Riku.

Con i suoi capelli bianchi, il pigiama dell’ospedale, la pelle chiara per la poca luce e gli occhi così brillanti, sembrava un po’ un angelo e un po’ un fantasma.

Sul comodino c’erano i due girasoli che aveva portato Kairi per loro. Stavano lentamente appassendo, ma a Sora sembravano belli comunque. Gli ricordavano lei. E in qualche modo gli ricordavano anche Riku.

Riku raccolse le ultime carte rimaste e chiuse la partita.

Era una vita che Sora perdeva qualsiasi gara contro di lui, eppure ancora riusciva ad arrabbiarsi. Tuttavia, aveva anche cominciato a pensare che fosse normale, e giusto. Come guardare un film che non finisce come volevi, e quando lo riguardi speri nel cambiamento, ma lo sai che non succederà, e va bene così. Quel finale per lui era Riku che sorrideva soddisfatto anche dopo la centesima facile vittoria.

Le loro mamme avevano aspettato che stessero abbastanza bene per sgridarli fino allo sfinimento.

Erano andate avanti per ore, e Riku si era preso anche uno schiaffo da suo padre.

Senza fiatare, da vero eroe.

Quando lo aveva ammirato, in quel momento.

I loro genitori avevano detto che li avevano ritrovati in mare, che erano quasi congelati e svenuti, e che Kairi in persona aveva dovuto dire al soccorso di prendere l’aereo, perché lei era l’unica ad aver pensato che una zattera costruita da un bambino potesse arrivare così lontano.

Riku aveva sorriso nel sentirlo. Aveva sorriso come quando vinceva qualcosa. E Sora pensò di averlo sempre saputo che da qualche parte, in quella storia, lui avrebbe trovato qualcosa per cui sorridere in quel modo.

Inizialmente avevano tenuto il muso a Kairi, che aveva spifferato il loro segreto, ma poi avevano ricominciato a parlarle perché le giornate in ospedale erano lunghissime e noiose, e comunque Sora, anche se spinto da Riku, non sapeva quanto sarebbe stato in grado di non parlare con lei.

Sua madre gli aveva ripetuto un sacco di volte che era solamente merito di Kairi se erano ancora vivi, ma per quanto fosse grato alla sua amica, in cuor suo Sora sapeva che non era così.

Lui era vivo perché Riku gli aveva detto come respirare.

Solo ed esclusivamente perché Riku era con lui.

*

Tre anni dopo Riku scrutava l’orizzonte seduto sul tronco, come se fosse sul punto di decidere qualcosa. Non era affatto affaticato per la corsa che avevano fatto, e Sora stava guardando con un po’ di invidia le sue braccia muscolose, pensando che se avesse avuto anche lui quella braccia forse sarebbe piaciuto di più a Kairi.

Si rendeva conto di quanto infantile fosse quel pensiero, ma la verità era che lui pensava continuamente che se fosse stato come Riku, sarebbe piaciuto di più a Kairi. Gli sembrava semplicemente ovvio. A lui Riku piaceva così tanto che dava per scontato che tutti dovessero condividere quell’adorazione, e che tutti fossero impotenti di fronte al suo fascino come lo era lui.

Mentre Sora restava piccolo e magro, a quindici anni Riku era già cresciuto così tanto che sembrava un principe. Gli dava fastidio che Kairi sembrasse una principessa. Non voleva fare il paggetto a vita, ma aveva la tremenda sensazione che quello fosse il suo destino.

Si sedette anche lui sul tronco, e allora Riku disse: "Comincio domani."

"Che cosa?"

Lui si era girato e gli aveva sorriso "A costruire la zattera."

In quel momento, Kairi li chiamò da lontano e corse verso di loro. Si sedette anche lei sul tronco, e chiese di che cosa stessero parlando.

Riku le spiegò: "Dicevo a Sora che voglio costruire una zattera."

Kairi fece dondolare la testa "Non mi sembra che l’ultima volta sia andata molto bene…"

"La modificherò, naturalmente."

Poi Riku guardò lui, e solo lui.

"Tu vieni con me, non è vero?"

Sora annuì senza un secondo di esitazione, perché le sue domande non erano davvero domande, non per lui. Erano sfide, che non vedeva l’ora di cogliere. E poi, anche se lo sapevano solo loro, erano promesse.

Se lui e Kairi lo avessero seguito, Riku avrebbe mostrato loro il mondo.

Gli venne in mente che dopo l’incidente della zattera, quando era tornato a casa dall’ospedale sua madre aveva continuato a sgridarlo, e a un certo punto gli aveva chiesto "se Riku si butta da un ponte ti butti anche tu?" Era una domanda retorica, ma Sora aveva spalancato gli occhi e come se fosse ovvio, quasi offensivo che fosse stato messo in dubbio, aveva risposto "Certo!"

