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Autore: Lavi Bookman    25/07/2012    1 recensioni
- Mel? -
- Che c'è? -
[...]
- Riconosceresti me o Andrè? -
- Sei geloso? -
- Semplice curiosità... -
[...]
- Ok M... - Andrè si bloccò in cima alle scale e si riparò dietro al muro per non farsi vedere. Gli faceva male tutto ciò. Vedere la ragazza che amava abbracciata a suo fratello. Si chiese se non avesse magari ingigantito tutto e per un attimo volle crederlo con tutto se stesso. Eppure poteva vedere il dolore di Mel e Teo, poteva palparlo e lui si sentiva il coltello pronto a recidere ogni cosa.
La stretta di lei era così salda, e il suo pianto così silenzioso e così straziante. Si chiese come facesse Teo a non girarsi verso di lei per abbracciarla. Come facesse a resistere senza muoversi. Come potesse non piangere anche lui.
E poi se ne accorse.
Vide le lacrime di lui scendergli lungo le guance. Senza alcuna espressione dilaniante sul volto, senza nessun rumore. E rivide il vuoto nei suoi occhi. [Cap. 11]
La storia tratta l'incesto tra Mel e Teo, fratello e sorella. Tra problemi -ovvi- come le incertezze di lui, terze persone decise a rendere il tutto più complicato, incidenti e decisioni sofferte.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
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Era da solo. Lei era andata via, probabilmente da Andrè -di nuovo-. Ogni volta agognava così tanto la sua uscita di scena, che poi si sorprendeva sempre quando ne sentiva la mancanza. C'era ancora il suo odore sul divano su cui era steso -cercando inutilmente di dormire-.
Si stiracchiò leggermente ed allungò la mano a prendere il telecomando sul tavolino accanto. Accese la televisione e fece zapping senza sapere cosa voleva realmente guardare sino ad addormentarsi -finalmente-.
Venne risvegliato mezz'ora dopo dallo squillare incessante del telefono di casa, ma si rifiutò di rispondere, ancora troppo preso dalla stanchezza anche soltanto per immaginare di alzare un braccio.
Sentì all'improvviso il cellulare vibrargli nella tasca e con una forza per lui sovraumana decise di rispondere, trasmettendo all'interlocutore tutta la sua aria stizita.
- Eh? -
- Parla il Signor Teo Crozier? -
- Sì, con chi parlo? -
- Luis, può chiamarmi così. Sono della polizia. Abbiamo trovato sua sorella, ha fatto un incidente e la stiamo trasportando in ospedale. -
Lui conosceva perfettamente la sensazione di vuoto, e sapeva scapparvi. Era abile a non pensare per giusto cinque minuti e poi ragionare e sezionare la situazione sino a renderla appetibile per il cervello. Era un Dio in questo.
"Sorridi, sempre". Sempre, sempre, sempre.
- Parto ora da casa -
- Va bene, allora noi...-
- ... Come sta? -
- L'airbag le ha salvato la vita, ma è rimasta ferita dai vetri del finestrino. Ha battuto forte la testa, comunque. L'hanno portata al Mary Hospital. Abbiamo avvisato anche il suo fidan... -
Lasciò cadere la conversazione e si mise velocemente il cellulare in tasca. Non si era accorto di essere già entrato in macchina. Non ricordava di essersi alzato dal divano dopo la telefonata.
Si trovò nel parcheggio dell'ospedale in meno di venti minuti, durante i quali non aveva avuto idea di quali pensieri la sua mente avesse potuto elaborare. Salì velocemente le scale dopo aver parcheggiato, dimenticandosi dell'esistenza dell'ascensore.

