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Autore: margherIce46    25/07/2012    1 recensioni
Dal terzo capitolo:
“[...]Senza sapere esattamente cosa dire, si limitò a osservare con dispiacere il livello del pregiato Cabernet-Sauvignon calare molto più velocemente di quanto avrebbe voluto, poi il suo calice ancora vuoto e infine l’espressione stravolta di El.
“Ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò infine la donna, dopo avere vuotato anche il secondo bicchiere di vino.
L’uomo si sporse verso di lei e si preparò ad ascoltare [...]”
Terza classificata al contest "You and I: di coppie, intrighi, vendette e tradimenti", indetto da LunaGinnyJackson su efp.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo decimo
 
Il tre non è mai stato un numero, perché è l’angoscia e la sua ombra
 
“Ahi!” strillò Elizabeth e subito si portò alla bocca il dito che aveva appena rischiato di troncarsi di netto col coltellaccio da cucina che stava maneggiando, procurandosi per fortuna solo un piccolo taglietto. Succhiando via la gocciolina di sangue che era uscita dalla lieve ferita, rimproverò se stessa per la sua distrazione: pensieri troppo tormentosi le affollavano la mente e l’idea di cercare di distendere i nervi cucinando - che prima le era sembrata eccellente - adesso si rivelava del tutto inutile e anzi persino dannosa.
Un’ansia tremenda la attanagliava quel pomeriggio e, del resto, chiunque altro al suo posto sarebbe stato ugualmente turbato, dato che era costretta ad attendere gli eventi senza poter nemmeno avere la conferma che ciò che aveva con tanta cura organizzato fosse andato come doveva. Infatti, come d’accordo si era disfatta del cellulare usa e getta che aveva usato fino a poche ore prima per contattare il suo complice e chiamarlo adesso, con uno dei numeri che Peter avrebbe riconosciuto senza difficoltà se solo avesse controllato i tabulati, sarebbe stata un’imprudenza imperdonabile. 
Certo, Jones al telefono l’aveva rassicurata, ma le sue laconiche parole non erano bastate a far svanire l’angoscia che qualcosa potesse essere andato storto e anzi l’avevano, in qualche modo, persino ingigantita: adesso non poteva più tornare indietro, il primo passo era stato compiuto.
Si era imposta di non lasciare che la sua fantasia immaginasse la scena che si doveva essere già, a quell’ora, consumata davanti allo sguardo fintamente impassibile del giovane investigatore: una parte di lei era, infatti, divorata dai sensi di colpa nei riguardi di Peter e Neal. Di Peter, in particolare, dato che sapeva quanto amasse il suo lavoro e quale immenso dolore gli avrebbe provocato perderlo.
Perché di questo era quasi certa: se la cosa si era svolta come doveva e ciò che avrebbe dovuto rimanere il più inconfessabile dei segreti si era invece trasformato nel più appetitoso scandalo che la storia recente dell’F.B.I. potesse ricordare, l’agente speciale Peter Burke avrebbe sicuramente dovuto dire addio a tutte le sue ambizioni di carriera nel Bureau.
 Sarebbe già stato un miracolo non essere licenziato; sempre che, beninteso, lui accettasse di sopportare - pur di rimanere un federale - il palese disprezzo dei suoi superiori e la quotidiana tortura delle battute volgari, delle risatine dietro le spalle, degli sguardi ironici o pieni di riprovazione dei colleghi.
Nulla gli sarebbe stato risparmiato, questo era chiaro.
Elizabeth lo sapeva e aveva dovuto forzarsi a prendere quella decisione, dopo avere a lungo tentennato e sofferto in silenzio, consapevole dello strazio e dell’umiliazione che avrebbe inflitto all’uomo che ancora, nonostante tutto, non riusciva a smettere di amare.
Lo amava. E ciò che aveva fatto l’aveva fatto per amore, ripeteva a se stessa quasi ossessivamente: per amore di ciò che erano stati insieme lei e Peter fino a pochi mesi addietro, per amore di quel pezzetto di tempo bagnato di felicità che era stata la loro vita prima che vi irrompesse Neal.
