“Riccardo, posso parlarti un secondo?” chiesi, scatenando non poche reazioni. Lo vidi fermarsi, titubante.. d’altronde io non conversavo mai con nessuno. “Ti rubo solo qualche secondo.” aggiunsi, giustificandomi. Tornò indietro e io aspettai che la classe si svuotasse completamente prima di parlare nuovamente. “Ti piacciono i Bon Jovi?” chiesi, senza preamboli.
“Eh?”. Lo vidi sorpreso e mi giustificai nuovamente.
“Stamattina ho sentito che li ascoltavi.” dissi, tranquillamente mentre lui mi guardò come se fossi pazza.
“Quindi?” chiese, senza riuscire a capire il mio discorso. Presi il mio portafoglio, dalla piccola borsa che avevo, ed estrassi la busta con i due biglietti per il concerto dell’indomani.
Me li portavo dietro da quando li avevo comprati, custodendoli gelosamente.
Etrassi un biglietto e, appoggiandolo al banco, lo avvicinai a lui.
“Sarei dovuta andarci con una mia amica ma non riesce a venire” spiegai, facendo una smorfia ripensando alla squallida scusa che aveva usato per avvisarmi della sua assenza. “Andrebbe perso, e sarebbe un peccato.” dissi, convinta. Lo vidi prendere il biglietto in mano e controllarlo.
Ovviamente strabuzzò gli occhi notando che avevo preso la tribuna d’onore con i posti a sedere. Erano i più cari ma i soldi non erano certo un problema per me, erano l’unica cosa che non mi mancava!
“Veramente non posso.” disse, cercando di non dare a vedere quanto gli dispiacesse. Me lo allungò, ma la sua mano si avvicinò troppo e io indietreggiai, spaventata, sotto il suo sguardo dubbioso.
“Non ti sto chiedendo di uscire, andrebbe realmente perso. Dovrei buttarlo, e tu non sei vincolato a venirci con me, ma mi sembra un peccato sprecarlo sapendo che più o meno ti piacciono." risposi. "Se non vuoi venire sei liberissimo di buttarlo ma non restituirmelo, non saprei cosa farmene!”. Presi la borsa e uscii, evitando ogni contatto fisico con lui.
Tornai a casa e mi fiondai in camera mia.
La mia dépendance.
Accesi il computer e aprii iTunes, facendo partire a random tutta la discografia dei Bon Jovi.
Ero finalmente entrata in un mondo tutto mio, mentalmente ero già al concerto del giorno successivo, quando sentii il mio cellulare squillare. Sobbalzai per quel richiamo alla realtà e, titubante, mi avvicinai per rispondere, consapevole che quando il mio telefono squillava non era mai un buon segno. Notai che era un numero sconosciuto così mi rassicurai, parzialmente.
“Pronto?” chiesi, atona, sedendomi sul letto.
“Ciao, scusa se ti disturbo, sono Riccardo.”.
Riccardo?
Mi stupii di ricevere una sua chiamata, anche perché non avevo la più pallida idea di come avesse potuto avere il mio numero.
“Non disturbi, tranquillo.” dissi, cercando di convincere sia lui che me stessa. Chissà quale compito non era stato in grado si svolgere e voleva che gli passassi.
“Volevo ringraziarti.” disse, schiarendosi la voce.
Ringraziarmi per cosa?
"Verrò al concerto, se non ti dispiace, ovvio.” continuò, come se mi avesse letto nel pensiero. Rimasi incredula.
“No, certo che non mi dispiace, ma non eri obbligato a dirmelo.” risposi.
“Beh, alla fine il biglietto era tuo, mi sembrava giusto così.”. Finì la frase titubante e, in sottofondo, sentii una voce chiamarlo per nome, ma non capii chi fosse. “Tu a che ora vai domani?” chiese, infine, prendendomi in contropiede.
“Partirò verso le 16.00, circa. Come mai?”. Ero leggermente spiazzata, lo ammetto!
“Beh, pensavo che potremmo andare insieme.” disse, incerto “È un modo come un altro per ringraziarti. E poi la strada è la stessa.” si affrettò ad aggiungere, quasi volesse precisare che non era un appuntamento. Come se temesse che potessi travisarlo dopo che, io stessa, ero stata la prima a dirgli che non era vincolato!
“Certo, non ci sono problemi, credo che tu sappia dove abito.” dissi, nuovamente atona.
“Credo che tutti sappiano dove abiti.” rispose, velenoso.
Già, dovevo immaginarmi una risposta del genere.
“Prenderemo la mia macchina.” dissi, cambiando, leggermente, discorso, molto infastidita.
“Ok, domani alle 16.00.” disse, e riattaccò senza lasciarmi il tempo di aggiungere altro.
Beh, strano lo era, non potevo certamente negarlo.
Il mattino seguente iniziò male e al mio risveglio, dopo essere stata spinta giù dal letto, con tanto di imprecazioni, mi ritrovai a desiderare che arrivassero presto le 16.00 per poter fuggire da quella gabbia dorata.
Purtroppo, però, la giornata non continuò meglio.
Nell’arco di due ore feci il pieno di schiaffi e spinte, senza saperne nemmeno il motivo e, quando alle 15.00 mi infilai in doccia, per prepararmi, non potei fare a meno di soffermarmi davanti allo specchio.
Osservai il mio corpo e mi feci ribrezzo da sola. I lividi, più o meno pesanti, erano quasi ovunque.
Mi infilai in doccia e scacciai i pensieri, dovevo solo caricarmi.
Uscii e mi preparai truccandomi leggermente poi, finalmente libera, mi misi un jeans con una canotta.
Cercai di coprire, con del correttore e del fard, i lividi ed infilai una felpa, a cui abbinai un paio di Converse invernali. Infilai in uno zaino i libri per l’indomani ed uscii dalla mia dépendance per andare all’ingresso ad aspettare Riccardo.
Arrivai a malapena in salone quando sentii Matteo ridere.
“Come ti sei vestita?” chiese, inorridito. Mi voltai e lo vidi nel suo pantalone scuro, elegante, abbinato ad una camicia bianca e a una cravatta dello stesso colore del pantalone, come sempre.
“Ho un concerto a cui andare, ricordi?!” risposi, pacatamente.
Peccato, solo, che la sua reazione non fu uguale.
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Note dell’Autrice:
Come già detto siete libere di recensire, anche negativamente.. e se avete consigli accetterò anche quelli!