Non ci poteva fare niente, anche se stava crescendo. Non era che non pensasse con la sua testa, era che la sua testa era sempre d’accordo con quella di Riku.

Era che Riku, per lui, a volte brillava più forte del sole.

"Certo che vengo!" disse più deciso, facendo un cenno con la testa.

Kairi allora cominciò a dondolare le gambe, e dopo un po’ disse "Allora voglio venire anch’io."

Sora si girò e le sorrise felice.

"Oh" la prese in giro Riku, che sicuramente aveva già pensato ad un posto per lei sulla zattera "Come mai non devi chiedere il permesso alla mamma?"

Kairi scosse le spalle e sorrise fiduciosa al mare: "Non lo so…ma questa volta sento che ce la farete. E io non voglio restare qui, sapendo che voi siete in giro per il mondo a divertirvi."

Sora incrociò le braccia sul petto: "Ci serviranno delle provviste."

Riku rise: "La prima cosa a cui pensi e a mangiare, sei pessimo!"

"Uffa, ho detto la prima cosa che mi è venuta in menteeee…"

"Ci serviranno anche delle corde, degli assi, dei chiodi e dei remi. Dobbiamo anche cercare una tela bella resistente, altrimenti dovremo trovare un modo per fabbricarcela."

Kairi si sporse in avanti per riuscire a guardarli entrambi: "Io cucirò degli amuleti. Visti i precedenti, mi sa che avremo bisogno di fortuna, no?"

Sora annuì, poi Riku scosse le spalle.

"Non ci serve la fortuna."

"Beh, allora provo a farne uno per me, e se ci riesco ne farò un altro per Sora. Che ne dici, Sora?"

Sora annuì, poi sospirò: "E’ a te, Riku, che non serve la fortuna…"

Lui sorrise spavaldo, in direzione del mare: "Lo so."

Anche se già una volta aveva rischiato di morire in un’impresa del genere, Sora non era agitato. Al contrario, gli sembrava che da quel momento in poi anche la sua vita sarebbe cominciata a salpare.

Avrebbe avuto il porta fortuna di Kairi, e Riku al suo fianco.

E finché c’era lui, poteva giocarsi i suoi occhi, Sora non avrebbe avuto paura.

*

In quel momento ripensò a quell’incidente che avevano avuto da piccoli.

Lui era Riku erano usciti con una zattera in mare ed erano stati colti da una tempesta.

Allora, ricordava bene, era stato Riku a salvarlo.

Riku lo aveva tenuto stretto a se, e gli aveva detto esattamente cosa fare.

Riku per lui, allora, era molto, molto più grande e potente del mare.

Poi, quando aprì gli occhi, vide solamente giallo.

Onde gialle, tremendamente luminose. Onde gialle che salivano, fino a lambirgli le caviglie, e poi le sentiva con le mani, erano dense, poi fino al collo, chiuse gli occhi mentre lo sommergevano, e pensò a Kairi. Senza nessun motivo. Doveva essere tutta quella luce. La luce lo faceva sempre pensare a lei.

Quando le onde si asciugarono, e Sora vide Donald e Goofy davanti a lui, la prima cosa che fece fu cercare nella tasca dei pantaloni.

Il portafortuna di Kairi c’era ancora.

Si sentiva come se avesse dormito per molto, molto tempo, ma non aveva sognato niente se non di dormire.

In qualche modo, quando aveva provato per la prima volta ad aprire gli occhi, era stato come se Riku gli stesse ancora stringendo le spalle, dicendogli quando e come respirare.

Adesso che Sora era sveglio gli importava solamente di ritrovarlo. Era stato il suo primo pensiero una volta capito che sarebbe tornato ad impugnare il Keyblade.

In qualche modo, per lui, Riku risplendeva ancora più forte del sole.

Era nascosto, adesso, e lui non poteva fare altro che restare abbacchiato nei momenti di ombra, e poi tirare su il collo al primo raggio di sole, cercarlo, corrergli dietro anche a costo di sradicarsi dalla terra. Proprio come quel fiore che una volta gli aveva regalato Kairi.

Doveva trovare Riku.

Doveva tornare da Kairi con lui, e allora avrebbe riavuto la sua luce, tutta quanta.

Da qualche parte, in questo vasto mondo, lui c’era. Riku vegliava su di lui, ne era certo.

Per questo, anche se tutto ricominciava da capo, Sora non aveva nessuna paura.

  
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