Neal…
Tante volte nelle ultime settimane si era chiesta se fosse arrivata a odiare almeno lui e la risposta era stata, inevitabilmente, no: non lo odiava come avrebbe potuto e forse dovuto. Se ne era fidata fin dal primo istante, senza ancora nemmeno conoscerlo, e anzi, a voler essere sottili, era stata proprio lei a rendere possibile la sua liberazione, convincendo il marito a credere nella possibilità di farne un uomo migliore.
Nell’affollata tristezza degli ultimi tempi, si era maledetta all’infinito per averlo fatto! Dio, se avesse taciuto, se non si fosse impicciata nelle questioni di lavoro di Peter, se non avesse lei per prima subito il fascino romantico della storia del giovane truffatore che evade di prigione per inseguire il suo amore inquieto…
Se, come faceva di solito, non si fosse intromessa, magari Peter non avrebbe accettato la proposta di Neal, lui sarebbe rimasto in galera e loro due uniti e felici come un tempo.  
Ormai il dito non le faceva più male ed Elizabeth si sciacquò le mani sotto il rubinetto, poi aprì il forno per controllare la cottura del solenne brasato la cui preparazione l’aveva tenuta impegnata per tutto il pomeriggio e che doveva costituire la sua fonte di distrazione e, al contempo, una specie di rozzo alibi.
Mancava poco, era quasi pronto; si versò un bicchiere di vino rosso, ne prese un sorso e si sedette, sprofondando subito di nuovo nelle sue angosciose elucubrazioni.
Già - rifletté con amarezza - forse era stato il destino a far entrare Neal nelle loro vite, affinché ne fossero sconvolte per sempre.
Non lo odiava, no. Come, del resto, non lo aveva mai amato.
Era affezionata a lui e in qualche maniera ne aveva subito l’incredibile fascino, come del resto capitava a tutti coloro che, per avventura, gli si fossero avvicinati.
Non era una persona cattiva, ne era sicura. Era un ragazzo impulsivo, sfrontato, abituato a ottenere tutto ciò che desiderava subito e senza alcuno sforzo particolare: voleva Peter e se l’era preso, senza pensare al dolore che le stava causando, senza riflettere sulle conseguenze che questo poteva avere sul suo matrimonio. Tradendo la sua fiducia, l’affetto di lei che per prima l’aveva accolto in casa propria con generosa ingenuità!
A quel pensiero, la rabbia feroce e tumultuosa che le aveva fatto ribollire il sangue nelle settimane precedenti e che l’aveva spinta ad accettare l’incontro con una donna come Cheryl tornò prepotentemente ad agitarle la mente. Eppure, in cuor suo Elizabeth ancora dubitava di volere davvero giungere all’ultimo, estremo, passo del cammino tragico che aveva intrapreso e continuato quel pomeriggio.
Quando fosse arrivato il momento, ne sarebbe stata capace? Oppure a vendicarla sarebbe stata sufficiente l’umiliazione che Peter e Neal avevano subito poco prima? 
Forse si era lasciata trascinare dal desiderio di vendetta di quella donna, dall’odio contro Peter che traspariva da ogni suo gesto, da ogni sua singola parola… a ogni modo, c’era ancora tempo: non doveva decidere ora. Avrebbe potuto tornare indietro, si era lasciata una porta aperta: se non fosse stata sicura di voler andare fino in fondo, avrebbe detto a Cheryl che non se ne faceva più niente, che ci aveva ripensato e che se voleva poteva anche tenersi i soldi come prezzo per il suo disturbo.
Ma adesso la priorità era affrontare quei due.
Avrebbe dovuto chiamare a raccolta tutte le energie che le rimanevano per sostenere e portare a compimento il suo piano: lei, che non era mai stata capace di fingere, sarebbe stata costretta a mentire per allontanare i sospetti da sé, sperando di riuscire a ingannare Peter e Neal sul suo ruolo nella diffusione del video.