La sala d'attesa era così chiara. Pulita, e chiara. Così fastidiosa. Silenziosa, apparte per il frustrante trascinare delle barelle in lontananza.
- Cosa faceva a casa tua? -
Alzò lo sguardo verso il ragazzo alto e biondo che si ergeva sopra di se e tornò con il capo a penzoloni tra le gambe, accennando ad un sorriso di scherno che lui sicuramente non poteva notare. Era arrivato anche lui, ovviamente.
- Come stai, Andrè? -
Potè notare il movimento del suo piede che indietreggiava e poggiava meglio a terra, e il sospiro stanco che emise gli lasciò credere che avesse capito tutto.
- Perchè Teo, perchè? Ogni volta che ci incontriamo lei sta male - e fece una breve pausa, cercando di calmare il tono della voce e degluttendo - perchè non mi dice "vado da mio fratello"? Capisco il vostro rappor... -
- Non dirlo! - Improvvisamente la voce lacerò l'aria e i suoi occhi si puntarono su quelli di Andrè, il quale si limitò a fissarlo, lasciando nuovamente ricadere il silenzio su di loro. - Non ci provare. Tu non capisci. E chiedilo a lei perchè, a lei, non a me! -
- La stanno operando. E finita l'operazione sarà in un letto d'ospedale. Non avrà voglia di parlarne... - e lasciò vagare lo sguardo alla ricerca di qualcosa su cui bloccarlo.
- Neanche io ho voglia di parlarne -
- Lei ti ama molto più di quanto potrà mai amare me... -
Per un attimo il respiro gli si mozzò in gola e gli venne necessario stringere i pugni e costringersi a non ridere. Lo amava. Lei lo amava.
- Mi ama, eh? - e lo guardò, mantenendo un'espressione seria e risoluta, per quanto possibile.
Andrè non rispose. Ricambiò lo sguardo, ma nei suoi occhi Teo poteva leggere solamente "lo so, e sai che lo so". E leggeva la rabbia di un uomo disperato. Perchè Mel lo uccideva così? Infondo era un bravo ragazzo, o almeno così venivano spesso definiti i tipi come lui. E bello. E interessante. E Mel lo stava lentamente spegnendo, con tutti i suoi inganni e le sue bugie. Le sue odiose frasi di circostanza per impedirgli di fare troppe domande, e le sue commedie. I suoi "non puoi capire" e "lo so che fa male, ma se stai con me questo è il prezzo". E le sue telefonate notturne fatte di pianti e scuse inutili per salvarsi la coscienza. Mel era il Diavolo all'interno della coppia.
- Vattene Teo... Ti prego... - pronunciò quasi in un sussurro, come se avesse paura di essere sentito.
- Sono il fratello, ho il diritto e dovere di stare qui. E' mia sorella quella sotto i ferri. -
- Sotto i ferri a causa tua, probabilmente. -
Ed avrebbe voluto ucciderlo, spargere sangue per tutta quella sala tanto bianca, eppure lui aveva semplicemente detto a voce alta ciò che la vocina nella sua testa continuava a ripetere da circa tre ore. Era colpa sua. Da quando era arrivato aveva solo saputo da Luis, l'agente, che era andata contro ad un guard rail e sfondato quello si era scontrata contro un albero poco lontano.
- Quando si sveglierà, vorrà vedermi - disse come se niente fosse. Se c'era una cosa che aveva imparato da Mel, era come farsi vedere indifferenti a tutto.
- Perchè pensi che possa voler vedere te e non me? - chiese Andrè senza celare l'astio nella voce. Ogni vibrazione che emetteva parlando avrebbe potuto strappargli un pezzettino di pelle.
- Non ho detto che vorrebbe vedere solo me, ma anche. Sono suo fratello ti ripeto. -
- Un fratello non si scopa la sorella. -
Nuovamente, calò il silenzio. Aveva perso il conto di quante volte era successo durante quella discussione. Se avesse risposto, probabilmente non sarebbe riuscito a mentire così spudoratamente, ma in fin dei conti "chi tace acconsente".
Sentì l'agitazione crescere e le possibilità di fuga scomparire in sequenza.
- Io non faccio sesso con Mel, se ti tradisce lo fa con qualcun altro -
- Non sono stupido. Io sto zitto, ma non sono stupido Teo. Sicuramente mi tradisce anche con altri, ma questo non cambia il fatto che non si trattenga neanche con te. -
"Sicuramente mi tradisce anche con altri". Si appuntò la frase accertandosi di non esserne geloso. Oltretutto, suonava più come provocazione che dato certo.
- Andrè, sono stanco e preoccupato e non ho voglia di sentire le tue cazzate, quindi ora siediti da qualche parte e stai zitto. -
- Quando l'ho conosciuta tu l'avevi già distrutta, lentamente -
Stava per rispondere, quando dalla grande porta della sala dove stavano operando sua sorella uscì un dottore. Veniva verso di loro, con i guanti in mano e del sangue sul camice.
- Chi è il fratello? -
- Io - disse respingendo la voglia di urlare - ... Sta bene? -
- Vorrei parlarle in privato. -

Ti amo.
  
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