Non le sfuggiva certo l’estrema difficoltà del compito che si prefiggeva; raggirare con la sua aria innocente un bugiardo di professione e uno che, per lavoro, era addestrato invece a riconoscere e scovare le menzogne!
Poteva solo sperare che i due fossero troppo sconvolti per ragionare lucidamente, che in loro - in Peter, soprattutto - i sensi di colpa e il bisogno di trovare conforto fossero più forti della ragione, che senza dubbio faceva di lei la prima e principale sospettata.
In quell’istante udì la porta di casa aprirsi e subito essere richiusa con violenza; le voci di suo marito e del giovane truffatore, che le giunsero attraverso la porta chiusa della cucina, suonavano concitate e si sovrapponevano in maniera scomposta. Stavano discutendo: dal loro tono, Elizabeth capì che, sebbene fossero entrambi sotto shock, stavano affrontando la cosa diversamente.
La voce di Neal, quasi incrinata dal pianto in alcuni momenti, esprimeva infatti soprattutto paura e vergogna, mentre quella di Peter era carica di rabbiosa disperazione. Suo marito era furibondo; sapeva riconoscerne la collera e, in quel momento, sentiva chiaramente tutta la frustrazione e l’ira che le sue parole rivelavano.
Non riuscì a reprimere un sorriso: forse quella poteva essere una via d’uscita, e proprio quando tutto pareva perduto! Se Peter avesse attribuito al suo giovane amante la responsabilità di averlo trascinato nello scandalo che gli aveva appena distrutto la reputazione e la carriera, magari si sarebbe allontanato da lui, avrebbe compreso il terribile errore in cui era caduto e sarebbe tornato da lei …
Elizabeth sentì il cuore allargarsi come non le accadeva da mesi, mentre dentro di lei si riaccendeva l’esile fiammella della speranza troppo a lungo sopita: forse era ancora possibile superare quell’orrenda situazione e rimettere insieme i pezzi del loro rapporto.
Cullandosi in questa dolce illusione, aprì la porta della cucina e, passandosi nervosamente le mani (del tutto asciutte e pulite, peraltro) sul grembiule, si avvicinò ai due uomini.
Neal e Peter erano talmente presi dalle loro parole che per qualche istante non fecero nemmeno caso al fatto che una terza persona fosse entrata nella stanza; questo concesse a Elizabeth la possibilità di guardare entrambi per un breve momento, studiandone gli atteggiamenti.
Come aveva immaginato, il truffatore pareva sull’orlo delle lacrime, il bel viso pallido e corrucciato, le mani scosse da un tremito appena percettibile. Peter, al contrario, si comportava come un leone in gabbia: i gesti scomposti, il tono di voce alterato, il muoversi inutilmente frenetico da un capo all’altro della piccola camera rivelavano che era fuori di sé.
La donna a un tratto comprese la verità: Neal era terrorizzato all’idea di poter essere nuovamente sbattuto in prigione a causa della relazione impropria con il suo agente di sorveglianza, che avrebbe molto probabilmente mandato a puttane l’accordo che aveva raggiunto con l’F.B.I. Peter, invece, vedeva in ciò che era appena accaduto - oltre a un’umiliazione cocente dalla quale forse non sarebbe mai riuscito a riprendersi - la fine di tutto ciò in cui aveva creduto, a cui aveva dedicato tempo, energia e passione per buona parte della sua esistenza. 
Elizabeth deglutì, trasse un respiro profondo e avanzò verso i due, pregando mentalmente il Dio protettore delle donne tradite di non farle tremare la voce.
“Ragazzi, ma che succede?” esclamò, tirando fuori la migliore espressione sorpresa che fosse riuscita a inventarsi in quel momento. Ciò che non si aspettava - e che paradossalmente, invece di metterla in difficoltà, le fu alla fine di aiuto costringendola a tirare fuori le unghie - fu la reazione che ebbe Neal non appena si accorse di lei.
Entrambi, sentendo la sua voce, emersero dalla sorta di mondo a parte in cui erano stati fino a quel momento rinchiusi e si voltarono di scatto verso di lei, ma il truffatore con un gesto improvviso le si appressò e la prese per un braccio quasi facendole male. Conoscendolo come lo conosceva e sapendolo pressoché incapace di gesti violenti, Elizabeth a quel punto si convinse ancora di più di quanto il ragazzo fosse stravolto e spaventato.
“Vuoi forse dire che non ne sai niente?” la aggredì “Che questo schifo non è stato opera tua?”.
Una crudele soddisfazione s’impossessò di Elizabeth, che dentro di sé sorrise al pensiero di quanto fosse riuscita a spingere vicino al baratro l’uomo che le aveva rovinato la vita; inoltre, era chiaro che l’atteggiamento di Neal andava a suo vantaggio.
Infatti, senza rispondergli e senza cercare di liberarsi dalla sua stretta, si rivolse esclusivamente a Peter, guardandolo negli occhi. “Peter, ma…” biascicò, in una simulazione quasi perfetta di un tono meravigliato e sconvolto “Io non capisco, che cosa sta dicendo? Volete spiegarmi cos’è accaduto e perché Neal se la prende con me?”.
Peter non riuscì a rispondere perché il truffatore lo anticipò, attirandola a sé per il braccio e scuotendola forte.
“Smettila di fingere!” gridò, gli occhi velati di lacrime di rabbia e disperazione “Sei stata tu! Tu eri l’unica a sapere di noi!”.
Elizabeth sollevò ancora una volta sul marito uno sguardo supplice, che riuscì a sembrare innocente, e questa volta ottenne il risultato voluto perché Peter si interpose tra di loro e con un gesto netto la liberò dalla presa di Neal.
“Basta!” disse il federale in tono fermo (ed Elizabeth, conoscendolo, si rese conto dell’immane sforzo di volontà che gli costava mantenersi calmo in quel momento), bloccando il ragazzo con entrambe le mani.
“Basta” ripeté, guardando prima l’uno e poi l’altra “Ti sbagli, non può essere stata lei … perché avrebbe dovuto farlo? Non pensi che quel filmato abbia rovinato anche la sua di vita, oltre alle nostre?”. 
Per un istante, mentre fissava i due uomini che si trafiggevano con gli sguardi in un’atmosfera carica di palpabile tensione, Elizabeth Burke s’illuse che quella sarebbe stata la fine della storia tra suo marito e il giovane delinquente che si era portato in casa.
Aveva funzionato, allora: se lo scandalo era riuscito ad allontanarli, voleva dire che i sentimenti che li avevano uniti non erano saldi nemmeno un decimo di quelli che sapeva esistere ancora tra lei e suo marito. L’avrebbe riconquistato, ora ne era sicura: ce la poteva fare!
Ma il risveglio che colse Elizabeth fu tanto più amaro quanto era stato dolce, anzi dolcissimo, il sogno che aveva coltivato per qualche breve attimo.
Ciò che non si aspettava, infatti, fu di vedere Peter mutare improvvisamente espressione: il suo volto, che un istante prima esprimeva rabbia e delusione, si colorò di compassione e profonda dolcezza. Annullò in un gesto la distanza che lo separava dal truffatore e lo strinse a sé forte come se da questo dipendesse la sua, la loro stessa salvezza; lo tenne tra le braccia, il volto affondato nei suoi capelli, mormorando parole incredibilmente tenere fino a quando il tremito che gli percorreva le membra non si attenuò.
A Elizabeth non occorse altro per capire una volta per tutte la verità; non erano necessarie parole, il sentimento che li legava riluceva davanti a lei in tutta la sua forza. Meravigliosa e insieme tragica.
Quei due non avevano bisogno di nessuno, erano perfettamente bastevoli a loro stessi: non c’era spazio per altri in quella casa, tanto meno per lei.
Incapace di reagire, annichilita dalla rivelazione che l’aveva appena colpita come un macigno, indietreggiò fino alla cucina, si gettò su una sedia e scoppiò in un pianto irrefrenabile.
 
 
 

  
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